Rivista di politica e scienze sociali - anno I - n. 24 - 30 giugno 1896

RIVISTA DI POLITICA E SCIENZE SOCIALI 377 La narrazione degli avvenimenti politici, le considerazioni, i giudizii cedono talvolta il posto alla dernrizione viva di luoghi, al racconto piacevole, agli sfoghi dell'autore; ma tutto ciò è armonizzato saviamente e nella unità di un concetfo politico e di un fine superiore. Trattasi di un libro rhe non solo ha avuto ed avrà ancora la sua importanza nella nazione che esso giudica, ma anche qui. Ne fa già prova la traduzione francese, come testè leggevo nel La peti/e république, che insieme con gli altri giornali di Parigi ha pubblicato un notevole articolo sul volume del D'Atri. La prima parte di questo è dedicata specialmente ai fatti che si vennero svolgendo dagli ultimi tempi della monarchia al giorno in cui Floriano Peixoto scendeva dal seggio presidenziale p€ r cedere il posto al successore Prudente de Moraes. La seconda parte è dedicata a questo nuovo periodo succeduto nella vita della repubblica. Una terza parte infine è dedicata ad una particolare regione meno nota del Brasile, detta Minas Geraes (miniere generali). Le tre parti sono tutta una rivelazione di uomini e di cose in questo ultimo periodo della storia del Brasile; costituiscono un racconto preciso della pacifica rivoluzione dall' impero alla repubblica e sono una fonte di notizie e di aneddoti storici alla quale attingeranno i futuri narratori dell'America latlna. La questione della emigrazione è obietto nel libro di osservazioni e di consigli. Specialmente il capitolo Triste rimpatrio! è una descrizione commovc nte della storia degli emigranti, tra i quali, dice l'autore, molti sventura1i che nè manco l, hanno t1·ovalo di che sfamare la loro fame antica, nè manco li hanno trovato di che asciugare le loro lacrime. L'autore ripete consigli già dati al governo, cioè di porre il ferro sulla piaga degli agenti di emigrazione, che costituiscono la prima e più grande sventura per quell'infelici costretti a lasciare la patria maledicendola. L'autore ricorda all'uopo una sua lettera aperta al Ministro Crispi. Ma ... parlare di sventure umane a Crispi? Fare appello al cuore di lui, che rappresenta uno dei più tristi tipi di egoismo cinico a cui sia pervenuta la società borghese ? Questo libro sul Brasile costitui:;ce un grande ammaestramento per gl' Italiani che, comunque, si preoccupano delle presenti condizioni del paese. Tralascio alcune considerazioni secondarie che mi sono suggerite da alcuni punti dell'opera. Per esempio la scena che l'autore racconta nel capitolo Nuove conoscenze ammaestra quanto sia necessario il ridestare innanzi tutto la coscienza in quelli che aspettano la redenzione, e come talvolta nella storia i beneficati siano contro i redentori di essi. !ili senta un poco che cosa risponde una schiava divenuta libera: « Noi negri non amiamo la Repubblica: non sappiamo che cosa farcene, noi, di quei bellimlJusti di giacobini. Noi vogliamo il lusso di chi ci govei-na; vogliamo lo sfarzo, la pompa della monarchia e della corte. Noi nascemmo schiavi ! > Questo linguaggio ho trovato talvolta io tra agricoltori di alcuni paesi del mezzogiorno d'Italia. Mi fermo invece a qualche considerazione di carattere politico. Non è vero che i rinnovamenti politici nelle nazioni avvengono quando le minoranze politiche che li propugnano si siano elevate nella rappresentanza nazionale a grossi partiti. Anzi talvolta niente vi è di più illusorio che il resp<'nso dato dalle urne. Il Visconte de Ouro Preto, 1,residente dd Ministri e uomo di fidi:c:a dell'Imperatore, proponeva alla C01·ona di sciogliere la Camera, e infatti Don Pedro con decreto dei 15 giugno 1889 scoglieva la Camera, convocava i comizii elettorali pel 31 agosto e fissava la 1•iapertura della Camera ai 20 novembre dell'anno 1889. Contemporaneamente il governo dava assetto alle finanze del paese, riorganizzava la guardia nazionale. Le elezioni del 15 luglio furono una grande vittoria pel governo e per le istituzioni. Gli oppositori, di ogni colore, erano sconfitti. L' imperatore ed il gove1•no si preparavano alla solenne inaugurazione della nuova legislatura. Ebbene cinque giorni prima che si riaprisse il parlamento, il 15 Novembre del 1889 nel Brasile veniva proclamata la repubblica. CoopEratori del gr.rnde avvenimento erano stati uomini nei quali governo e imperatore avevano fiducia. Vi è stato un momento nella vita politica italiana negli ultimi tempi (non alludo agli ultimi fatti africani) in cui forse stava per avvenire qui, da parte di qualcuno, ciò che si compiva nel Brc1sile. Ma la storia recente di questo paese ci da altri ammaestramenti. Il D'Atri mostra come il govemo provvisorio costituitosi nel Brasile era composto in maggioranza di uomini convinti e sinceri, c;oè non convertiti all'ultima ora. Quel governo provvisorio diede prova di saggezza; ma un errore grave commise. Lo indico con le parole dell'autore (pag. 121): essi malintesero un sentimento di rettitudine politica, abbandonando dopo un anno il potere dittatoriale, mentre vedevano e doveveno sape1·e che la repubblica abbisognava ancora cli loro, della loro ene1·gia, della loro abnegazione, del loi·o patriottismo per nutrirsi dell'opera e del coraggio dei suoi migliori cittadini e sentirsi solid,i e gagliarda di fronte a qualunque attentato alla sua esistenza. Nei passaggi politici la dittatura s'impone ed ha il dovere di non cedere ai nuovi venuti, ai neofiti fino a quando non abbia essa liquidato il passato. Ed infine altre considerazioni mi suggeriscono le cose che l'autore dice di quelle due belle figure brasilene, Antonio Prado e Gaspare Silveira Martins, due ex ministri del!' Impero, il secondo dei quali io ho potuto eei·~op1_ilmente a,p~rezzare; ma mi contento

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