RIVISTA. DI POLITICEASCIENZSEOClAIJI Direttore Dr NAPOLEONE COLAJANNI Deputai<> al Parlamenlo ITALIA: anno lire 5; semt:stre lire 3 - ESTERO: anno lire 7; semestre lire 4. Anno I. - N. 22. _Abbonamentopostale Roma30 Maggio1896. SOMMARIO : Il Commissario civile per la Sicilia, P,-oj. Lodooico Mo,·tara - Le condizioni dell'Eritrea. Adolfo Rossi - Il SO· cialismo é una ricostruzione 1 (lettera aperta a Napol<=one Colajanni). Ignazio Scara/Jelli - Civiltà e Ncvropatia, D,·. G. Vailati - Il deficit delle Casse pensioni ed i ferl'Ovie1·i, Arturo Labr·iola - Il fallimento del sistema industriale, P. Krnpoikine - Sperimentalimo sociale - Recensioni - Libri ricevuti in dono. I pochi abbonati i quali ancora non si sono messi in regola coll'Amministrazione sono pregati vivamente a farlo indirizzando c:i,rtolinavaglia all'On. Dr. Napoleone Colajanni Roma. '-./"-./"'-./' ./"'-./'\..../'\,J '-./ '-/ '-..,/'\../'\../'--./'-/'-../-......./"""\./"\.~ Il Commissario civ lpeerla Sicilia I. Poche osservazioni, di carattere generale, intorno a questo tema che deve presto esse!'e argomento <li discussione alle camere legislatiYe. Anzitutto, è giustizia notare che il prnvveclimento è, nel suo estrinseco, perfettamente corretto. Non solo è giustizia, ma anche confodo. Poichè, all'uscire <la un t1'iste periodo di violenza, dispregiatrice della formale come della sostanziale integrità degli istituti e delle norme del diritto pubblico, le solenni attestazioni cli rigoroso ossequio alle forme sono buona guarentigia di ripristinamento clell' impero effettivo di quella vera libertà organica la quale non può vivere e prosperare che al sole della legalità. Il decreto del 5 aprile, che istituisce il commissario civile per la Sicilia, non è un decreto-legge nel senso ordinario di questa espressione. Giacchè, se contiene disposizioni di competenza legislatirn, non dà per altro alle medesime altro valore che quello di un progetto; invero, l'art. 9 stabilisce che dal giorno della promulgazione del decreto il commissario darà corso agli atti p1·epamto1·ii per la sua attua::;ione. Ì\1a soggiunge nel capoverso: « TuttaYia, i proneclimenti finali e definitiYi a cui « tendono gli articoli 4, 5, G, non an·anno esecu- « zione se non dopo che il presente decreto, pre- « sentato al parlamento, sari~ comeJ"ti Lo in legge >). Ben fece il gabinetto attuale ad astenersi dall'uso della straordinaria podestà legislatirn di cui tanto e così deplorevole abuso era stato fatto dal gabinetto precedente. Notevole anche il fatto (se non m'inganno), che il decreto non fu pubblicato finora nella Ga::etta Ufficiale; testimonianza novella di riserbo, e cli grande riguardo all'autorità e alle prerogative del parlamento. Soltanto lo spirito partigiano può sospettare nella istituzione del commissario civile per la Sicilia tendenza o· pericolo di separatismo. Se la tendenza alla creazione di una nuova unità amministrativa (regione) dotata di sue particolari autonomie po• tesse nel provvedimento ravvisarsi, non sarebbe che molto indiretta e lontana; potrebbe pur darsi, infatti, che dalla eventualità di una prova soddisfacentissima del nuovo istituto, sorgesse la idea di conferigli un _assetto definitivo, per la Sicilia od ancora per altre parti del territorio nazionale. Nè, se questo accadesse, sarebbe serio gridare allo sfacelo della unità politica della patria. Ma certamente il censurare la disposizione come contenente germi cli separatismo, è semplice assurdità. Chi legga il decreto del 5 aprile senza cieca prevenzione, non può negare che il commissario civile sia un rappresentante del governo centrale, inYestito di limitate facoltà politico-amministrative nelle quali non si contiene, nè in fatto nè in potenza, la attitudine a stabilire nell'isola un novello vicereame. Ben poteYa questo pericolo essere con ragione additato, allorquando l'inconsulta violenza d1 un altro gabinetto facea sottoscrivere al re, nel 3 gennaio 1894, la famigerata disposizione : « Il « tenente generale Morra di Lavriano è nominato « nostro commissario straordinario con pieni po· « teri. Tutte le autorità civili e militari sono po- « ste sotto l'immediata di lui dipendenza~- E il nuoYo Yicerè, allora, arrogandosi poteri che nemmeno il re possiede, si da,·a il còmpito <lipromulga1·e ordinanze eccezionali, di istituire tribunali marziali, manomettendo lo statuto, il codice penale, il codice cli commercio e una infinità cli altre leggi organiche, instaurando in Sicilia la delizia di un gornrno che sotto pretesto di ristabilire l'ordine sociale vi rappresentò il te1-rore e vi moltiplicò i germi del disordine economico ed amministrativo.
