RIVISTA DI POLITIECSACIENZSOECIALI Direttore Dr NAPOLEONE COLAJANNI Deputalo al Parlamento Il ALIA: anncr lire 5; semestre lire 3 - ESTERO: anno lire 7; semestre lire 4. Anno I. - N. 16. Abbonamentopostale Roma29 Febbraio1896 SO~MA H,10: Per un S<'(Jllestro. La Rivista - Il l1i!-iastl'O Africano Dr Napoleone ColoJanni - IJc.:::pot,smo p:irla111entarc. ~e~gio ne Pilato - Modificazioni alla legge ciel Catasto, Aov. Daoit!e Sacerr.loti - Sociolofil'ia e diritto commcialP, Aov. Vi1to,·io Olioieri - La clientela delle banche popnlari italiane, Prnf. Valeriano Valeriani - La parola in pubhco, Nocciolo. - Sperimentalismo sociale - Il sesso e l'amore, e loro po"'to in una società libera, F. Edward Carpenter - Recensioni. Libri ricevuti in dono. PER UN SEQUESTRO La Rivista ha avuto la poco gradita visita del rappresentante del Fisco il quale è venuto a ghermire l'articolo che porta va per titolo : Il Re. Sinceri sempre noi non diremo che il fatto ci abbia sorpreso, perchè conosciamo quale e quanta sia la libertà di stampa di cui si gode in Italia. Non tenteremo di riassumere con parole tali da urtare la suscettibilità della Regia Procura, il contenuto dell'articolo sequestrato, perchè non vogliamo farci prendere questa seconda edizione, che abbiamo subito preparata pei nostri abbonati ; ai quali mancherà soltanto la nota della Rivista si riferisce alla importante quistione del giorno, la quale se non altro ba avuto la virtù di scuotere la fibra fiacca degl' italiani. Al Procuratore del Re con il dovuto rispetto facciamo osservare che se esso sa leggere tra le linee troverà in molti giornali monarchici detto ciò che noi abbiamo scr·itto con la usata franchezza senza infingimenti e senza contorcimenti; e ciò che noi abbiamo scritto ed esso ha sequestrato è nel cuor<J degli italiani, che ad alta voce lo vanno ripetendo nej crocchi, nei caffé e nei comizì che si sono tenuti in diverse città d'Italia in ba1·ba ad una polizia burlesca, che ha voluto impedirli e non vi è riuscita. Si provi a mettere il bavaglio ai milioni di contribuenti, che accennano finahiente a stancarsi di un governo tanto inetto quanto disonesto e JJl'tlpotente l Il fatto, assolutamente insolito in Italia, della impotenza della polizia nello impedire la manifestazione della pubblica opinione, del resto dovrebbe dard da pensare ·al Signor Procuratore del Re; al quale nello articolo sequestrato siamo sicuri che maggiormente spiacque il parallelo tra l' Inghilterra e l' Italia in quanto alla funzione del Re. Già si sa che i confronti sono odiosi ! Senza avere la irreverente intenzione di dare lezioni o consigli all'egregio signor r,1,ppresentante del Fisco e solo per nostra difesa vogliamo ric:irdare che se noi ci siamo azzarJati a scrivere l' incriminato articolo: Il Re, lo abbiamo fatto perchè per un momento abbiamo supposto, che in Italia ci fosse tanta libertà quanta in Inghilter1•a e quanta ce n' è nel Belgio anche sotto il cler;calissimo ministero attuale. In Inghilterra, per non citare che i casi più noti, il Labouchere ogni giorno ne dice di cotte e di crude ali' indirizzo della regina e della monarchia ed il baronetto Dilke consaCI'ò tutto un libro irl'iverentc alla stessa regina, che pur dovette subire il Dilke come ministro perchè tale lo volle il Parlamento. Ncl Belgio non solo nella Camera dei Deputati si grida : Viva la repnbblira 8ociale ! ma nei giornali rndicali e socialisti, precisamente a lH'OJ>O;ito della politica coloniale, il meno che si possa augurare a Re Leopoldo è di andare a farsi friggere . . . . . . . . . nel Congo. E nessuno pensa a sequestrarli ed a processarli. Queste delizie sono riserbate al bello italo regno, che certi scalzacani analfabeti hanno la sfacciataggine di deeantare eome il paese in cui !li. goda maggiore libertà che nella più libera delle repubbliche .... Il chiarissimo signor Procuratore del Re in questi poehi commenti al sequestro potrà vedere, che noi ci siamo astenuti da qualunque accenno a ciò che dicono e scrivono i monarchici e gl' imperialisti in Francia; ce ne siamo astenuti per non fargli dispiacere. In premio della nostra delicatezza esso, ottemperando alle prescrizioni della legge, ci faccia un favore: ci mandi in Coi:te di Assise. Ivi anche col pericolo di buscarci un annetto di prigione ci vogliamo procurare il _gusto di dird tutte quelle verità, che non abbiamo scritto nell'articolo sequestrato. Ed andremo alla C01·te di Assise come a nozze perché convinti, che tra non guari altre Assise condanneranno inesorabilmente gli organizzatori della disfatta e i traditori della patria. LA RIVISTA. IL DISASTRO AFRICANO Era fatale. Gli errori e le colpe con cui i Governi italiani, e segna• tamente l'ultimo, banno contrassegnato il loro passaggio al potere, hanno avuto l'epilogo nell'immenso olocausto di denaro e di sangue imposto al paese per l'impresa d'Africa. Concepita di nascosto, come un pensiero dE-littuoso,mascherata sotto false parvenze ed attuata di sorpresa per i•nporla come un fatto compiut,, al popolo incosciente, continuata, trascinata di tappa in tappa a forza di ripiegl:!i, alimentata da falsi bagliori di grandezza, gonfiata a furia di menzogne, a colpi di testa e a colpi di borsa - giuocando ai dati con la fortuna e con l'onore del paese - essa è approdata fatalmente dove doveva approdare: al disastro, disastro immane di cui non è possibile ancora misurare le conseguenze. Intanto, al di sopra delle quistioni militari e politiche che il problema implica in sé, è per ora ben chiaro: che, a conti finiti, chi avrà saldato le spese della follia africana sarà stato il sangue e il sudo1•,>della immensa maggioranza del paese che stenta o lavora. Ma pur troppo vi sono delle colpe che si espiano; e colpa è quella degl'ltaliani di aver tollerato che alla voce della coscienza pubblica, si sostituisse o l'ambizione pili smodata, o l' inettitudine più volgare, o l'affarismo più sfacciato. L'ora in cui scriviamo è troppo dolorosa pocchè ci sia dato di analizzare serenamente la situazione fatta all'Italia dal racente disastro africano. llla se dai tristissimi eventi -- frutto di una politica ancor pili tdste - è lecito trarre un auspicio, l'auspicio sia questo : che squarciai::. la benda dagli occhi della nazione mistificata, possa questa trovare in sè stessa la forza necessaria di spezzare, una volta per tutte, le armi in mano ai traOicatori della fortuna nazionale e di salvare sè stessa dal baratro in cui lentamente precipita. 4 Marzo. Dr. NAPOLEONli COLAJANNI.
