Rivista di politica e scienze sociali - anno I - n. 15 - 15 febbraio 1896

:RI'VIST.A DI POLITICEASCIENZSEOCIALI Direttore Dr NAPOLEONE COLAJANNI Deputato al Parlamento Il ALIA: anno lire 5; semestre lire 3 - ESTERO: anno lire 7; semestre lire 4. Anno I. - N. 15. Abbonamentopostale Roma 15Febbraio 1896 SOMMARIO : La Commedia non è finita. La Rivi ta - Il Parlamento e lo Statuto, R. ,llira/Jelli. - Art<' e popolo, Angiolo Cabrini. - Nell' llarrar, (L. Rohecchi Dl'icchetLiJ Nueeiolo. - Chi è Socialista 1 Gabriele D11ville. - li l\letodo genetico nella Socioloaia, Ales~andro Groppali. - Repetita juvant, Emilio Berti - Recensioni. - Libri ricevuti in dono. LACOMMEDINAON È FINITA La parte del popolo italiano che pensa e riflette - per quanta buona volontà metta a distrarsene - fatalmente si sente attratta, assorbita dall'Africa, divenuta un incubo penoso. Ma questa è pur troppo la parte minore del popolo, poiché il resto vegeta, e se soffro non ha la coscienza precisa delle proprie sofferenze o non sa ricercarne le cause. Quesia grande massa incosciente, intanto, colla sua forza d'inerzia schiaccia e paralizza quella che pensa e ne arr~sta ogni pos ibile azione. L'infima minoranza della nazione sollecita dei casi suoi, in attesa sempre di avvenimenti risolutivi della presente triste condizione, cerca di assegnare le re- ·ponsabilità remote e prossime. Per le remote, un articolo di Ferdinando 1\Iartini ha ribadito certe voci corse sin dal 1885 e che allora, al solito, furono gabellate per calunnie e invenzioni di nemici della monarchia. Il Martini, infatti, ci fa sapere, e garentisce l'esattezza della notizia, che Depretis non voleva saperne di politica coloniale e che assai a ma.lincuore si decise alla spedizione di Massaua. Se lui ch'era il presidente del Consiglio non voleva saperne, chi dunque poteva imporgliela? E non procediamo innanzi perché in questo quarto d'or<1. il Fisco è di pessimo umore e potrebbe sfogarlo colla nostra Rivista togliendo a pretesto ipotetiche offese ai morti, che appa1•tengono già alla storia. Per la responsabilità prossima, eccettuata la Riforma e qualche altro giornaluttucciaccio, che vale meno - se fosse possibile! - c' ò un singolare accordo nol riconoscere ch'essa è immensa e divisa in parti uguali tra il .Ministero o il generale Barattieri. Degli sciagurati che hanno tentato riversarne una parte, per quanto minima, sul valoroso 'l'oselli ò meglio tacere: la loro bassezza fL·l'clbbe pietà se non muovesse a nausea. Di una tal corrente della pubblica opinione non si dichiara soddisfatto un autorevole giornale di Roma che l'atti•ibuiscc al malvezzo dei latini; mettendo in canzonatura gli accusatori che dal governo atten dono la pioggia ed il bel tempo. La dimostrazione della giustezza delle accuse mosse contro Crispi e Barattieri è stata fatta più volte ed anche in queste colonne ; l'ha ripetuta ora il Paronelli in un vigorosis imo opuscolo - Amba-Alagi e Makallè - nel quale sono disposti e coordinati con logica inesorabile tutti gli elementi vecchi e nuovi per concludere, sonza possibilità di difesa, che i grandi colpevoli per Amba-Alagi, per M.ik.allè e per la impresa disastrosa nella quale oggi ci troviamo impegnati, sono esclusi vamento colo:·o che comandano in Italia e in Africa ; complici non necess1ri gli altri ministri. Del rJsto al diario rJmano, che malaccortamente ha tentato la difesa dei colpevoli, si può ricordare che osso stesso f ochi giorni innanzi chiudeYa un suo a1·t:colo constatando con infinita amarezza, che per tutto ciò che avviene nel 'figrè e nella Erilrca c'era stata una gigantesca imprepa1·azione materiale, morale e intellettuale. Su chi, se non sul governo e sul generale Barattieri, I o(rebbe ricadere la responsabilità di questa colossale impreparazione? Certo non sul popolo e sul Parlamento, che ben altre colpe hanno sulla coscienza e non queste ultime. (iorcrno e governatore sentono tanto di essere colpevoli, cho si studiano di na condcre la verità.; e dopo :woro cacciato Dizioni da.ll'Eritrea, espellono Ro~si, e quanti altri non si sono prostati a mentire. Espollono i corrispondenti dei giornali, non solo, ma organizzano a Ma saua il Gabinetto nero, dove si aprono, si leggono - e all'occo1·r.:mza si trattengono - le lettere dei poveri soldati che cimentano la vita per una causa iniqua, e ai quali è conteso anche il diritto di far sapere a.i loro cari trep:danti, che in conseguenza della bestiale impreparazione, appena appena possono attutire la fame ma,ngiando la carne dei muli morti per istrada I ·arriamo e non commentiamo. Ba1•attieri 1 pe1·ò, protesta e fa sapere che al suo ritorno in Italia molto cose metterà a posto e i miserabili agli stipendi di Cri pi di questa minaccia sono tanto sgomenti, che dopo averlo esaltato eroe, o almeno generale degno di far compagnia a Bona1,ar-tc e :Moltke, ora chiamano sinistri fanta mi, creati dai fumi del vino, gli fo0 hi del generalo non saputi reprimere contro la ingenerosa campagna iniziata nella Camera dei Deputati dal grottesco Carnot di Ribera o continuata dai suoi più spregevoli lanzichenecchi.