338 RIVISTA DI POLITICA E SCIENZE SOCIALI II. Se il disegno di legge che il parlamento fra pochi giorni dovrà di3cutere non avesse alteo merito, quello almeno gli andrnbbe riconosciuto, di costituire la pii\ autore,·ole testimonianza del gl'a1·i:ssimo errore commesso nel gennaio 1891, con la proclamazione dello stato d'assedio e con la fu1'ia delle repressioni militari nelle pr01·incie siciliane. Non si dimentichi che un barlume di senso morale impose ai fa11atici della rept'e5sione militare di chiede1·e al governo, ment,·e in pa1·lamento approvavano con grandissima maggioranza di voti la politica sua, che presentasse disegni di legge idonei ad assicw·a1·e definitivamente la pace pubblica (ordine del giorno Damiani del 3 marzo 1894, approvato dalla camera dei deputati con 342 voti contro 45, con 22 astensioni). A.l gabinetto precedente parve però poca e misera glol'ia il conseguimento della pace pubulica; e5so prefe1·ì la guerra in Sicilia come in Africa. 11wovvedimenti legislati,·i dei quali fa parte l'istituzione del commissario ciYile, rappresentano, pe;•tanto, l'adempimento che l'attuale gabinetto dà all'obbligo a,sunto dal precedente. Alt1·0 motivo questo per lodare la lealtà, la sollecitudine, il buon volere dimostrati, in argomento di tanta importanza e pur colpevolmente fino ad ora trascurato. Non so e non oso dire che i guai politici ed amministrativi della Sicilia, s1·elati dalle disposizioni del decreto 5 aprile :siano speciali ed e5dusivi della nobile i:sola. Tomo anzi del cont,·ario. Ma è accertato, dalla co11eoedia di testirnoniitnze imparziali, che in Sicilia il pe1'rn1·ti:ne!lto delle istituzioni pubbliche è giunto a 1·emlern pur troppo difficile l'ordinata e pacifica convivenza cirile. S0conclo la relazione del governo, che accompagna alla C..unera dei deputati il <lecreto :.i apt·ile, devo essere missione precipua del commissario quella rii far con1·ergcrc gli sfo1'zi comuni dei Yarii 01·gani di governo locale « a oeb:t1'e l'esatta applicazione « delle leggi e ottenere sotto l"egida di esse il « miglioramento dei pubblici servizi e la t·imozionc « delle causa del 1mlcontento e del disagio cl i « quelle popolazioni ». 1lfalcontento e disagio che derivarono, aclunque, in passato, come ora, dall'inosservanza delle leggi e dal malo funzionamento dei pubblici servizi: al che non rimcd iarono cl i certo pieni potoei dati al generale ~Ioera. Vi rimedie,·it l'ope1'a clel commi~s.u·io ci1·ile? HL Sarebbe amhtcia 1·i,-pondere con un si ori 1111 ,io a simile domanda. J);J. ·ola quesfopc,·a, cc,-tarncnte, non b:-tsteri:t a,l at'recarc u11 completo rimedio; ma sarebbe ingiusto a{formare che 11011 si possa at tenderne un efficace contributo alla riparazione dei mali lamentati. Sotto due aspetti diYersi si presenta la nuova istituzione. a) Concentrando nel commis,,ario i pote1·i dei ministri drll'interno, delle finanze, dell'istruzione, dei larnri pubblici, dell'agt·icoltura, per quanto si 1·ifei-isce alla pubblica sicurezza e al go1·erno locale (a1·t. 2), il proVYedimento mira ad ottenere, in faxore delle pt'OYincie siciliane, i Yantaggi di una più rapida, più coe1'ente, meglio informata, e quindi piìi efficace :,zione go,·el'nativa, la qua1e dee p1·i11cipalmente esplicarsi in tutto quanto riguarda le ammini~trazioni dei comuni e delle provincie, dove appunto 1·isieclo110le cause maggiori e pii'.i esiziali del pubblico disordine. Questa trasmissione di poteri ministeriali non ha, nè potrebbe arnre, altro carattere, se non semplicemente amministt·ativo. Dal punto di vista politico, i ministri rimangono perfettamente responsabili dell'oporn del loro delegaw, giacchè tale 1·esponsabilità loro incombe pel' la di~posizione dell'a1·t. 67 dello statuto c,I è elemento essenziale organico del l'attuale rngime politico (gore1·no di gabinetto), che nemmeno una legge pofrebbe alterare. Per questa r11gione, dal punto di vista co tituzionale, il commissai·io ciYile, uell'ese1·cizio delle indicate attribuzioni, per quanto eleYate, dipende dal governo centrale; ccl è in tal senso, probabilmente, che la relazione alla camera accenna al poterP correttivo rise1·bato al ministero rispetto ai singoli di lui atti, quantunque il testo clell';1,d. 2. pur non menzionando un simile potere, ne circosc1·irn grandemente la possibile esplicazione, col dichiarnro definitivi i p1'0l"redirnenti del commissa1·io all'effetto che gli interessati possano impugnarli dinanzi alla quarta sezione ciel consiglio di Stato. Codesto nccossat'io Yincolo di dipendenza influi ce senza clulibio sopra il carattere e il prevedibile funzionamento del nuorn organo di goYerno. Non si pui> imero dissimulare che l'opera del commissario, in sostanza, sarit più o meno 1·i11colata, dovendo egli, pe1· elementare 1'agione di prudenza, tener conto dello in tonzioni e delle opinioni del goYerno centrale, eritarnlo cli esporre i propri atti alla dannosa ernntualiti:t di essere sconfessati, o rerncati, od anco disapprovati soltanto, il che basterebbe per esautorarlo. Le difficoWl di una sirnilti situazione deYono ess01'si imposte alla 1·iflessione degli autori del decreto 3 aprile. E [Wl' diminuil'llc l'importanza, con altro decreto del medesimo giorno fu conferito al commissa1·io cirile il titolo di ministro segretario di stato. senza podafoglio. Egli co~ì è costiiuito memb,·o del gaLi11etlo: o questa dignità che lo pone a pa1·i grado coi minist1·i dai quali le sue funzioni di commissa1'io dipendono, diminuisce certamentb le probabilità di attriti e di conflitti. È bene però ri-
RIVISTA DI POLITICA E SCIENZE SOCIALI 339 levare come da ciò non deriYi il teasfe1·imento in lui della responsabili!à politica particolare per i singoli atti compiuti in foeza della delegazione suaccennata, la quale spetta ai ministri titolari cli quei dicasteri che egli rapprcscnla. l·n minisLt·o senza portafoglio, istituzione nuora per l'Italia, 11011pel sistema rappresentatirn, divide ·olirlalmente coi colleghi del gabinetto la responsabilità politica generale di questo di fronte al parlamento ed alla 11azione: ma non assorbe in ninna parte la res:.onsabilità particolare dei varii ministri per le faccende di rispettiva competenza. ~è si potrà attribuire a lui, in modo esclusivo, il còmpito di difendc1·e innanzi al pai-Iamento gli atti compiuti in virtù dei poteri delegatigli ; ostando a ciò, oltre le considerazioni ora dette, le disposizioni della legge 12 febbraio 1888, la quale prescrive che le attribuzioni dei ministeri siano dete1·minate con decreto reale (e il decreto di nomina di un ministro senza portafoglio non può esprimere Yeruna suii speciale attribuzione); e inoltre stabilisce che le discussioni e proposte relative a ciascun mini~tero siano sostenute innanzi al parlamento dal titolare di esso o dal sottosegretario di Stato che gli è addetto. Il provvedimento di cui parliamo, adunque, è notevole soltanto, in questo aspetto, come un mezzo efficace per guarentire, nei limiti del possibile, l'armonia d' intenti e d'azione fra il commissario civile e il gabinetto; cd era forse la sola misura pratica che potesse venire adottata di fronte alle difficoltà suscitate dal!' indole delle l'elazioni fra loro stabilite. b) Sorvolando alla funzione consultirn logicamente attribuita dall'al't. 3 al