242 RI\71STA DI POLITICA E SCIENZE SOCIALI DE:SPOTISMO PARLAMENTARE Da quando Ives Guyot lanciò ai quattro venti quel suo libro: Tirannide socialista, socialisti ed antisocialisti si sbizzarrirono e si sbizzarriscono tuttora a lanciarsi contro tir.1nnidi e despotismi più o meno borghesi. Ma d'un altro despotismo che ormai si è elevato a sistema e diventa di giorno in giorno più insopportabile, poco o punto si occuparono generalmente gli scrittori. Vogìio accennare al ,J.espotismo degli onorevoli, alla nuova tira.nnide dei deputati, a quel cumulo di violenze, di favoritismi, di soprusi che non saprei chiamare altrimenti che despotismo parlamentare. Il fenomeno forse non è nuovo del tutto e non è, che io mi sappia, generale, perchè in molte provincie esso è fortemente bilanciato dal cozzare dei partiti e dall'energia delle popolazioni che si sanno ribellare e che hanno diversa educazione e disciplina politica. Ma specialmente in molte provincie meridionali il fenomeno è giunto alla perfezione di legge, perchè laggiù mancano assolutamente i partiti politici e nelle elezioni si fa esclusivamente e interamente un11-lotta di persone, d'individualità, di nomi, ed il corpo elettorale ineducato e soverchiato dalla ragione del bisogno, e in parte reso come apata dalla sfiducia, o diserta ,1uasi le urne, o va a votare per chi in un modo o nell'altr◊ è il maggiore offerente, perchè pure là dove non s'incorre in veri reati elettorali, si preferisce di dare il voto ai più ricchi, anche se non offrano le maggiori guarentigie di capacità e di onestà, o a votare infine, e ciò quasi sempre, per la disciplina dei partiti locali. Poichè se s'ignorano laggiù del tutto i partiti politici nel semo vero della parola, sono fiorenti e rigogliosi quelli che dilaniano ogni comunello. E gli onorevoli de_i-,utatisono quelli purtroppo che li attizzano, li aizzano, li rendono più vivi e più recisi, li fomentano piu o meno indirettamente; sono quelli che, posti nel c1·udele dilemma di Amleto : essere o non essere, li sfruttano; sono coloro infine che assai spesso li creano addirittura coi loro favoritismi, con le loro predilezioni, con le loro vendette. Perchè è inutile farsi illusioni. La massima pat-te dei candidati si presenta laggiù al suffragio degli elettori non per un elevato concetto della vita parlamentare, non i,reparata equamente alla vita pubblica, nè conscia dei veri bisogni e degl' interessi locali ; il programma palese e roboante che i candidati presentano, resta lettera morta, giacchè in realtà essi vengono con un programma intimo a chiedere. il voto popolare : l'ambizione o il tornaconto, la vanità propria o altrui. Così l'avvoc~to pone la sua candidatura politica per quella tale réclame di cui oggi si fa tanto uso ed abuso nelle professioni, o per equilibrare nel Foro _le proprie forze con quelle del c0llega o dell'avversario che porta la medaglina ; l'affarista pei propri ii,teressi; il politicante per vanità lo sciocco per ostentazione, per un capriccio della moglie o d~ll'amante; il pescatore di quattrini per trovare una buoria dote.... Nè mancano mai i due o tre amici di buona volontà, che in buona o mala fede carezzano o fomentano le ambizioni e lo vanità politiche. Ed i candidati, facendosi scudo di quei tre o quattro compari, che a sentir loro sono legione, si presentano agli elettori, i quali, spe:,so per quel fenomeno così caratteristico che Alfonso Daudet chiamò con una frase felicissima : e(f'etdu mirage; e studiò acutamente, li nominano loro rappresentanti onde i meno degni s.::alzano i piu degni e i meno onesti scalzano gl' immacolati, ai quali si fa la colpa di non essere uomini politici, poichè politica laggiù è quasi sinonimo di imbroglio .... e forse non a torti. Nati così, è naturale che così proseguano la loro via nella politica, ed iniziano naturalmente, appena possono brigare, l'indecente trama a vantaggio del loro partito o di vendetta contro quello avversario, contro chi non li ha appoggiati o li ha combattuti e s• impelagano fino alla gola nella mota in cui ormai è sepolta la vita pubblica nostrJ. Naturalmente diventano i più umili, i più sottomessi se1·vi del loro par·tito e dei loro elettori laggiù così pretendenti, e i tiranni degli altri diventando così i despoti della provincia, oltre che del collegio che li nominava rappresentanti. Dal biglietto di raccomandazione ali' istituto di credito - ne' bei tempi del carnevale bancario - alla compera di una dozzina di sedie o magari alla ricerca di una balia o di una cameriera; dalla raccomandazione indecente nelle liti, al favore pel figliuolo dell'elettore bocciato all'esame; dalla imposizione di un nome, al conferimento delle cariche e degli impieghi agli uni piuttosto che agli altri, è tutta una vilissima ed inùecorosa tela di violenze, di sop1·usi, di favori, di brogli, di vendette a base di mcdaglina. Inoltre i c.rndidati sono assai spesso combattuti o appoggiati nella loro candidatura dai deputati, dirò così, principi della provincia, cioè da quelli che l'un contro l'altro armati, si disputano lo scettro e dall'alto dirigono le battaglie e le scaramuccie elettorali e, combattuti o appoggiati dall'uno o dall'altro, si schierano, appena anche ad essi è dato di sedere in Parlamento, per l'uno o per l'altro, in modo che ogni provincia laggiù si compendia assa( spesso in due grandi nomi: i due deputati, cioè, che hanno i mestolo, che brigano e brogliano più degli altri e attorno ai quali si raggruppa fiducioso lo stato-maggiore degli altri onorevoli. Così si viene a formare quella rete intricatissima d'interessi e d' influenze che, avviluppando fortemente tutti gli enti delle provincie, ha i suoi perniciosissimi effetti nelle Giunte amministrative, nei Consigli comunali o provinciali, nelle Camere di commercio, dovunque. Ed è bene notar e ancora che l'atto al quale ogni deputato tiene sopra ogni dire è la nomina del Prefetto e del Sottoprefetto, i quali fatti ma'ndare nelle provincie dall'uno o dall'altro, invece che la serena imparzialità del capo del governo e la severa tutela degl' interessi locali, vanno a recare anch'essi favori e compiacenze, vanno a brigare, secondo il vento che spira, in favore di Tizio o contro Sempronio, e anche se non lo facciano capire espressamente o non lo dichiarino, lo fanno capire o lo fanno dire dai loro