226 RIVISTA DI POLITICA E SCIENZE SOClALl Proprio così! Se il ministero continua nei suoi borbonici sistemi di governo - e anche li perfeziona - la stampa eh' è sua gli tiene cordone continuando a guadagnarsi il pane disonesto colla calunnia, colla menzogna, con certe strane distinzioni : sui nomi delle cose, che diversamente chiama secondo che si riferiscano agli italiani o agli scioani. Così osservò argutamente il simpatico Asino di Roma, che ha assestato calci vigorosi in questi giorni. I combattenti sono orde se scioani, sono truppe S'3 italiani; chi porta notizie a Menelik è una spia, diviene informatore se pagato da Barattieri. Con queste piccole falsità vogliamo far dimenticare che la parte odiosa laggiù in Africa spetta esclusivamente a noi, che senza alcuna ragione siamo andati ad assalire, senza che ci avesse menomamente offeso o provocato, chi era nostro sincero amico, prima della occupazione di Massaua. E noi, ingiusti e sleali assalitori, chiamiamo sleali gli scioani che arnalirono i Danakili dell'Aussa, che furono sempre loro nemici per ragione di razza e di religione e che sono nostri alleati nella lotta presente: un loro capo, Tacla, combattè a fianco nostro all'Amba-Alagi e poco mancò non lo proponessimo a' grandi onori, per un valore che non dispiegò. Le meditazioni dei pochi, per non dire dei solitari, non si arrestano qui; esse si estendono alla resa - di liberazione più non si parla - di Makallè : e' è chi ha osato dire che Galliano e i suoi ebbero salva la vita mcrcè oro sonante. Liberazione, dunque, a base di talleri di cui ci hanno dato diversi esempi gl' Inglesi. E sarebbero stati i primi denari be11-e spesi in Africa, esclama l'Italia del popolo, poichè avrebbero servito a salvar0 delle vite, che con la poesia epica dei nostri ufficiosi sar<lbbero andate pe-r:dutc. E vera la voce 1 Corse insistente ; ma H governo che vede quanto danno essa arreea alla leggenda· militare l'ha fatta dichiarare una turpe invenzione. È possibile che si tratti di una turpe invenz-ione; ma di chi la colpa se le turpe invenzioni, quando si riferiscono al governo di F. Crispi, trovano credito in Italia e fuori? Le voci calunniose d'altronde potrebbero farsi cessare subito: pubblicando integralmente i patti della resa di Makallè. Fuori i patti! grida Cavallotti il quale ha il torto di credere che la commedia sia finita. No ! amico caro ; appena appena può essere finito il primo atto ; ma la commedia continua. Continua tanto, quella che per modo di dire chiamiamo commedia - ma ch'è di::;pendiosa e sanguinosa tragedia - che si preparano nuove spedizioni di dieci, di ~quindici mila uomini, per l'Africa, all' Harrar, o al Tigrè : ancora non bene si sa per quale di queste destinazioni. Si teme in alto che con una nuova spedizione si sorpasserebbe ogni misura e per rimuovere ostacoli si disse pronto un bravo coliio di Stato. Questa non la diremo, secondo lo stile degli ufficiosi, una turpe invenzione; ma serenamente possiamo considerarla come una voce infondata. E ciò non perchè supponiamo nel Presidente del Consiglio scrupoli politici e morali : esso nel calpestare leggi e sentimenti morali è un vero D'Annunziano superuomo. Ma non prestiamo fede ad un colpo di Stato perchè sarebbe una violenza assolutamente non necessaria; e i bricconi non si debbono credere tanto destituiti d'intelligenza da commettere cattive azioni inutili. Il colpo di Stato, del resto, sarebbe il riconoscimento ufficiale di ciò che c'è di fatto. Vige forse la Costituzione, specialmente del gennaio 1894 in poi? L'on. Crispi di nulla teme e sa di non trovare resistenze. Ciò che poteva temere è avvenuto: ha protestato la estrema sinistra: han protestato i socialisti; han protestato i republicani; e il governo, solo per mostrare la propria onnipotenza, ha fatto sequestrare il Manifesto dei repubblicani, che rappresenta la quintessenza della temperanza e dello ossequio alle leggi. È stata inutile la protesta? Non è questo il nostro avviso: repubblicani e socialisti e ra'1icali hanno fatto il loro dovere. Però speriamo poco, ora come ora, che il popolo pronunzi quel basta! su cui conta il manifesto dei repubblicani. Qnando la misura sarà colma il popolo farà sentire fr suo impèrativo ·categorico; Adesso è il popolo che ha dovuto subire l'affronto di sentir::;i gridare basta ! dal giornale di Costanzo Chauvet; il quale non ne poteva più delle indecenti e pazze manifestazioni di gioia per la caduta di Makallè. È tutto dire l LA RIVISTA. -IL PARLAMENTO E LO STATUTO Il grido, sollevato il 31 gennaio dalla punta estrema della Camera italiana, riverbera le giuste esigenze di tutti coloro - e non sono, per fortuna, pochi - i quali, dopo le conquiste politiche del secolo, non vogliono servilmente adagiarsi in una dittatura larvata - che, sotto le sembianze del regime parlamentare, Ìnalcela il vecchio spirito retrivo, che sorge dal fondo della storia per soffocare i progressi della civiltà. Nelle ore solenni del paese, non bisogna tappar la bo~ca all'assemblea legislativa: innalzando - per rinascente sistema di vecchi tempi reazionari - a dignità di sapienza politica la cuffia del silenzio. Questo è un attentato proprio e vero al gran principio della sovranità nazionale - eh' è il fondamento del nostro nuovo diritto pubblico ed una tradizione gloriosa della storia contemporanea italiana. Gli amici, dunque, della democrazia radicale parlamentare si sono resi, con quel grido, benemeriti del paese e delle migliori franchigie pubbliche. Ma, se devo dire tutto quanto l'animo mio, schiettamente, non avrei voluto che la immediata convocazione della Camera si fosse chiesta come un diritto statutario: però che io non credo che conferisca bene al significato politico della democrazia radicale questo continuo appello - per la rivendicazione de' diritti più inconcussi, in un regime rappresentativo, della suprema autorità parlamentare - ad una

fUVISTA DI POLITICA E SCIENZE SOCIALI 227 carta, che, in mezzo alle nazioni democratiche moderne, meno li ha riconosciuti e rispettati. * * * Nella intercapedine tra l'apertura e la proroga o chiusura della sessione, ben può la Camera pretendere che sia ascoltata la voce sua - senza offendere la prerogativa regia, contemplata dallo statuto albertino : non invadendo, cioè, od usurpando la parte del potere legislativo, devoluto dallo statuto alla Corona. Ma questo caso, che ricorda il precedente tipico del 1870 - quando, per le nebbie che si addensavano su l'orizzonte politico del nostro paese molti deputati chiesero al Presidente Biancheri di essere riconvocati ed egli obbedì alla voce de' grandi inte ressi dello Stato - questo caso, in cui la sessione non è prorogata, ma è virtualmente aperta, ed il Parlamento non è già chiuso, ma ha soltanto sospeso le sedute sue, non per disposizione del potere esecutivo, anzi per volontà propria, non è, costituzionalmente, confondibile con l'altro, in cui il re proroga la sessione. L'articolo 9 dello statuto albertino - secondo cui il Re convoca in ogni anno le due Camere; può prorogarne le sessioni, e disciogliere quella dei deputati - effigia, tra le costituzioni di Europa, nel modo più illiberale e contrario a' diritti superiori ·della rappresentanza popolare, il vecchio jus regium coronae• Non vi è, nello statuto a1bertino, alcuna disposizione in forza della quale l'assemblea abbia diritto a chiedere di essere riconvocata, quando la sessione è chiusa: nè è segnato alcun limite alla prerogativa regale. Non così