commissario, merita singolare attenzione l'art. 4 che è fuor di dubbio il pit1 impo1°tante, e che appunto pel suo contenuto non ha per ora altro valore che di semplice progetto di legge. Qui infatti la funzione del commissario si elern a vera e propria autonomia. tale essendo che sorpassa le normali podestà dei ministri e innorn, ampliandoli sensibilmente, i diritti cl' ingerenza e di vigilanza del governo nelle amministrazioni lo. cali. Per tale articolo è data anzitutto al commissario la facoltà di ordinare ispezioni in tutti gli uffici amministi·ativi e politici delle proYincie a lui affidate. Inoltre egli Yiene incaricato di pron-edere ad una rerisione straordinaria dei bilanci provinciali e comunali, affinchè le spese tuLte, comprese le obbligatorie, iano proporzionate alle forze contributiYe delle proYincie e dei comuni. DoYl'à inoltre, a fine di assicurare l'equa ripartizione dei tributi locali, rirndere i regolamenti provinciali relativi a questi, le iarifTe dei dazi addizionali e comunali e i ruoli delle imposi.e comunali. Tutta questa parte della missione del commissario rni1·a ad una specie di risanamento morale, amministratiro e politico. L' tu·gente bisogno di esso a nessuno è ignoto. La profondità che in non poche amministrazioni locali hanno raggiunto i guasti e le illegalità è pue troppo nota. RipensandoYi, si può dubitare della attitudine e dell'autorità di un uomo solo a compiere opera reramente efficace e durevole. Può darsi che le coalizioni cl' interessi e gli intrighi delle consorteeie locali prevalgano allo zelo e allo accorgimento del commissario e riescano ad ammettere sotto le parrenze della conse1·vata o 1·i tabilita legalità formale, i vizi inestirpabili della macchina amministratirn. Perchè il guasto è nell'ambiente sociale, è nelle abitudini, nei caratteri ; e le prepotenze, le angherie, gli sfruttamenti, non sempre (forse di rado) sono considerati dalla coscienza dei loro autori come azioni prave e riprovevoli. Sotto la protezione di quelle leggi da cui si n10le, rip1·istinandone l'osservanza, attingere il rimedio, nacque e si diffuse il male. Possono esse dan-ero fornire il rimedio ? E dato che lo possano, sarà a tanto ufficio basternle l'opera del commissario ? Alla prima di queste due domande è difficile rispondere a prio1·i. L'esperienza s'incaricherà di elido. Alla seconda domanda si può fino da ora dare una risposta geneeica. Ed è questa: Supposto il miglior volcrn e supposta la più geande abilità nella peesona del commissario, certamente l' ufficio attribuitogli dall'art. 4 è ancora pieno d' insidie e di pe1·icoli. Insidie che possono celarsi nel mal talento altrui ; pericoli che possono derivare da difetto o da eccesso nell' uso del potere confidatogli. Appunto per ciò l'esercizio di tal potere non si può concepire se non guarcntito da una larga autonomia, a cui si accompagni, con proporzionata estensione, una grande responsabilità. L'intervento coi·- rettivo del gommo centrale (fuori del caso di evidente abuso) sarebbe pe1·icoloso più che qualche errore parziale dell'opera del commissario. E nel caso di abuso e,·idente non sarebbe nemmeno ragionernle e adeguato l' interrnnto correttivo, ma occorrerebbe quello 1·iparato1·e, con provYedimento radicale (rimozione, sostituzione). Ond'è che all'autonomia, 1·ichiesta dall'ufficio del commissario, pare conrenga moltissimo la sanzione della personale 1'esponsabilità politica che gli viene attribuita dal suo titolo di minist1·0 segretario di stato. Sia pure un ministro pri ro del portafoglio; codesto non è che uno di quegli accomodamenti la opportunità dei quali si rivela frequentissima nel gommo di gabinetto. La conseguenza che produce, in linea cli diritto costituzionale, siffal(a mancanza di portafoglio, si risolve in ciò, che le responsabilità personalmente incontrate dal ministro senza portafoglio divengano in
340 RIVISTA DI POLITICA E SCIENZE SOCIALI ogni caso comuni all'intero gabinetto, solidale con lui e per lui al cospetto del parlamento. :ila intanto è chiaro, che sebbene le due qualità di ministro senza portafoglio e di commissario ciYile siano apparentemente distinte, pure ·sono inseparabili e !''una con l'altra per necessità si completano. La qualità di membro del gabinetto è la garanzia politica dello esercizio di quella di commiss.:u·io civile, che, isolatamente, potrebbe apparire troppo limitata rispetto ai poteri indicati nell'art. 2, eù eccessiva rispetto a quelli dell'art. 4. IV. La assegnazione del termine di un anno alle funzioni del commissario, stabilita nell'art. 1 del decreto 5 aprile, non deve essere tenuta in considerazione. Chi disapprova il concetto animatore di quel decreto, non può trovare nella breYità del tempo una ragione per consentirne l'esperimento. Chi reputa che l'esperienza meriti di essere tentata non può ignorare, o nascçmde1·e a .-è e ad altri, ché in un anno sa1·à appena possibile iniziarla. Il gabinetto ne è convinto; e se nel decreto del 5 aprile volle, con quella limitazione, dare pegno di rispetto alle prerogative del parlamento, nel disegno di legge che ne accompagna la presentazione alla camera dei deputati chiede la facoltà di prorogare per un secondo anno i poteri del commissario. Non vi può essere obbiezione GOntro siffatta domanda; giacchè, se l'esperienza facesse mala prova, il parlamento potrà sempre invitare e anche costringere il governo a mettervi fine, qualunque sia la durata fissa o facoltativa assegnatale. E certamente, se i primi risultati saranno buoni, anche il periodo di due anni apparirà scarso e inadeguato al compimento della bisogna. Ciò che molto importa, nella discussione che Ya ad intraprendersi innanzi al parlamento, è questo: Che la camera dei deputati esamini la questione, e deliberi su di essa, dopo a,·er bene inteso che qui non si tratta cli dare al governo poteri eccezionali, di carattere fiduciario, 1·imetteudolo a farne uso a propria discrezione, tal che il pal'!amento stimi esaurito ogni suo obbligo bel ufficio col Yoto che conferisce tali poteri. Pur troppo, questa comoda via che allevia ai rappresentanti della nazione le fatiche e le responsabilità del loro mandato, è conosciuta a~sai bene dal pa1·Iame11to italiano; il quale, se vuole fare un esame di coscienza spassionato, dern riconoscere di arerla battuta YOlentie1·i, nei momenti più gravi della Yita pubblica, con discapito delle p1·oprie prerogatire e con danno massimo degli internssi nazionali. Non è questo che gli domanda o;gi il gabinetto. Le considerazioni ci~e sono state accennate fin qui dimostrano che con l'istituzione del commissario per la Sicilia si mira a ceeare un nuovo organo di governo, destinato a funzionare normalmente f;Otto il pieno sindacato pa1·larnentare o sotto la comµleta sanzione della ordinaria responsabilità ministeriale. L'effetto, pertanto, della istituzione, e del suo espe1·imento, se dipenderit in gran parte dal buon volere e dalle attitudini degli uomini chiamati ad attuarla, dipenderà in pa1·te non minore dalla contribuzione che sia I er da1·e all'opera loro il parlamento, sYOlgendo assiduamente il proprio ufficio di sindacato sulla medesima, e coadiuvandola col retto e fedele esplicamento del principale suo dovere, quello, vale a dirP, d' essere interprete coscienzioso e diligente