Rivista di politica e scienze sociali - anno I - n. 17 - 15 marzo 189 6

270 lUVIS'l'APOLITICA E DI SCIENZE SOCIALI e politicamente autorevoli, e si tacciono per timore di far peggio e d'aumentare col peso delle loro parole le difficoltà dell'impresa e il turbamento degli spiriti; o sono, come mc, incompetenti nelle questioni tecniche e politicamente contemplativi, e il silenzio par loro un <lovc1•edi moùo~tia o di verecondia. Ma così !'01,inione comune non si sa bene qual sia nel suo insieme; si considera per tale solamente quella di coloro che, a torto o a ragione, osano farsene interpreti; si lascia ai partiti estremi l'onore di affermare certi convincimenti a cui difatto partecipano anche molti degli uomini più temperati; si consente che prcndan valore di dogmi alcune asserzioni molto discutibili o addirittura spropositate, per ciò che in apparenza non le contrastano se non pochi che sono o paiono faziosi. Eppure v' è una parte del problema africano in cui non entra altra competenza che quella del senso comune, del senso morale e della carità di patria. Fin dalle vittorie dell'estate scorsa parve a molti, benchè nella Camera r,ocliis;,imi osassero dirlo, che fosse quello il momento di ci rcos~ri versi ben bene nel territorio già da un pezzo acquistato a via di tanto sangue, di tante ansie e spese, e di tanti errori in pa1·te corretti da fo1·tupate congiunture. Non sare0bc parso allora viltà il rannicchiarsi, dopo aver sconfitto i nemici nel loro stesso· territorio. Al generale vittorioso bisogna va far onore e dare onori, ma sostituirlo subito con altri che non fosse imbaldanzito dai trionfi e voglioso di nuovi allori. Una bestemmia proverbiale dei genovesi dice: che tu possa pigliare un ambe/lo! E la frase è degna di un popolo così facile a bestemmiare e così ricco di senso, pratico. 01 quelle vittorie eran proprio l'ambo che seduce il g" ocatore a profondere tutto il suo nei rischi del lotto. Fecero parer facile il difficile, prezioso l'inutile. Si gridò con gioia che tutto il Tigrè era nostro, senza considerare che l'averlo acquistato con fortunati colpi di mano importava dovel'lo poi difendere contr.:, una rimossa magari formidabile, e che la stessa sua vantata ampiezza doveva sgomentarci. L' ignor,m1:a e la SiJensieratezza contribui1•ono ancora una volta a farci credere bella preda una catena d'aspre montagne, e a farci ricadere in quel pessimo degli errori che è il non aver adeguata stima dei nemici, e che nove anni fa ci aveva fatto addormentare nella fiducia d'aver a fronte quattro predoni e risvegliare con la terribile notizia di Dogali. I montanari, voi me lo insegnate, sono gelosissimi e valentissimi difensori della loro indipendenza: esempio gli Svizzeri, i Baschi e tanti altri popoli. Gli Abissini avevan date di ciò prove sanguinose, pochi anni prima, contro l'Egitto; e l'Inghilterra, dopo averli à modo suo domati, aveva ben saputo quel che faceva non presumendo di mutar la vittoria in conquista definitiva. E dove poteva esserci ·mancata la scienza ci aveva ammoniti a Dogali l'esperienza. Non si tratta di meri sei vaggi, ma d'un popolo semibarbaro che ha la sua storia, le sue tradizioni, una religione simile alla nostra. idiomi più o men lettera.rii, un'organizzazione politica abbast,mza salda, legami sentimentali o interessati con popoli europei poco a noi benevoli. Si tratta d'una gente astutissima, vigorosissima, agilissima, che ha una sua tattica sperimentata mirabilmente efficace, che alla gurrra europea contrappone la forza del numero e il valore personale e la pratica dei luoghi, e che infine p:)r gli stessi suoi contatti coi nostri eserciti viene ogni giorno più smettendo gl' ingenui terrori avanti a corti mezzi della scienza europea e addestrandosi a manPggiare le armi nostra ne. Inoltre, senza arriva re alle affettate tenerezze democratiche pei diritti di un popolo tuttora co3Ì crudele, senza far eco al grido p:1rricida d'evviva a Menelick, è pur vero che gli Abissini sono in casa loro e che noi, sia pure in nome della civiltà, vor1•emmo imporre un giogo che noi sappiamo quanto pesi ad un popolo oppresso. Siam troppo di recente risorti proclamando l' ingiustizia della forza straniera, perchè la coscienza non ci rimorda un poco allorchè quelle gole feroci ci urlano parole che ci rammentano il nostro grido d'un tempo: « R:plssi !'Alpi e tornerem fratelli ». Tra quelli che hanno avuto il merito di parlare dei no;tri nemici con la debita stima è giusto ricordare il 1fartini o il Bonghi. Questi, che negli ultimi mesi di sua vita supplica va amici e parenti non gli volessero leggere notizie africane nè ravvivargli i tristi J•resentimenti che lo accoravano e cne vedeva ormai inutile il manifestare al paese, diceva buia e ingiusta l'impresa nostra. Che se sull'ingiusta si volesse far la tara, ricorrendo a esempii antichi e presenti che però non tutti e non bene fanno al caso, sul buia n_onsi può fare altra tara se non questa, che quell'impresa ci manda molti bagliori di san 6 ue ! Bello è certamente vedere di quanto eroismo sieno capaci i nostri soldati, e quest'onda di poesia (poichè la tragedia è la più alta delle poesie) che ci viene 'dal Mar Rosso giova a spazzare un po' l'aura morta delle nostre tante miserie prosaiche od abiette. L'ha detto in ver.,;i il nostro Panzacchi, lo dite ora voi in p,·osa degna di verso. Ma a lung'andaN questo giuoco poetico diventa ben rischi oso. Si dissangua in tutti i modi l'Italia perchè la si faccia onore in Africa; e l'alloro, se pur si racco 6 lierà, poh'eùbe giungerle tardivo come quello che cinse la fronte, già fredda per morte. Quelli che dicono che adesso il nostro onore è impegnato e bisogna a qualunque costo far la guerra a fondo, trovano facile eco in altri che temereùb~ro di parere o d'essere pusilli se dicessero il contrario, che pure è più o meno distintamente nella loro coscienza. No, il vincere il timore di parer paurosi è co1•aggio anch'esso, anzi in molti casi è il più nobile degli ardimenti. Riti-arsi prima o poi da un'opinione storta, da un proposito vano, da un'assunto impossibile, non è viltà. Serbar l'animo forte avanti a un disastro non vuol dire gittarsi a capo fitto in un pericolo, giocar tutto per vincere il puntiglio, ma è mism•are, come si farebbe in un momento scevro d'ol'- goglio ferito, quel che convenga al bene della p.l1ria. Giocar tutto per tutto una nazione non può, non devtl. Non si deve faN una guerra a fondo, se con quetita

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