RIVISTA DI POLITICA E SCIENZE SOCIALI 243 adepti o lasciano che i loro adepti brighino per Tizio o per Sempronio. Così i rappresentanti della nazione, questi porta voce dei biso 6 ni, degl' interessi, delle sofferenze, delle aspirazioni del popolo, sono i primi a violentarne i diritti e ad ammiserirlo sempre JJiù; e così questi onorevoli che dovrebbero essera l'eco del paese, sono soltanto l'eco dei loro più bassi intcres:;i o di quelli del loro partito, anche quando l"attuazione di essi conculchi i sacri diritti degli altri ; e così la voce di chi chiede, di chi prega, di chi soffre o non arriva nelle aule di Montecitorio, che pur ne dovrebbero essere piene, o si attenua e si trasforma! E come nel despotismo monarchico la salvezza o la rovina delle famiglie e dei popoli dipendeva da un sorriso compiacente o dal capriccio d'una druda o d'una concubina, così ora gl' interessi vitali delle provincie e la tutela delle famiglie stanno in balia degli onorevoli che si contendono ti-a loro l'influenza; e che cercano di guadagnare o di non pe-rdere il favore dell'uno o dell'altro deputato principe o dei capi elettori - s·emidei dell'Olimpo politico-; e che sono costretti a transazioni e a metamorfosi indecorose per serbare o conquistare l'appoggio compiacente dei ministri, tanto necessario per beneficare i propri elettori per vendicarsi degli avversari per conservare con maggior lustro la medaglina. Ed i poveri illusi che credevano, deponendo nell'urna il loro voto indipendente e coscienzioso, di nominare gli alti rappresentanti della nazione, vedono da questi stessi contaminato il tempio della giustizia, dove si briga come in una Borsa, vedono le libertà più sante violentate e conculcate, le diso nestà più immonde ricoperte d'un velo pudico, vedono fare strazio d'ogni p;ù pura e più santa aspirazione. Ed i soliti Amleti da strapazzo ponzano, ponzano susurrando che vi è del putrido a Montecitorio ... salvo poi nelle nuove elezioni a rimandare o a lasciar rimanda1•e in Parlamento, favorendoli, quelli stessi che essi dicono di disprezzare. SERGIO DE PILATO. /"-./~'-./~ Modificazioni lllaeggdeeCl atasto <1 ) La propo3ta stata fatta dal Governo di modificare la legge 1 Marzo 1886 fu nei giorni scorsi oggetto d'i nfiniti biasimi. Tale provvedimento sembrami non da lodare perchè incompleto, non da biasimare perché mirante a correggere uno dei difetti principali di tale legge. Questa mirava a due scopi: a) dare l'accertamento catastale della proprietà e tenerne in evidenza le mutazioni; b) perequare l'imposta fondiaria. Però le disposizioni, che seguirono l'articolo primo, i>llontanarono la possibilità di raggiungere questi fini. Ciò fu previsto prima ancora che il disegno di legge legge divantasse nel bellissimo studio:llCatasto in Italia, (l) Pubblichiamo oggi sulla impcrtante questione del catasto questo articolo dell"avv. Sacerdoti che la conosce a fondo e ci riserbiamo di ritornare sull'argomento per dimostral'e qunnto ing·ustificabili sicno i lamenti e le proteste di alcune provincie, relativamente alla spere• quazione. pubblicato nel '84 dall' Ing. Gar!>arino, e fu dimostrato sgraziatamente dai risultati dei lavori del catasto iniziati nel '88, i quali non potevano presentare insuccesso pit1 clamoroso. Furono errori del legislat'ore volere un catasto stabile particellara, stabilirJ l'imposta in base al reddito, a cui inoltre si. aggiunse anche quello di aggiornare mappe vecchie per lasciare intravvedere inrealizzabili spJranze, di ridurre l'aliquota d'imposta fondiaria al 7 °lo- E quasi non bastassero queste gravi mende della legge se ne aggiunsero altre nel regolamento; il quale arrivò finanche ad ammettere che in alcuni luoghi fosse lecito di omettere le operazioni di terminazione e di delimitazione, con che resta va escluso perfino la possibilità di arrivare ad avere l'accertamento della proprietà. La formazione di un catasto, come fu stabilito nella legge del '86, richiede una somma ingente, chi dice 300 chi 600 milioni, ed un tempo lunghissimo. Quanto accadde nei lavori di ricensimento della bassa Lombardia, iniziati nel '77, e che dovevano essere finiti nel quadriennio successivo, ed in quelli del compartimento Modenese, incominciati nel '80 e che dovevano compirsi nel '85, i quali lavori tutti oggidì sono ben lontani dall'essere attivati, dovrebbe servire d'ammaestramento. Che più ? dopo la promulgazione della legge del '86, i lavori catastali cominciati nel '88 nelle provincie, che chiesero subito l'aggiornamento, dovevano esser finiti dopo un settennio e per contro non ebbero fine in alcuna provincia. E pur lrvppo oggidì si è nella dolorosa condizione, dopo che dal solo Stato s'è speso parecchie diecine di milioni, di rion aver neppure una mappa ultimata da mostr.ire. Il Ministero col progetto presentato sembra abbia voluto i,rovvede,re alla deficienza della legge nella parte riflettente l'estimo; ma senza contestare come in questa parte la legge sia realmente deficiente, ritengo il difetto principale della medesima consistere nel catasto particellare : cioè un catasto per cultura, per il che richiedesi somma enorme e tempo così lungo da non potere a meno che compromettere tutto il risultato finale dell'operazione. Non è fuori di luogo ricordare quanto scrisse un eminente catastologo. Mi preoccupo di più delle difficoltà di conservare in ordine i passaggi del catasto, che di quelle, che si presentano per formare un buon catasto. Ed in Italia, se si segue nel sistema odierno, si impiegheranno nell'operazione dai 30· ai 60 anni senza per questo lungo lasso di tempo darsi alcun pensiero di tenerne in evidenza le mutazioni. 'f- * * Il principale motivo dei clamori contro il provvedimento governativo originò da questo che vuolsi esista una sperequazione d'imposta fondiaria fra compartimento e compartimento catastale e temesi che, ritoccando la legge del '86, siasi per rimandare indefinitivamente il rimedio a questo male. Conviene avere presente che a questa, lamentata sperequazione fra compartimento e compartimento
244 RIVISTA DI t>OLI'i'tcA È SCIENZE SOCIALI catastale già si provvide colla legge del conguaglio 14 luglio 1864, beninteso con tutta quella perfezione che possono avere le cose umane e specialmente fi. nanziarie. Per ria/fermare l'esistenza di questa i,retesa spe• requazione si sono pubblicati testè statini in cui figurano la superficie in ettari dei compartimenti catastali ed i contingenti d'imposta assegnati a eiascuno. Quindi si è diviso il contingente d'imposta per gli ettari facendo poscia il confronto di un quoziente ottenuto in un compartimento con quello di un altro. Ma questo sistema evidentemente è ben lontano dal condurci alla realtà, poichè secondo il medesimo si dovrebbe pretendere tanto d'imposta da un ettaro di terreno roccioso quanto da un ettaro di marcite. Il che è semplicemente assurJo. Non contesto esservi grave sperequazione nella distribuzione dell'imposta fondiaria nell'interno di ciascun compartimento, ma per rimcdiHe a tale ingiustizia non occorre che Governo, Province, Comuni, Privati si caccino in opera così costosa - quanto di remota ultimazione - quale si è la formazione dì un catasto particellare; basterà semplicemente nel- !' interno di ciascun compal'timento (tenuto fermo il contingente generale) stabilire il valore capitale dei terreni per denunzie fatte sul luogo e controllate dalla presenza dei vicini. Con tale procedimento senza speciali aggravii per le provincie, che oggidì si sentono maggiormente aggravate, con molta minore spesa per lo Stato ed in assai più breve tempo si potrà davvero provvedere alla giustamente lamentata sperequazione interna. Sinteticamente esposti quali siano i difrtti della