in altre costituzioni europee più pro - gredite. * * * In !svizzera - per la costituzione federale del 20 maggio 1874 - l'assemblea può essere convocata straordinariamente su la istanza di una parte dei membri del Consiglio Nazionale o di. 5 Cantoni: - Les deux Conseils s 'assemblent chaque année une fois, en session ordinaire, le jour fi,.;;è par le règlement_ lls sont extraordinairement convoquès par le Conseil fécléral, ou sur la clemande du qnart des membres du Conseil National ou sur celle de cinq Cantons (art. 86). In Francia - per la legge costituzionale su' rap_ porti de' poteri pubblici del 16 luglio 1875 - la Camera e il Senato po3sono essere anche straordinariamente convocati dalla maggioranza assoluta dei membri di ciascuna delle due assemblee legislative: - Le Président de la République p1·ononce la cl6ture de la session. Il a le droit cleconvoque;· extraorclinairement les Chambres. Il devra les convoquer si la dtimande en est faite, dans l' intervalle des sessions, par la majorité absolue cles membres composant cbaque Chambre. Le Président peut aJourner les Chamb1·es. Toutefois l'ajournement ne peut excéder le terme d'un mois, ni avoir lieu plus cle deux fois dans la méme session ( art. 2). • * * Lo statuto albertino trae orig-lne, in gran grnn parte, dalla costituzione belga del 7 ft:bbraio 1831: ebbene, questa costituzione segna un limite alla prerogativa regale ed agli abusi suoi: però che, se per l'art. 70 il re prononce la cl6tw·e de la session ed ha le droit de convoquer extraordinairement les Chambres, per l'art. 72 può anche ajourner les Chambres ; - ma, per lo stesso articolo 72, l'ajournement ne l)eut excéder le terme d'nn mois, ni étre renouvelé dans la meme session, sans l'assentiment des Chambres. In Germania - che non é uno Stato parlamentare, ma costituzionale - secondo la carta imperiale del 16 aprile 1871, il Reichstag non può, senza il consenso suo, essere prorogato per oltre 30 giorni, nè due volte durante il corso della stessa sessione ( art. 26). E simiglianti disposizioni hanno altre costituzioni: la danese del 5 giugno 1859-28 luglio 1866 - secondo cui il Re può prorogare la sessione ordinaria del Rigsdag a un'epoca determinata; ma non al di là di due mesi, senza il consenso del Rigsda~, nè più dl una volta l'anno nell'intervallo delle due sessioni ordinarie ( art. 21) - la co3tituzione greca del 16-28 novembra 1864, secondo cui il Re ha dritto di aggiornare o prorogare le sessione della Camera,· - ma l'aggiornamento o la proroga non possono prolun~ garsi oltre i 40 giorni, nè essere rinnovati nella stessa sessione, senza il consenso della Camera ( articolo 38): e <~osìvia. • * * Tra noi, invece, la potestà - contemplata nell'articolo 9 dello statuto - è un vero pericolo per la libertà: però che, in sostanza, niente vieta che si possa risolvere nell'arbitrio massimo di annullare la rappresentanza nazionale, emersa dalla sovranità elettorale. Il che è accaduto, tante volte, dal '62 in p6i, dopo Aspromonte l E, per questo appunto - quando si alza la v~ce per rivendicare un diritto eminente dell'assemblea parlamentare - è fuori di chiave l'appello ad una carta, che lo conculca: e stimo, invece, obbligo della de_mocrazia radicale lo sferzare questo e altri vizi costituzionali, inerenti all'organismo politico della nazione. Se la proroga della sessione o la chiusura del Parlamento non viola una disposizione statutaria, ogni richiamo allo statuto è vano: e il deputato Ambrosoli storce il testo per concludere che l'atto di proroga è incostituzionale. * * Ma - ecco il punctum saliens noi siamo uno Stato parlamentare, non uno Stato costituzionale; e molte conquiste politiche della civiltà moderna non sono scritte nello statuto: però che nello statuto - come dis3e un giorno alla Camera il Bonghi - non è scritta che poca parte del regime parlamentare, anzi non è supposto neanche il regime parlamentare istesso: le migliori conquiste politiche consacrano diritti, inspirati a' principii della sovranità parlamentare in uno Stato libero, e rispondono a que' canoni di pratica e di esperienza rappresentativa, non dagli statuti scatenti ; ma che intorno agli statuti sono nati e cresciuti da consuetudini, così nostre, come de' popoli retti con ordini ·costituzionali prima di noi.

228 RIVIS'l' A DI l?oLITICA E SClENZE SOClALI Onde l'accenno della punta estrema della Camera italiana alla Corona ha fondamento e ragione. Senza riconoscere nel capo dello Stato una sfera distinta e appunto per ciò, dice il Gladstone, trascendentale di azione politica, ei resta sempre un fattore potente nelle determinazioni di Stato. Io so bene che tra lui ed ogni pubblica prova e necessità s' interpone la responsabilità ministeriale: che, in fondo, è sovente una finzione - come l'armatura, secondo la imagine gladstoniana, sta tra il corpo e l'arma, che vorrebbe ferirlo: senza di cui - dice l'eminente statista inglese - la testa uscirebbe dal riparo della tenda, esponendosi ad un colpo di sole! Ma la stessa infiuenza sociale del Gladstone è già di per sé sola una colossale funzione per chi non invidia g1i allori a' re Fainéants della decadenza delle case di Meroveo e di Carlomagno. Così funziona la libertà in un regime parlamentare moderno : e, se è vero che la Corona, in mezzo alle nazioni democratiche, è - come diceva il Romagnosi - un 'alta tutela ed un 'alta educazione, e non la sinecura del Sièyes, tocca a lei dr;zzarsi in faccia ad una oligarchia di ministri inetti o ribaldi: tocca a lei vigilare, perchè il sistema rappresentativo non si corrompa sempre di più e non perisca de1 tutto. * * * Il Patto di Roma voleva - non ostante l'art. 9 dello statuto - che si potesse convocare il Parlamento in casi gravi ed urgenti o per atti g1·avi del governo, anche in tempi di vacanze o di chiusura di sessione, sopra domanda di 50 deputati. E, di certo, la proposta segna per noi un progresso del pensiero e dello spirito politiro. Ma io non mi pento di aver cJmbattuto, nel Congresso del '90, contro l'amico Cavallotti il quale persiste nel vecchio errore, tutta quanta la prima parte del programma - ch'è la parte fondamentale di diritto pubblico. L' Italia si è costituita, in mezw alle grandi potenze europee, inaugurando la sua nuova vita sul fulcro della sovranità nazionale. Or la sovranità dell' Italia contemporanea si effigia ne' plebisciti - e il testo de' plebisciti nazionali non accenna punto allo statuto albe1·tino. Nè si può - scientificamente e storicamente - dimostrare Faccordo di que' decreti popolari con lo statuto; - mentre è ben facile provare che allora fu calpestato il diritto di una gran parte di quelli, i quali costituirono l'unità politica dello Stato ed elessero il re. Di qui non dovreLbe scantonare una democrazia plebiscitaria - e sia pure quella del Fortis ! Questi sono principii - se non spiace la parola - legalitari: superiori alle parri politiche, sono il di1·itto nazionale sovrano, la co.:;cienza della personalità giurldica e della civile dignità del J_:,opoloitaliano. Nè la deficienza dello statuto importa eterodossia politica: fu proclamata da Carlo Alberto nel '49 e da monarchici preclari, come Gioberti e Balbo. Non parlo di Crispi ! Il quale, anche nel famoso discorso di Palermo, accusava il nostro regime parlamentare di tutti i vizi inoculati dalla monarchia di luglio e lamentava che non da un lavacro di sangue fosse uscito lo statuto albertino, ribattezzato contro la tirannide ribelle. Noi diciamo, soltanto e di