dei bisogni e dei sentimenti del popolo. Solo se pot1·à contare sul concorso di quella cooperazione pada:mentare onesta, intelligenie, imparziale, feconda, che esso lealmente ha ora provocata, il goYerno avrà diritto di ripromettersi che il tentatiYO inizi,ìto sia per fruttificare lietamente a vantaggio della car'a isola siciliana, come princi. pio e cont1·ibuto ::lla restaurazione della giustizia e della moralità negli ordinamenti sociali. PrJf. LODOVICO MORTARA LE CONDIZIONDIELL'ERITREA Mentre durano ancora le deplorevoli incertezze sul da fare nella Colonia E1·it1·ea, la Rivista ha creduto opportuno sottoporre ai suoi lettori il parere di due uomini che la conoscono per averla percorsa per lungo e per largo ripetutamente. Percio nei numero precedente abbiamo pubblicato la lettera sulla possibilità della colonizzazione di Achille Hizzoni, ed oggi siamo lieti di poter dare il succoso articolo di Adolfo ]fossi, che quella lettera completa e illustra. Non a ca5o ci siamo riYOlti al Bizzoni ed al Rossi: sono diversi per origine, per temperamento, per colore politico - uno è antico collaboratore del Secolo e l'altro lo è del Cor•riere clella Sem - e non hanno di comune che la conoscenza personale dell' Eeitrea, l'amore vivissimo per la verità, che rifulge sempre nelle corrispondenze ai due giornali, e la sorte che fece loro subire l'on. Crispi, espellendoli brutalmente e illegalmente dalla colonia per punirli del grave reato commesso di aver detto la Yerità. L' impor'tantissimo Diario del capitano Bassi - morto da prc:de ad Abba Carima - che va pubblicando il Resto del Cai·lino, come le lettere del maggiore Toselli pubblicate dal Paronelli in un opuscolo di cui facemmo menzione altra volta, confermano per filo e per segno le cose scritte dal -
RIVISTA DI POLITICA E SCIENZE SOCIALI 341 Rossi e dal Bizzoni; così. moderati, e radicali onesti, giornalisti coscienziosi e militari valorosi si trovano concordi nel condannare la sciaguraia nostra politica, che oramai non troYa difensori che nell'on. Crispi e nella sua banda. Ecco l'articolo cli Adolfo Rossi, cui in nome proprio e dei lettori la Rivista rende grazie. La sola industria di qualche importanza che esista a Massaua è la pesca della madreperla che da molti anni viene eserciiata per conto di alcuni negozianti austriaci. La madreperla viene mandaia tutta a Trieste per le fabbriche dei bottoni e se qualche cosa rest.i da fare ali' Italia è di regolare e moderare la pesca stessa, altrimenti fra pochi anni anche quel prodotto verrà a mancare. Di altre industrie da tentare a Massaua (luogo caldissimo e asilolutamcnte privo di acqua - quella che si beve è distillata) non ho sentito parlare che della pesca che si potrebbe fare in grandi proporzioni per ricavare olio da macchine. I pochi negozianti che fanno affari a Massaua sono tutti stranieri: vi è qualche italiano che s'industria colle forniture alle truppe, ma è cosa transitoria, che cesserebbe, col cessare deffoccupazione militare. Anche le più piccole industrie - osterie e caffè - sono in mano dei greci. Internandosi verso l'altopiano, la prima zona bassa da Massaua a Saati è una sterile e desolata landa, attraverso la quale corre l'unico tronco di ferrovia della colonia, lungo 27 chilometri. Dopo Saati, fra i Digdigta e il Dongolo, si trova una bolla vallata, Sabarguma, cl.te sembra coltivabile, ma è impesrata dalle fobbri. Di piante indigene si osserva subito l'euforbia candelabra: si sperava, di ricavarne una specie di gomma, ma gli esperimenti non diedero buoni risultati. Da un'altra pia.nta, tessile, si potrebbe for~e rica.vare un po' di corda.. Fra i sassi e Jr roccie non si trovò mai alcuna traccia di minerali: il capitano del genio cav. Ferrero, che da alcuni anni spaccava fianchi di montagne per la costruzione delle strade, mi diceva che trovò solo un giorno una insignificante traccia di amianto. Quando da Ghinda, su per l'Arbaroba, si giunge all'altopiano d'Asmara (2300 metri sul livello del mare) si notano immediatamente gli inconvenienti che contraddistinguono tutto l'altopiano etiopico la cui altezza varia dai 1500 ai 3000 metri; per l'altitudine si ha costantemente uno squilibrio troppo forte di temperatura dal giorno alla notte (non di rado il termometro che al giorno supera i 35, alla notte scende a zero); nella breve stagione delle pioggie l'acqua cade a torrenti, ma poi si hanno otto o novo mesi di assoluta siccità. In tali condizioni è inutile parlare di agi·icoltura: quegli altipiani si possono prestare tutt'al più ad uno stadio di pastorizia primitiva; le poche conche in cui si trova un po' d'acqua sono del resto coltivate a dura ed orzo dagli indigeni. Gli esperimenti fatti dall'on. Franchetti ad Asmara mostrarono che sì e no poteva raccogliersi un po' di grano quando non capitavano le cavallette: le viti non attecchirono. Della conca di Cheren, più bassa dell'altopiano di Asmara, mi diceva il capitano Noè, dopo vari anni di esperimenti di piantagioni fatti per conto del governo: « In varie parti,, della conca si semina con vantaggio l'orzo e la dura, ma troppo spesso i raccolti vengono distrutti in erba dalle cavallette. Non un solo privato è riuscito a cavarsela facendo l'agricoltore ». Interrogai i cinque o sei italiani che avevano fatto dei tentativi e mi raccontarono tutti storie scoraggianti. Ne cito una sola, per saggio. Un certo Carlo Ertola, milanese, dopo aver fatto per cinque anni il soldato nella colonia, impiegò i suoi risparmi (1200 lire) colti van do un pezzo di terra a Sciabat, a un'ora da Che1•en. E seminò una quantità di roba, ma da un quintale di patate non ne ricavò che ottanta chilogrammi e da venti chili di fagiuoli non ne trasse più di mezzo chilo. Gli riuscirono discretamente solo l'aglio e le cipolle. Quar<1ntacinque capre che aveva comperate per l'allevamento, gli morirono tutte in seguito ad una epidemia. L'anno successivo s'attaccò alla dura come al prodotto più sicuro, ma le cavallette gliela distrussero. Ridotto senza un soldo, ebbe dai parenti una certa somma e tentò con essa l' impianto di una stalla, ma l'epizoozia lo rovinò nuovamente. Nè chi disponeva di maggiori mezzi mi diede migliori informazioni. I ricchi frati lazzaristi francesi coltivano a Scinnara, a un'ora e un c1uarto da Cheren una vasta tenuta. E Frère Joseph, il capo di quelle coltivazioni, mi diceva al princip;o del 1894: - Da dodici anni il raccolto è magrissimo in causa delle cavallette: la Congregazione non ricava che orzo, legna e dura, quando le sauterelles glielo permettono. Altri campi di dura sono coltivati nelle vicinanze dagli indigeni per conto del governo, cogli stessi incerti risultati. Qualche anno prima, sotto gli egiziani, alcuni speculatori a vcrnno tentato nella conca di Cheren la coltivazione del cotone e del tabacco: quest'ultimo è rispettato dallo cavallette. Risultò che tanto il cotone come il tabacco, venivano, ma di qualità. scadente, tale cho non meritava la spesa del trasporto fino a :\Iassaua. E gli esperimenti furono abbandonati. A breve distanza dal forte di Cheren, dove scorre un filo d'acqua perenne, il Daari, prosperano gli orti, i legumi vengono benissimo: non essendovi però mercati dove venderli, non se ne colti va che la quantità sufficiente per i 8isogni del presidio.
