Rivista di politica e scienze sociali - anno I - n. 23 - 15 giugno 1896

RIVISTA DI POLITIECSACIENZSOECIALI .,, Dlrettere Dr NAPOLEONE COLAJANNI DepulalO t.l P'arla.montO ITALIA: anno lire 5; semestn: lire 3 - ESTERO: anno lire 7; semestre lire 4. Anno I. - N. 23. Abbonamento postale Roma15Giugno1896 SOMMARIO: Il Pericolo clericale, La Rivista - Pace o Patriottismo 7 (l'ultimo scritto cli Leone Tolstoi), Claudio T,•eves - Il Papato e l'Italia, D,·. Napoleone Colajanni - L'Alimentazione del contadino italiano, Prof Angelo Ce/li - Il deficit delle Casse pensioni ed i ferrovieri, Arturo Lab,·iola - Un libro sulla Popolazione Agricola Francese, Enrico La Logyta - Il fallimento del sistema industriale, P. Kropoikine - Recensioni e Note - Libri ricevut_i in dono. I pochi abbonati i quali ancora non si sono messi in regola coll'Amministrazione sono pregati vivamente a farlo indirizzando cartolinavaglia all'On. Dr. Napoleone Colajanni Roma. ~~"\../"\../'\_/"\.../,./'\_/'._/'\.../"\../"\.~~ ........ /""'\..../""~ IL PERICOLOCLERICALE Che la Camera uscita dalle elezioni genb1'ali del 1895 fosse degna figlia, figlia legittima e naturale di Francesco Crispi, sapevasi da un pezzo. Essa infatti aveva dato l'insolito spettacolo, a pochi mesi, per non dire a pochi giorni di distanza, di applaudire alla fuga vergognosa di un mini tero che ritiravasi senza combattere e di volere togliere all'on. Di Rudinì il potere trovato tra il fango e il sangue, per restituirlo - servendosi degli agguati, delle sorprese e delle cospirazioni di alcova - a chi da se stesso erasi dichiarato immeritevole di mantenerlo. Si spiega facilmente il rapido mutamento nel contegno della massima parte dell'antica maggioranza. Agì_ essa da prima per paura dello scoppio dell'ira p/pblare contro gli autori del disastro di Abba Cari ma; ma quando, a torto o a ragione, si convinse che la indignazione si era calmata e che non c'era più da temere, perchè il buon popolo d'Italia ha memoria labilissima, le passioni di parte o di loschi e inconfessabili interessi ripreso il sopravvento essa volle tornare ad pristinum eliminando un ministero, che ha il torio di godere la riputazione di essere presieduto da un galantuomo. Tutto questo, ripetiamo, e1·a spiegabile nel mo mento di decadenza che attraversiamo; sono, però, incomprensibili certi episodi, intrinsecamente di minore importanza dei precedenti, ma che da sè soli dimostrano che l'antica maggioranza ct·ispina ha 1·inunziato sinanco a quella ipocrisia, a quel rispetto· delle forme, a cui tengono anche coloro che non sentono l'azione di alcun freno morale nella loro condotta. Questo nostro giudizio severo è stato determinato dagli incidenti svoltisi in occasione della convalidazione di alcune elezioni contestate. In fatti non si era visto mai, nemmeno nei pii1 discreditati parlamenti delle repubblichette ispanoamericane, calpestare la legge scritta e la giurisprudenza seguita, con tanto cinismo con tanto entusiasmo quanto ne misero i deputati crispini nella convalidazione dei tre Presidenti delle Deputazioni provinciali di Mantova, di Ferrara e di Serradifalco. Sorpassiamo sui metodi indecorosi adoperati da qualcuno dei tre per accaparrare voti, e ricordiamo qualche altra cosa pii1 interessante. In fatto di verifica cli poteri gl' Inglesi all'epoca dei Borghi put?·idi avevano saputo mettere una speciale e curiosa equità nella corruzione: essi compensavano le porcherie che si trovavano da una parte e dall'altra. Così se, ad esempio, nel campo dai whigs c' erano quindici elezioni da annullare e in quello dei lories ce n'erano venti, da qualunque parte si trovasse la maggioranza, non si annullava che la elezione di cinque membri del secondo partito e si compensavano le altre quindici. La banda crispina ha voluto superare nella scorrettezza e nella indegnità i ricordi del periodo più vituperevole del Padamento inglese, ed ha perciò nello stesso giorno, anzi nella stessa ora, interpretato la legge in modo flagrantemente contraddittorio, secondo che si trattò di applicarla in pro degli amici o degli avversari. La banda si mostrò cinicamente faziosa e coll'aggravante della premeditazione e della recidiva; il proprio cinismo volle affermarlo alla luce del sole cogli applausi ironici - il cui segnale partì dall'on. Sonnino - che toccarono alron. Minelli quando con sorpresa di coloro che lo aYevano convalidato contro la legge e contro la proposta unanime della stòssa giunta pe1· le elezioni, asservita al passato ministeeo, egli osò ribellarsi ai complici disonesti e votò in farnre dell'on. Di Rudinì. * • Quesle miseeie, queste turpitudini partigiane passarono in seconda linea, e quasi inavvertite nel paese, perchè l'attenzione pubblica e1·a volta ad una forma nuova e geaYe del pericolo clericale.

