Rivista di politica e scienze sociali - anno I - n. 17 - 15 marzo 189 6

268 RIVISTA DI POLITICA E SCIENZE SOCIALI una serie di affermazioni nel Goetzendaemmenmg. Gabriele D'Annunzio anche in que~to à voluto scimmiottare lo scrittore tedesco ed a Socrate consacrò alcune pagine, che non sono tra lo meno belle del suo libro. Ma Socrate nelle sue mani diviene un giocattolo e se non lo falsa interamente facendone un maestro di disonestà, lo riduce a ben poca cosa come filosofo ed educatorè. Egli lo ha introdotto nelle sue scene quasi a dire: vedete? i contemporanei abborrono i grandi novato1·i; e noi, superuomini, nella · buona compagnia del filosofo ateniese possiamo ben disprezzare il volgo, la vile moltitudine che non comprendendoci ci odia. Ma vedi fatalità l Socrate non dal solo volgo fu odiato come novatore ; furono gli aristocritici, che non poterono tollerarlo e lo designa1·ono all'a vversione pubblica colle Jvuvole di Aristofane; e gli insegnamenti di Socrate era.no impregna.ti di umanesimo, che diffondeva tra i suoi discepoli. Proprio l'opposto di ciò che avviene ora per i superuomini, che calpestano ogni sentimento umano e vorrebbero essere i restaui•atori di un regime aristocratico elevato a.Ila massima potenza. li D'Annunzio disprezza tanto l'umanesimo, che di Cristo - una delle più belle incarnazioni dell'umanesimo e tanto superuomo, nel buon senso della parola, da essere ritenuto un Dio - si sbarazza alla lesta come se si trattasse di un qualsiasi furfantello o di un imbecille volgare. •ietzsche si considera come l'a1·gonauta dell'idealismo individualista; e in lui l'individualismo era reazione contro il materialismo sensuale e il positivismo volg<1re del suo tempo; D'Annunzio è o rimano la incarnazione più schietta del sensualismo sozzo, in cui l'individualismo diviene l'ogo:smo sfrenato che costringe alla protesta sinanco il Visconte De VoguèEpperò Nietzsche considera impossibile la felicità, e il più alto fine da. raggiuHgere dall'uomo lo addita in una. vita eroica, in una vita. di lotta difficile ed aspra, per una causa che servirà a. tutti. La lotta. si traduce in D'Annunzio < nella rinuncia, nella piena incoscienza, nel dissolvimento di tutti i sogni nello annientamento assoluto, che co,tituiscono la liberazione finale ». S'intende che alla liberazione finale si debba arrivare attraverso alla voluttà, alla profanazione di tutto ciò ch'è buono e onesto e la lotta che dovrebbero intraprendere i suoi eroi, non dovrebbe giovare a tutti, ma a. uno solo c a danno di tutti. Nietzsche a.bborri va. il popolo. L'ha egli conosciuto? si chiede l'Albert in uno studio pubblicato nel Mercure de France. Ciò che egli ingiuriava sotto il nome di popolo, di plebaglia, di canaglia or.i. la classe media della Germania, di quella borghesia plàte, pasciuta e scddisfatta contro la quale si solleva il popolo vero dei lavoratori, arruolato sotto le bandiere del socill.- lismo. Lo scrittore italiano odia invece il popolo vero dei lavoratori contro il quale invoca le magnifiche stragi; poiché non può intendersi che gli abborriti siano quelle classi medie dalle quali viene, tra le quali ha vissuto, in cerca di tutti quei godimenti che suscitarono la indignazione dello sot·ittore tedesco. La differenza diviene sintomatica quando si perviene all'idea ed alla funzione dello Stato. Nietzsche seri ve : « Dove si riuniscono i popoli e le greggi essi « fondano gli Stati. ... Lo Stato è il più freddo di tutti « i mostri. L'uomo comincia. solamente dove finisce « lo Stato. Là comincia. il canto di colui ch'è neces- « sa.rio.:» Sentiamo D'Annunzio: « Lo Stato non dev'essere « se non un instituto perfettamente adatto a favorire « la graduale elevazione di una classe privilegiata « di esistenza. Su l'uguaglianza. economica e politica, « a cui a.spira la democrazia., voi andrete dunque « formando una oligarchia nuova, un nuovo carme « della forza.... Le plebi restano sempre schiave, « avendo un nativo bisogno di tendere i polsi a.i vin- « coli. Esse non avranno dentro di loro giammai, fino « al termine dei secoli, il sentimento della. libertà. > La logica schietta in Nietzsche è evidente, e lo conduce all'odio e all'abolizione dello Stato; con che rimangono spiegate le simpatie che ebbe per lui la eccellente Société Nouvelle di Bruxelles. L'individualismo imbastardito e divenuto egoismo brutale in D'Annunzio gli fa conse1•va.re lo Stato. Lo Stato qual'è serve tanto bene per mantenere la plebe sotto il giogo, a benefizio della class(I privilegiata, ohe sarebbe stato follia il sospettare che egli avesse potuto rinunziarvi. Senza lo Stato chi avrebbe potuto organizzare le magnifiche stragi? E troppa fatica e troppi sa.orifizi avrebbero dovuto incontrare i suoi eroi per arrivare ad essere superuomùii; essi mantengono lo Stato come un comodo, potente e magnifico strumento di oppressione. I suoi eroi non sono semplicemente corrotti, sono anche vili e poltroni. In fondo, Nietzsche è anarchico; D'Annunzio volgarmente e ferocemente dispotico. La lar 5 hezza di vedute e la genialità di Nietzsche si riafferma vigorosa nella ammirazione che, lui tedesco, dopo la guerra del 1870-71 osa professare in Germania verso la coltura f_rancese e nelle a.spirazioni verso un europeismo - sia venia alla parola - che sarà rappresentato dai migliori che trionfa ranno nel vecchio continente. Egli è cosi poco chauvin, che muove guerra aspra a Strauss, a vVagner ai Bildungs philister - ai filistini della. cultura - a tutto ciò ch'è schiettamente tedesco. E D'Annunzio? Oh ! sarebbe stato stra.no che egli non avesse accarezzato quella. degenerazione del patriottismo, che si chiama chauvinisme. Pe1·ciò egli nella. solitudine del Lazio sente profondissimo il sentimento della sua progressiva e volontaria indiYiduazione verso un ideai tipo latino; e il suo superuomo sarà Re di Roma dalla natui·a 01·dinato ad imporre.

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