342 RIVISTA DI POLITICA E SCIENZE SOCIALI Da Choren inoltrandosi verso i paesi dei Maria Rossi si attraversano delle brughiere ricche di selvaggina e dei boschetti di olivi selvatici. Si trova anche qualche conca bella da veder,;i. Così parlavo di quei luoghi nella Tribuna al i,rincipio del 1894: << Il terreno pare buono e adatto por l'orzo e per la pastorizia. Il guaio è - siamo sempre lì - che scarseggia l'acqua, che dopo le pioggie si hanno quasi sempre le cavallette e che il bestiame va soggetto al tifo ed alla polmonite in causa dell'enorme squilibrio di temperatura fra il giorno e la notte ».. Da AgorJat fino a Cassala si stende una regione così calda, arida e desolata di cui non mette conto di parlare. Della zona di Cheren cosi parlavo nella stessa T1·ibuna: « L' impressione mia è che noi facciamo qui da carabinieri agli indigeni per proteggerli dalle razzie, e che la zona di Cheren non servirà mai ad altro che a mantenere la strada sicura verso Cassala, fino al giorno in cui piacerà all' Inghilterra di decidere la distruzione del mahdismo. Se ne v,dga la p,m·a è un mistero di alta politica internazionale in cui sta racchiuso anche il segreto della nostra venuta a Massaua e della occupazione dei territorii componenti l'attuale colonia Eritrea». Spintomi negli altipiani dei Meusa e nel Mehetri, l'erano cavata durante la prima annata. Il raccolto era stato peggio che magro, ed erano malcontenti Due sole famiglie, i Dal ~Jestre, friulani, e i Laudani, di Catania, non si mostravano ancora sfiduciati del tutto perché ~•industriavano tagliando erba e vendendo fieno al presidio del forte di Adi-Ugri. - lo non ho raccolto neppure il seme - mi diceva il capo dell'ottima famiglia siciliana. - Seminai tre qu.intali e mezzo di buon grano e ne raccolsi quatti·o di pessimo, pieno di loglio. Venivano bene i fagiuoli, ma una grandinata li distrusse menh'e sta.- vano per maturare. Per tre mesi dell'anno quì piove così dirottamente che nen si può neppure uscire dalla capanna; durante gli altri nove mesi dell'anno è raro che cada una goccia d'acqua. È a questa eccessiva siccità che si deve i! mancato raccolto dol grano. Due contadini lombardi tornavano in quella dall'unico pozzo, molto lontano dai Tuculs del piccolo villaggio. - Cristo d'un'Africa - mormoravano nel loro dialetto - ci vuole mezza giornata per andar a prendere due secchi d'ac,1ua sporca! Il contadino Gornati di M~genta mi diceva: - La questione è molto chiara: vengono grnndi pioggie, poi non ne viene piu, e tutto secca. Provammo a piantare alberi da frutto e dopo due o tre trovai che era sem·pre la stessa storia: siccità, ca- mesi ritrovammo ancora i semi tali e quali li avevallette, piccole conche coltivabili sfruttate dagli indigeni, nulla da tentare per i bianchi. Al principio <li quello stesso anno 1894, visitai per la prima volta la vallata priva d'alberi di Goclofclassi dove il barone Franchetti aveva condotto il primo nucleo di contadini italiani. Quei pionieri eritrei, spesati dal governo, stavano dissodando i relativi poderi: non sapevano ancora nulla, trovavano solo che la terra era molto dura, l'acqua scarsa e lontana., che per provvedersi di un fascetto di legna dovevano fare un viaggio di molti chilometri. Il capitano Folchi, comandante del forte di AdiUggi, mi dicev,1: - Vedrà che questi esperimenti non riusciranno. Io conosco bene i luoghi tla anni. Prima che le famiglie italiane riescano a ricavare qualche cosa, saranno già costate parecchie migli,,ia di !'re per ciacheduna all'erario. Ammesso pure che queste famiglie facessero dei raccolti discreti dove li vende1·obbero se quì siamo in una vasta zona disabitata SJ il luogo più vicino, Asmara, dista dodici ore di marcia ? Yisitate anche le stazioni agrari(' di Godofclassi e cli Gura, constatai che crescevano bene solo i legumi ::. patto di essere continuamente inalfiati: il caffè non attecchiva per il freddo eccessivo della notte. * * * Tornato in Africa nel gennaio 1805, dopo i tradimenti di Mangascii e di nata Agos, andai subito a rivedere i coloni di Godofclassi por sapere come se va.mo messi. Non e' è acqua sufficiente. Un solo contadino, Emanuele Marchignoni, da Magenta, aveva raccolto qualche cosa. - Con cinque quintali di grano - mi raccontò - ne feci ventidue: è brutto e pieno di lo 6 lio, ma è meglio che niente. Non vedo l'ora però di tornare in Italia perché quì siamo senza scarpe e senza uno straccio di vestito. È una vita impossibile: mai una goccia di vino, neppure la festa I Seguendo le truppe nell'occupazione di Adi'grat, vidi che il paesaggio era sempre uguale: ambe e montagne roccic•sc con qualche conca coltivata a orzo dagli indigeni. In tutta la vallata di Adigrat non esiste che un gruppo d'alberi intorno ad una capanna chiusa, e il generale Baratieri telegrafava all'Africa Italiana, suo bollettino ufficiale: « Vasti boschi allietano la conca di Adigràt ». Intorno ad Adua vidi alcuni torrenti discreti cd i1rigati: quelli che formano il feudo dell'Abuna o papa cofto. Sostenni in quella occasione che occupare Adua e Acwm era un gravissimo errore, ma chi volern ascolta re la voce del buon senso? « L'occupazione del Tigrè » scrivevo nell'aprile 1895 nl Corriere della sera « è una magnifica prospettiva per i nostri africanisti non d'altro desiderosi che di nuove glorie guerresche; ma diventa una grave minaccia per il contribuente, la formazione di nuovi battaglioni indigeni non è ag<YVolcosa per la scar~ità della popolazione. Adoperare delle truppe
RIVISTA DI POLITICA E SCIENZE SOCIALI 343 bianehe, fuori dei forti per la guerra di montagna, esige, oltre che una spesa enorme, 1111 scnizio di trasporti e di vettovagliamento che manca assolutamente nella nos 1 ,ra Colonia. In questo nuovo impiccio non ci troveremmo oggi se ci limitavamo, per punire ~langascià, ad occupare l'Agamè, Prendere Adua ed Acsum senza truppe sufficienti, è un volersi tirar addosso tutta l'Abissinia armata», Tornato infine per la t..lrza volta nella Colonia Eritrea durante l'autunno dello s~orso anno, quando dopo la scaramuccia di Debra Ailà tutti (meno il governo e Baratieri) prevedevano nuove e più grandi guerre, andai nuovamente a Godofelassi per a vere notizie del secondo e del terLO raccolto. Delusione completa. Per dissensi coll'on Ban,tieri, !'on. Franchetti non si occupava ]Jiù neppure lui degli espPrimenti agri culi. Nella colonia non si pensa Ya che alla guerra, alle conquiste militari, ed anche a ciò si pensava male, senza conoscenza sufficiente nè del nemico nè del paese. L'Eritrea com'era amministrata nello scorso anno ricordava le colonie fondate in America nel secolo scorso dai frane< si gelosi delle prospere co'.oni.c inglo~i. l\olla sua Storia della Guer,·a dell' i,idipenclenza degli Stati Uniti d'America, Botta co~i ne parla: « .