354 RIVISTA DI POLITICA E SCIENZE SOCIALI La nuova incarnazione del pericolo clericale non è qualla denunziata. con parola solenne ed alta dall'on. Bovio. Non da oggi il gesuitismo e il papa nero combattono la massoneria, insidiano l'Italia e minacciano la libertà; nè sarebbe giu,to affermare che i nemici dell'Italia e della libertà hanno preso coraggio per la fiacchezza o per la colpeYOlecondiscendenza dell'on. Di Rudinì, perchè non può obbliarsi che l'on. Crispi sfacciatamente cirnttò col Papato e rimise in onore formule stantie, che se non erano quelle predilette dalle orde del Cardinale Ruffo, certamente erano degne cli figurare nell'arsenale dell'Ancien regime. Nè si puo credere che il pericolo clericale al.Jbiaacquistato maggiore intensità per le innocue e reazionarie aspirazioni - rispettabili perchè franche ed e~plicite - manifestate dall'on. Cerutti, o dalle equiYOche risposte del Presidente del Consiglio. La parola nobile e disinteressata cieli' illustre filosofo napoletano, inoltre, non poteva trovare un'eco rispondenie nel paese perchè l'occasione nella quale Yenne pronun1.iaia non era tra le piLt simpatiche. Sarebbe vana cosa il negarlo: la massoneria, negli ultimi .tempi resasi strumento cieco di governi loschi e reazio-. nari, sospettata di essere coinvolta in faccende sporche, se era tenacemente combattuta dai gesuiti, era disprezzata nello stesso tempo o guardata con diffidenza dalla parte sinceramente democratica. E l'accoglienza festosa che la banda crispina fece a quello che disse l'on. Bovio non curante, come sempre, che del desiderio cli ottemperare ad un dovere, contribuì a diminuirne l'effetto. La forma nuoYa, grave e Yeramente insidiosa che assume il pericolo clericale è quella che le viene dalla iniziativa di Leone XIII - politico ben superiore a quelli che da venticinque anni chiacchierano a Montecitorio - per liberare gli italian~ prigionieri di Menelik. Non si è lontani dal rero sospettando che Francia e Russia nel retroscena assecondino il sommo pontefice; e ciò rende probabilissima la riuscita della sua abile mossa. Il motivo dell'interessamento di quelle due potenze non è affatto sentimentale; esse eia nostre avversarie - e siamo noi che le vogliamo tali e ci mostreremmo semplicemente fanciulli lamentandoci delle loro ostilita - comprendono che la liberazione dei p1·igionieri ottenuta eia Leone XIII sarebbe la esaltazione ciel papato e la umiliazione del!' Italia; ne sorgerebbe una situazione a,;sni incomoda per la seconda poichè al pt·imo ne Yerrebbe aumento cli pt·estigio e di popolarità. La efficacia che non ebbe1·0 mai le scomuniche del Vaticano, potl'ebbe ami-la un atto, che avrebbe l'apparenza di essere patriottico ed umanitario: d'onda il pericolo. Certamente sarebbe desiderabile ottenere la lib,•razione dei prigionieri da altre mani e con altri mezzi. ì\Ia sarebbe vano sperarlo perchè ciò non si potrebbe conseguire che con una guerra vittoriosa o con una pace dignitosa; e l'una e l'altra soluzione Yennero rese impossibili dalla politica pazza e criminosa del precedente gabinetto. Data questa fatale situazione, perciò, ci sembra che sia stata abilità non condannabile quella cli coloro che facendo bomie 11iine à mauvais jeu hanno manifestato sensi di riconoscenza e di ammirazione per Leone XIII. Per una volta almeno essi si sarebbero chiariti buoni discepoli del Macchiavelli. Comunque, il pericolo clericale, acuito dalla propaganda religiosa e dal diffondersi delle istituzioni economiche a carattere confessionale, di cui ci siamo altravolta occupati, acquistet·ebbe vigore insolito da un successo politico del Papato; e possiamo essere sicuri, che la libera1.ione dei prigionieri darebbe luogo a manifestazioni assai pii, imponenti che non quelle per la festa della Immacolata Conce1.ione o del Corpus Domini ed assai più sincere che non siano state quelle gl'Ottesche e disonoranti predisposte dal governo per la resa di Makallè. L'attuale ministero è in condizione d'opporsi con fo1·tuna alle insidie ed ai pericoli che alla patria italiana Yerrebbero dal Vaticano ? Per quanto sincera sia la stima che sentiamo per l'on. Di Ruclinì noi Cl'ediamo che il gabinetto sia impari alla situn1.ione scabrosa: tutte le speranze da noi concepite appena esso raccolse la triste eredità lasciata dall'on. Crispi, cominciano a venir meno. Esso, quantunque composto di galantuomini, non ha saputo colpire Yigorosamente coloro che in Africa e in Italia arrecarono grave jattura alla patria; e le sue incede1.ze e la sua indecisione ha reso possibile la risurrezione della eso~a banda crispina, che col male fatto e con quello che potrà continuare a fare, sarebbe la migliore alleata del papato, perchè discrediterebbe e renderebbe sempre pii, odiosa l'Italia una e indivisibile. Per combattere efficacemente il pericolo clericale occorrerebbe una politica onesta, economa e democratica. Ma se avesse le attitudini necessarie e la buona intenzione di seguirla avrebbe l'on. Di Rudinì le mani libere per esplicarla? Non lo crediamo. Siamo quindi conrinti che egli provvederebbe alla propria reputazione e renderebbe un grade serr izio al pae ·e chiarendo la situazione col proclamare la propria involontaria impotenza e lasciando ad altri il compito di affrettare avvenimenti che per cecità cli uomi11i e per fatalità cli cose, sembrano inevitabili. LA RIVISTA.

RI'VIS'l'A Dl l>OLITICA E scrnr-1·zE $OèlALt 350 PACE O PATRIOTTISMO? (L'ultimo scritto di Leone Tolstoi) Leone Tolstoi continua la sua propaganda contro il pat1·iottismo e le istituzioni che dal pat1·iottismo pigliano origine o vita. Curiosissima propaganda, assolutamente fuori, anzi contraria alle idee ed ai sentimenti che nell'occidente eu1°opeosuscitano manifestazioni analoghe. La condanna della patria è spesso sulle labbra dei socialisti, ma Tolstoi si schierò contro i socialisti e condanna la patria in nome del cristianesimo perchè il cristianesimo è la pace, mentre il patriottismo è la guerra. Quest'idea che il patriottismo sia il termine contraddittorio della pace egli sviluppò novellamente in un lungo scritto pur mo' venuto alla luce, tradotto in tedesco sul manoscritto russo, col titolo appunto: Patriottismo o pace ? Patriottismo o pace ? segnate bene a caratteri grossi qnell'o avversativo! In esso 1·iposa l'essenza della tesi Tolstoiana : - Se si domanda ad un bambino, scrive l'apostolo russo, quale di due cose contrarie desidera di avere, ci risponde quasi sempre: Tutte e due. - Per esempio: Che cosa vuoi tu? - Andare a passeggio o giuocare in casa? lo voglio andare a passeggio e giuocare in casa! - Ebbene la stessa risposta noi abbiamo quando interroghiamo i popoli cristiani : - Che cosa volete? Il patriottismo o la pace ? - Essi rispondono : Il patriottismo e la pace - sebbene la concordanza del patriottismo e della pace sia appunto così impossibile come andare a passeggio e restare ·nello stesso tempo in casa a giuocare. Tolstoi parte dalla considerazione della recente contesa anglo-egiziana a proposito dei confini del Venezuela. Salisbury non fu capito, Clevelaud scrisse un messaggio al Senato, da tutte e due le parti scoppiarono