legge l Marzo 1880 quali i giusti de~idcriì in ordine alla perequazione fondiaria, che dovrebbcrsi appagare senza indugio nel modo sovra ricorJato, indich.:lrò quali ritocchi siano nccessarii alla legge del catasto affinchè questo possa rispondere ai suoi fini. 1:; ncce8sar:o anzi tutto che si rinunci ad un catasto particellare e si addivenga alla formazione di un catasto per proprietà, giacchè questo ha il vantaggio di potere essere ultimato cd attivato più speditamente, (in un quinquennio circa) poichè il rilevamento limitasi a soli 4 milioni di appezzamenti mentre nel catasto per coltura queste ammontano a ben 70 milioni, ed anche più economicamente, giacchè per un catasto per p•oprietà il Governo si può servire dell'opera di professionisti privati (compiutasi la triangolazione dagli ingegneri governativi il rilevamento in ogni Comune può venire dato in appalto) i quali lavorano bene più spediti ed a migliori condizioni e per essere sul luogo e per avere di già conoscenza della località. In un catasto per proprietà distribuendosi l'imposta in base al valore capitale non richiedesi nè qualilì· cazione di terreno nè formazione di tariffe, ciò che importa tanto tempo ed origina tanti reclami. Tale metodo richiederà assai minor tempo che non quello particellare; vedasi ora se non importi anche una spesa assai inferiore. Nell'odiarne condizioni della pubblica finanza costai·e poco, un lavoro, significa presentare possibilità di essere condotto a fine; costàre molto invece il contrario. li catasto per prop1•ietà richiedendo meno lavoro del parLicellare necessariamente richiederà minore spesa. Questa fu dall' Ing. Garbarino, uomo pratico sempre e specialista in materia di opc1·azioni catastali, preventivata in 70 milioni; concedasi che ne esiga 100. Quanto costerà il catasto particellare? La Giunta superiore aveva preventivato la spesa del catasto a ex novo in L. 7,40 per Ettaro, ma tale r,rdventivo era superlativamente modesto tanto è vero che i lavori del catasto in passato fattisi in Italia e neanche completi (il catasto lombardo p. e. manca di triangolazione) costarono sempre in media L. 15 per Ettaro ed i lavori, che oggidì si eseguiscono nel compartimento modenese non peranco ultimati costarono di già al solo Stato L. 12,37 per Ettaro. Ciò stante, tutto ben ponderato, stimo tutt'altro che esagerata la cifra di 400 milioni, indicata nell'Economista d'Italia del 20 Giugno '91, come spesa necessaria per finire tale operazione, la quale era stata preventivata dal Governo in 50 milioni e dalla Commissione in circa 60. Ora è da credersi che in questi momenti ben tristi per la finanza si voglia continuare a spendere diecine e diecine di milioni per operazione che si ignora quando possa essere finita, mentre molti contestano che dato l'enorme tempo necessario per la sua attivazione, senza che sia prov.visto alla conservazione dei lavori finiti, possa dare alcun risultato nè tributario nè civile? Quando si parla di catasto molti hanno presente che unico suo fine sia di accertare l'imposta; ma esso può rendere ben maggiori servigi sia nell'ordine civile, sia nell'ordine economico; quindi è necessario nell'interesse della terra che il Paese colla maggiore sollecitudine sia provvisto di un ci.tasto, il quale valga per davvero a dare un assetto regolare alla i,roprictà immob liarc co3Ì che questa possa dar-e una facile sicura dimostrazione del diritto di proprietà. , Pe1• il che è da augurare che si accetti la proposta del Governo di ritoccare la Legge 1 Marzo 1886 per quanto risguarda. l'estimo, aggiungendovi anche queste modificazioni, grazie all'aggiunta delle quali si può ritenere che il catasto risponda ai suoi scopi. a) Il catasto sia fatto per proprietà mediante cot• timo. b) L'imposta fondiaria debba pagarsi in base al valoro venale dei fondi. e) Il catasto sia probatorio ed o 6 ni proprietà sia r.ippresentata da un titolo secondo venne felicemente ideato dall' Ing. Gar'.Jarino. e) In via transitoria: 1°) Che provvisoriamente si provveda nell'interno d'ogni compartimento, fermo il contingente gener<1le, alla perequazione del!' imposta fondiaria, mediante denuncie sul valore capitale dei fondi controllate sul luogo coll' intervento dei vicini.
RIVISTA DI POLITICA E SCIENZE SOCIALI 245 2°) Che si restituiscano cogli interessi dallo Stato le somme dalle provincie anticipate per l'accelerc1.- monto dei lc1.voricatastali. 3°) Che si esentino, secondo l'equità esige, dal1' imposta i fabbricati rurali dolio provincie veneto. Avv. DAVIDESACERDOTI. SociologeiDairittCoommerciale <1 ) I. Claudio Treves illustrando nella Critica Sociale l'opera di Antonio Menger - Il diritto Civile e il Proletariato - ( Critica Sociale, Anno IV, n. 20, pag. 313 a 317) confessa va con rude franchezza di giudizio ohe egli non credeva « alla utilità delle ubbie filantropiche e sentimentali dei giuristi sottilmente escogitanti temperamenti alla rigidezza del diritto ». E fin qui si può consentire con lui. Ma, lo scienzato a cui la legislazione positiva presentava così fragile schermo a' colpi della sua critica demolitrice, varca il segno quando egli chiama « artifizioso e sterile il movimento socialisteggiante che ha commosso i cultori del diritto, finchè questo è il diritto della classe dominante ». - Sicchè, egli potè conohiudere con aria tra di sarcasmo e di compassione : « Quando ci parlano di. riforme da introdursi nel diritto privato, por opera di UH astratto e indefinito legislatore,-proviamo una impressione non differente da quella che ci fanno le d:sseriazioni del secolo scorso sulle riforme degli obblighi livellari e dP-1servizio della gleba. Il diritto privato non può essere che quello che è o press'a poco ». Se il forte lavoro del Tortori si dovesse giudicare alla stregua di tale criterio, nemmeno la simpatia di un critico benevolo basterebbe a salvar:o da.Ila condanna, giacche l'opera del giurista é diretta per l'appunto alla ricostruzione or .;anica su basi sociologiche del diritto 1,rivato. Del quale non solo tracciare i lineamenti generali, ma si vuole analizzare altresì la s1ruttura dei singoli istituti elabor,mdola financo nel tecnicismo della codificazione. Ora, cotesto coraggioso tentativo pare a me tutt'altro che sterile; eEso è, quanto meno, il sintomo di una evoluzione che va maturandosi fra i giuristi, come questa è l'indice del profondo mutamento opera1o3i nei rapporti sociali. Il diritto privato non può essere che quello che è. Sta bene: ma, qual'è il diritto privato di questa fine di secolo? Vi sono istituti giuridici vecchi inadatti alle cresciute e impellenti esigenze della vita moderna, o atrofizzati por manco di quel vitale alimento che ne ha determinato la nascit.t e favo1·ito la evoluzione, eù istituti nascenti non ancora gettati negli articoli delìa legge. Se l'interesse dei dominatori ha plasmato le legislazioni vigenti, l'interesse antagonistico delle claEsi dominate ha già aperto una larga breccia nella muraglia chinese del diritto egoistico, facendo penetrare (I) A p,·oposito