248 RIVISTA DI POLITICA E SCIENZE SOCIALI schi da Lutero in poi fino al presente, i tedeschi iepirati e migliorati alla scuola di Lassale o i\Iarx, e l]Uello che noi siamo. Fa però mera viglia o dolore ad un tempo il vedere che lo spirito dottriuario doi nostri economisti, come il Luzzatti, pretond-i e osi impegnarsi a sostenere la tesi : « che nelle migliori nostre bancJ10 oooperative, tranne qualche eccezione, s'intende, vi è maggiore idealità, cioè maggiore contenuto <li elementi morali che nelle migliori banche popolari tedesche. » Ma noi che non sappiamo illuderci, e meno ancora voglia.mo illudere nes~uno, stando ai fatti e a' dati numerici statistici, non esitiamo di contro ad asserire, che codeste vane pretese non dimostrano altro che l' incoscienza. e l' insincerità puerile de' nostri fam0si campioni ed ispiratori del credito democratico. Soltanto essi superano in questo senso meschino e negativo i buoni nostri e rispettabili alleati. Prof. VALERIANO V ALERIANI. LA PAROLA IN PUBLICO Pi Domandatr a co)oro che son costretti dalla vit.1 politica o scirntitìc:1 a di;corcer<' q11a~i quo idianamcnto avanti un uditorio più o meno estt-;o, dornandato loro co:nc impararono a p.Lrlaro in puLlico, e vod1•dc che molti s<•mbrcranno imbarazzati a r:s;iondorvi. Questo imbarazzo può provenirr da un sontimC'nto di pudore - diciamo così -- che vieta agli oratori di svelare i loro intimi proccdim<'nti. Ma anche proviene 1,robabilmcn(t' dal fatlo che quando si arriva alla perfezione della propria arto non ci si rende 1,iù t'satto conto delle difficoltà del cammino p<'1·cor::o. Moltissimi potr0hLt'rO d;pondcrvi con serietà: « Noi abLialllo imparato a parlare in publico secondo un metodo simik a quello cht• impi<'gano certi mac:stri di nuoto, i r1uali cominciano dal lanciare in ac,1ua i lorJ allievi, saltvo a tcndt•r loro in extremis una pertica. La prima volta il novellino si move scompo3tam1•nte e inghiott<' rnolta acqua; poi ac,,uista dd sangue freddo, coordina i suoi movimenti o finisce col nuotare. Pochi fra gli oratori int('rrogati, vi diranno - se sono sinceri - d'aver seguilo i classici. Sono rari qu<'lli che leggono Cicerone, e la rotoi-ica è caduta it1 un discredito assoluto. Oggi l'eloquenza è forse la cosa pii1 degagée che ci sia, e la prvfcssiono dell'oratore appare come il solo mt•sticrt• che non abbia bisogno di scuola. l nostri costumi dcmocr<1tici ànno per risultato di far diventare 01·atol"i una quant;t;i di pcrJone I<'quali sono n<'ila n1'ccssità di parla1·e avanti i loro concittadini. 1:; oratorl' l'opl'raio che in una riunione puhlica prt•ndc la pa1ola lll'r dir malo dt•l suo rJ.pprosentanto politico che si dimostrò infedele. Oratore, l'infelice pr<':;idontc d'una socirtà <1uabia il r1uale alla fine di un banchetto recita hi p<'nosa « impro,·visazione » in- (I) Maurice Jjam - Dc, parol1• en pub/ir1ue - Paris, Cliamuel, Ecliteur. L: 2. cominciata giurando ch'egli non si a.spettava di dover prendere la parola. Quello eh<', in generalr, for.na quasi un legame comune tra i parlatori,. dall'avvocato al J•oliticante di villaggio, è questv: essi immaginano che il discordo publico non s0ttostia a un'arte speciale, ch'cs ;o sia una co3a per la.quale si possa fare a meno di ogni procedimento, e i più iHuminati arrivano a concedE>re che sia necessaria una certa coltura e che questa sia sufficiente preparazione all'arte della parola. Alcuni modi di dire furono ripetuti da lungo temp1, Boileau à certamente messo in cii•colazione il più celebre: « ciò che si concepisce bene si esprime chiaramente», una rifless'one eh' è d'una bella falsità I Quel che non è molto noto è che Quintiliano, il supremo retore, dopo d'aver consacrato doJici interminabili libri a sviluppare tutte le regole neces;arie alla formazione di un oratore, finiva con que~ta conf<:s,ionc alquanto ingenua: « il buon metodo consiste a &tudiar bene la propria causa e a c;pnosccrc minutamente tutto ciò che la concerne ». Ai nostri giorni l'illustre Liouvillo non è st<tto senza incer·kzze di metodi rispetto all'arte oratoria, J.H'rchè in un sno eccellente libro che contiene quo! ch'è stato sc:·:tto di m<'glio sulla materia, à ins<'rto qu<'- s ,o aforismo: « invero il miglior metodo è quo Ilo che aiuta meglio a Lon parlarò colui che lo impieg.L ». Forse, tali parole provenienti da cosi alto, ànno fruttato che molti giovani oratori abbiano lung,imento e difficilmente cercato tra mozz'> i prJccdim<'nti, quelli 1,iù ~ropri a coltivare il loro talento. C'è, uaturalmc•nte, dl'l vero in quella massima del Liouvillo se la s'intende nel senso che ciascuno devo sviluppare il suo temperamento particolar('. Ma da questo a tosten<'ro che un giovane che si consacri all'oratoria possa a casaccio impiog11ro il primo mezzo che gli cai,ita, e che ar1·iverà presto a perf<'zionarsi per via ddla sola ahitudin<', e' è un abisso. Vi sono dei nwtodi che sono i,rvforibili ad altri; che si adattano mt•glio alla costituzione nervosa di un oratore; cito conducono più direttamente allo scopo, e che sono più conformi ai dati fisiologici e psicologici della ~ cionza attu..olo, * * Gli antichi spinsero fino all'eccesso l'arte della retorica, e tuttavia e difficile trovare nei trattati speciali dcli' ,intichità una nozione precisa dei procedimenti dell'oratore. L'oratore greco non ha praticato che un solo modo di preparaiione: la scritta. La sua prosa è certamente la più chiara, ma è anche la più lavorata e la più sapiente che si conosca. Cicerone spiega lungamente, ogni volta che gli si presenta l'occasit ne, porchè considera l'abitudine di s;rivero come il metodo miglioro a formare un oratore: egli non vede altro modo di pervenire alla chiarezza e alla concisione. E Cicerone non indietreggia avanti nessuna fatica quando dove parlare in publico. Egli pena notti intero sulle suo orazioni. Seri ve e declama. Dava tanta importarna alla condizione di esercizio dc•lle sue corde vocali che declamava tutti i giorni, e a 60 anni compiuti .faceva ancora esucizi di dtclamazione.
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