patriottici gridi cli guerra, alla borsii. si generò il panico: taluni ci perdettero milioni di sterline e di dollari. Edison dichiarò che egli voleva inventare cannoni coi quali uccidere in un'ora piu uomini che non ne abbia mandati Attila al1' altro mondo, ed i due popoli cominciarono aprepararsi energicamente alla guerra. Fortunatamente stavolta si levarono di mezzo taluni uomini di miglior senso che dimostrarono cl1e l'oggetto della contesa non valeva il giuoco al quale andavano incontro i due popoli fratelli, parlanti la stessa lingua, pl'aticanti la stessa religione, ecc. ecc. e il conflitto fu composto. Ma non occorre una grande perspicacia per comprendere che le cause di guerra permangono e che se non oggi, domani o posclimani, fatalmente, diventerà inevitabile uno scontro fra l'Inghilterra e l'America, l'Inghilterra e la Germania, l'Inghilterra e la Russia, l' Inghilterra e la Turchia, ed allora la guerra scoppierà. Perchè? Se abitano l'uno accanto all'altl'o due uomini armati, a cui fin dell'infanzia si è inculcato, che Potenza, Ricchezza e Gloria sono virtù ,e che perciò è cosa lodevole acquistare Potenza Ricchezza e Gloria con l'aiuto dei fucili ai danni di tutti i proprietari vicini e, inoltre, se sopra questi due uomini non si impone nessuna limitazione morale, nè religiosa nè politica, è evidente che questi due uomini dovranno essere sempre in guerra fra di loro ed i soli rapporti che si potranno fra loro stabilire, saranno rapporti di guerra. Se poi fra di loro interviene una tregua questa interverrà soltanto, come dicono i francesi, pour mieux sauter, cioè per potersi scagliare l'uno contro l'altro con maggiore violenza. Gli egoismi privati. individuali non sono armati e stanno sotto il controllo della procura di stato e dell'opinione pubblica. S'e un uomo col fucile alla mano, vuol portarsi via la vacca del suo vicino o i suoi finimenti viene consegnato alla polizia e cacciato in prigione; inoltre la pubblica opinione lo vitupera come ladro e malandrino. Invece con gli Stati la cosa va in modo affatto differente: tutti sono armati, e non esiste sopra di loro nessuna autorità; il tentativo di convocare Congressi internazionali è comico perchè questi Congressi evidentemente non verranno mai dagli Stati più potenti riconosciuti; e ciò appunto perchè questi si armano per non obbedire a nessuno, ciò significa voler pigliare l'uccello col classico grano di sale sulla coda. Ma sopratutto - e questo è il caposaldo - la pubblica opinione c_he si solleva a condannare ogni atto di violenza dei privati, ritiene virtù di patriottismo ogni tentativo di ingrossare con la proprietà altrui la potenza della propria patria. Percorrete i giornali : voi troverete sempre un punto nero - le cause di guerra: ora è Corea, ora è il Pamir o le colonie africane, o l'Abissinia, o la Turchia, o il Venezuela, e il Transwall. Il lavoro cli latrocinio non cessa un istante ed or qui or là., continuamente, si conduce una piccola guerra. Perchè l'americano eia un canto vuole che l'America stia sopra a tutte le altre nazioni e dall'altro lo stesso si propongono l'Inglese, il Russo, il Turco, l'Olandese, l'Abissino e magari anche il cittadino del Venezuela e del Transwal e l'Armeno e il Polacco e il Boemo - e poichè tale sentimento non solo non viene celato, ma ognuno lo vanta con orgoglio e lo suppone negli alti-i - e poichè infine la grandezza e il bene di una nazione non puo essere raggmnto che col danno di un altra o di

356 RIVISTA DI POLITICA E SCIENZE SOCIALI parecchie altre - si dimanda come si potrà mai riuscire ad evitare la guerra? Perchè la gue1•ra venga cancellata non ser1·ono le preghiere nelle chiese e le im-ocazioni a Dio acciò mantenga la pace, non serre neppure persuadere le e/1,glisch spchaing nalions che o. ,o possono restare fra di loro in amicizia senza pe1·- dere la signoria sopra altre popolnzioni, non serve stringere delle duplici o delle triplici alleanze, di sposare princ1p1 e principesse di differente nazione fra di loro, ma bisogna annichilire ciò che provoca la guerra, cioè, il desiderio esclusi1·0 del bene del proprio paese, cioè il patriottismo. E però per far scomparire la guena dal mondo bisogna far scomparire dal mondo il patriottismo e per annichilire que to bisogna che ci convinciamo e ere esso un male, cio che non è così facile di ottene1·e. Dite agli uomini : fai· la guerra è male - od ognun si atteggia come ne fosse com-inLO d'arnnzo; dite agli uomini: il patriottismo è male - e la maggior parte di essi si dichia1·a ancora d'accordo, ma con una piccola restrizione: Già, il cattivo patriottismo è male, ma c'è un altro patriottismo, buono, e questo è il nosti·o ! In che cosa poi questo consista nessuno sa dire. Se il • buon» patriottismo consiste in ciò che non è offensirn, ma solamente difensivo esso significa soltanto che gli uomini vogliono conserrnre cio che una voi ta è stato conquistato - e non c· è paese che non sia stato fondato sulla conquista - ma il conquistato non si difende che con quei mezzi coi quali si fa la conquista stessa, cioè con la Yiolenza, con l'assassinio! Se poi il pat1·iotti mo non è difensivo nel senso di mantenere il conquistato ma di recuperal'o il perduto, quale è il patriottismo dei popoli conquistati ed oppressi (A1·meni, Polacchi, Boemi, 11-landesi, ecc.) allo1·a è il peggioro di tutti i patriottismi perchè il più inasprito. Si dice: li pat1·iottismo ha uniti gli uom1111 111 Stati e mantiene l'unità degli Stati. ì\tfa tale fatto compiuto, perchè questo esclusivismo d'affetto degli uomini per il 101·0Stato, che porla seco l:lnta sfo1·- tuna per gli altri Stati? Lo stesso patriottismo che ha uniti gli stati li divide. Ci fosse solo un pat1·i0Uismo inglese o russo o tedesco, ecc., questo potrebbe essere ritenuto benefico ed unilore degli uomini, ma come ci sono tanti patl"iottismi qua11ti i popoli così si dr.rn di1'e che il pat1·i0Uismo 11011 unisce ma separa. Che se anche si concedesse che una l'olta pote essere il patl"iottismo utile, poi· ciù solo doHtt 1·itoner;:;i otr.rnamonte gioverole ? Tolsloi Yede in tutte le ultimo guo1-re niente alt1·0 che il frutto del patriottismo cont1·a1·io,come egli asse1·isce di arer già dimo trato, non pure allo spirito ma alla lettera stessa del Vangelo e si lamenta che le sue irlee non abbiano troralo discussione e senz·altro iano state condannale, senza disamina, come esp1'essioni utopistiche di un uomo misticoanarchico cattolico. L'na sola mila - ci dice - Cristo si irritò: si fu contro i Fa1·isei: ma che era il fa1·iseismo del tempo di C1·isto in confronto del fariseismo moderno? Legare tutta la nostra vita e la cognizione del cristianesimo o della dott1·ina della umiltà e dell"amore con la 1·ita di una banda armata di masnadieri che altro si è se non un' inte1·rotta catena di imposture? Egli è certo assai comodo seguire una dottrina ad uno dei cui capi pende la santità e l'infallibilità e dall'altro il pugnale e la scure; cosicchè se con la santità non si riesce a imporre e ad ingannare si possa dar di mano al pugnale od alla scure. È comodo ma già approssima il tempo nel quale que to quadro