228 RIVIS'l' A DI l?oLITICA E SClENZE SOClALI Onde l'accenno della punta estrema della Camera italiana alla Corona ha fondamento e ragione. Senza riconoscere nel capo dello Stato una sfera distinta e appunto per ciò, dice il Gladstone, trascendentale di azione politica, ei resta sempre un fattore potente nelle determinazioni di Stato. Io so bene che tra lui ed ogni pubblica prova e necessità s' interpone la responsabilità ministeriale: che, in fondo, è sovente una finzione - come l'armatura, secondo la imagine gladstoniana, sta tra il corpo e l'arma, che vorrebbe ferirlo: senza di cui - dice l'eminente statista inglese - la testa uscirebbe dal riparo della tenda, esponendosi ad un colpo di sole! Ma la stessa infiuenza sociale del Gladstone è già di per sé sola una colossale funzione per chi non invidia g1i allori a' re Fainéants della decadenza delle case di Meroveo e di Carlomagno. Così funziona la libertà in un regime parlamentare moderno : e, se è vero che la Corona, in mezzo alle nazioni democratiche, è - come diceva il Romagnosi - un 'alta tutela ed un 'alta educazione, e non la sinecura del Sièyes, tocca a lei dr;zzarsi in faccia ad una oligarchia di ministri inetti o ribaldi: tocca a lei vigilare, perchè il sistema rappresentativo non si corrompa sempre di più e non perisca de1 tutto. * * * Il Patto di Roma voleva - non ostante l'art. 9 dello statuto - che si potesse convocare il Parlamento in casi gravi ed urgenti o per atti g1·avi del governo, anche in tempi di vacanze o di chiusura di sessione, sopra domanda di 50 deputati. E, di certo, la proposta segna per noi un progresso del pensiero e dello spirito politiro. Ma io non mi pento di aver cJmbattuto, nel Congresso del '90, contro l'amico Cavallotti il quale persiste nel vecchio errore, tutta quanta la prima parte del programma - ch'è la parte fondamentale di diritto pubblico. L' Italia si è costituita, in mezw alle grandi potenze europee, inaugurando la sua nuova vita sul fulcro della sovranità nazionale. Or la sovranità dell' Italia contemporanea si effigia ne' plebisciti - e il testo de' plebisciti nazionali non accenna punto allo statuto albe1·tino. Nè si può - scientificamente e storicamente - dimostrare Faccordo di que' decreti popolari con lo statuto; - mentre è ben facile provare che allora fu calpestato il diritto di una gran parte di quelli, i quali costituirono l'unità politica dello Stato ed elessero il re. Di qui non dovreLbe scantonare una democrazia plebiscitaria - e sia pure quella del Fortis ! Questi sono principii - se non spiace la parola - legalitari: superiori alle parri politiche, sono il di1·itto nazionale sovrano, la co.:;cienza della personalità giurldica e della civile dignità del J_:,opoloitaliano. Nè la deficienza dello statuto importa eterodossia politica: fu proclamata da Carlo Alberto nel '49 e da monarchici preclari, come Gioberti e Balbo. Non parlo di Crispi ! Il quale, anche nel famoso discorso di Palermo, accusava il nostro regime parlamentare di tutti i vizi inoculati dalla monarchia di luglio e lamentava che non da un lavacro di sangue fosse uscito lo statuto albertino, ribattezzato contro la tirannide ribelle. Noi diciamo, soltanto e di più, che non è plebiscitario. * * * Molti credono che sia cotesta tutta quanta una disputa oziosa di diritto astratto. Un deputato del mezzogiorno, colto ed acuto, ch'è stato anche ministro, mi diceva ier l'altro : - Ma tu fai della filosofia e della metafisica politica ! Ed ci - non ostante la coltura e l'acume - s' inganna. Questo punto tocca le radici della vita pubblica nostra. Il caso, illustrato oggi, è uno fra' molti di quella contraddizione sustanziale nella società politica dell'Italia moderna, da me notata e denunciata, il 26 maggio 1892, nel Parlamento nazionale. Altri ve ne sono, pur troppo - e non meno gravi - che compi•omettono le basi della vita italiana, la sua dignità, il suo benessere, la pace, l'avvenire della civiltà nostrJ. ! Onde il programma della democrazia radicale - come esigenza fondamentale di diritto pubblico - dovrebbe consistere appunto nella rivendicazione di quella parte di sovranità, che alla nazione fu confiscata. Da ciò - politicamente ed economicamente - il resto. Ma il problema bisogna guardarlo bene in faccia: è, o io m'inganno, il problema politico massimo della nuova Italia. R. MIRABELLI. ARTE E POPOLQ(l) I rapporti fra socialismo ed arte - checchè affermino in contt•ario certi ameni superuomini sociologicamente parlando più ignoranti di una talpa - sono de' più intimi: tanto intimi che nessun socialista - il quale senta il fascino della bellezza - può disinteressarsi dal partecipare al rinnovamento artistico che albeggia. Un ideale è tanto più alto e superbo in quanto sia profondo ed integrale: sopratutto integrale. Veder della vita un solo lato; indugiarsi - dinanzi al magnifico poliedro del pensiero umano - nell'osservarne uno solo; dello sconvolgimento che nelle anime e nelle istituzioni si compie seguire con l'occhio vigile qualche fase isolata non può esser compito dell'artista mode1·no, il quale nell'anima propria deve 1·accogliere il palpito di tutta la vita umana sintetizzandone in una rima, in un colpo di pennello o di scalpello, in una nota le impr~ssioni. Non paia str,rno, non paia stridente, al vostro orecchio - o Signore - questa nota di combatti vita che sì di frequente ricorre nelle mie parole. Essa non è credetelo! - la particolare espressione dello spirito, del temp('r.1mento mio individuale - b,:msì l'espressione dello spirito della vita artistica cosciente, vera, umana, rivoluzionaria. Non è più lecito, og 6 i, guardare all'arte, come ad una gelida accademia app ..rtata dalle asprezze e dai (l) Da una conferenza tenuta alla « Società di Belle Arti Ticinesi » in Lugano.
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