Rivista di politica e scienze sociali - anno I - n. 23 - 15 giugno 1896

354 RIVISTA DI POLITICA E SCIENZE SOCIALI La nuova incarnazione del pericolo clericale non è qualla denunziata. con parola solenne ed alta dall'on. Bovio. Non da oggi il gesuitismo e il papa nero combattono la massoneria, insidiano l'Italia e minacciano la libertà; nè sarebbe giu,to affermare che i nemici dell'Italia e della libertà hanno preso coraggio per la fiacchezza o per la colpeYOlecondiscendenza dell'on. Di Rudinì, perchè non può obbliarsi che l'on. Crispi sfacciatamente cirnttò col Papato e rimise in onore formule stantie, che se non erano quelle predilette dalle orde del Cardinale Ruffo, certamente erano degne cli figurare nell'arsenale dell'Ancien regime. Nè si puo credere che il pericolo clericale al.Jbiaacquistato maggiore intensità per le innocue e reazionarie aspirazioni - rispettabili perchè franche ed e~plicite - manifestate dall'on. Cerutti, o dalle equiYOche risposte del Presidente del Consiglio. La parola nobile e disinteressata cieli' illustre filosofo napoletano, inoltre, non poteva trovare un'eco rispondenie nel paese perchè l'occasione nella quale Yenne pronun1.iaia non era tra le piLt simpatiche. Sarebbe vana cosa il negarlo: la massoneria, negli ultimi .tempi resasi strumento cieco di governi loschi e reazio-. nari, sospettata di essere coinvolta in faccende sporche, se era tenacemente combattuta dai gesuiti, era disprezzata nello stesso tempo o guardata con diffidenza dalla parte sinceramente democratica. E l'accoglienza festosa che la banda crispina fece a quello che disse l'on. Bovio non curante, come sempre, che del desiderio cli ottemperare ad un dovere, contribuì a diminuirne l'effetto. La forma nuoYa, grave e Yeramente insidiosa che assume il pericolo clericale è quella che le viene dalla iniziativa di Leone XIII - politico ben superiore a quelli che da venticinque anni chiacchierano a Montecitorio - per liberare gli italian~ prigionieri di Menelik. Non si è lontani dal rero sospettando che Francia e Russia nel retroscena assecondino il sommo pontefice; e ciò rende probabilissima la riuscita della sua abile mossa. Il motivo dell'interessamento di quelle due potenze non è affatto sentimentale; esse eia nostre avversarie - e siamo noi che le vogliamo tali e ci mostreremmo semplicemente fanciulli lamentandoci delle loro ostilita - comprendono che la liberazione dei p1·igionieri ottenuta eia Leone XIII sarebbe la esaltazione ciel papato e la umiliazione del!' Italia; ne sorgerebbe una situazione a,;sni incomoda per la seconda poichè al pt·imo ne Yerrebbe aumento cli pt·estigio e di popolarità. La efficacia che non ebbe1·0 mai le scomuniche del Vaticano, potl'ebbe ami-la un atto, che avrebbe l'apparenza di essere patriottico ed umanitario: d'onda il pericolo. Certamente sarebbe desiderabile ottenere la lib,•razione dei prigionieri da altre mani e con altri mezzi. ì\Ia sarebbe vano sperarlo perchè ciò non si potrebbe conseguire che con una guerra vittoriosa o con una pace dignitosa; e l'una e l'altra soluzione Yennero rese impossibili dalla politica pazza e criminosa del precedente gabinetto. Data questa fatale situazione, perciò, ci sembra che sia stata abilità non condannabile quella cli coloro che facendo bomie 11iine à mauvais jeu hanno manifestato sensi di riconoscenza e di ammirazione per Leone XIII. Per una volta almeno essi si sarebbero chiariti buoni discepoli del Macchiavelli. Comunque, il pericolo clericale, acuito dalla propaganda religiosa e dal diffondersi delle istituzioni economiche a carattere confessionale, di cui ci siamo altravolta occupati, acquistet·ebbe vigore insolito da un successo politico del Papato; e possiamo essere sicuri, che la libera1.ione dei prigionieri darebbe luogo a manifestazioni assai pii, imponenti che non quelle per la festa della Immacolata Conce1.ione o del Corpus Domini ed assai più sincere che non siano state quelle gl'Ottesche e disonoranti predisposte dal governo per la resa di Makallè. L'attuale ministero è in condizione d'opporsi con fo1·tuna alle insidie ed ai pericoli che alla patria italiana Yerrebbero dal Vaticano ? Per quanto sincera sia la stima che sentiamo per l'on. Di Ruclinì noi Cl'ediamo che il gabinetto sia impari alla situn1.ione scabrosa: tutte le speranze da noi concepite appena esso raccolse la triste eredità lasciata dall'on. Crispi, cominciano a venir meno. Esso, quantunque composto di galantuomini, non ha saputo colpire Yigorosamente coloro che in Africa e in Italia arrecarono grave jattura alla patria; e le sue incede1.ze e la sua indecisione ha reso possibile la risurrezione della eso~a banda crispina, che col male fatto e con quello che potrà continuare a fare, sarebbe la migliore alleata del papato, perchè discrediterebbe e renderebbe sempre pii, odiosa l'Italia una e indivisibile. Per combattere efficacemente il pericolo clericale occorrerebbe una politica onesta, economa e democratica. Ma se avesse le attitudini necessarie e la buona intenzione di seguirla avrebbe l'on. Di Rudinì le mani libere per esplicarla? Non lo crediamo. Siamo quindi conrinti che egli provvederebbe alla propria reputazione e renderebbe un grade serr izio al pae ·e chiarendo la situazione col proclamare la propria involontaria impotenza e lasciando ad altri il compito di affrettare avvenimenti che per cecità cli uomi11i e per fatalità cli cose, sembrano inevitabili. LA RIVISTA.

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