dell'opera: E'odologia e diri,to commerciale di AJfrpf)o Tortori; frntclli Rocca, Editol'i, Torino, 189;) (f.. 5). nel vetusto tronco del giure quiritario l'innesto di tendenze, bisogni ed aspirazioni nuovi e perciò di un nuovo diritto. -· La class~ de' salariati surta dallo sviluppo della meccanica industriale ed agricola ha assunto nella economia moderna atteggiamenti e forme che sfuggono alla discivlina delle regole gettate nei codici. La rapidità degli scambi e la universalità del merc,i,to sconvolsero alla lor volta i principii su cui si asside la economia classica svolgentesi per entro ai confini nonchè di uno Stato, di una regione o di una provincia, entro quelli anche più angusti di un comune. Il lavoro non si adagia più nel tranquillo rifugio della industria casalinga, ma si agita nell'attrito febbrile della concorrenza; il commercio non più privilegio di classi o di razze, è divenuto arena ove si esercita l'nstuta e industriosa sagacia anche degli umili, mentre la scienza ha reso più accessibili a tutti le fonti del benessere, assicurandone la conqu:sta e agevolandone il godimento. Cotesta meravigliosa evoluzione economica doveva determinaN una corrispondente evoluzione anche nei rappdrti del diritto che ne sono la espressione, facendo subire agli istituti della famiglia, della pro· l rietà, delle obbligazioni la iufluenza dei nuovi coefycienti di attività individuale e collettiva creati dai progressi della scienza e della ci viltà. Il d:r;tto commercia'le che è un diritto di classe - della classe mercantile- lanciata ùallo sviluppo della gr.mde industria e del capitaliòmo nella lotta della concorrenza, ha sentito per primo la dissonanza e la incompatibilità fra il bisogno di espansione, di sicurezza e di agilità proprio delle operazioni mercantili e la rigidità delle regole del diritto codificato, e gli si ribellò. Ma codesto fortunato tcntatirn di emancipazione non ha segnato che il principio di 11uelle ostilità che dovevano scoppiare di poi contro tutta la V€ccltia compagine del diritto privato ornai reggentesi per sola forza d' inerzia. Siçché, od io mi inganno, l'opera dei giu1·isti diretta a fissare il fenomeno giuridico in questo momento storico, è non solamente proficua, ma necessari,t premessa del lavoro di organica ricostruzione del diritto· Il diritto quale è oggi, ha oltrepassato per così lunga distanza la fase del giure ccdificato e cozza con tanta violenza contro le barriere erette da questo diritto, da reclamare a giusto titolo il riconoscimento della sua gagliarda e operosa vitalità. · Fare l'esame critico-sociologico degli istituti giu-. r;dici esist1rnti, determinandone la nozione e lo funzioni; tracciare il rilievo storico dogli elementi che ne costituiscono la genesi e il carattere di sviluppo illus1r,rndone il compito sociale - raccoglie1•e e coordinare i dati positivi per la ricostruzione dei nuovi, mettendo a contributo gli clementi forniti dallo scien7,e - a C'.)minciare dalla economia o dall'etica fino alla biologia e all'antropologia - è oper,L di preparazione per la codificazione del diritto privato sociale, ohe deve essere accolta con simpatia anche dal socialismo. · Giacché, così fatta maniera di st11di !'iesce a stabilire la intima concessione 'che lega il fenomeno
246 RIVISTA DI POLITICA E SCIENZE SOCIALI giuridico alla evoluvione economica e a dare per ciò al diritto in quanto è legge o sanzione, una ùase po- · sitiva anche più tangibile di quella che la ~cuoia storica gli assegna. (Carie, La vita del diritto nei suoi rapporti con la vita sociale, Torino, fratelli Bocca, 1890, pag. 360). Cotesta base positiva è fornita da quella espressione dinamica della vita che si chiama bisogno, onde scaturisce la legge dello sviluppo del fenomeno economico, cioè la tendenza al migliore adattamento seguendo la linea di minore resistenza, alla stessa guisa che la legge dello sviluppo dei fenomeni naturali è la tendenza all'equilibrio sulla linea di minore resbtenza. Questa è legge meccanica di adat• fa.mento vitale, quella è legge psicologica di adattamento bio-sociale. (Vaccaro, Le basi del diritto e dello Stato, Torino, fratelli Bocca, 1893, c.1po IIL0 ). Sicché, il fenomeno econom'co presuppone l' uomo sociale e trova la propria espressione nelle azioni dovute al desiderio di liberarsi da un dolore, o di s~emarlo e di evitarlo con coscienza del fine ( donde il feno:neno etico). La legge per la quale si est,lica.no coteste applicazioni dell'attività umana è la legge d'el minimo mezzo limitata e temperat:i. dalle necessità sodali. • L'orlino di queste necessità sociali for.na il pl'imo nucleo dei fenomeni giuridici; cioè di quegli atti o fatti umani che all'uomo, in arplicazi0ne della lt-g ;e del minimo mc:::zo, è necess:1riamento imposto di tare o di non fare, e non può fare o non fare clte in 1111 determinato molo o non diversamente. Nasce cosi il diritto corno una n<ce~sità reale e razionale che si impone così ali' indi viduo come alla collettività, c:oè corno forza specifica dell'organismo saciale (ArJigò, Vaccaro, Op. cit. p..1g. 359). Esso ha per caus:1 intrinsec(i il bisogno, per cau,a estrinseca la limitazione delle cose e delle persone; una causa subbiettiva est,·inseca del pari economica, perchè finito il potere del suo soggetto, ed infine, ha economico lo scopo, che è la soJdisfazione del bisogno. - Di qui la economicità de!Li base del diritto. È la funzione del diritto è sociale, perché sociologico è il fenomeno economico, in quanto questo si attua per raggiungere scopi rappres3ntanti ne,:essitàsociali o esigenze relati ve al benessere generale di tutte le unità scciali o dell' intiero aggregato. Di qui il suo carattere di edonismo sociale, di edonismo storico caratterizzato dall'altruismo, ada ttantesi alla legge della selezione. Dalla correlazione di sviluppo contcm1,or.rneo di alLività omogenee, si srnlgo una serie di fenomeni esclusivamente sociali: l'associazione delle forze organiche - degli strumen!i da lavoro - delle armi di lotta - la divisione naturale delle industrie - la divisione tecnicci del lavoro - l'accentramento dei capitali - la coopera:::ione - il mutualismo. « Sorgono dap, rima come mozzi di adattamento di una coppia, poi tra gruppi semplici, poi tra. gruppo e gruppo e quindi tra. gruppi composti. « Con l'allargarcii del rappor:o dell'individuo alla coppia, al grnppo somplice, al gruppo composto, si allarga. la funzione del 'fenomeno economico, il quale c1 llargandosi a sua volta, assume carattere etico e funzione etic,t, c::in,tter.J 0iuridico e funzione giuridica, fin tant::> che, r.conosciuto indispensabile ptr il funzionamento dell'organis:no sociale, assume carattere e funzione sociale, e di viene quindi so;,ti-ato determinatore di fenomeni influenti su tutto l'o1din e dei fenomeni sociali; diviene, cioè, fenomeno giuridico con funzione sociale ». Avv. VITTORIO OLIVIERI. ~/'-./ /~'-./"-/'~'-../'-../'\.../"' Laclientdeleallbeancphoepoliatariliane D()po aver fatto della teoria ( l ), veniamo ora ad un