più, che non è plebiscitario. * * * Molti credono che sia cotesta tutta quanta una disputa oziosa di diritto astratto. Un deputato del mezzogiorno, colto ed acuto, ch'è stato anche ministro, mi diceva ier l'altro : - Ma tu fai della filosofia e della metafisica politica ! Ed ci - non ostante la coltura e l'acume - s' inganna. Questo punto tocca le radici della vita pubblica nostra. Il caso, illustrato oggi, è uno fra' molti di quella contraddizione sustanziale nella società politica dell'Italia moderna, da me notata e denunciata, il 26 maggio 1892, nel Parlamento nazionale. Altri ve ne sono, pur troppo - e non meno gravi - che compi•omettono le basi della vita italiana, la sua dignità, il suo benessere, la pace, l'avvenire della civiltà nostrJ. ! Onde il programma della democrazia radicale - come esigenza fondamentale di diritto pubblico - dovrebbe consistere appunto nella rivendicazione di quella parte di sovranità, che alla nazione fu confiscata. Da ciò - politicamente ed economicamente - il resto. Ma il problema bisogna guardarlo bene in faccia: è, o io m'inganno, il problema politico massimo della nuova Italia. R. MIRABELLI. ARTE E POPOLQ(l) I rapporti fra socialismo ed arte - checchè affermino in contt•ario certi ameni superuomini sociologicamente parlando più ignoranti di una talpa - sono de' più intimi: tanto intimi che nessun socialista - il quale senta il fascino della bellezza - può disinteressarsi dal partecipare al rinnovamento artistico che albeggia. Un ideale è tanto più alto e superbo in quanto sia profondo ed integrale: sopratutto integrale. Veder della vita un solo lato; indugiarsi - dinanzi al magnifico poliedro del pensiero umano - nell'osservarne uno solo; dello sconvolgimento che nelle anime e nelle istituzioni si compie seguire con l'occhio vigile qualche fase isolata non può esser compito dell'artista mode1·no, il quale nell'anima propria deve 1·accogliere il palpito di tutta la vita umana sintetizzandone in una rima, in un colpo di pennello o di scalpello, in una nota le impr~ssioni. Non paia str,rno, non paia stridente, al vostro orecchio - o Signore - questa nota di combatti vita che sì di frequente ricorre nelle mie parole. Essa non è credetelo! - la particolare espressione dello spirito, del temp('r.1mento mio individuale - b,:msì l'espressione dello spirito della vita artistica cosciente, vera, umana, rivoluzionaria. Non è più lecito, og 6 i, guardare all'arte, come ad una gelida accademia app ..rtata dalle asprezze e dai (l) Da una conferenza tenuta alla « Società di Belle Arti Ticinesi » in Lugano.

RIVISTA DI POLITICA E SCIENZE SOCIALI 229 dolori della vita. Ella ha la chioma nell'azzurro del Sia esso la satira che demolisce o lo spirito nuovo cielo ma, a somiglianza dell'atleta leggendario, deve che crea, fa rivivere nelle moltitudini gli scrittori del tenere i piedi sulla terra d'onde attinge le migliori secolo nostro e resuscita - arditamente spol veranener 0ie. Ella é parte sostanziale della esistenza no- dole - anche taluna fra le migliori opere antiche. stra. I nostri palpiti, i no stri sorrisi, le no sire la- Vi chiedo il permesso di regalarvi un aneddoto fiorito grime - le aspirazioni, le gioie e gli schianti del nelle aiuole delle Esposizioni riunite di Milano, 1894. popolo - devono essere le sue lagrime, i suoi so- Narrarono i giornali, in quei dì, che un assai barspiri, i palpiti suoi. Col popolo e per il popolo - im- buto patrizio milanese - grande amatore di cavalli menso b:icino di eterne aspirazioni - ove lo scan- e di coreografia - uscisse dalle ultime sale della daglio, siccome avviene in certi mari, non arriva mai sezione scoltura, esclamando: « Che freddo I Che al fondo - ella deve vivere e combattere: poichè malinconia questa mostra! Ah, questa rattristaate secondo l'efficace espressione di Felice Cavallotti: arte sociale! » l'arte sarà una battaglia finché sia una battaglia la vit.1! Tali esclamazioni riassumono esattamente il senso E guai se battaglia non fosse ! Ove l'arte dovesse di irritazione e di vaga minaccia che domina la psi- « vivere a sé » si risolverebbe in un vano artificio, ~che dei soddisfatti quando l'arte sostituisce ai quarinunziando alla geniale missione di precorrere la '"'.dretti di genere ed alla sapiente pornog1·afia la rapscienza: precorrimento che avviene perché, avverte · presentazione delle realità che gridano Giustizia: ma il Malon, nelle elaborazioni umane prevale la stessa il grosso del pubblico - mentre passava indifferente legge che, ndla seria logica, pone il sentimento pri- dinanzi agli « articoli dell'arte commerciale» - si ma del ragionamento. « Qualsiasi idea innovatrice ar1·estava, colpito nel vivo, ad osservare i gruppi non arriva a conquistare le intenzioni e le volontà se marmorei o le tele efficaci cantanti le strofe del non scinde i cuori, se non coll'isce le immaginazioni poema umano. con un sentimentalismo arJente, co:1 un'arte che af- Il pellagroso e il disoccupato; il Cristo-uomo e fascina e col miraggio di splendide prospetti ve » l'ultimo Spartaco ; la cucitrice affranta o la gioviCertamente pochi periodi storici hanno assistito ad netta che cerca alle città il pane negatole dal viluna così laboriosa crisi artistica quanto questa fine laggio. natio pareva gettassero tutti nell'a,ria, anche di secolo dai cui fianchi stanno per uscire un nuovo quando la linea o la tinta non era perfetta, il secolo ed una nuova civiltà! e ciò perché pochi se- motto illustrato nel bronzo del Ferrari: Proximus coli hanno assistito alle angoscie di più laboriosa tuus. crisi sociale. Se non che l'artista il quale voglia servire ad una Oggi che tutto si polverizza; oggi che - nel crollo idea osteggiata. dai pochi privilegiati che han sostidegli antichi ideali sfasciantisi sotto l'urto del tempo. tuito questo odioso e idiota meccanismo borghese al e nella luce tenue di un iJeale che soltanto a pochi meccanismo delle co~ti - si trova assai di frequente riùe dall'alto dei cicli - i vecchi partiti si fraziona.no, nelle condizioni dell'apostolo Stockmann - il nemico si suddividono, si riducono ai minimi termini quando un del popolo di Ibsur. solo interes:3e non gli riunisca nell'impeto della difesa Questi modernissimi mecenati, come hanno i depudissennata; oggi che trionfano le idee medie così c:1e tati che loro tutelano gli interessi alla Camera., così le religioni smarriscono i loro tr<1.tticar<Ltteristici di impongono agli artisti protetti una specie di mandato intransigenza e si industriano di coniugare il dogma imper..ttivo. e la scienza: og 6 i che tutti sentiamo nell'intimo del- Quale peso odioso, questo giogo ! Udite un artista l'anima nostra un senso indefinito di sgomento, di rivoluzionario, il Wagner. incertezza, di inquietudine onde ne sembra di essere « I Greci avevano un dio, che impersonava, per altrettanti spostati che errino traverso la vallea. delLt essi, l'attività della natura. Era Mercurio, di cui i vita per respirar migliore aria, per contemplare meno Romani fecer◊ il dio dei mercanti, del comme1•cio.E, angusti orit.zonti; oggi che tutto scricchiola e minac- poichè questi orgogli9si conquistatori non facevano eia ruina - come mai potrebbe l'arte non risentirJ gran distinzione fra il commercio ed il furto, Mercu4 dell'an 6 oscia comune e del comune disagio? rio fu per essi un dio tenuto ìn dispregio. Ma il dio Eroicamente disperatamente ella si dibatte fr.i le alipede se n'è vendicato! Oggi esso tiene l'impero, s1rette del passato per affl'ancarsi