Rivista di politica e scienze sociali - anno I - n. 17 - 15 marzo 189 6

RIVISTA DI POLITICA E SCIENZE SOCIALI 267 sconte De Vogué, il critico aristocratico della Révue des Deux Moncles e del Figaro. PrtJmetto che per tutto il male che ho sentito dire dell'autore, in Roma ed in Napoli, e per le critiche più o meno feroci lette sull'opera sua in giornali e ri- ' iste di di verso carattere - dal Co1-rieredella sera alla Cl'itica sociale, dalla Gazzetta letteraria all'Idea liberale ere. - cominciai la lettura delle Vergini delle Rocce con parecchia prevenzione contro lo scrittore abruzzese, e con la più sincera disposizione di dare ragione a coloro che ne avevano detto roba da chiodi. A lettura finita - lettura rapida come mi fu consentita dal tempo - confesso, con altrettanta sincerità, che non potei non sentirmi compreso anche io della più incompetente ma certo della più viva ammirazione pel D'Annnnzio in quanto ha di splendore di forma il suo poema. Gli si rimproveri quanto si voglia la cleptomania - innegabile -; si constati che manca in lui la originalità della concezione e che segua ora il misticismo tolstoiano, ora il fiero individualismo del Nietzsche, certo é che egli ali' idea usurpata sa dare una splendida veste propria, e che le gemme di varia grandezza tolte ai lavori altrui sa incastonarle così che nulla esse perdono della loro bellezza se non guadagnano nello smagliante insieme ddl'opcra che ha meritato al suo autore, da un suo amico ed ammiratore - :Vittorio Pièa - la definizione di sapiente artefice. Se io, povero zotico, avessi voce in cnpitolo in fatto di estetica, mi proverei a ricordare tutte le pa· gine del libro, che maggiormente m'impressionarono - e non sono poche -; ma mi limiterò a ricordare quelle inspirategli dalla solitudine d. l Lazio, dalla turpe società di parvenus di Roma moderna, dalla irrimediabile decadenza della monarchia contemporanea, specie della costituzionale. E ,,oto queste pagine perchè il contenuto loro è quello che mi riesce meno sgl'adito. In quanto al resto non esito a dichiararlo, non Ol'l'endo e detestabile, come altri han fatto - fortie procurando un certo compiacimcuto al D'Annunzio - ma semplicemente falso e sbagliato dal punto di vista scientifico e storico, al quale, pare, non tenga poco l'autorò, che col romanzo si proIJone di fare cose grandi. Messomi alla lettura di un romanzo tanto discusso volli conoscere le difese delle Vergini delle Rocce e con non poca soddisfazione mi convinsi, che gli ammiratori dell'Abruzzese ripudiavano anch'essi il contenuto morale e sociale del libro. Però non si mostrano costoro abbastanza buoni ed utili avvocati nell'invocare per lo accusato le circostanze attenuanti, le quali, nel motivo avanzato, feriscono il D'Annunzio doppiamente. . * * Si dice: « la severità dei giudizi sopra D'Annunzio « è fondata so1,ra un equivoco: nell'averlo, cioè, con- « siderato come un pensatore e non già come un « puro artista, che si è fatto il pnl'tavoce d'idee al- « trui, aggiungendovi il fascino della sua parola « adorna, squisita e suggestiva. Se le idee di cui fa « pomp:i. Claudio Cantelmo il protagonista del ro- « manzo sembrano spietate ed odiose non bisogna « farne una colpa a D'Annunzio, ma al Nietzsche, a « cui egli non ha fatto che cercarle in prestito :». La difesa é fiacca e la distinzione tra l'artista e il pensatore non regge. T1•oppo si umilia l'artista se negate a lui di essere un pensatore. All'artista che non ha il dono della originalità, poi, rimane sempre la responsabilità della scelta del pensiero che illustra. Oh! perché fermarsi su di un concetto falso e malvagio, anziché su di uno vero e buono? In questo caso nelle riserve del Visconte De Vogué c' è la condanna. Egli che pur non pone limite alla sua ammirazione verso l'artista sente il bisogno - i critici aristocratici hanno un ultimo avanzo di pudore I - di premette1•e: « toutes reserves faites « sur le (aux point de dépHt philosophique ... L'ecri- « vaio italien, nourri des theories de Niètzsche p1•end « à s m com1,te cette thése aus,i banali!- qu 'inhumaine « de la magnification du moi . ... :» E la teoria del Nietzsche lo scrittore del Figaro la riassume così: « Tout est Jicite à l' homme supérieur pour le déve- « lop;iement de rnn moi, seul devoir qu'il se recon- « naisse :». A questo punto con buona pace, di tanti céitici sapienti, sento il dovel'e di osservare - e non per altro mi sono gettato nella mischia, sebbene tardivamente - che non è esatto che il D'Annunzio abbia semplicemente esposto le teo1·ie del ì'iietzsche; egli le ha alterate, anzi adulterate, in guisa che tra le idee dello sc1·ittore tedesco e di quello italiano ci corre tanta differenza quanta ce n' é tra la vita dei due uomini. Epperò siccome, p-ir quanto io mi sappia, nesrnn altro ha fatto il parallelo tra Nietzsche e D'Annunr.io, mi ci voglio provare colla sp~ranza di dimostrare che anche la difesa tentata del Sl!COnlo dal lato morale non é giusta. Si cap:sce c!1e con questo parallelo non s'intendo fare la cr;tic..1 del concetto fondamentale di Nietzsche malamente co,_,iato e storpiato dal D'Annunzio. Gli scrittori socialisti e democratici hanno fatto tale critic, 1 discutendo le erronee applicazioni della darwiniana lotta per la esistenza e della sopravvivenza dei migliori fatta dJ. Hiickel e da Schmidt; forse la r;farò anche io in altra occasione. Comincio il confronto tra i due scrittori dalla parte esteriore e secondaria per procedere a quella che ne costituisce il nocciolo, la essenza. Federico Nietzsche accordò una grande importanza a Socrate e il Problema di Socrate ritorna spesso nelle sue opere, o serve come punto di partenza per

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==