d'inganno cadrà e bisognerà decidersi o per un capo o per l'altro. La questione del pat1·iottismo ora riene davanti all'utnanità. Como può il patriottismo che seco t1·ascina tanti mali essere benefico o necessal'io? Bisogna ri,;pondere: O provare che il patriottismo è qualcosa di così grande e buono da compensare i mali che porta seco o riconoscere che è un male, non solo da denunciarsi e da fuggirsi, ma dal quale bisogna con ogni mezzo emanciparsi. C'est à prcnd1·e utt à laissei·. Se il patriottismo è buono, allorn il c1·istianosimo che dà la pace ò una follia e più presto Yerdt cancellato dal mondo, tanto meglio a1·à. :\h so il Cristianesimo dà veramente la pace e noi rogliamo la pace, allora il patriottismo non è che un rimasuglio di tempi sei vaggi contro il quale si debbono spe1·imontare tutti i mezzi di lotta. e il Cristianesimo è la Yeri tà e noi vogliamo la pace, allol'a non ci è lecito rallegrarci della grandezza della nostra patria ma in contra1·io della sua debole?.Za. Il Russo si rallegri se i polacchi, i finlandesi, gli a1·meni si liberano da osso; l'Inglese se si libera l'Irlandese, l' Indiano, ecc. .\ questi sentimenti de1·e essere educata la giorentù; si dern istillare in essa l'odio al patriottismo e bandi1·e tutte quelle letture e manifestazioni artistiche ed inlellettùali che mirano a conrincere i giovani della grandezza della patria : finchè noi lode1·orno ad ossi il pat1·iottismo noi Yedremo in piedi gli oseeciti che rninano la l'ita mol'ale e fisica rd economica delle nazioni e che ci trascinano i1"1·e.,istibil111entealla guer1·a. La alvozza dell' Eurnpa e del mondo cristiano non può consistere in ciò che noi vi\·iamo in armi come laù1·oni, pronti ad uccidere i nostt-i fratelli d'oltre mare, ma al contrario consiste nel liberarci dall'avanzo dei tempi barbari - dal patriottismo -

RIVISTA DI POLITICA E SCIENZE SOCIALI 357 e liberaticene che siamo, gettare lungi da noi il fucile e dare ai popoli del1'01'iente non l'esempio del pairiottismo selrnggio e delJa rapi11a, ma quello di una vita fraterna, secondo il C1°isto ci ha insegnato .... Ilo riassunto ed in molti punti letteralmente tradotto lo scritto Tolstoiano per esonerarmi dalla fatica inutile di tentarne una qualsiasi confutazione. Simili idee non si confutano - perchè sono idee che si ramificano da un sentimento religioso - e le religioni - tutte quante - sfuggono alla discussione: esse hanno la loro base nel dogma e si nutrono - per così dire - di se stesse, null1t accettando dal di fuori. La genialità del pensiero tolstoiano è fatta puramente di l0gica: daie le sue premesse ed astraendo dalla Yita nostra umana - egli ha Pagione, asrnlutamente ragione - soltanto la sua ragione « non è di questo mondo» - O il Cristianesimo è il Yero o il Yero è il patriottismo! - Le corna di questo dilemma non possono che pigliare di mezzo un fanatico; il positivista può trornre il vero in tutti e due questi termini ed anche fuori di tutti e due, s'intende sempre un « Yero » umano, te1°reno, relatiYo, contingente. li Yero « assoluto» ò ~olo della fede ed è fuo1·i della scienza, ossia della cl iscussione. Ecco perchè 'l'olstoi Yenne ammirato o Yiluperato, e non discusso. Di ciò egli si lagna, ma a tor-Lo. E1°afatale che così fosse e cosi fu. Noi posiliYisti reclamiamo per lui la libe1'là di pensare - così come gli detta il suo cuore e il suo cervello - e però lo difendiamo contro Federico Spielhagen e gli altri che lo fanno eespon- ~abile del male che pos,ono fare le sue teorie. :\fa discutel'lo, no! Chi non sente, sotto l'ossessione del- !' idea unica, dell'idea assoluta, la diffct·enza morale che passa fra la Yiolenza degli oppressori e la resistenza degli oppressi e tulli ugualmente condanna ed anzi, logicamente del resto, questi più g1'a\·emenle degli altri, costui è fuo1·i delle leggi normali della vita e del pensiern, è fuori della legge universale di conservazione degli esseri, è un fenomeno sti'ano, incomprensibile, che può anche farsi ammirare come una mostruosità o può lasciare indifferenti come qualcosa che è così al cli sopm e lontano di noi da non affettarci in alcuna guisa, ma che in ogni caso sfugge a quella pal'tecipazione o comunione psichica che è il ter·reno o la base comune fra i disputanti in ogni disputa pL'oficua. Pe1·ciò patmi che non l'esti che 1'accoglie1°e da buoJti e zelanti osservatori quest'altro curioso documento della Yita spirituale del tempo nostro per catalogado insieme con gli altri .... Cio fatto, noi ti1'iarno Yia un'altea Yolta alla battaglia quotidiana « per !'umani là » termine universale che comprende il cristianesimo e ben altro ancora, contro l'ingiustizia e la prepotenza. Vita est mititia ... per il bene, il p1°ogresso, la giustizia « la pace » l'amo,·e ... CLAUDIO TREV!l:S. IL PAPATO E L'ITALIA I lettori delle riviste in Italia hanno la cattiva abitudine di non leggere o di leggere con pochissima attenzione le recensioni e le note bibliografiche, che servono a tenere al corrente del movimento iutellet.tuale, ad elevare, nei limiti del possibile, la coltura di coloro che non hanno tempo di leggere le opere di cui si rende conto e a daro opportune indicazioni agli studiosi delle singole discipline. Consci di questo difetto della massa del pubblico italiano, noi spesso alle semplici recensioni sostituiamo d<'gli articoli, per quanto brevi e che non sorpassano i limiti delle prime. Ciò oggi facciamo a proposito di un opuscolo del sig. Francesco Edlmann nel quale si tratta della Relazione dell · Italia col papato in caso cli gue1-ra ( 1). Questo delle relazioni tra il papato e l'Italia è un argomento che conserverà la sua grande importanza ancora per molto tempo; bisogna occuparsene e preoccupar$ene perchè può a, rivare un momento in cui le cose non procedano più lisce come pel passato e che la nazione impegnata in qualche grave conflitto debb:1 guardarsi da un nemico interno, che potrebbe dargli grande molestia. Ora occupandosi della questione, è ovvio che non ci si deve cullare nella sper11.nzadella conciliazione, che non pare possibile. Non è possibile per ragioni di ordine generale, che non occorre qui esaminare; non è possibile per una ragione di interesse particolare del pap~to, che l'Edlmann formula con esattezza e precisione. Infatti il Papato per potere esercitare tutta la sua azione s1,irituale sull'orbe cattolico deve dar garanzia ai fedeli della sua completa indipendenza; e si sospettereLbe dai cattolici che il Pontefice fosse ridotto a semplice primate di Roma, umiliato al grado di funzionario dello Stato il giorno in cui esso accettasse ufficialmente la legge delle guarentigie e si venisse alla coneiliazione tanto vagheggiata dai neo-guelfi contemporanei. Qualunque pontefice intelligente, quindi, se non vuol tradire la grande istituzione che rappresenta, anche nutrendo benevoli sentimenti verso l'Italia nell'intimo dell'animo suo, serberà l'attitudine che sinora hanno tenuto i suoi predecessori. L' Edlmann discute con serenità, senza retorica, con giustezza di vedute e con criterio politico italiano (IJ Firenze. Bernardo Seebor, Librnio Editore, 20, Via Tornabuo• ni 1895. L. 2.