dalli:1.miseria pre- al posto degli orgogliosi Romani. Vestitelo d'un dopsente e spicca via il volo verso l'avvel).ird. D'onde pio petto abbottonato, ornate 16 sue guance d'un paio le ~variate tendenze letter.trie .e artistic~ic del veri- di bazette, e l'occhiello del suo abito della rosetta smo, dell'idealismo, del simbolismo, del preraffaelli- della legion d'onore; fate fiorire sulle sue labbra un smo, del tolstoismo, del wagncrismo, del superomini- sorriso, bonariamente gesuitico, e voi l'avrete, il dio smo e di tutti gli altri ismi che fanno sbarra.re tanto molto nobile e santo del 5 °/ 0 ; voi anete il maestro d'occhi al buon filisteo. Il quale si domanda atterrito: e donno ispiratore dell'ar·te moderna. - Dove andiamo a finire? Al manicomio? « Volete farne personalmente conoscenza? Entrate - Alla verità - gli ri~ponde chi ha fede nella ri- in casa di qual borsista.. Anzitutto fatemi il piacere voluzione... di notare che oggi non è domenica. Egli ha riunito Un'onda di sangue sano, vigoro::;o, r sso irrompe nel suo salon i virtuosi alla moda, perché lì, nel suo nelle vene dell'arte moderna: il sentbuento popolare salon, egli ha il vanto di pagarli più caro di quel che - il sentimento democratico ed umanitario - l'ani- gli costino a teatro. ma del socialismo. << Eccovi Mercurio e l'arte sua contemporanea,

230 RIVISTA DI POLITICA E SCIENZE SOCIALI «Sicuro: eccovi l'arte che oggidì riempie il mondo civilizzato! La sua essenza vera è l' indus1ria; unico suo scopo estetico distrarre della gente annoiata ; unico suo scopo morale: guadagnar del danaro. Dal cuore della nostra società borghe.so - che è la speculazione all' ingrosso - essa trae la sua forza vitale: poi si adorna delle seduzioni gelide ch'esso toglie a prestito ai resti morti del ca vallerasco medioevo; e cosi armata si espande e scende fino agli ultimi strati sociali, snervando, demoralizzar.do, snaturando tutto ciò che tocca col suo veleno. « La società cristiana ha pensato che la vita non aveva altr.1 meta che la conquista del cielo: e la società borghese che il migliore impiego della vita sia quello di arricchirsi. Perché una società sia veramente artista bisogna ch'essa ponga a 8copo della vita la vita stessa ». Ma per0hè l'artista possa armarsi di tutta la forza di sagrificio occorrente a renderlo tetragono alle lusinghe della venalità o:::corre ch'egli acquisti la piena coseienza del vantaggio mor<.1lee maté·riale derì vante - se non a lui, all'arte sua - dal democratizzarsi dell'arte. Generalmente, invece, l'artista si lascia ingannar0 da chi va ripetendo l'ornai sfabta legJenda del tr<.1monto dell'arte ove prònda il sopravvento, e si concr()ti nelle forme politiche ed c.cono::niche, la democrazia. Questa prevenzione ingombra tuttor.1 lo spirito di parecchi: ed io so che v'è tra voi p· rs0na cui punge il dubbio che nel sospirato domani - quando la lotta per l'esistenza siasi attenuata o sp:.rnta - manchi all'artista lo stimolo che l'inciti a salire l'asp·'l'rima via lungo la quale tante vite s'infrangono e che in fondo s'apre negli orti immortali della gloria. Vano timore! La lotta per l'esistenza non sco:npar·rà dal mondo; bensì seguirà essa pure il corso della evoluzione che va irasformando ogni manifcstaziL ne della vita sociale e conseguentemente ngni istituto ove tali manifestazioni si riflettono. Voi siete troppo intelligenti perch' io mi indugi, sia nel ricordarvi le svariatissime fasi traverso le quali la lotta per l'esistenza passò, come nell'accennarvi alla nuova orientazione delle for.ne s-:;ciali che port:lno la lotta in un campo semi ré più elevato ove l'istinto egoisf co che brulica nel fondo dell'anima umana non viene soppresso ma inalveato per modo che la sua esplicazione - tosto che l' intcr0sse individuale non sia più in antitesi con l'interesse della collettività, ma con questo si addentelli e si fonda - riesca benefica e geniale laddove oggi riesce trista e rovinosa. E perchè mai il benessere diffuso e la vita assicurata dovrebbero distendere come un velo di brina sulla fioritura dell'arte? Perché? La bohéme, credetelo, non è che una accademia: nacque e morì col romanticismo. Anche l'artista é uomo: così che lo sue funzioni intellettive e psichiche non astraggono affatto dalle leggi fisiche ma le osservano rigorosamente. Per modo che non mai come quando l'artista è affranto dall'angoscia del bisogno materiale lo spirito suo batte l'ali vigorose nrgli spazi dell'ideale e - obbliando i risentimenti e le passioni dell' indi viduo - si affaccia alla vita colletti va, cantandone, dipingendone, scolpendone i gr.:tndi {ll'Jfili. È l' illustr..tzione del vecchio motto latino : Mens sana in corpore sano. Ma pensate ancora a questo: a quanta mes,e d'ingegno sarà reso p0ssibile di biondeggiare ne' campi del domani, quando l' istruzione non sia più un monopolio e la trascelta delle professioni una feroce il'onia ! Non ricordo in quale autore l'abbia letto, ma mi si è scolpita nella mente una frase che racchiude la condanna di questa società che all'aristocrazia dell'oro null'altro ha saputo sostituire che l'aristocrazia del danaro. « Chissà quanti uomini aventi il genio di Dante o di Macchia velli passano ogni giorno sulla faccia della ten·J. sotto l'abito del bifolco o del lustrascarpe ! » Ah, lo stimolo! Ma quale maggior stimolo, quale maggior seduzione per l'artista dell'acquistar fama al pt·oprio no:ne e del primeggiare in una società ove i concorrenti siano moltitudine anzi che un esiguo mani~olo? Il bacio della vittoria è tanto più dolce in quanto amara fu la lotta per conquistare la bellissima donna. Sin d'ora - intanto - riesce facile avvertire come vada allargandosi la corrente tutt'affatto democr.ttica che tondo ad affrancare l'artista dal ca1 r:ccio o dall'imperio dei pochi baronetti dell'arto, facendo p:ll'tec;p..1.re la collettività alla retribuzione delle optrJ dell'ingegno. 11 moltiplicarsi delle espos1z1oni; la riproduzione ddle opere migliori per mezzo della stampa illustrata; la creazione di istituti intesi a sostenere i giovani che s'_affacciano alle i,rime battaglie del pensiero e la partecipazione dei pubblici poteri alle iniiiative che mirano a diffondere il godimento intellettivo e psichico -- eleva notevolmente la posizione moralè dell'artista. Tra questo ed il pubolico si stabiliscono quelle correnti <li simpatia e di intimità che fa_nno vibrare l'anima dell'uno all'unissono con l'anima della collettività. Che la collettività mòva nuovi passi sulla via che il fato stor:co le va spianando dinanzi; ch'essa riesca ad armonizzare l'interesse dell'individuo con l'interesse proprio ed allora l'artista sarà ciò che ~ destinato a divenire: il lavoratore geniale che ricrea, ingentilisce e nobilita questa faticante umanità. Meta altissima a'.Jsegna all'arte il « l rincipe degli scrittori>> - Giovanni Segantini. L'autore dell'Angelo della vita del Ritorno all'ovile e di tanti altri poderosi lavori dalle linee dantesche scrive: - 11nuovo mondo 6 ancora in gestazione: per un effetto di ottica noi, trovandoci portati dal ~oto di evoluzione, non ci avvediamo di esso moto e della sua rapidità, e ci illudiamo di essere ar,·ivati ad una meta, por aver rattoppato e rivoltato le vecchie idee, le vecchie teorie, senza slanci, senza fede verso una meta di là da venire. . « Ncll'a vvenire, sorpassato il periodo di trasformismo trafficante e materialista, che ora attr.1versiamo, si svilupperà, dalle nuove forme sociali, una formn. vitale dell'arte.

