Rivista di politica e scienze sociali - anno I - n. 13 - 15 gennaio 1896

200 RIVISTA DI POLITICA E SCIENZE SOCIALI che la tariffa doganale si elevi da L. 7,50 a L. 10 per quinble. « Ma questa buona gente, scrive iì professor Todde, non capisce come essa non basterBbbe ai bisogni dell'isola, che é ben lontana dall'essere il « granaio di Roma »; e che invece di cercare il proprio tornaconto angariando il pubblico coll'alto prezzo del prodotto deve richiedere condizioni migliori da accrescere la produzione scemando il prezzo dei suoi prodotti. Accenna alla rottura del trattato di commercio colla Francia, che danneggiò assai il movimento commerciale dei vini e del!' industria armentizia che facevano venire in Sardegna valori in oro non indiffe1·enti. Le foreste pertanto ridotte in carbone scompaiono, il dente vorace del bestiame nomade non le lascia riprodurre o, se scampano dal bestiame, vengono distrutte dal genio selvaggio del1' ineendiario. Anche la decadenza dell'industria miJie1;aria•é segnata dal ribasso dei prezzi del piombo e dello zingo. Le miniere, ad eccezione di pochissime non appartengono a Sardi, i quali perciò non trassero veri profitti da questa industria, salvo qualche mercede per lavori manuali. Del resto chiunque si~no i proprietari dolio miniere, se rngliamo sottrarne le speso di produzione, interesse di capitale', o soYratutto ciò che in diversi modi si appropria il fisco, si cercheranno invano profitti; laonde, quando non si torna in dietro si stagna. Lo stentato consumo o la scars:i, produzione scemano di molto le industrie dei trasporti ferroviari marittimi o mercantili, co.no dimostraJ10 lo rdazioni annuali dolla Compagnia Reale delle Ferrol"ie sardJ e della Società Italiana delle ferrovie S3condarie sarde. Nei trasporti marittimi non si sta meglio dei terrestri quali siansi lo cifre appartenenti. La Sardegna nessun pr.)fitto ricava d'.li noli. La gente di mare lucra appena modeste mercedi: il poco traffico è assorbito dalla Navigazione Generale Italiana, che in tempi normali colle sue tariffe fa del suo meglio per impedire l'espo1 tazionc, pr,)Jlta a ribissarle sempre ohe Yedasi minacciata da concorrenza d'altro naviglio. L'industria marittima sovvenzionata dallo Stato 11011poteva dare risultati diver3i. Le piccole industrie che altrove danno da guadagnare alla povera gente, in generale non si conoscono o poco si curano. Neppur,.) il mare é pei sardi cosp:cua fonte di ricchezza. Nessuna vera industria di salato si esercita salvo qudla ciel tonno, che per di più non é esercitata da sardi. PrJcipua cagione di tutto ciò é il difetto di capitale pecunario e di cognizioni, il sofferto dising,inno p~r tenLttiYi industriali abortiti, e la feroce tassa7.ione fiscale che colpisco i nuovi redditi, e la SP.colare snmtura di cattivi go1·erni ohe hanno spento ed attutito cgni individuale ener 6 ia, propria di gente libera. Rimedi sar0bboro l'afflusso cd il contatto di nuoro capitalo e di gente nuova, un di1·erso indirizzo ndl'op<'ra lcgislatiYa e di gon·rno cl,c inco,·ag 6 i 1:1 prirnta iniziativa. Né si può dire di surroga,·e al Capitalo il Credito, poiché pur troppo, si é fatto di qu0sto grave abuso: a Cagliari quattro stabilimenti pacs.rni so:io successivamente caduti. La cassa di risparmio di Cagliari quando già andava male, cadde in mano ad un avventurier,3 politico, deputato al parlamento, grande elettore di sé e d'altri, sed'o;mte apostolo del credito agrario e fondiario e d'o 6 ni cosa buona o tale cr~duta. Qu.,.st'uomo galvanizzò per poco l'istituto. Ma poi lo trasse a cornp!Gta rovina, facendo mandare sé medesimo in r~olusione ! Nell'a11ra provincia non é avvenuto di meglio: il cr~dito s:m:lo é sparito e se ne sta p:tgando il fio. La ba11c1d'Italia ed il Banco di Napoli fanno degli sconti, ma questi sono esigui, per cui sono pochissime le intraprese che sussidiano. Nessun'altra fonte viva di credito si conosce; perciò grandi e p'ccoli possidenti bisognosi di aiuto cadono sovente nolle unghie dell'usuraio. Il prnprietario rurale specialmente non trova credito senza garanzia ipotecaria anzi senza vendita a p1tto di riscatto. Si può affermare che la Sardegna sia quasi tutta ipotecata: il tasso di questo debito é grave quas quanto quello del c.1mbiario, perché vi è sempre l'alca di una pr002dur.t oap1·iccics.i e fisc.Jc da por3i a c..rico del cr,·ditore. Nelle città difficilmente si trova credito p~r fondi rustici se non c)n forLi usur,'. Parlando della proprietà dice che il possedere in Sardegna è una sventura.. Di fatto le espropriazioni forzate sono frequentissime, e la ragione si é che le imposte pel' sé stesse gravissime, riescono semplicemente inso,iportabili ad un paese ohe poco può produrre, e non ha esito remuneratore neppure di quel poco ohe produce. Gravissime tutte, ma la più molesta è la fondiaria, qualificata da persona competente « un orrore » peggiorata dal fatto che per effetto della legge 29 marzo 1893 le proprietà demaniali venivano ingiustamente esentate dal tributo fondiario, e questo ripartito sopra le altre proprietà private. Dai dati statistici ohe adduce risulta che se a tutto quanto si paga allo stato, provincia e comune, per altre imposte e tasse aggiungiamo ciò che i comuni prelevano per sopratasse o tasse di consumo interno, non correramo rischio di grave errore ritetenendo che la SarJegna resti spolpata per 26 milioni circa all'anno; cosicché divisi per la popolazione dell'isola calcolata alla fine del 1892 di n.73641 i abitanti, risulta una quota di L. 35,44 per capo, e tenuto conto che fanno parto della popolazione totale gli improduttori per età, sesso e per altre speciali condizioni, si ha da conchiuderc che 300 ovvero 400 mila individui devono sopportare un peso enorme. Gli é perciò che volendo studiare sul serio i rimedi ai mali dell'isola, il r rimo e precipuo da proporsi sarebbe lo sgravio dei pubblici oneri, sia verso lo stato. che Yerso lo provincie ed i comuni. Pass.ì quindi ad esamin.tr.J i p1·otesi rimedi, che il nostro autore giudica veri pa.lliativi, quali sa1·ebbe1·0;

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