362 RIVISTA DI POLITICA E SCIENZE SOCIALI dotto lorJo delle ferrovie lungi dal superare non mai raggiunse il prodotto iniziale. Così dall'uno all'al1ro lato, dal governo e dalle compagnie, dalle commissioni governative cd ammi, nistrative, venne palliata la grossa questione. Su di un sol punto quelle furono di accordo: nel tentar provvedimenti, in ciò che si riferiva al modo di colmare il deficit e di assicurare il funzionamento normale e sicuro della Cassa, che facevano ricadere il · peso della mala amministrazione sui ferrovieri. Ora cotesta fu vera e propria mostruosità. I ferrovieri furono sempre lontani da quell'amministrazione, ed in conseguenza quelli che dovevano provvedere non erano essi. * * Ciò si può provare in modo inconfutabile badando al modo dell'amministrazione della Cassa. L'art. 15, infatti, della prima cassa pensioni, quella della rete Lombardia - Italia centrale, disponeva che l'amministrazione della Cassa dovesse esser tenuta da un comitato composto da un membro del Consiglio di amministrazione designato dal Consiglio stesso, 4a1 Direttore generale, dal Direttore dell'esercizio, dal Capo dell'ufficio legale, dal Capo contabilità, da un impiegato superiore della direzione generale e da due capi servizio, i quali tre ultimi dovevano esser nominati dal Consiglio. E come so questo incontestato prevalere dell'amministrazione ferroviaria nella cassa non fosse già di per sè assolutamente scandaloso, dispontva l'istesso statuto, che al Comitato della cassa non spettasse se non la funzione preparatoria del propori•e: la deliberazione era sempre esci usi vamente riservata 31 consiglio di amministrazione della società. Fu for3e in seguito radicalmente modificato l'organismo della Cassa-pensione ? Neppure a pensarlo. La direzione delle ferrovie ebbe sempre nelle sue mani l'amministrazione della Cassa. La 1resenza in questa di alcuni impiegati non deve trarre nessuno in inganno. L'essere essi scelti dal consiglio della società e la loro stessa posizione elevata in questa, son già prova evidente che a tutto avrebbero essi pensato fuorché a resistere ai desidert dei superiori, quando costoro avessero affacciate delle pretese. E di ciò è prova eloquente il fatto che alle continue denunzie venute d'ogni parte sullo stato della cassa, l'amministrazione di questa, senza eccezioni, ha oppo~to continue smentite. Eppure se gli impiegati della società che si trovano a far parte di quel consiglio di amminisirazione avessero inteso sul serio il proprio compito, avrebbero dovuto essi per i primi levar alta la voce, poichè dopo tutto la rovina della cassa li riguardava direttamente, quali suoi compartecipi. Ora l'aver essi finto di ignorare i fatti, fin quando fu possibile, l'essersi m0strati eccezionalmente tiepidi nel difendere i comuni interessi, dà occasione di pensare che non certo gl' interessi dei ferrovieri si trovavano essi a rappresentare in quel consiglio. Intanto per il famoso articolo 35 delle Convenzioni, del quale ci siamo occupati spesso, vi era una dispo3izione che lasciava adito a pensare che nel concetto del legislatore si fosse inteso di dare agi' interessi diretti dei ferrovieri un più efficace organo di rappresentanza. Al terzo allinea di quell'articolo era scritto: « Sarà provveduto come e da chi di ragione e dalle competenti autorità alle occorrenti modificazioni degli statuti e dei regolamenti di dette casse e della massa vestiario, ecc. » Nella prima parte di questo per:odetto, nella espressione « chi di ragione» posta accanto all'altra che si riferiva alle competenti autorità, videro, a buon diritto, i ferrovieri sè stessi chiaramente indicati. E, di fatti, a chi mai poteva si alludere con quella espressione, mentre con altra si denotavano « le competenti autorità»? E più tardi, ad interrogazione di un attivo ed intelli 9ente ferroviere, il signor Pozzi, rispondeva il ministro dei lavori pubblici, che con quella frase, volutamente vaga si era inteso di alludere proprio al per$onale. Non solo, ma il Genala, scrivendone all'onorevole Colajanni, per altro verso lo confermava. Or come mai, in onta a questi fatti evidenti, società e governo nominarono una commissione riorJinatrice, dalla quale erano ad arte esclusi i ferrovieri, a dire meglio, i rappresentant,i del basso personale, il solo effettivamente minacciato? Comunque andassero le cose, dall'amministrazione della cassa, e prima e poi, furono esclusi gli impiegati, o per dir meglio, se qualcuno di costoro vi accedette non fu già come rappresentante dei ferrovieri (che avrebbero dovuto procedere direttamente a alla nomina) ma come delegato a queste, scopo dalla società. Cosicchè, giuridicamente, non c'è modo di pretendere che i ferrovieri dovessero pigliarsi la parte di responsabilità in ciò che avvenne dopo e prima; ma se questa responsabilità non spetta loro, è evidente che qualunque misura si scelga per ripar"re al male, questa non deve toccarli. La società delle ferrovie amministrò la Cassa.; essa ne vide attuar lo sperpero sensa rimediarvi; essa anzi negò continuamente i fatti; logico per tanto che essa sola., insieme al governo, tacito spettatore di questo dibattito, colmi il deficit. M.i la logica in questo mondo nostro civile non é mai ar 6 omento troppo efficace quando lede interesoi troppo alti. Poichè la società forroviaria in onta a tutto, continuò a tenere l'amministrcizione della Cassa, essa potette proporre norme che colpivano invece il solo personale forroviario. * * * Certo se la Cassa fosse stata amministrata direttamente da quelli che vi avevano interesse, io non dubito nemmeno che alcuno degli attuali inconve-
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