358 RIVISTA. DI POLITICA.E SCIENZE SOCIA.LI tutte le ipotesi possibili sulla condotta del Papa verso l'Italia nel caso della guerra o della pace; in quello della vittoria o della sconfitta della seconda e nell'altro della benevolenza o della ostilità - la neutralità esaminata dall'autore non si capisce ed equivarrebbe sempre a beneYolenza - del 1rimo; e fatta la critica degli scrittori, che dive1 samente pensano, e di cui ha larga conoscenza, ne conclude sempre che l'Italia deve conservare e rispettare la legge delle guarentigie:N è questa legge del 13 Maggio 1871 ha carattere internazionale, come vorrebbe il Palma; nè si conviene all'Italia il tentare di darglielo. Data questa situazione, che attualmente appare immutabile, come può l'Italia provvedere alla sua difesa contro una possibile o!Tesa del papato? L' Edlmann confida nella saggia politica ecclesiastica, ma vorrebbe che gli animi degli italiani vi fossero rivolti molto più che non lo siano; e colla saggia politica ecclesiastica vorrebbe raggiungere questo scopo: « che il Papato non sia nemico dell'Italia una « se non nella forma ufficiale e solo in quanto ciò (( giovi a mantenere la unità nella religione catto- (( Jica ». Su questa politica ecclesiastica bisogna intendersi. Certamente, ammessa la impossibilità della conciliazione, gl' italiani non devono e non possono seguire la politica delle concessioni sul terreno del sillabo. La discussione a questo proposito è superflua. Si può consigliare e seguire una politica di difesa efficace contro il papato quando si pon mente ai mezzi di cui dispone il papato e agli elementi sui quali può agire. I mezzi gli vengono dal clero, più che altro; gli elementi sui quali può agire vengono rappresentati dalle masse popolari. Ei si conviene, a.dunque, procurare, per quanto è possibile, di far ligio il clero all'Italia - come cons:glia l'Edlmann e come tutti coloro, che hanno studiato la quistione riconobbero - aumentandogli le congrue e guarentendogli protezione e sicurezza. Questa difesa può fallire e può il clero in caso di conflitto rimanere più attaccato al suo capo spirituale che allo Stato, che gli assicura i mezzi di sussistenza. La sua influenza, allora, in un modo solo può essere neutralizzata: sottraendo il popolo all'azione del clero; e si deve sottrarvelo assicurandogli l' istruzione. Questi sono i due obbiettivi, che il governo italiano ha perduto completamente di vista da trentacinque anni ed ha generato il risveglio clericale, che venne tratteggiato altra volta in questa stessa Rivista (N.0 6° del 1895) e più ampiamente nella Nouvelle Revuc di Parigi. Epperò accanto alla politica ecclesiastica che deve mirare a rendere il clero amico dell'Italia - scopo che si potrebbe raggiungere tramutando in legge il pro~etto dell'on. Bovio sulle congrue dei parroci - si deve adottare e praticare la politica, la grande politica sociale, che deve intendere a sottrarre il popolo alla influenza del clero. Questa è la politica sana, che permise a Venezia di lottare col papato ai tempi di Fra Paolo Sarpi e che ha, perciò, le sue migliori tradizioni e indicazioni in Italia. Questa politica rese pel passato e renderebbe pel futuro assolutamente inefficace la sobillazione di preti e di frati. Tale politica di8graziatamente non trovò chi la incarnasse nel nostro paese. L'on. Crispi meno degli altri l' ha compresa e l' ha praticata. Egli o si atteggi gesuiticamente ad umiltà verso il Papa invocando l'aiuto di Paolo e Crisostomo e formulando il suo credo nel motto: Dio, il Re, la Patria; o si inspiri alla Dea Ragione e minacci violenze volgari e indegne di uno statista, non ha saputo e voluto mai fare una politica ecclesiastica atta ad avvincere il clero alle sorti d'Italia; nè ha inteso e praticato una politica sociale valida a sottrarre il popolo a.Il' influenza del clero. Egli non ha saputo che minacciare la soppressione della legge delle guarentigie, eh' è il prodotto migliore, in questa fase storica, della sapienza italiana. Così ho semi,re pensato, anche contro il parere di chi come Alberto Mario mi fu amico e maestro carissimo; di chi come Alberto Mario fu girondino in tutto e giacobino soltanto verso il clero; e mai come adesso sono stato tanto convinto di a vnc pensato bene. Riuscirà noli' impresa, o almeno la tenterà l'on. Di Rudinì, che si trova in migliori condizioni per agire essendo stato sempre sinceramente religioso? É ciò che ci dirà l'avvenire. che non può essere che molto prossimo. Dr. NAPOI,EONE CoLAJANNI. L'Alimentazione delcontadino italiano Uno studio sull'alimentazione può farsi oggi con molta precisione. Pesando quel che un individuo mangia e quel ch'espelle, noi possiamo per mezzo della bilancia mettere. insieme un bilancio d'entrata e di uscita così preciso come un ragioniere non potrebue far meglio. Lo studio è facile: bisogna ricordarsi.però di mantenere l'individuo nelle sue identiche ordinarie condizioni di vita. È in tal guisa che si è potuto acquistare un' idea dell'alimentazione di alcuni dei nosti-i contadini. Disgraziatamente mancano tuttora notizie per alcune regioni particolarmente interessanti, come la Sicilia, la Sardegna, le Calabric, le Puglia ! Le notizie che si posseggono, come può vedersi dall'annesso quadro A, risguardano il contadino veneto, emiliano, abLruzzcse, toscano e marchigiano, rispettivamente le alimentazioni di granturco solo o

RIVISTA DI POLITICA E SCIENZE SOCIALI 359 con legumi, di pano e minestra, di castagne e di ghiande. Cominciando dal considerare quel che il contadino mangia è necessario valutare gli elementi nutritivi indispensabili, che il suo c:bo contiene, e quanta parte di essi viene assimilata e quanta espulsa nelle feci. È evidente che per la nutrizione non ha importanza la quantità assoluta di alimenti che si introducono nello stomaco, ma soltanto quella parte che viene assimilata. Le feci di coloro che mangiano granturco rivelano col loro colore giallo come una parte notevole degli elementi nutritivi non vengano assimilati. Le sostanze nutrive che meritano di essere distintamente considerate sono le sostanze albuminose, le g1·asse e le amilacee. E prima di tutto è assai interessante il bilancio dell'albumina. Questa può essere animale o vegetale, e secondo questa sua provenienza può già concorrere a dare quelle enormi differenze che si hanno fra carnivori ed erbivori. I nostri contadini, esclusivamente o quasi vegetariani, si avvicinano di molto agli ultimi coi quali spartono il cibo. Ma v' ha di peggio. QUADRO A. -· ALIME'.'