Rivista di politica e scienze sociali - anno I - n. 20 - 30 aprile 1896

RIVISTA DI POLITICA E SCIENZE SOCIALI 307 strutto il ponte, tra il potere ecclesiastico dell'Evo Medio che puniva col rogo i nevropatici e i governi contemporanei, che attribuiscono il socialismo alla mala volontà di pochi agitatori, che occorre eliminare, la differenza solamente è di modo e di quantità, ma il fenomeno è lo stesso. Nondimeno questi governanti contemporanei che credono mutare i destini sociali con una legge e che vedono nella sto1·ia il riflesso della libera volontà umana, sono giudicati grandi uomini di Stato! Malgrado tutto e sia stata qualunque l'azione dél governo, violenta o calma, dal 1 ° maggio 1890 al 1 ° maggio 1896 l'idea socialista nel mondo ha segnato progressi con un moto che Ya direntando sempre pii't celere, perchè il pl'Ogresso della idea socialista sta nella stessa trasformazione delle prnsenti istituzioni sociali. Noi siamo in una organizzazione che da sè stessa va a gravitare verso un nuovo contenuto. E ciò appunto che principalmente bisogna mostrare: è su questo fatto che innanzi tutto occorre insistere. Siamo alla vigilia d'innovazioni spontanee, necessarie. Sicchè è avvenuto che siano giudicati elementi pericolosi e ribelli allo stato presente quelli che di questa tendenza spontanea della vita attuale, e a cui fatalmente partecipano tutti, hanno formato il loro idealo. Lo stesso programma politico di accentramento, il programma economico di unità bancaria, i monopolii di Stato sono avviamenti al socialismo, che poi si punisce come reato. I colpi mortali che lo Stato dà alla speculazione privata capitalistica per vantaggi proprii o per cause secondarie sono un contributo alla lotta individualista delle parti, allora (lo comprendano i signori liberisti) si affretta quell'accentramento capitalistico in poche mani, il quale è condizione che si compia, perchè il irnovo ordinamento economico possa trionfare. Il lavoro si va sempre pii't organizzando collettivamente, come ogni giorno si ripete e come fanno prova i grandi opifici industriali, che sono esempio di produzione collettivista a beneficio di un solo o di pochi. Vi sono già, per questo fatto, ragioni contemporanee, ove l'ordinamento econòmico novello sarebbe attuabile in pochi mesi. In molte città si vanno organizzando i servizii pubblici secondo quei principii, pei quali i socialisti sono condannati come malfattori. I beneficii di questa socializzazione dei pubblici servizii non sono intesi compiutamente, perchè accanto ad essi resta imperante l'individualismo economico, e l'attuazione ne viene compiuta con transazioni imposte dalle circostanti condizioni. Non vi è parte della presente società che da se stessa non si avvii verso una nuora forma di equilibrio sociale. Jl cammino duilque della nostra fede rn connesso con una celere trasformazione delle condizioni conc1·ete della Yita sociale. Si spiega così il carattere uniYersale e pacificò che rn pigliando sempre piit la festa del l O maggio, la quale in fondo appare come una celebrazione del presente progresso umano. ERRICO DE MARINJS. ARCHEOLOGIA La guerra africana ha dato la stura alle riminiscenze classiche. Roma e Cartagine, la disfatta del Trasimeno, il campo di Annibale messo all'asta, Leonida alle Termopili; c' è n'è per tutti i gusti. Ora c' è anche un anonimo che pubblica un passo della prima filippica di Demostene, e vuole che faccia pei casi presenti dell'Italia. Quell'anonimo mi pare un poco imprudente di 1·ammentare nel regno cl' Italia la repubblica Ateniese. ~el resi3tere a Filippo, re Macedone, erano forse mossi gli ateniesi dal desiderio di potere seguitare a cantare le lodi di Armodio e di Aristogitone, mentre non possono gli italiani dire che combattono Menelik per serbar. i liberi di cantare l'inno dei lavorato1·i. In altre cose ancora il paragone non torna. In Atene il governo arnva per unico scopo di procacciare al popolo vita agiata e comoda; in Italia, mira a torre al popolo quanto pii't denari può. Per quante ricerche storiche io abbia fatto non ho trovato che il popolo ateniese pagasse una lista civile di 18 milioni; invece tutti sanno delle J.w:cupy,,:à che in pro del popolo pagavano i ricchi. Il governo ateniese Yoleva che il pane al popolo costasse il meno possibile, e con gravissime pene mirava a favorire l'importazione del grano. In Italia, con graYi dazi si procura di impedirla, e la banda Crispina comprò dagli agrari l'impunità col concedere loro un dazio sul grano di 7 franchi 50 cent. Non è lo stesso pel popolo pugnare in difesa di un governo che assicura il pane, o in favore di un altl'o che lo toglie cli bocca. Le parole del Demostene stanno bene dette ai cittadini ateniesi, sarebbero un' ironia rivolte ai sudditi italiani. Ma di ciò basti, che sono cose a tutti note. Piuttosto vo' dire di un caso di cui ebbi ora conoscenza. 1.:-ncerto Megavor, di nazione armeno, scampato agli eccidii ordinati dalla maestà del Sultano, maestà non ancora cantata dal senatore Carducci, e non so io perchè, giunse nel porto di Palermo, e comprato, per la tenue moneta di cinque centesimi, il magno giornale Crispino, lesse: « Lungo il viaggio l'Imperatore di Abissinia ha dato nuovi saggi di quella carnlleresca generosità che gli fu attribuita dalla stampa ministeriale. Infatti doYunque

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