r RIVISTA DI POLITICA E SCIENZE SOCIALI 231 « Letteratura, musica, pittura, non più servo o prostitute, ma signore potenti e gentili formeranno la trinità dello spirito: per esse sarà religione e musa l'evoluzione cosmica, guida la scienza, fonte d' ispir.tzione il sentimento alto e sereno della natura. « I vecchi ideali parte sono caduti e parte stanno per cadere ; altre idee sono sorte ed altre stanno per sorgere, perciò quello sguardo retrospettivo, quella contemplazione di idealità tramontate, di cui si voleva fare il substrato di nuove idealità, non hanno più ragione di P,SSere.Il pensiero dell'artista non deve più volgersi al pas,gato, ma spingersi verso l'avvenire, preconizzandolo. L'arte deve rimpiazzare il vuoto lasciato in noi dalle religioni; l'arte dell'avvenire dovrà apparire come scienza dello spirito, essendo l'opera d'arte la rivelazione di esso -. Si ! L'arte deve occupare il vuoto lasciato in noi dalle religioni. Nel fondo dell'anima umana abbiam tutti una ondeggiante sentimentalità cui la scienza non app1ga. Abbiam tutti un po' sete di mistico: epperò all'esula1•e della illus:one religiosa deve succedere immediatamente la fior.iturd. d'una fede attinta al giusto ed al bello, due termini astratti chi" soltanto l'avvento del socialismo concrtterà col trionfo della sua altissima morale. Dopo l'intervento dell'elemento democratico nel cenacolo letterari o ed artistico, le forme della produzione intellettiva tendono a popolarizzarsi sempre più. Victor Hugo, che beffeggiava i Giosué del suo tempo intimanti invano alla letteratura di arrestarsi e proclamava che ove il sole e l'arte si arrestassero l'una e l'altro perirebbero, Victor Hugo fece di tutto per riuscire art.ista della democrazia. Zola lo ha anche superato, sino a farsi adulatore d.:1 gusto del momento e sacrificargli ogni ulteriore ricerc.t di ingegno. Il teatro tragico é morto. La scienza dal gergo incomprensibile - rammentante il dottor Piramida di Salvator Resa - incomincia a perdere prestigio dopo che i maggiori scienziati sono scesi a pal'lare col profano e a farsi intendt!re perfettamente da lui. Ma per~hé l'arte democratica viva e trionfi della super-umanità, occorre che essa cessi dall'adulare le aberrazioni momentanee della folla e ne comprenda e significhi le aspirazioni mediate anzi che le immediate. Il Taine - che pure ammirava l'arte popolare antica - rc:1.bbrividivacome una mimosa all'avvicinar.:;i dell'arte nuova. E non del tutto a torto. Per non adulare la folla ci vuole più forza ed ingegno che per non adula.1·e i principi: e l'arLe sociale, l'arte rivoluzionaria ha ancor tante verità da dirò! ANGIOLO CABRINI. Angiolo Cabrini non é forse conosciuto dai lettori della Rivista specialmente nel mezzogiorno. Egli, tipo dolcissimo di evangelizzatore, fu una delle vittime di Crispi. Designato pel domicilio coatto come anarchico - e non lo era affatto - ebbe tempo di scappare in !svizzera. Là dopo un anno di esilio le sue qualità morali e intellettuali furono riconosciutci e il governo del Cantone Ticino memore che nei tempi del dominio austriaco aveva affidato l' insegnamento ad altri italiani che vi cercarono asilo lo nominò professore di letteratura italiana nel Ginnasio cantonale di Mendrisio. La scelta non poteva essere più felice e torna a grandissimo onore del governo ticinese ed a disdoro di Fr.:1ncesco Crispi che pazzamente si dette a perseguitare un'anima candida ed una mente eletta qual' è Angiolo Cabrini. Chi è Socialista? Recentemente, alcuni avversari del socialismo si proposero tal quistione, e mi pare sarebbe di vera utilità pratica che alla loro volta se la proponessero anche i socialisti. Si parla molto di concordia socialista, e c'è ragione di parlarne; si à avuto ragione di proseguirla, e si avrà sopratutto ragione mante_ nendola. Ancora però resta a sapere · con chi l'accordo. dev'essere conchiuso. Tutti possono dirsi socialisti, e non si tratta davvero di ottenere un brevetto d'investitura per portare questo titolo: Ma chi sono coloro che i socialisti debbono e possono ritener tali? Chi so110 coloro co' quali, e a profitto de' quali s'impone l'unione delle diverse frazioni del partito? Fin oggi ci s' é limitati a risolvere ogni caso particolare; esaminiamo ora se sia possibile stabilire una regola comune applicabile in tutte le evenienze scartando nello stesso tempo le considerazioni strettamente per.sanali e ogni sospetto di partigianeria. La pietra di paragone non può essere un principio novello o vovellamente rimesso in circolazione, qualunque esso sia e comunque giustificato. Foss'anche quello al quale personalmente io terrei di più, io riconoscerei allo stesso modo che intorno ad un nuovo principio direttore non già si deve intendere a ottenere l'unione delle or 6 anizzazioni esistenti, ma bensì accanto ad esse la creazione d'una nuova organizzazione. Secondo me si perverrà a unire le organizzazioni attuali, a dare unicità alla loro campagna generale, soltanto sulla base dei punti essenziali onde di fatto la concordia s'è di per sè effettuata. In materia di tattica quale è l'organizzazione socialista che non ammette per adesso la conquista dei poteri pubblici con il suffragio universale? Tutte, senza eccezione, ricorrono a una tal tattica. Senza dubbio, tutti i socialisti non la riguardano come la sola tattica da impiegare; alcuni vorrebbero fin d'ora aggiungervi lo sciopero generale, gli altri - più numerosi - sono convinti che arriverà il giorno in cui l'infrazione della legalità, l'azione rivoluzionaria, sarà necessaria. Io qui non discuto : constato. Ma queste divergenze f~nno precisamente rilevare che per lo meno c'è accordo sopra un punto, sul bi· sogno cioè, di far entrare, per mezzo del suffragio uni vers.1le, il maggior numero di socialisti nei corpi elettivi, ossia sul bisogno di conquistare, oggi, i poteri pubblici. In materia di programma immediato quale organizzazione socialista non reclama - correlativamente, beninteso, all' inffoenza de' socialìsti nelle assemblee deliberanti - l'intervento sempre più grande dello Stato nei rapporti tra c:1pitale e lavoro a profitto del lavoro?