arg0mento palpitante di attualità: all'ultima e rcicent.i St ..tistica delle Banche Popolari italiane. Riproduciamo qui i dati presentati dal Luzzatti, il quale continua ad ingegnarsi d'es 1lta·re gli utili effetti dd!e nostre banche, pur mettendole in confronto colle tedes~he. Il Luzzatti presenta il pro,petto di queste in rapporti percentuali abbastanza espliciti e ciò non fa in modo esatto e sufficiente per quelle italiane. Giova osserva.re che di 405,341 so !i d..iti nell'ultima statistic:1, pé'r sole 368,199 si conosce la professione. Pcevalgono i piccoli agricoltori che sono 88,803, e i piccoli industriali e commercianti: 92,!:\63; s3guono gl' impiegati e professionisti: 69,423; gli operai gi(\rualieri: 29,864; i contadini giornalieri 17,165. Anzitutto siffatta statistica è insufficio1,te o manca delle necessarie distinzioni a concludere con esattezza I soci dati d:J-lla differenza: 405,3H-308,199=J7,l42 non si sa a qual categoria appartengano; ma poiché manca quella dei grandi e mediocri proprietari e capitalisti, tutto far.: bb_e sospettare che di questi sia stata omrssa la rJgistrazione. Ma poiché ciò non sarebbe sincero, non vogliamo credn'.o. Lasciamo quindi do1·:niN questi 37,142 soci d'ignota provenienza, e occupiamoci degli altri. I piccoli agr:coltori (88,803) così caratterizzati, non è d itto su quali dati e criteri, per l'esperienza da noi fatta delle Banche Popolari dobbiamo proprio ritenerli in massima parte appartene'lti ad una media e aùbastanza agiata condizione. In oltre rimane pur qui ignoto in quali proporzioni e con quale frequenza, essi siano stati sovvenuti, nella duplic3 qualità loro di azionisti e clienti. La stessa cosa può ripetersi al riguardo dei piccoli industriali e commercianti (92,963) e degli impiegati e professionisti (69,423), per i quali è chiaro che in gran parte sono da ascriversi alla mezzana borgh,-sia, che pur in parte a modo suo lavorando ha fruito e fruisce per fas o per nefas di tutti i Yantaggi della classe, cui ben a ragione si considera d'appartenere, giovandosi delle influenze dirette o indirette del ca.pitale, che reca i suoi floridi e sicuri effetti a tutte e quattro lo dette categorie di industriali, commercianti e professionisti. Ma veniamo ai prospetti. (1) Veggasi l'articolo nostro - Coopera~ione e collettivismo - N. !•I di questa Rivista.
RIVISTA DI POLITICAE SCIENZE SOCIALI 247 Banche popolari italiane piccoli agricoltori . piccoli industriali o commercianti impiegati e professionisti operai giornalieri . contadini giornalieri d' ignota categoria Banche popolari tedesche piccoli agricoltori, giardinieri, forestali, pescatori contadini giornalieri • . piccoli artigiani e industi-iali indipendenti . operai giornalieri . fabbricanti, proprietari negozianti . commessi di negozio . fattorini postali, impiegati telegrafici o postali carrettieri, boscaioli . persone di servizio . . modici, farmacisti, insegnanti, sacerdoti, impiegati. . redditieri e persone senza speciale professione . * .. 21,0 °/0 22,9 17,1 7,3 4,2 9,2 82,6 31,5¼ 3,0 26,0 5,6 3,1 8,7 0,7 2,3 4,8 0,9 6,0 7,4 100,4 Prima d'istituire confronti categorici fra i due prospetti giova osservare, per amore del vero, che quello dello banche italiano, che noi abbiamo desunto mediante calcoli esatti di proporiionalità percentuale, dalli stessi dati offertl dal Luzzatti, cioè tolti dalla Statistica Ulliciale, oltrechè essere fatto con minor numero e specificazione di categorie, il che certo non giova alla chiarezia e solidità della interpretazione conclusionale, contiene errori materiali. Perchè mentre quello delle banche tedesche soddisfa al controllo che sommati i tanti per cento, si ottiene appunto 100, ciò non ha luo;;o nel prospetto italiano, in cui si ha la somma co:nvlessiva delle percentuali eguale a 82,6, che si differenzia non poco da 100. li gravissimo errore si spiega os,ervando che noi prospetto delle banche italiane le percentuali hanno origine dai numeri di cinque categorie che, come vengono appunto offerti dal Luzzatti, danno ins,ieme la somma di 208,218, da cui risulta che ne vennero trascurati, pur fra quelli di cui è detto che si conosce la professione, nientemeno che 69,981. Ricavando sulle stesse basi la percentuale da questo numoro si ottiene 17,5, che insieme a 82,6 completa il 100. È cosi ad u11 tempo messo in evidenza l'errore materiale del Luzzatti, e prornta l'esattezza de' nostri computi. Ma crescono le meraviglie, ove si considerino le percentuali offerte dal Luzzatti, il quale esimendosi dal dare nn prospetto, come abbiamo fatto noi, colla sua solita disinrnltura riassumendo, non si comprende con quali cl'iteri, ossel'va. « Ben leggendo in queste cifre si trae che il numero dei piccoli agricoltori ,·a crescendo (come e perché vada crescendo non si capisco in virtù dei dati prima oflerti) e poi si arresta intorno al 24 per cento. Quello dei piccoli industriali oscilla intomo al 23 e 27 per cento; è crescente quello dei contadini giornalieri battendo ora intorno al 4,66 per cento. » Come si spiega questo nuo,·o cumulo di inesattezze e di orrori? E dopo ciò !'on. Luzzatti trae nullameno la conclusione, che fra la clientela nostra e quella delle banche tedesche, ha luogo grande somiglianza. Ora pur ammettendo questa somiglianza, non devesi dimenticare che i clienti delle Banche popolari non sono i soli azionisti. Esse usano infatti favorire anche non pochi non azionisti a condizione che s'abbiano !'a vallo d'un azionista abbastanza solvibile, o anche non solvibile (per mera formalità) se chi vuole essere sovvenuto sia abbastanza solvibile per suo conto. Si danno anzi esempi persino di sovvenzioni larghissime concesse a non azionisti colla sola lor firma, e talvolta persino a commercianti od industriali di credito appariscente ed illusorio. * * * Certo si è che i due prospetti, italiano e tedesco, sono fecondi di notevoli e gravi considerazioni, sia per le affinità. che per le differenze che presentano. Circa la somiglianza, essa autorizza qualunque giudice onesto ed imparziale a concludere che fra le banche tedesche od italiane il massimo numero dei clienti azionisti appartiene alla mezzana bor 6 hesia, che vive più del capitale che del lavoro. Ben considerando essa, tutto sommato, rappresenta almeno in Italia il 70 ''/0 , e in Germania il GO °lo. sul totale dei clienti azionisti. E notisi che questi calcoli sono qui fatti grossolanamente per deficienza di dati statistici chiari e distinti, specie per quanto riguarda il prospetto italiano. Ancor meglio considerando si deduce rigorosamente dai dati del prospetto italiano, che la vera classe dei lavoratori clienti azionisti fra noi sarebbJ ridotta soltanto a 11,5 o/ 0 , ed il resto, cioè 1'88,5 °/o, dovrebbe assegnarsi alla mezzana borghesia più o meno abbiente. All'ultimo rapporto è da aggiungersi l'altr,1 clientela, di cui non è fatta parola, che sebbene non azionista è facilmente ammessa a fruire di lur 6 he sovvenzioni quando sia abbastanza solvibile nel senso capitalistico. È infine da osr.ervarsi che 1'88,5 °lo dato dalla clientela borghese, rappresenta un numero che rimane del pari abbastanza grande in confronto di tutta la classe abionte del 1·egno, che è assai limitata al cospttto dello stuolo immenso dei nulla tenenti e lavoratori. Or questi figurando come clienti azionisti solo nel rapporto dell'll,5 °/o, che diviene anco più esiguo paragonandulo col numero grandissimo della classe a cui si riferisce, ne segue che in virtù dei dati statistici tostò esaminati e discussi emerge nel modo più chiaro e palese, che specie le nostre così dette Banche popolari, non conseguono che in minima parte del tutto illusoria, il fine umanitarfo e civile, cui donebbcro essere destinate giudicandolo dalle parole: mutuo, cooperativo e popolari, che uullameno loro si affibiano. Lasciamo da pal'te il confronto, troppo ccndanncvole per le classi dirigenti del nostro paese, ma non per il nostro popolo che lavora, tanto mite e generoso r1uanto maltrattato, fra ciò che SORO i tede-
