Rivista di politica e scienze sociali - anno I - n. 22 - 30 maggio 1896

RIVISTA DI POLITICA E SCIENZE SOCIALI 347 sione; si gonfiò per questa via il deficit, già enorme, della istituzione e si venne così preparando la difficile situazione nella quale siam ora dentro sino agli occhi. Ad un tal movente di natura egoisticamente economica si alludeva cosi dall'on. Simonc·lli durante la discussione per le convenzioni ferroviarie: « grave rischio corrono le casse, per la libertà lasciata alle società di pensionare quel numero di impiegati che loro fosse piaciuto, avendo tutto l'interesse a farlo perchè tutti gli oneri derivanti dalla loro esclusiva volontà e dal loro tornaconto andranno a carico della cassa pensione ». * * * La prima cassa pensione per gl' impiegati ferroviarii venne istituita dalla società della Lombardia e dell'Italia centrale. Per via di necessaria annessione (1·ete veneta, ferr..ivie dello stato, linee appartenenti alle società meridionali e romane) si allargò assai la rete della società, la quale si trasformò in « Sccietà delle ferrovie dell'Alta Italia>>; e contemporaneamente i benefizii di quell'associazione di mutuo soccorso vennero estesi a tutti gli altri impiegati. Con regio decreto 2G ottobre 1875 « l'associazione di mutuo soccorso per le pensioni fra gli impiegati stabiii dell'Alta Italia» veniva riconosciuta come ente morale. ì\fa qucbto atto cosi importante per l'associazione fu accompagnato dal primo grido d'allarme che sulla sorte del rnJalizio fosse stato levato. La gioia dei mortali è fumo passeggi ero! L' ingegnere Crotti, compartecipo della Cassa, dimostra va in un opuscolo che fece rumore a suo tempo, a quali pericoli quella istituzione andasse incontr0. La risposta che il comitato della Cass·1, fece al Crotti fu questa sola: dimostrare come lungi da.ll'essore arrischiata la po;izionc della cassa fosse delle più fiorenti, così da lasciai· prevedere che fra trentasette anni ossa avrebbe po°'ssoduta una eccedenza rilevante dell'entrata sull'uscita, di 1,099,649,28 I Ma sarebbe superfluo dar nei suoi dettagli la storia lacrime, ole dei tentati vi per far la luce, delle proposte e dei contro progetti, della lunga discussione svoltasi fra il Gelmi, il Besso, il Pctibon, in difesa dei ferrovieri, contro le cieche ripubc dell'amministrazione delle ferrovie dall'altra. Poichr, in fondo, la vera responsabili ti di questa amminisLrazione è tutta nella cieca ostinazione a denegare la verità di faW oramai noti a tutti, nel rifiuta1·si ad opporvi provvedimenti di natura tale da ovviare il male od anche a troncarlo per sempre. Naturalmente l'amministrazione deJl,1, Cassa non potè a lungo tratto proscgui1•c per r1uesta via e venne momento in cui fu costretta ad ammettere prima parzialmente o poi totalmente i faW; ciò, s'intende, dopo una quasi inchiesta voluta dal governo, in seguito alle convenzioni di Basilea del 187G. Venne allora provato che la ritenuta del 3 0 / 0 imposta dalla cassa ai ferrovieri era del tutto insufficiente a.i bisogni della cassa istessa; che con questa quota percentuale la cassa doveva soffri1•e un deficit continuo, prn 6 ressivo e sempre maggiore di anno in anno; ed in appresso si stabili che anche a non voler tener conto delle passività stabilitesi sino alle conYenzioni ferroviarie del 1884, occorreva portare il tasso di ritenuta almeno al 5,50 °fo. E di fatti, nell'attuare le convenzioni, si constatò che per far fronte alle proprie esigenze, la Ca,sa della rete adriatica aviebbe dovuto avere un capitale complessivo di L. 70,295,952; la Cassa della mediterranea un capitale di L. 95 milioni; qu\.'lla della rete sicula un capitale di circa quattro milioni. In realtà non esisteva per la prima che un capitale di L. 38 milioni; per la seconda di 45; per la terza di un milione e mezzo circa. Le tre casse si costituirono quindi con un disavanzo originale di circa 84 milioni di lire. Fu allora che nella tornata del 17 dicemb1·e 1_884 l'on. Peruzzi richiamò l'attenzione del ministro e della Commissione relatrice delle convenzioni sullo stato dei fatti e pro ..nnunziò il fallimento della Cassa, se non si fosse provveduto. 11 risullato di questi allarmi e di queste minacce fu l'art. 35 delle c,mvenzioni il quale stabilisce che, almeno parzialmente al deficit passato si ripari con una contribuzione straordinaria da parto dello stato nella ragione del i °lo degli aumenti che si sarebbero verificati nel prodotto lordo dello ferrovie al dirnpr..1, del prodotto iniziale o mediante un aumento del contributo delle società. Infine mentre prima le ca5se avevano un entrata di G lire por ogni 100 go Iute dai comparte· cipi, alla quale debbono aggiunger,i i dodicesimi degli aumenti di stipendio e dalle ent1·ate indirette, oggi l'hanno di 9.30 °fo. Ora è stato affermato da tecnici che se con le novelle disposizioni si fosse dato mano ad una novella cassa, e vi avessero partecipato soltanto quelli che dal giorno della istituzione dei nuovi regolamenti vi si fossero iscritti, ad esclusione di tutti gli altri, non e' è dubbio che la vita della cassa sarebbe stata as;icurata. Ma qui si volle maritare dalla società. il morto al vivo, si volle fondere la vecchia cassa oberata di deficit alla nuova che a,rebbe potuto comodamente tirare innanzi ; il risultato fu che i debiti si accrebbel'J e lo sbilancio progredì spaventosamente. La società ha agito da furba. Quando Canibon propose nel 1793 di repubblicaniz- ;;are i debiti dello Stato, fondando il Gran libro in cui ci-ano confusi i debiti dell'ancien regime con quelli del nuovo, egli esclamò furbcs~amcnte: sfido Sua Altezza il Dispotismo, se resuscita, a riconoscere il suo debito, confuso col nuovo! Cosi fece la società delle ferrovie. Confondendo la vecchia cas,a con la nuova, addossò a questa tutto il cleficit di quella e lo accrebbe poichè l'irrisorio iu tervento dello Sta.te a colmarne parte si ridusse a poco meno di 250,000 lire.

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