232 RIVISTA DI POLITICA E SCIENZE SOCIALI E quanto alle tendenze, quale organizzazione socialista non persegue oggi la socializzazione graduale - a seconda del modo di sfruttamento, o di pro1•rietà - dei diversi mezzi di produzione e di scambio? Che alcuni siano più o meno frett0losi di riescire aHa socializzazione completa di quei mezzi di produzione, può essere ; ma chi è il socialista che professi su ciò la teoria del tutto o niente ? Quanto agli uo-. mini politici di ogni dimensione che protestano contro questa tendenza, se possono dir,si socialisti, non certo a' socialisti si somigliano, ma più tosto a coloro che si dicono Spagnuoli e non sono per niente Spagnuoli. Dunque, riguardo alle qui:Stioni essenziali, questioni di tattica., di sc0po immediato, di tendenze, noi vediamo de' punti intorno a' quali c'è l'unanimità di vedute in tutte le frazioni socialiste. Perché non servirci delle soluzioni sulle quali l'accordo c'è per costituire una base definitiva di intesa? Nessuno ha da abb;rndonare qualcosa delle sue particolari vedute. Non si tratta di mo:lificare, anche di rochis$imo, le idee; di limitare in checchcsia la propaganda di r1uesti o di quelli; non si tratta per nessuno di sottoscrivere a qua.lco:Sadi cui non si sia partigiani, ma invece di voler bene riconosccrJ che ci sono idee comuni a tutti i socialisti, e quali sono queste idee. Una volta ciò riconosciuto, si possiede un mezw che non ha niente di artificiale, per deterillinare chi, da i socialisti, dev'essere tr..1.ttato e r:conosciuto come socialista. Co,sì sarebbero socialisti, agli occhi de' socialisti, solamente coloro - ma tutti coloro - che si pronunziassero per la conquista attuale de' poteri pubblici da parte del socialismo col mezzo del suffragio univer 0ale: per l'intervento sempre maggiore - c0rrelativamente a questa conquista - dello Stato nei rapporti fra capitale e lavoro, a prJfitto del lavoro: per la socializzazione graduale - a seconda della loro forma di sfruttamento o di proprietà - dei mezzi di produzione e di scamb o. Che ci sia un'elezione, e ognuno cerchi di far trionfare il suo modo di vedere speciale al di fuori di questi tre punti essenziali; ma chi ottiene più voti dovrebbe essere sorretto da tutti coloro che su quei punti rnno concordi, senza preoccupazione della pc~- sona del candidato favorito; nè delle idee ·sue al di fuori di quelle basilari che formerebbero come una carta del partito socialista, al quale prima di tutto bisogna assicurare il succes::;o. Nel suo in3icmc, il pa,rtito non sar0bbe impegnato che su que' punti anzidetti, e la 1csponsabilità ddle tesi complementari apparterrtbbe solo alla frazione socialista o all' indi viduo che le avesse preconizzate. Perciò - niente da cambiare al programma attuale di .ognuno, niente da. aggiungervi. - Ognuno resta libero del suo mo:io di vedere, e tre iùee soltanto sono messe fuori contestazione, e sono le tre idee che di già sono fuori contestazione. Noi non siamo di quelli che pa1lano sempre di libertà e che quasi semi re - per dirla col Marx - non si trovano in sua compagnia altro che nel gio1·no ch'essa vien seppellita: noi amiamo meglio mostr.1re che siamo veramente partigiani della libertà. Così, nell'unione che noi concepiamo - io non dico quale noi la desideriamo, perchè si può sempre desiderare di più senza che ci si lasci scappare quello ch'è p0ssibìle di avere - nessuno subirebbe un constringimento, nessuno .farebbe una conce~s·oné: il dovere sarebbe precisato e la situazione chiara per tutti. GABRIELE DEVILLE. ✓'-../~~/ '-../ '-/'--""-/"-.../'-./'-./'--../' / '-../"-../ ' NELL' BARRAR {l) . Circa 1860 metri sul li vello del mare, a ca vali ero di un colle che si p:-otende dalla catena degli IttuGalla, la città di Harr.1r, tutt'intorno cii condata da una muraglia di quattro o cinque metri, signoreggia una vasta r0gione nella quale si accoppiano fecondità di c:unpi, rie chezza di vegetazione, ubertosità di pa.- sco'.i e di aque; regione che, favorita da un clima ove eterna ride la primavera, abbonda di prodotti propri alle zone totrida e temperata. Nessun'altra città dcll'Afr:ca orient.ile può vantare tanta ricchezza di ubertosi giardini e tanta fertilità di terr,mi. Harr~r è una gigantesca crocevia cui fanno capo da ogni banda le arte1·ie di quel quadrante orientale ddl'Africa, che Yi sroga tutte le sue attività proluttrici. Nessun merc1to dell'odcnte può p..1.ragonar::ii a questo p2r la sua varietà turbinosa e pe1· una s.iiccat::t e car3,tteristica impronb che lo rende tipico e, si dir~bbe, veramente unico nel suo genere. I<: in fa1ti un immenso caleidoscopio nel quale si aggirnno tipi e prodotti di ogni p1ese. Perchè Harrar è posh nel centro di un vasto circolo al quale, co::nesettori, convergono in un fecondo flusso e riflus:So di scamLi tutte_ le energie produttrici e di consumo delle ampie e limitr.:>fc regioni de' Galla, de' Dank.ali, d,/ So:nali e degli Abissini, i quali àn cr,mto una duplice corr0nte di importazione e di esportazione collo Scioa. Tecnic:1mente, il dinamismo commerciale della r0giono hai r<lrina si divide in due grandi bra,nche. Il movimento inkrno : somali, galla, abissino o meglio scio1no, frammisto a pochi scambi o permute che si fanno sulh strJda per lo Scioa colle popolazioni Dankali; e il movimento vers0 il mare: euro,Jco, asiatico, americano o delle indie. Cosi che molti ra11porti e scambi corrono tra il commercio cosmopolita e Harrar che riversa per le costiere sui merc'.lti internazionali gran parte dc' suoi pro fo~ti: caffè, pelli, gomme, avorio, oro, zibetto .... La c·)r:ente di espansione commercialo europea si insinuò in Etiopia per quattro sbocchi, tutt'ora aperti o chiusi a seconda del capriccio dcli' Impératore. L'Italia non ne possiede che due: Massaua e Assab. La prima via, comoda per il Ti.;rè, non giova perchè questa re,;ione è socca o brulla; la seconda è senza avveniro perehè troppo lunga. Delle altre duo vie, 011trambe remunerat1-..ici, quella di Tagiun aJJpartiene alla Francia, e l'altra di Zeila, ch'è la più br0ve che colleghi Ilarrar al mare, è do11'Inghilterra e dove ora difondel'si dalla. concorrenza che le muove {I) L. Robecchi Bricchetti - Nell'flarrw· - Milano 1896. Casa 8ditricE>Galli. L. 7,50.