248 RIVISTA DI POLITICA E SCIENZE SOCIALI schi da Lutero in poi fino al presente, i tedeschi iepirati e migliorati alla scuola di Lassale o i\Iarx, e l]Uello che noi siamo. Fa però mera viglia o dolore ad un tempo il vedere che lo spirito dottriuario doi nostri economisti, come il Luzzatti, pretond-i e osi impegnarsi a sostenere la tesi : « che nelle migliori nostre bancJ10 oooperative, tranne qualche eccezione, s'intende, vi è maggiore idealità, cioè maggiore contenuto <li elementi morali che nelle migliori banche popolari tedesche. » Ma noi che non sappiamo illuderci, e meno ancora voglia.mo illudere nes~uno, stando ai fatti e a' dati numerici statistici, non esitiamo di contro ad asserire, che codeste vane pretese non dimostrano altro che l' incoscienza. e l' insincerità puerile de' nostri fam0si campioni ed ispiratori del credito democratico. Soltanto essi superano in questo senso meschino e negativo i buoni nostri e rispettabili alleati. Prof. VALERIANO V ALERIANI. LA PAROLA IN PUBLICO Pi Domandatr a co)oro che son costretti dalla vit.1 politica o scirntitìc:1 a di;corcer<' q11a~i quo idianamcnto avanti un uditorio più o meno estt-;o, dornandato loro co:nc impararono a p.Lrlaro in puLlico, e vod1•dc che molti s<•mbrcranno imbarazzati a r:s;iondorvi. Questo imbarazzo può provenirr da un sontimC'nto di pudore - diciamo così -- che vieta agli oratori di svelare i loro intimi proccdim<'nti. Ma anche proviene 1,robabilmcn(t' dal fatlo che quando si arriva alla perfezione della propria arto non ci si rende 1,iù t'satto conto delle difficoltà del cammino p<'1·cor::o. Moltissimi potr0hLt'rO d;pondcrvi con serietà: « Noi abLialllo imparato a parlare in publico secondo un metodo simik a quello cht• impi<'gano certi mac:stri di nuoto, i r1uali cominciano dal lanciare in ac,1ua i lorJ allievi, saltvo a tcndt•r loro in extremis una pertica. La prima volta il novellino si move scompo3tam1•nte e inghiott<' rnolta acqua; poi ac,,uista dd sangue freddo, coordina i suoi movimenti o finisce col nuotare. Pochi fra gli oratori int('rrogati, vi diranno - se sono sinceri - d'aver seguilo i classici. Sono rari qu<'lli che leggono Cicerone, e la rotoi-ica è caduta it1 un discredito assoluto. Oggi l'eloquenza è forse la cosa pii1 degagée che ci sia, e la prvfcssiono dell'oratore appare come il solo mt•sticrt• che non abbia bisogno di scuola. l nostri costumi dcmocr<1tici ànno per risultato di far diventare 01·atol"i una quant;t;i di pcrJone I<'quali sono n<'ila n1'ccssità di parla1·e avanti i loro concittadini. 1:; oratorl' l'opl'raio che in una riunione puhlica prt•ndc la pa1ola lll'r dir malo dt•l suo rJ.pprosentanto politico che si dimostrò infedele. Oratore, l'infelice pr<':;idontc d'una socirtà <1uabia il r1uale alla fine di un banchetto recita hi p<'nosa « impro,·visazione » in- (I) Maurice Jjam - Dc, parol1• en pub/ir1ue - Paris, Cliamuel, Ecliteur. L: 2. cominciata giurando ch'egli non si a.spettava di dover prendere la parola. Quello eh<', in generalr, for.na quasi un legame comune tra i parlatori,. dall'avvocato al J•oliticante di villaggio, è questv: essi immaginano che il discordo publico non s0ttostia a un'arte speciale, ch'cs ;o sia una co3a per la.quale si possa fare a meno di ogni procedimento, e i più iHuminati arrivano a concedE>re che sia necessaria una certa coltura e che questa sia sufficiente preparazione all'arte della parola. Alcuni modi di dire furono ripetuti da lungo temp1, Boileau à certamente messo in cii•colazione il più celebre: « ciò che si concepisce bene si esprime chiaramente», una rifless'one eh' è d'una bella falsità I Quel che non è molto noto è che Quintiliano, il supremo retore, dopo d'aver consacrato doJici interminabili libri a sviluppare tutte le regole neces;arie alla formazione di un oratore, finiva con que~ta conf<:s,ionc alquanto ingenua: « il buon metodo consiste a &tudiar bene la propria causa e a c;pnosccrc minutamente tutto ciò che la concerne ». Ai nostri giorni l'illustre Liouvillo non è st<tto senza incer·kzze di metodi rispetto all'arte oratoria, J.H'rchè in un sno eccellente libro che contiene quo! ch'è stato sc:·:tto di m<'glio sulla materia, à ins<'rto qu<'- s ,o aforismo: « invero il miglior metodo è quo Ilo che aiuta meglio a Lon parlarò colui che lo impieg.L ». Forse, tali parole provenienti da cosi alto, ànno fruttato che molti giovani oratori abbiano lung,imento e difficilmente cercato tra mozz'> i prJccdim<'nti, quelli 1,iù ~ropri a coltivare il loro talento. C'è, uaturalmc•nte, dl'l vero in quella massima del Liouvillo se la s'intende nel senso che ciascuno devo sviluppare il suo temperamento particolar('. Ma da questo a tosten<'ro che un giovane che si consacri all'oratoria possa a casaccio impiog11ro il primo mezzo che gli cai,ita, e che ar1·iverà presto a perf<'zionarsi per via ddla sola ahitudin<', e' è un abisso. Vi sono dei nwtodi che sono i,rvforibili ad altri; che si adattano mt•glio alla costituzione nervosa di un oratore; cito conducono più direttamente allo scopo, e che sono più conformi ai dati fisiologici e psicologici della ~ cionza attu..olo, * * Gli antichi spinsero fino all'eccesso l'arte della retorica, e tuttavia e difficile trovare nei trattati speciali dcli' ,intichità una nozione precisa dei procedimenti dell'oratore. L'oratore greco non ha praticato che un solo modo di preparaiione: la scritta. La sua prosa è certamente la più chiara, ma è anche la più lavorata e la più sapiente che si conosca. Cicerone spiega lungamente, ogni volta che gli si presenta l'occasit ne, porchè considera l'abitudine di s;rivero come il metodo miglioro a formare un oratore: egli non vede altro modo di pervenire alla chiarezza e alla concisione. E Cicerone non indietreggia avanti nessuna fatica quando dove parlare in publico. Egli pena notti intero sulle suo orazioni. Seri ve e declama. Dava tanta importarna alla condizione di esercizio dc•lle sue corde vocali che declamava tutti i giorni, e a 60 anni compiuti .faceva ancora esucizi di dtclamazione.