\'la siccome il governo francese s' indirizzaY.1, secondo cl,' o' suole, 1,iù alla milizia che al commercio, cosi i francesi fecero tosto disc•gni alla natura loro confacenti: e siccome poi anche è por lo più smisurato l'animo loro e non mai al presento contento, così incontanente vollero cd aITonificarsi cd allargarsi. Un bastione quà, un riJJaro là; in questo luogo un arsenale, in quell'altro un'armeria; o non istettero contenti finché non ebbero compiuta una tela continua di fortezze. Ma l'1,pp1rato militare non è abile a dare nè la popolnzione nè il commercio nè la 1,r·osperità di questo o di quella., Quelle fortezze, quelle armi, que' presidii mostrJ.vansi in deserte e povere regioni, Una Ìlll!nensa solitudine si distendeva tutto all'intorno. « Molto diverso era il procedere degli inglesi. A pas~o a passo andavano 1,rogredendo e, invece di voler ubbracciare troppo per istringere nulla o poco, a,nda vano gradatamento o con gran cura colti vando quello che possedevano, e piit oltre non cercavano, se non quando i biso 6 ni di una popolazione acire- ,ciuta il l'ichiedevano. ('osi i 1•rogressi loro erano lenti ma sieu1·i; cosi non occu11a\·ano nuorn terre so non dopo che le già occupate erano ad ottima colti\'lLzione ridotte e di sufficiente popolazione fornite. « Un si diverso metodo non poteva non produrre dl'ctti del tutto contrari; o per verità un secolo dopo che lo colonie inglesi e francesi e1·ano ~tate fondate le terre di queste erano a r..igguaglio povero, sterili e scarsamente abitate, mentre che quelle e fertili e ricche e pione di un industrioso e profittante popolo si mostravano>>. Ma, obbiettano molti, come rn che la R. Commissione d'inchiesta del 1891 non tornò dal suo viaggio d'ispezione cost pessimista e sfiduciata? Bisogna notare che quella Commissione compi il suo giro in tempi di pace, quando la colonia eraristretta al triangolo e non costava all'erario pi~ di otto o noYe milioni all'anno. La Commissione poi (politico-militare e non già composta di agricoltori, commercianti e industriali estranei ai partiti politici) viaggiava come già un giorno Caterina di Russia fra le steppe, trovava dappertutto feste e ricevimenti,ed ama va di lasciarsi persuadere che tutto nella Colonia and-ava nel migliore dei modi possibili. Del resto neppure i pochi buoni consigli della Commissione d'inchiesta furono dal governo ascoltati. Nella sua relazione, per esempio, la Commissione scriveva, « Secondo il parere nostro, a capo della Colonia devo stare un governatore civile, È indispensabile che egli, non pi11assorto dalle molteplici occupazioni quot'diane che implica il comando diretto delle truppe, possa destinar0 tutta la sua attività allo studio ed alla risoluzione degli affari politici ed economici, e concentr.1rc tutto il suo legittimo amor proprio nel dcsider io di associare il suo nome all'avanzamento della prosperità della colonia», In appoggio di queste parole la Commissione citava l'esperienza dei paesi più pratici di noi. Sulle 32 colonie inglesi, olLrc l'India, in 29 il Governatore è civile: solo in tr<', Malta, Gibilterra e Bermuda, e militare. Ma questi tl'o sono posti essenzialmente militari, tenuti a scopo militare, La prima conclusione a cui la detta Commissione veniva nel 1891 era: « conservare i confini attuali» cioè il triangolo, senza Cassala nè l'Agamè, ecc. Dcplora,·a poi la mancanza di unità nell'indirizzo della politica coloniale e scriveva: « Vasto e comples-;o è il problema, ed a giusta ragione è sk to e sarà oggetto di frequenti e vivaci dibattiti, fino al giorao in cui il paese, conosciuto il vero valore dei suoi possedimenti africani, potrà con illuminata coscion1,a, calcolare e paragonare i possibili vantaggi e gli inevitabili sacrifizi e sarà in grado, in tal guisa, di sccglic1·e finalmente una delle sole due vie degne di un popolo serio: o abbandonare definitivamente l'Africa, o i:,rofigger3i colà una meta certa, definitiva, chiara, per quanto forse remota, ed a quella intrnJerc con indirizzo e programma determinati e costanti, con criterii stabili e sicuri, con 1ropositi fermi e virili ». Questo programma preciso non vi fu mai: si ondeggiò fra il Sudan o l'Abissinia, terminando col tirarceli addosso ambedue,
344 RIVISTA DI POLITICA E SCIENZE SOCIALI La mia modesta opinione è che oggi, riscattati i prigionieri o mediante denaro o mediante un trattato di pace (una guerra di rivincite è materialmente impossibile e per il costo o per le distanze e per i luoghi) la cosa più savia sarebbe quella di cedere Cassala all'Egitto e ritirarci anche da quel benedetto triangolo ohe non potrà mai pagare neppure la decima parte delle ordinarie spese di occupazione, limitando i nostri possedimenti al porto di Massaua. Coll'Inghilterra padrona di Aden e di Suez e Porto Said, Massaua equivale ad una finestra da cui si può guardare chi passa, nient'altro; ma siccome il mantenimento di quel porto non costerebbe poi gran c0sa, si può chiudere un occhio. In quanto al triangolo, se vi è ancora qualcheduno in parlamento che dubiti della sua sterilità, . si l uò alla prima Commissione politico-militare farne seguire una seconda di uomini pratici d'agricoltura e industria, di tecnici. Quando costoro, come non v'è dubbio, avessero dichiarato ohe non c'è nulla da fare, perchè dovremmo seguitare a tenere quell'osso già rifiutato da tutti? Perohè non dovremmo confessare francamente che fummo mal consiglia ti, ingann~ti, mistificati - o farla finita 1 Ah l pare impossibile che il senso comune debba trovare sempre tanti ostacoli e che si voglia fare una questione di radicalismu politico d'una cosa di semplice interesse materiale com' è una colonia. ADOLFO Rossr. Il socialismo è unaricostruzione ? Lettera aperta a Napoleone Colajannl Egregio e caro amico, La vostra Rivista ha fatto una seria, ponderata, benevola recensione del mio ultimo libro « Socialismo e superstizione borghese», della quale recensione sinceramente vi ringrazio. Ma in essa affermasi che il socialismo odierno, scientifico e positivo, è soltanto una critica, mentre io dissi e credo che è di già una ricostruzione. Lettore attento della vostra Rivista, non ho ancora veduto che questo punto da voi o da altri nostri colleghi di redazione sia stato esaminato. Permettete che cominci ad esaminarlo io? Anzi tutto, penso che criticare e demolire non è molto dimcile. La critique est aisée, l'art est cli(ficile. Nondimeno, parecchie cose, e importantissime, si possono già fare: già esistono le basi della ricostruzione. Che se ciò non fosse, effimera sarebbJ la grandissima importanza che in tutti i paesi civili ha acquistata il socialismo. Finchè si mettono in rilievo i mali esistenti, le istituzioni e i fatti, mercè cui si mantengono cose disoneste od inique, od i lavoratori e gli innocenti soffrono mentre gli oziosi e i birbaccioni godono ogni comodo della vita, indubbiamente si fa una critica utilissima; ma devesi aggiungere che vi sono cose disonesto, inique, perniciose, che