ìTAZIONE DEL CONTADINO ITALIANORazionegiornal•era nutritive PERDITA I in grammi di sostanze con le feci 010 Bilanciodellecalorie INTRODOTTE ASSIMILATE = ~ = l ~ ~ ~ = = = :a;; ~ = '6 g J g Totale t,i:, = j = - ] = i § = ""' ~ ... = ~ = ~ < ~ "§ < .:: ::;;, =- = c.:, -<: = "" =- Contadino Veneto -(Polenta e fagioli) 117 64 619 871 64 561 13 27 3247 ... ... r nverno·(Polentae minestra) 82 63 Id.Emiliano Estate• (Pane e minestra) . 1 -9 64 o- )G1·anturco :3a qualità Ul 44 Id.abruzzese Id. la id. 88 50 Iù. Toscano - (Castagne) 59 H) ld. Marchegiano - (C'Thianda) 123 uz Operaio medio normale di Voit 118 56 S1•condo i calcoli del 'i'oit (V. quadro A) un operaio medio normale, con lavoro moderato ha bisogno di assimilare circa 100 gr. di albumina al giorno, ma purtroppo, dei nostri contadini, tranne quello emiliano di estate, gli altri restano tutti più o meno al di sotto, il che è molto grave, perchè la fame o l'inedia dell'albumina imprime le stimmate della debilitazione e degradazione organica, predispone alle malattie, rende inabili alla lotta del lavoro, e non permette che poco o nulla di attività nervosi>, onde quell'inerzia e quella ras,Pgnazione che fanno dei la vordtori della terra una classe così torpida mente conserva trico. Le coso vanno un po' meglio quando si consideri il bilancio delle caloriP, che po3son esser date dalla combustione delle sostanze grasse ed amilacee. Eccetto che nei mangiatori di castagne e di ghianda, le due più scarse alimentazioni dei n<'stri contadini, le sostanze grasse e amilacee non sono infer'iori per quantità. a quelle dell'oper<1io medio normale del Voit; o così può venire a spiegdrsi come il nostro contadino riesca a sviluppare una quantità sufficiente di forza muscolare bruta, nell0 stesso modo di un bue. 579 63 58 536 10 26 2724 48 1410 670 138 55 660 5 13 2906 42 1381 805 -13 36 761 8 30 3629 57 1822 773 72 43 731 7 18 3691 58 1853 463 44 I 16 448 6 25 2167 36 1142 251 98 50 235 11 20 1871 31 895 500 105 . . . ... . .. 12 2868 40-50 1399 Però mentre il contadino veneto, per es., introduce in media una quantità di cibo superiore a quella calcolata in media dal Voit., assimila molto meno, e per-· ciò in modo insufficiente. Questo fatto deriva dalla .difettosa preparazione del cibo. I fagioli, che pure sono come una carne vegetale per la loro ricchezza di sostanze azotate, vengono cucinati in modo dai contadini veneti che quelle sostanze non sono assimilate, e il cibO'passa per gran parte nelle feci senza che l'organismo tragga da esso tutto il beneficio tossibile. Così che di grande importanza è la preparazione dei cibi. Ora questa preparazione è generalmente pessima tra le classi povere, d'onde la necessità di diffondere quanto più è possibile fra quelle classi le nozioni razionali della manipolazione del cibo, come quelle che sono capaci di impedire il disperdimento degli elementi indispensabili alla nutrizione. Bisogna che i volenterosi tentino in Italia una tal propaganda che qua e là all'estero viene condotta con successo. Guardando alle cifre che rappresentano la nutrizione media estiva e invernale del contadino emi-

360 RIVISTA DI POLITICA E SCIENZE SOCIALI liano si vede come in estate esso introduca e assimili di più che in inverno. Inoltre in inverno mangia polenta, in estate pane, cioè maggior quantità e miglior qualità di elementi nutritivi. Ma eziandio nel1' imeno, a causa del freddo da cui sono colle carn e col , e~tisrio così mal riparati i nostri contadini, è Hmpre rrol1a la necessita del nutrimento, e pur tutta via r.ell' inw1r.o il contadino emiliano, e pmtroppo non è il solo, mangia ccsi mal(;'. Ne ('Onsegue una relativa inedia, un prolungato digiuno, e quir.di una più facile predisposizione alle malattie infe1tive. Qual meraviglia dunque se verso la fine di questo poicdo miserevolissimo i nostri poveri contadini manifestano i primi segni di quella tremenda malattia loro, la pellagra, che trovando gli organismi indeboliti dalla lunga fame invernale può aggredirli più facilmente, insinuandosi col granturco guasto o mal preparato, che nei mesi d'inverno è l'unico pasto di tanti infelici ? Checchè si dica o si creda da a!cuni, anche l'alimentazione a castagne del contadino toscano è deficientissima: le sostanze albuminoidi e quelle grasse e amilacee sono di molto inferiori al bisogno. Dell'alimentazione a ghianda poi non si parla. Essa è rara, per fortuna, ma purtroppo è ancora in alcune montagne una dolorosa e vergognosa necessità. Essa non può dare che un alimento diflìcile a digerire, scarsissimo di sostanze grasse e amilacee, e relativamente scarso anche di albumina ; è quindi il cibo della più squallida miseria. Per dare un'idea più precisa sulla forma e preparazione del cibo, s'è fatta un'inchiesta e una raccolta di campioni del pane dei nostri contadini. Da uno studio chimico fatto su questi pani risulta che i nostri contadini mentre hanno un'alimentazione · non variata nè ricca, e dovrebbero avere un pane nutritivo e facilmente digeribile per non esser costretti a introdurne in eccessiva quantità, essi generalmente mangiano un pane poco nutritivo e preparato in modo che se pur contiene molte sostanze utilizzabili, queste non possono essere che di(licilmente o per nulla digerite. L'alimentazione a granturco è per i contadini la più diffusa in Italia, più di tutto nell'alta Italia, poi nella media, ed anche nel!' Italia meridional(;'. Per quanto si mangi il granturco si ha sempre eccesso di sostanze amilacee e difetto delle albumi no idi ; anche quando il granturco sia di buona qualità non si riesce mai ad ottenere la quantità di albumina necessaria in media all'organismo secondo il calcolo di Voit. Essendo però così diffusa urge vedere se e corno può essere migliorata. Chi non conosce i grandi vantaggi che l'arte arl'ivata alla perfezione ha tratto dalle nuove macine del grano? Per migliorare però la macinazione del granturco, che è il solo o il principalissimo cibo di tanti poveri, la grande industria capitalistica non aveva ancora creduto far nulla, sino a poco fa, quanJo nell' Inghiltem1. è us-:ito fuori un nuovo processo Sheppard col quale si ottengono parecchi