RIVISTA DI POLITICA E SCIENZE SOCIALI 24!) Non è senza utilità chiamar l'attenzione su questi ese1 cizi docla.mafori a' quali gli antichi da vano tanta importanza. Ciò che distingue gli orato1·i latini dagli antichi oratori greci, è elio malgr.1do il parere di Cicerone, un certo numero di oratori latini si ~ostravano poco diligenti della preparazione scritta. Hortensio, il rivale se non il maestro di Cicerone, dotato di una memoria prodigiosa componeva mentalmente i suoi discorsi o li leggeva mentalmente quando li pronunziava avanti ai giudici: la memoria gli bastava e non rico1 reva a preparazione grafica, come ad Atene non vi ricorrevano Charmada e Metrodo. Anche prima, Galba impiegava un modo bizarro: la vigilia del giorno in cui doveva pronunciare una orazione egli si chiudeva con i suoi schiavi e declamava loro le suo 1,r.:lparazioni. Usciva l'indomani in uno stato di eccitazione straordinaria, gli occhi scintillanti, e andava al Foro. Da Cicerone a Quintiliano l'arte oratoria aveva subito un'evoluzione. Il periodo ciceroniano aveva perJuto L1 sua ampiezza e i giudici imponevano agli oratori dei limiti e li richiamavano alla questiono. Quintiliano persisto a farsi l'apostolo del grafismo; secondo lui soltanto a forza di scrivere si perviene a parlare con abbondanza. Non bisogna c1·edore però che por il predominio accordato in tutta l'antichità al metodo grafico gli antichi abbiano recitato le loro orazioni a mod'>di attori. Essi come dice il Fcnelon di Cicerone, si limitwano a 01dinaro tutto lo parti del discorso, a r,remodi ta r.i lo figure o le principali CSjJrcssioni da adopcrartl. Opinione tanto piì1 notcrnlo questa del Fénelon in quanto che il suo secolo, tutto il secolo XVl[ era lontano dal condividerla. Un piccolo tratt ..to di rettorica del 1G75 non fa distinzione tra l'arte di p1rlare e quella. di seri vere. Infatti i discorsi del XVII seco!o paiono costruzioni massicce e posanti o, in ogni caso, laboriosa monte edificate. Nel settecento lo 01·.izioni continuano ad essere lette, e si viderJ avvocati celebri chiedere il r;nvio a otto gior.1i per prcparar..i una replica! Intanto si accenna un cambiamento: col Gerbier la preparazione grafica resta la base del procedimento or ..torio, ma si comincia a intendere nettamente che le qualità che fanno lo scrittore non hanno niente da vedere con quPlle dell'oratore: che c'è ben altro che una diversità di stile, perchè lo stile oratorio forse non esiste. La Rivoluziono precipitò lo rovine dei vecchi metodi dell'arte di parlare. L'eloquenza politica di questa epoca tormentata non permetteva le lento preparazioni <lolla penna e gli avvocati furono costt·etti ad improv visaro. Sarebbe tutta via falso erodere che il· mutamento sia avvenuto i:;tantaneo: nella seconda metà del secolo XVIII l'influenza cli Gerbier s'erc1 già fatta senti re e moltissimi, assai tempo a vanti il Danton, a vevano cominciato a parlare su semplici note. * * * li metodo razionale di preparazione di un discorso deve appoggiarai su <JIIC'Stoduo proposizioni: - La preparazione grafica sottometto il cervello dell'oratore a una serie di lavori- inutili; essa esigo un dispordimento di forze. - La preparazione puramente mentale è la 1,iù coi ta, la più logica, la più adeguata allo scopo. Si impara a imvrovvis.ire per mozzo di atti reiterati: non è difficile attendere ogni giorno a sviluppare per un p:>' anche il più banale de' luoghi comuni; e in ogni caso il provare per tre o quattro mesi non costa. Tutti gli oratori parlano con l'aiuto di un c.ipitale composto di parole e di formule e di locuzioni: tutto ciò più o meno laboriosamente acquistato e conservato in centri nervosi speciali; in conclusione, l'uomo che pensa vive su due ca pitali : il capitale delle parole udite, e il capitale ddle parole viste. Chi vuol diventare un oratore profc~siunalo deve attaccarsi al capitale delle p,rJle udite. La premeditazione dev'essor fatta con la più grande cura, perché fatta in modo vago e impreciso non varrà gran che. Bisogna che ogni idoa abbia i suoi contorni ben chiari, e che le 1arole del discorso a venire siano pronunciate nel cervello d'una maniera così pp1•ft:tta che davanti al pubolico stesso. Nella meditazione contentarsi del pt•esso a poco è cattivo metodo. La fissazione dello immagini che for.neranno il discorso sarà tanto miglioro ']uanto mag_;iore e tonaco s..irà stato lo sforw di fbs ... rle. E bisogna pensare cho la forma ha un pt'dgio incalcolabile: chi non ha meditato la forma, rifchia di r.istare fra i mcd·ocri. Le noto sono di gr,tnde utilità por assicurare i passaggi da una idda all'altra, ciò ch'è stato semp1·e segnalato da i r.itori co·ne il grande scoglio cieli' oratoria. Sopratutto, bisC'gna a.vero dell'.1uJc1cia. La modestia è per l'or<1toro la virtu più funesta, mentre la presunzione ò il più prezioso do' suoi dii"etti. La parola in pubblico non può avero ohe un solo scopo lo6ico: far penetrare il pensiero dell'oratore nell'intelligenza dell'uditorio, e di volo; dunque bisogna sforzar:;i d'essere semplici, di non impiegare uessuna parola nessuna ospressiono che sia fuori del linguaggio cor-ronto. Tutta l'arte oratoria sta nella chiarezza. Disse il Thicrs: Io ho vissuto nelle assemblee e una c')sa mi ha sempre colpito: quando un oratore faceva ciò che si di~e una frase, l'uditor:o sorrideva e cessava di ascoltare. NòCCIOLO. "-~ ~ '-./'\....,/""'-/ '-".,/"'\../~'\../,~/"-""'-/V In questo ·momento in cui si parla tanto dell'Africa, il volume del Dr. Napoleone Colajanni - POLITICA AFRICANA - è di grandissima attualità. Gli abbonati che chiedano il volume alla direzione della " Rivista ,, lo avranno al prezzo di L, 1,50. Dr. Napoleone ColaJanni - CONSOLE CRISPI - Auto-Difesa (fu sequestrato durante il periodo elettorale). L. 1,25.
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