Rivista di politica e scienze sociali - anno I - n. 20 - 30 aprile 1896

318 RIVISTA DI POLITICAE SCIENZESOCIALI Già il nuovo ministro à presentato un progetto di legge sui regolamenti di fabbrica. Le leggi sui sindacati professionali e la regolamentazione del lavoro degli adulti non tarderanno, e l'Ufficio del Lavoro si occupa vivamente dell'assicurazione obligatoria. Insomma i partigiani del sociali,mo di stato - quale vaccino contro il socialismo democratico - andranno tanto lontano quanto lo permetterà lora la maggioranza parlament~r<l dalla quale dipendono. Certo, ci saranno delle resistenze ; i conservatori non domandano di meglio che votare le leggi sul lalavoro, purchè .... non diano noia agli industriali. Pure, uno spirto nuovo regna al ministero del lavoro: per la prima volta, nel Belgio, si è visto funzionari del governo che assistono ufficialmente ai congressi operai, e stendono resoconti imparziali e fedeli. Il nuovo ministro del lavoro è, e sa1•à sempre più, attaccato dai conservatori - ch'esso pur vuole proteggere contro l'invasione del socialismo - poichè accorda agli operai una parte, comunque piccola, dt:>lle loro rivendicazioni. D'altra parte se il ministro p~rsevera nell'attitudine presa, potrà contare sull'appoggio dei socialisti, i quali sanno bene che una concessione ne reclama un'altra, e che più la condizione del proletariato migliora più grande è 1 t sua energia a reclamare nuovi miglio1•amcnti. IIfallimednetlsoisteminadustriale I. Chi non ricorda il rimarchevole capitolo col quale Adamo Smith cominciava la sua opera sulla natura e le origini della ricchezza delle nazioni? Tutti gli economisti, anche quelli che non si dicono discepoli del padre della economia politica e dimenticano d'onde vengono le loro idee, conoscono questo capitolo a memoria, tante volte è stato copiato e ricopiato. Si può dire che , sso sia divenuto un a1·tico10 di fede e che tutta la storia economica di questo secolo non ne sia che il· il commentario. La Divisione del lavoi·o ne era il tema. La divisione, dur que, e la sotto-divisione delle funzioni sono state spinte tanto che l'umanità stessa si è quasi divisa in caste così esclusive quanto quelle del!' India antica. C'è dapprima la grande division" tra produttori e consumatori - produttori che consumano poco e consumatori che producono meno ancora. Poi, nei primi, la serie delle suddivisioni: il lavorator<J manuale ed il lavoratore intellettuale, completamente estranei l'uno all'altro, a detrimento dell'uno e dell'altro; in seguito gli operai agl'icoli e gli operai industriali e, nella massa di questi ultimi, delle suddivisioni così numerose che il salariato ideale dei no,tri giorni si potrebbe definire un essere umano - uomo, donna, fanciulla o fanciullo - che non conosce alcun mestiere, che non ha nessuna idea dell' industia, alla quale è infeudato, e capace soltanto di fare tutto il santo giorno, dal principio dell'anno alla fine di esso, la medesima parte infinitesimale di un o 6 getto qualunque: dai tredici ai sessant'anni, spingere un carro nella miniera, fare la molla di un temperino o la diciottesima parte di uno spillo; vero schiavo della macchina di acciaio, suo compimento in carne ed ossa, che non comprende nemmeno il senso ed il perchè dei suoi movimenti ritmici. L'industria d'arte non esiste più che allo stato di ricordo. L'operaio professionale, che prima trova va un godimento estetico nel lavoro delle sue mani, è sostituito dall'uomo schiavo d'uno schiavo di ferro. Lo stesso operaio agricolo, che prima trovava un sollievo a' suoi lavori nel riposo sotto la capanna de' suoi avi, futuro ricovero dei figli suoi, che amava il suo campo e viveva in istretta comunione con la ~atura, va scom,parendo, vittima della divisione del lavoro. La sua esistenza è un anac1•onismo ed egli sa1•à presto sostituito - in un podere messo secondo il tipo americano - da qualche operaio affittato per l'estate e licenziato in autunno, un rouleur che non rivedrà mai il campo da lui mietuto. É così che saranno - si è detto - i coltivatori dell'avvenire. È affare di qualche anno - assicurano gli economisti - quello di riformare l'agricoltura secondo i principi della vera divisione del lavoro e dell'organizzazione industriale moderna. Abbaccinati dai risultati ottenuti in questo secolo di meravigliose invenzioni, gli economisti e gli uomini politici vanno ancora più innanzi coi loro sogni sulla divisione del lavoro, e proclamano la necessità di frazionare il mondo in tante officine nazionali aventi ciascuna la sua specialità. Ci si fa sapere per esemi,io, che l'Ungheria e la Russia sono destinate d,alla natura a produrre del grano allo scopo di nutrire le nazioni manifatturiere; che la Gran Bretagna deve fornire il mondo di cotone, di f, rro e di carbone, e che il Beltio deve vestirlo di panno. In ogni nazione anche le differenti regioni dovranno specializzarsi, ciò si è già fatto e si farà ancora. Così si son crdate delle fortune, così se ne creeranno delle altre! Si assicura che la ricchezza delle nazioni si misura dai guadagni del piccolo numero di privilegiati e che i guadagni più considerev01i si ottengono con la specializzazione del lavoro. Ma non si è mica domandato se la macchina umana si sottometterà invariabilmente a questa specializzazione, e se le nazioni possono regolamentarsi come gl' individui. « La teoria ci torna proficua oggi - si dice - perchè inquietarci del domani? Che cosa importa a noi se il domani ci recherà altr<:l teorie ? » Ed il domani di teorie ne ha portato altre difatti. La stretta concezione, secondo la quale il guadagno

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