risultati importanti; il granturco viene prima di tutto spogliato della corteccia e quindi del!' indigesta cellulos,1 che vi si contiene; viene privato degli embrioni che tanto guastano le farine; vengono scemati i grassi che irrancidendo le alterano così facilmente; i gram,li acquistano una finezza e sottigliezza come nelle migliori farine dei cereali; si ha una pal'Ziale trasformazione dell'amido in prodotti sol11bili perciò più digeribili. E siccome in questo processo entra molto il vapor d'acqua, questo sterilizza il granturco, cioè ucciJe i germi che lo alterano producendo trasformazioni chimiche che costituiscono il veleno della pellagra. li Ministero di Agricoltura ha aiutato fra noi lo studio dei risultati alimentari ~di que~ta prepazazione Sheppard. QUADRO B. - ALIMENTAZlO:-IE MAIDICA SECO[ DO LA MACINAZ[ONE - (A) - Composizione della Farina Macinazione ordinaria. Id. Sheppard (B) - Alin1entazione e nutrizione ~ azotate . Razione in sostanze . grasse . amidacee ( della razione totale . Perdita colle feci . delle sostanze . · grasse . ) ~ azotate . / amidacee Assimilazione delle sostanze azotatn OtO Calore del cibo assortito. , Id. Sheppard Id. per kg. di peso del corpo . - PER 100 DI SOSTANZASECCA Albuminose Grasse . I SOSTANZE Amidacee sor,umr,r ~ali 10,63 8,19 78,6G I 6,19 2,52 11,75 3,16 84,04 21,39 1,04 FARINE ITALIANE 3a qualità \ 1a qualità 61 43 805 8 30 17 5 9 3629 57 1822 88 50 773 7 18 13 5 22 3091 58 1853 MODENESE INGLESE macinata con sistema o Sl!EPPARD 108 I 1s1 I 816 4 15 19 2 37 3878 00 1946 ordinario \ Sbeppard 57 47 771 7 18 15 5 31 3555 ,19 1612 G9 28 730 4 14 23 2 30 3352 47 1522

RIVISTA DI POLITICA E SCIENZE SOCIALI 3Gl 11 quadro n espone i risultati delle indagini chimiche e fisiologiche. Nella prima parte del quadro si yeggono chiaramente i vantaggi dal punto di vista chimico; cioè nelle farine di granturco preparate alla ShepparJ c'è difetto di materie grasse, il che è un bene pt r la conservazione di queste farine, nelle quali è precisamente la materia grassa che col facile rancidir;;i, ne ddermina l'alterazione, e dall'altra parte anche nel cibo del contadino la mancanza dell'elemento grasso si può agevolmente compensa1·e con olio. cendo tutti i progressi dell'arte mira bile di panificare arrivassero a risulti ti soddisfacenti. La questione deve interessare molto anche agli agricoltori, perchè fra le cause e gli effetti della decadenza della nostra agricoltura deve esser messa l'alimentazione rurale scarsa e d'infima qualità. Prof. ANGELO CELLI. Ildeficit delle Casse p nsioni edi ferro vieri Nella seconda parte del quadro si trovano le per- II. centuali dell'11liment"zione e della nutrizione compa11, Quali no1·me proponeva la commissione governarati va.mente con le fa.rine maidiche orJinarie e quellerfl '\Jti va per riparare al deficit ereditato dalle casse pr<'parate. alla Sh~ppard. . . :fpensioni? Occorre dirlo subito: esse erano ~ali che Come s1 vede, sia dal confronto delle farine 1ta- dovevano subito provocare una forma reazione da liane con quelle inglesi o alla Shcppard, sia dal con- parto dei ferrovieri, poiché tutto rivolte ad adfronto tra le farine dello stesso granturco modenese dossare loro il peso di (]uel deficit. Proponeva la macinato parte in Italia e parte in Inghilterra, con le nuove farine si introduce mag.;ior quantità di sostanze alimentari e si ha una minore perdita focale ed una migliore assimilazione dello sostanze azotate. Fisiologicamente dunque il vantaggio di (]11esta varietà d'alimentazione maidica è indiscutibile. Bisogna però notare che le farine Sheppal'd incontrano da principio una ce1·ta resistenza da. parte dei consumatoii, perché sono meno gr.inuloso e quindi meno gustose: danno una sensazione di sapore dolciastro, e sotto forma di polenta non si possono mangiare caldo perchè allora hanno qualcosa di colloso che si appiccica al palato. A freddo però la polenta e la, pi1,za son huono e i nostri operai ci si abituarono molto bene e seguitarono a mangiarla anche quando l'esperimento era finito. Interessante por la diffusione di queste nuove fa. rine è lo studio del problema se c;oè sono adatte alla panificazione e se può ricavarsene eo,ì un prodotto ben digeribile e a buon prezzo, per tentare di contribuire all'eterna o formidabile questione del plne quotidiano. Queste esperienze sulla preparazione del pane con farina Shoppard debbono ancora essere continuate per potere enunciare un risultato suffragato da molti fatti; fin d'ora però si può dire che si ottiene un buon pane con un miscuglio di farina di granturco ::;boppard e di segale, come pure con un miscuglio di 30 010 farina ordinaria di grano, macinato a tutto corpo e 70 010 di farina Shcppard. Questo ultimo pane eh' é molto gustoso costerebbe 12-14 centc simi il chilo. Bisogna però che questo pane sia preparato a forma di ciambella, o a piccoli filoni o maritozzi e non in forma di grossa pagnotta. Sarebbe utile che le associazioni di forni cooperativi studiassero bene questo problema e introducommissione di stabilire una tassa sui biglietti di viaggio gratuiti ed a prezzi ridotti; di r,rolungaro di cinque anni il limite di età e di compartecipazione por acquisire il diritto alla quiescenza ed alla pensione; di 1ortarJ a diminuzione dol disavanzo, e fino alla sua estin:::ione, il prodotto dell'accennata nuova tassa, non cito qn<•llo della tassa d'ingresso alle stazioni o l'altrJ delle somme a disposi;;ione. E 11ui si badi come facendo parte i due ultimi cespiti delle risorse normalmente a disposizione della Cassa, cioé 0011tribuondo a formarne il ~apitalo ver quanto riguarda il normale funzionamento della Cassa - modificando la destinazione di quei cespiti ed indidzzandoli ad estinguere il debito pas ·a to, si vcn·ehbero a diminuire i redditi ordina.rii e con ciò si verrebbe ad accroscero il deficit! Sapienza fiscale veramente degna di ammirazione! Dicemmo che lo misure proposte dalla commissione toccano soltanto i ferrovieri e ci vuol poco a provarlo. La tassa sui biglietti gratuiti e semi-gratuiti ha per obbietto di colvire i biglietti che gli impiegati hanno diritto por sé e le loro famiglie di ottenere. Prolungando di cinque anni il termine di età o di compartecipazione alla cassa, si commetterebbe una vera ingiustizia, giacchè si Yol'rebbc a stabilire un termine per esser pensionato cho non si conosce 1,resso nessuna amministrazione fe1-roviaria, di qualunque nazione. E poi a questo modo ~i ritaJ"derebbe la carriera del personale già per altro lentissima. In quanto allo ultime due proposte abbiamo visto quanto esse siano assurd~, pretendendo i dalla commissione di colmare un deficit non già creando nuove entrate, ma distribuendo diversamente quelle attuali, mentre pur si trntta di uno stesso servizio. E d'altro lato il tenue concorso governativo, in proporziono del 2 °/ 0 sugli aumenti cho si sarebbero verificati nel prodotto lordo delle ferrovie al di sopra del pr?dotto iniziale, può dirsi ora completamento cessato, perché il pro-