debbono e possono cessare, in altri termini che una parto del programma socialista può di già essere attuato. Quaudo parlasi di socialismo scientifico, non dovrebbesi mai dimenticare il grande, fondamentale principio della lotta cli classe. I conservatori più intelligenti e più svelti hanno compreso che quì è la fortezza inespugnabile del socialismo positivo; perciò fingono di non accorgersene, fanno di tutto per non parlarne. E quando son costretti di parlarne, inventano che i socialisti si fanno banditori dell'oclio di classe; e con questa calunnia credono di i.ver ben puntellato il vecchio edificio che ha sì grandi crepe in ogni sua parte. Ma lo studioso, sincero, di cose economico-sociali, non può ignorare nè celare che l'essenza del socialismo pratico è nella lolla cli classe. La storia chiaramente, costantemente mostra che nell'evo antico, nell'evo medio, nell'evo moderno, dappertutto vi é stata e vi è lotta di classi. La classe forte, sopprafattrice, acciuffò e acciuffa il potere, e del potere -· dice la storia - si serve per far leg6i, orJinamonti, costumi a favor suo; cosi fu; così è. È questione di forza. Vinse e vince il forte. Largo al forte! dice sempre la storia passata e la contemporanea. Ebbene, a llorchè la classe dei proletari sarà divenuta più ft..rte, i suoi rappresentanti f.. ranno leggi, ordinamenti, costumi favorevoli al proletariato. Ecco la base dell'edifizio socialista. Su questa gran baso, s' ergeranno le grosse muraglie. Vengo al concreto. Forse che i capi dell'odierno socialismo scientifico non riescono a provare e riprovare in modo inconfutabile che moltissime e importanti disposizioni del codice penale, del codice civile, fin di quello commerciale, e d1 molte leggi, sono a vantaggio esclusivo della classe capitalistica? Parmi che questo ormai non possa più essere posto in dubbio. Su questo terreno i conservatori non accettano battaglia; io ne sono sicuro, perchè se l'accettassero, sarebbero sbertucciati e stritolati. - È logico ed inevitabile che, divenuta forte la classe proletaria, e dai suoi rappresentanti conquistato il potere, le leggi penali, civili, amministrative, commerciali, tuteleranno efficacemente il diritto e gl' interessi legittimi della classe più numerosa o povera. Dirn quali e quanti sono gli articoli di codici e di leggi che possono, e a rigor cli giustizia, dovrebbero essere modificati in questo senso, é facile; ma richiede lo spazio di dieci ne di di articoli di rivisto. Si comprendo come debba e possa essere fatta la ricostituzione; come prima si é fatto l'interesse del capitalismo, dopo si fari l' interesse dei lavoratori.
RIVISTA DI POLITICAE SCIENZE SOCIALI 345 Anche nell'ordine tributario. - Quando imperava la classe olerico-foudale, il popolo ora taglieggiato e ritaglieggiato à la merci du se(qneur. Venne il trionfo della classe capitalistico-borghese; e Stututi o Carte con mirabile accordo bandirono che tutti debbono concorrere ai carichi dello Stato in ragione dell'avere; ma con desolante accordo si ebbe una vera gragnuola di tasse sui generi alimentari, le quali al povero strappano una gran parte del suo guadagno, ed al ricco soltanto una minimissima parte del suo reddito. - Prevarrà il proletariato ? allora, tutte le tasse sui generi alimenteri saranno subito abolite, e subito saranno esenti da ogni imposizione i redditi minimi. Prevalenti nel governo della cosa pubblica i capitalisti si ebbero e si hanno - dimostrerò in un prossimo articolo, su queste colonne - le tasse progressive a carico dei poveri. Prevarrà il proletariato? e si avranno le tasse progressive a carico degli agiati e dei ricchi. Ecco la ricostruzione. Ecco ciò che, all'atto pratico si può fare - e altro, ben altro si può fare nel campo industriale e nel campo d, 1 mutuo ajuto - quando il partito socialista diventi vittorioso cioè conquisti il 1,otere. Sempre, il principio fondamentale è questo: ciò che si è fatto a pro del capitalismo, si può fare a pro dt:! lavoro. È su questo principio che io baso il mio libro di prossima pubblicazione che avrà per titolo: « Socialismo all'a//o pratico». Vostro dev. aff. IG~AZIO SCARABELLI. ~'-.../"'-./"'\../'-./'-./~~, Civiltà e Nevropatia E questo il titolo d'un intere sante articolo (1) ciel noto alienista. francese dottor Ch. Fere, nel quale egli ·i propone cli esaminare quanto Yi sia cli vero nella Cl'eclenza co~ì largamente diffusa che stabilisce una connessione diretta tra lo sYiluppo della civiltà moderna e la freqùenza delle psicosi degeneratirn e in genere delle malattie nervose. Si ammette d'ordinario, egli dice, che di mano in mano che l'uomo acquista nuorn attitudini e sviluppa le sue facoltà mentali, la sfruttura del suo cervello aumentando di complessità diventi maggiormente ~oggetta a pe1·turbazioni o squilibrii, precisamente come uno strumento piu delicato o complicato è pit1 soggetto a guastarsi che non uno semplice e g1'ossolano. Ora que~t'opioione, per quanto condiYisa anche da scienzati autoreYOli, è secondo lui, tutt'altro che prnvata ed egli cita numerosi faUi che tenderebbero a provare il contrario. La statistica dimostrerebbe che le facoltà mentali soffrono assai pit1 per la mancanza di esercizio che non per effetto di un uso esagerato. Così per (I) Puhblicato nel f scico lo di Aprile <lcll~ • Revuç Philosophi~uc•. esempio in Inghilterra sono i distretti agricoli quelli che forniscono la percentuale pit1 forte di alienati. La maggior• nrietà di stimoli e di occupazioni intellettuali che si pt'esenta nelle citta pare eserciti sulla mente un'influenza analoga a quella che un regime di variati esercizi fisici esercita sulla salute del corpo. Il fatto che le nevrosi vanno aumentando presso le classi sociali più istruite, dato anche fosse accertato, sarebbe più da attribuire - secondo il Fere - ali' inerzia e all'abuso dei piaceri che non alle emozioni ed agli sforzi intellettuali. Così da uno studio statistico del dottor Darrica• rére sulle malattie nenose nell'esercito francese risulta che gli ufficiali d'artiglia e genio danno un contributo solo dell'uno per mille alla paralisi generale, mentre per gli ufficiali delle altre armi esso si eleva fino al nove per mille. 11 dottor Ferè accenna alle numerose cause che contribuiscono a indurre il pubblico, e in parte anche gli specialisti nel!' opinione, secondo lui erronea, che l' attività febbrile e agitata, il lavoro intenso, le preoccupazioni che caratterizzano la vita moderna abbiano una diretta tendenza a rendere piit frequenti le varie forme di nevropatia. Se [·eccesso di esercizio e di eccitamento in una direzione determinata sembra talvolta favorire la produzione cli anomalie morbose ciò è dovuto pit1 che altro al fatto che in quei casi la mente resta inattiva e indolente in tutte le altre direzioni. 