RIVISTA DI POLITICA E SCIENZE SOCIALI 233 a vicina s!rada di Gibuti di r0cente aperta e sfruttata pure dai Francesi. Por~hè le aspirazioni della Francia all'avviamento del suo traffico laggiù si sono concretate siffatta.monte che il com::nercio vi prende ogni giorno mnggior consistenza e si espande così da impensierire e. ingelosire il governo inglese. Infatti l'importanza commerciale di Zeila ebbe una forte scossa, e va di giorno in giorno scJmando di attività e di efficacia, in seguito alla presenza dei Francesi che, doro avere occupato Obock e Tagi ura presero possesso di Gibuti ove stabilirono una vera e propria stazione di arrivo e partenza delle carovane harrarine, • facendo una formidabile concorrenza a Zeila, perchè Gibuti ha il vantagg· o di essere porto libero, più vicino al mercato mondiale di Aden, rico!legato all' Europa da un cavo telegrafie). Queste ultime vie, per la 101 o uLicazione, hanno vantaggi così naturali che nessuna combinazione polit:ca riescirà a sopprimere. Per quanto le strade dell'Harrar che menano a Zeila, a Bct·bera cd a Gibuti, sieno frequentatissime e relativamente sicure, tuttavia la ·mancinza di comunicazioni rapide ed a buon merc1to costituisc,3 un serio ostacolo per.!hè il traffico inter,1azionale sia bene rimunorator0. ... * * Il pacs3 di Harrar fece parte dell' imp~ro aLissino quando questo, fra il XV s~colo e il XVI era al sommo della sua potenza. NelLLdecadenza dell' Abissinia, l'Har:ar cominciò a sbccarsene e ad acqui- ~tarc man mano autono::nia. La conquistò nel secolo XVI il feroce Achmcd Mohamed Gragne. Questo Attila musulmano devastò intero regioni e, semprd in armi e minaccinso, diede molto ùa fare all'~bissinia della quale parve volesse annienta.re l'impero. L'olicrna città - ch'è quasi una gros:,a borgata, - rossastrn p<r la tinta dcll0 case disposto almee orizzontali basse e monotone, solo interrotte da tre bianchi minareti, ora in quel tempo un ammasso di poverJ capanne. Il pio e devoto emiro Nur che successe al Gr.1gne provvi,lo a dare alla città un aspetto decoro.so. Poi la regione venne decadendo p~r opera specialmente dei Galla cir.;onvicini, che signoreggiarono, rendendo def'iso:·ia la pobstà degli emiri, e il caos durò fino alla andata degli e,;iziani, nel 1875. Alcuni Galla tentarono di opporsi loro, ma furon domati e Reuf Pascià abolì il traffico degli schiavi, l'iordinò il sistema de' tributi e nel paese sorsero come gli albori dell'età dell'oro. L'Harrar si avvi'.lva a r:sorgerc: si cominciò a la-· vorarc i ca.mpi, e le valli ebbero messi e frutteti. Sotto i successori di Reuf la condizione dell'Harrar venne sempre più migliorando, promettitrice di pacifico avvenire. Poi nel settembre dell'8i Radouan Pascià vi andò a~compagnato da ufficiali inglesi per rimettere gul trono Abdullahi, figlio dell'antico emiro, e così avoa fine il governo egiziano. Allontanatisi gl'inglesi, l'Ilarrd.r sotto il giovane emi1·0 restò quasi offerto, ad incanto internazionale al mag;;ior offerente. Non v'à dubbio che 'lua lche potenza vi avrebbe agognato. Ma si sapevano e si supponevano maneggi e brighe e aspirazioni nosirJ lag;ii1, e gli altri stavano in guardia. Quando sopravvenne il miserando eccidio della spedizione Porro, nel monJo p0litico si credette che l'Italia avrebbe conquistato l'Harrar. Era aperto un vasto campo di utile e proficua espansione coloniale ma il nostro governo esitò perplesso e finì col non fare nulla. Nel 1887, Menelik, con b. sanguinosa battaglia di Cialanco si fece padrone assoluto e incontestato dell'Harrar, che aggregò alle pr0vincie del suo regno, ponendovi a governatore il Degiacc ~faconnen. Era il giorno del Natale abissino, 26 gennaio, e l'Emiro Aldullahi non aveva r:sposto al messaggio di Menelik che, imperio-,o e conciso, chiedeva sottomissione e tributi. L'oste abi::--sina capitanata da Menelik., mosse contro l'esercito dell' emir0. I cui cannoni tuonarono inutilmenb cJntrJ l'enorme esercito scioano che procedeva fra un clangore gigantesco di urla e di grida. L'urto fn tremendo, l'esercito di Abdullahi fu completamento di;:;trutto nella battaglia di Cialanco. Gli scioani 1 un~nt r ,no un centinaio di morti e circa tt·ecento feriti, e si avanzarono occupando I-fa, ra.r senza colpo ferire. Così all' amminis:r.iziono e,;iziana, sollievo momentaneo come di benigna meteora, succedeva in tutta la sua r tpace ing0rJigia lo sgoverno scioa.no. Jl r<'g_;imento abis:,ino con una spietata opera di assorbimento nè razionale nè graduata, sfrc1tta lo sfruttabile non curd.nte dell'avvenire. Le esose angherie e le fiscalità di Menelik. angustiarono i commerci, e la terra harrarina non è più coltivata. -L'agricolt,,rd, cc,rto che il frutto de' suoi lnnghi lavor·i gli sarà depredato a nomè di ~lerh l,k., abbandona i campi nella stoica attes'.1 di <'V~nti migliori. Lo Stato attuale delh fertil.) e L l ce regione si riassume in una frase: una ener_;ia latente, soffocata per gran parte dagli abissini. L'amministrazione abissina, minutamente esosa, irrazionalmente predairice, è grave impaccio agli scambi, alle comunicazioni ed ai commerci con una de>gana quant'altre mai odiosa, eserJitata con meto li squisitamente polizieschi. Maconnen à crcJuto di inst itn:re un'amministr..1.- zione sull'impronta europea ... * * * La costituzione etnica degli Harrarini ricorda una remota origine etiopica, e l'Harrar, anticamente, dev'essere stato un centro di semitis!D.o. Il lingua~gio, che si chiama appunto harrari, rivela una lontana discendenza dal ceppo etiopico, in connessa parentela con l'Amharico, infiltrato di vocabili Galla e Somali. Pel movimento dell' .:ispansione Abissina e per le frequenti migrazioni, segnatamente nel secolo scorso a.ffluì verso l'Harrar - specie di terra promessa. - un contingente di Amhara cosi numerosò che una gran parte di esso dovè stabilirsi al Sud dell'Argobba ' ove l'idioma è più puro. Harrar è la metropoli religio!:ia di quella parte di Africa, e gli Harrarini sono musulmani fanatici, dai principi severi, rigidis:;imi, tratti dal rito Kafi che osservano alla lettera. Il fuoco reli 9ioso è avvivato

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