362 RIVISTA DI POLITICA E SCIENZE SOCIALI dotto lorJo delle ferrovie lungi dal superare non mai raggiunse il prodotto iniziale. Così dall'uno all'al1ro lato, dal governo e dalle compagnie, dalle commissioni governative cd ammi, nistrative, venne palliata la grossa questione. Su di un sol punto quelle furono di accordo: nel tentar provvedimenti, in ciò che si riferiva al modo di colmare il deficit e di assicurare il funzionamento normale e sicuro della Cassa, che facevano ricadere il · peso della mala amministrazione sui ferrovieri. Ora cotesta fu vera e propria mostruosità. I ferrovieri furono sempre lontani da quell'amministrazione, ed in conseguenza quelli che dovevano provvedere non erano essi. * * Ciò si può provare in modo inconfutabile badando al modo dell'amministrazione della Cassa. L'art. 15, infatti, della prima cassa pensioni, quella della rete Lombardia - Italia centrale, disponeva che l'amministrazione della Cassa dovesse esser tenuta da un comitato composto da un membro del Consiglio di amministrazione designato dal Consiglio stesso, 4a1 Direttore generale, dal Direttore dell'esercizio, dal Capo dell'ufficio legale, dal Capo contabilità, da un impiegato superiore della direzione generale e da due capi servizio, i quali tre ultimi dovevano esser nominati dal Consiglio. E come so questo incontestato prevalere dell'amministrazione ferroviaria nella cassa non fosse già di per sè assolutamente scandaloso, dispontva l'istesso statuto, che al Comitato della cassa non spettasse se non la funzione preparatoria del propori•e: la deliberazione era sempre esci usi vamente riservata 31 consiglio di amministrazione della società. Fu for3e in seguito radicalmente modificato l'organismo della Cassa-pensione ? Neppure a pensarlo. La direzione delle ferrovie ebbe sempre nelle sue mani l'amministrazione della Cassa. La 1resenza in questa di alcuni impiegati non deve trarre nessuno in inganno. L'essere essi scelti dal consiglio della società e la loro stessa posizione elevata in questa, son già prova evidente che a tutto avrebbero essi pensato fuorché a resistere ai desidert dei superiori, quando costoro avessero affacciate delle pretese. E di ciò è prova eloquente il fatto che alle continue denunzie venute d'ogni parte sullo stato della cassa, l'amministrazione di questa, senza eccezioni, ha oppo~to continue smentite. Eppure se gli impiegati della società che si trovano a far parte di quel consiglio di amminisirazione avessero inteso sul serio il proprio compito, avrebbero dovuto essi per i primi levar alta la voce, poichè dopo tutto la rovina della cassa li riguardava direttamente, quali suoi compartecipi. Ora l'aver essi finto di ignorare i fatti, fin quando fu possibile, l'essersi m0strati eccezionalmente tiepidi nel difendere i comuni interessi, dà occasione di pensare che non certo gl' interessi dei ferrovieri si trovavano essi a rappresentare in quel consiglio. Intanto per il famoso articolo 35 delle Convenzioni, del quale ci siamo occupati spesso, vi era una dispo3izione che lasciava adito a pensare che nel concetto del legislatore si fosse inteso di dare agi' interessi diretti dei ferrovieri un più efficace organo di rappresentanza. Al terzo allinea di quell'articolo era scritto: « Sarà provveduto come e da chi di ragione e dalle competenti autorità alle occorrenti modificazioni degli statuti e dei regolamenti di dette casse e della massa vestiario, ecc. » Nella prima parte di questo per:odetto, nella espressione « chi di ragione» posta accanto all'altra che si riferiva alle competenti autorità, videro, a buon diritto, i ferrovieri sè stessi chiaramente indicati. E, di fatti, a chi mai poteva si alludere con quella espressione, mentre con altra si denotavano « le competenti autorità»? E più tardi, ad interrogazione di un attivo ed intelli 9ente ferroviere, il signor Pozzi, rispondeva il ministro dei lavori pubblici, che con quella frase, volutamente vaga si era inteso di alludere proprio al per$onale. Non solo, ma il Genala, scrivendone all'onorevole Colajanni, per altro verso lo confermava. Or come mai, in onta a questi fatti evidenti, società e governo nominarono una commissione riorJinatrice, dalla quale erano ad arte esclusi i ferrovieri, a dire meglio, i rappresentant,i del basso personale, il solo effettivamente minacciato? Comunque andassero le cose, dall'amministrazione della cassa, e prima e poi, furono esclusi gli impiegati, o per dir meglio, se qualcuno di costoro vi accedette non fu già come rappresentante dei ferrovieri (che avrebbero dovuto procedere direttamente a alla nomina) ma come delegato a queste, scopo dalla società. Cosicchè, giuridicamente, non c'è modo di pretendere che i ferrovieri dovessero pigliarsi la parte di responsabilità in ciò che avvenne dopo e prima; ma se questa responsabilità non spetta loro, è evidente che qualunque misura si scelga per ripar"re al male, questa non deve toccarli. La società delle ferrovie amministrò la Cassa.; essa ne vide attuar lo sperpero sensa rimediarvi; essa anzi negò continuamente i fatti; logico per tanto che essa sola., insieme al governo, tacito spettatore di questo dibattito, colmi il deficit. M.i la logica in questo mondo nostro civile non é mai ar 6 omento troppo efficace quando lede interesoi troppo alti. Poichè la società forroviaria in onta a tutto, continuò a tenere l'amministrcizione della Cassa, essa potette proporre norme che colpivano invece il solo personale forroviario. * * * Certo se la Cassa fosse stata amministrata direttamente da quelli che vi avevano interesse, io non dubito nemmeno che alcuno degli attuali inconve-

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