11 preteso surnienage intellettuale degli uomini d'affari coincide inevitabilmente con una inerzia forzata delle più elevate funzioni intellettuali e con un assopimento di tutte quelle attività dello spirito che non si riferiscono a cel'li scopi speciali e limitati. Quanto poi alla questione dei rapporti tra alcoolismo e pazzia le recenti statistiche portano a conclusioni assai in contrasto colle idee comunemente accettate. In quelli tra gli Stati dell'America del Nord nei quali la vendita dell'alcool è stata interdetta, cioè nel J{ansas .1.Jel Maine e nel Jowa, le nevropatie mostrano maggior tendenza ad aumentare che non negli stati confinanti. La spiegazione di questo fatto, apparentemente strano sta, secondo il Feré, in ciò che la maggior parte dei casi di alcoolismo morboso, l'abuso dell'alcool, piuttostochè essere la cau,-;a, è esso stesso uno degli effetti secondari cieli'affeziono nonosa. La sua sopp1·essione non fa che costringere la malattia ad assumere uo andamento diverso o un altra forma che conduce presto o tardi allo stesso riwltato. Di pit1 la possibilità di abusare dell'alcool tendendo ad accelerare il processo degenerativo, agisce anche come un elemento di selezione naturale, pro\'Ocando l'eliminazione delle nenopatie croniche che sono le più pericolose per
346 RIVISTA DI POLITICA E SCIENZE SOCIA.LI la razza. A questo riguardo si può applicare all'alcool, ciò che un medico americano, l'I-Taycraft,ha detto del bacillo della tubercolosi che cioè, mentre esso è il nemico degli individui e delle famiglie~ invece l'amico e il protettore della specie. Il dottor Ferè conchiude osservando che se lo sviluppo della civiltà ha qualche influenza sull'aumento delle malattie mentali esso l' ha piuttosto pel fatto che, per effetto d'una soverchia divisione del lavoro e per la sostituzione progressiva dei · processi meccanici al laYoropersonale e cosciente, esso tende a favorire l'intorpidimento intellettuale, la 1·outine, la monotonia e la limitazione eccessiva delle attività individuali e spontanee. Dr. G. V AJLATI. IldefidcietllCeaspsensieodni fiervreoiri I. Fa singola1•0 contrasto alla fiducia sconfinata che uomini politici di parte borghese e filantropi radicali ripongono nell'adozione di alcune forme di mutualità per riparare ai danni più stridenti del sistema economico dominante, il progressivo fallimento cui la esperienza quotidiana ci mostra, vanno incontro r1ueste istituzioni appena se ne tonti r1ualche lar 6 a applicazione. E cErto fra le mag 6 iori di questa specie va segnalata la cassa pensione per gli operai ferrovie1·i, sulle cui varie ma melanconiche avventure fu già attratta l'opinione pubLlica da avvisaglie pa,rlarnentari o da una minaccia di sciopero, poi non vorificatoJi, che nel febbr..tio scorso suscitò tante apprensioni nelle sfere ullìciali. ì\la come quella, minaccia valse a far conoscere un po' meglio lo stato dei fatti e per questo mezzo a far rendere 1111 po' J>i1 di giustizia ai ferrovieri che da dicci anni non ne sper,.vano tanta, sia pur di platonica, oggi d"J o tanto illusioni svanito e speranze naufragate, dopo di aver visto promesse ministeriali restar vacue e tentativi legali cader invano, non pare improbabile a,pettarsi che qualche non piacevole risoluzione dei f, rrovieri convinca poteri pubblici e pubblic.1. opinione che la giustizia resa per sterili declamazioni non è poi cosa dn. garbar koppo a chi di promesse ha piene le tasche. E certo, so gli operoi delle officino ferroviarie e g'i altri impiegati han diritto di domandare che, dopo che si sono imposti di ogni sorta di sacrifici per assicurarsi una pensione per la vecchiaia, si piglino tutto lo misuro che possano proteggere ed assicu1·are questo loro diritto, sarebbero pienamente giustificati, anche dal punto di vista del 1->iùrigido conservatora, se rico"ressoro ad estreme risoluzioni, dopo di aver visto fallire tutti i tentativi legali. Al punto cui noi ci troviamo è perciò una doverosa necessità di pubblicisti radicali richiamare l'attenzione anche di quella parte del pubblico che per solito si disinteressa di certe questioni, sullo stato della cassa pensiono degli impiegati delle frr, ovie. 'ella tornata d, lla camera elettiva dol 13aprilo 1804, !'on. Sar.tcco faceva asc,0 ndere il deficit delle casso a 70 milioni circa, ma secondi) gli studii del Commenda torc Borgnini la passività delle casse ammontava invece alla cifra enorme di 185 milioni. Per Ll sola c.1ss.1 della Mediterranea l' ingC'gnere Crotti ha calcolato che nell'anno 1892 il capitale sia scemato di Vre 80,000. Negli anni consccuti vi fatalmente questo deùito si sarà più che raddoppiato, sia per le nuove pensioni da pagarsi, sia per altre spese. Nel periodo dal 1892 al 1893 si prevede uno sbilancio di 4,840,000 lire. Sorge allora spontanea la domanda : dove si va ? Poichè a voler pure non cedere al pessimismo che quasi a forza si sprigiona da coteste os,ervazioni, appare infinitamente problematico che la cassa possa essere in grado, in un tem1,o prossimo, di corrispondere le pensioni a cui si avrebbe diritto dai ferrovieri nella misura attuale, ed in tratto poco solo più remoto, compier·e, in generale, le sue funzioni. Il fallimento dell.1 cassa pensione non paro deprecabile, se non a, patto di qualche eroico provvedimento a cui si sobbar1 hi la società dell.; ferrovie, sola responsabile, co ne vedremo, dell'enorme vuoto. Calcoli erronei posti a base deìla istiluzione nel rog0l..tro la quota di pensionamento, errato apprezzare dello diffico!tà che assistono lo operazioni di assiouramento, forse auche frodi, Se]'puro queste non constino por niun 1·crso, e siano per altro presumibili, debbono ritenersi come la causa p:ù- o meno remota di riuosto disastroso siato delle casse pensioni. Ma non le sole . .i'i cl ID( ccanismo dei 1·cgolamcnti della rncietà delle fer1·oviC',vi sono certo disposizioni ohe abbandonano all'assoluta balht dei capitalisti tutto il personale impiegato, ma fra lo più sottili e cap:ici di mcra,iglio~o sfruttamento, appare una che pure ha l'aria di grande lil.,eralità usata dalla società ai suoi imi i<'g,1ti. L1rgheggiando di pensioni essa ha potuto disfarsi di un personale che gravava sui propl'i bilai:ci, non sì tosto questo raggiunse l'età strettamente indispensabil0 ad ottener la pensione. A ,:iuesto personale anziano essa sostituiva un personale di molto ridotto in numero e retribuito a pena per la metà di quello che il primo era .. \. tal modo la sode là si veni va assicurando delle l'Oali e fo;·ti economie, pagate dall:i. cns,a di pensione, cioè dagli impiegati stessi. E cosi lar;o era. il margine di economie che la società per c1ueslo mezzo raggiungeva da stimolare con premi di favore la messa a riposo degli impiegati o per tacifaro le pretese di questi, quando non si fossero accomodati alle adottate dispos1z10ni. Si accrebbe por questo verso ed aumentò il numero di quelli cito attingevano alla cassa pon-
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