.,, RIVISTA DI POLITICA E SCIENZE SOCIALI ' 203 dei figli altrettanti impiegati pubblici ... Ciascuno desidera pei suoi una relativa sicurezia dell'avvenire, e questa oggi la dà meglio che la terra, l' impiego pubblico, od una professione liberale. Ed ecco come si moltiplica il numero degli spostati, e si fa ressa agli impieghi dello Stato, delle Provincie, dei Comuni e di Società private, abbandonando l'agricoltura come improduttiva ». Ciò non segue solo in Sardegna. ma un poco in tutta Italia. I nostri governanti chiudono gli occhi e pensano solo ad imporre nuove tasse. Dottor AN'l'0NIOLITTARRU-ZANDA, La Rivista non é usa a fare commenti agli articoli che pubblica perché, come scrisse nel suo primo numero agli autori dei medesimi lascia intera la responsabilità di .ciò che scrivono. Fa una eccezione per questo articolo del chiaro Prof. Littarru-Zancia perché il liberismo economico, che in esso si propugna , troppo si allontana dalle linee generali del proprio programma. La Rivista l' ha pubblicato, però, e con piacere perchè il quadro fatto dal Prof. Todde delle condizioni della Sardegna conosce che corrisponde pur troppo alla realtà; e quelle della Sardegna sono le condizioni di gran parte d' ltali a. In quanto alle esperienze di un rnro regime liberale per la parte politica noi siamo d'accordo e col Torre o col Liitarru-Zanda che riuscirebbe utilissimo in ogni regione d'Italia e particolarmente nelle sue due maggiori isole. La proposta fatta, pe1'ò, in <1uestomomento se non venisse fatta per ironia non dimostra che la grande buona fede del suo autore, da poca conoscenza che egli ha degli uomini che ci governano, che non s' indurranno mai a fare lo esperimento della libertà. Sarebbe uno scandalo inaudito ! Nella parte economica non abbiamo alcuna fede nel liberismo; pure vedremmo con sommo interesse un esperimento sinceramente liberale il quale potrebbe se non altro ridare alla Sardegna e alla Sicilia quel grado di prosperità particolare del regime borghese. Ma l'esperimento della libertà sul terreno politico, quale lo vagheggiano il Todde, il Pantaleoni e il Pareto non è altro che· una utopia sotto la monarchia accentratrice. Tale politica sperimentale, come la chiamerebbe il Donnat, non è possibile che in una repubblica federale e magari in Inghilterra, dove alla monc1rchia sono stati tagliati gli unghioni e le zanne. Ma in Italia? .... LA RIVISTA. Gli abbonati sono vivamente pregati a mettersi in regola con l'amministrazione. Il miglior modo è quello di inviare una cartolina-vaglia di L. 5 al seguente indirizzo: Dr Napoleone Colajanni. Roma. IL DAZIO SUI GRANI E LA VERA PROTEZIONE DELL'AGRICOLTURA IN SICILIA La questione del dazio sui cereali, che mette sossopra specialmente tutti i grandi proprietari territotoriali d'Europa, i quali vedono minacciata la loro rendita fondiaria dalle importazioni d'oltre mare, é una questione veramente caratteristica, poiché rispecchia meglio d'ogni altra la lotta perenne che si combatte tra coloro che vivono del privilegio e co- · loro che vivono del proprio lavoro. Disgraziatamente é una di quelle questioni, in cui le maggioranze popolari ci capiscono poco, poiché, quando le moltitudini non siano disturbate immediatamente dall'esattore o dal carabiniere, neanche s'accorgono di essere sfruttate pel vantaggio di pochi, o fanno tutt'al più come il cane che addenta la pietra che lo colpisce, ma non cura, e magari lecca, la mano che gliel' à lanciata. Infatti, non si potrebbe spiegare diversamente l'ira delle nostre plebi contro la tassa di macinato, che la colpiva con 2 lire a quinta.le sul consumo del p~ne, e la loro acquiescenza o il loro silenzio dinanzi la tassa d'importazione, che la colpisce con 7 lire a quintale, oltre l'aggio, nello stesso consumo. Vero é che, a lasciare i consumatori nell'acquiescenza, giova da una parte il prezzo piuttosto basso del grano, non ostante il dazio aggravato, e dall'altra, presso chi s'immagina di ragionare e di a vere buon senso, i discorsi più o meno interessati sulla necessità di proteggere la nostra agricoltura. I nostri magazzini rigurgitano di frumento paesano, perché i prezzi correnti sono al disotto del costo di produzione; proprietarì, gabelloti e contadini, sono tutti ruinati per la concorrenza dei frumenti esteri; siamo minacciati dallo sciopero delle campagne, dall'abbandono della granicoltura, dalla miseria universale, etc. etc. Queste cose ed altre simili si vanno predicando: ma chi le dice in buona fede, non si accorge di essere il portavoce dei grandi proprietari di terre arative, perchè nel famoso costo di produzione è compresa, anzitutto, la rendita fondiaria, la quale, duplicata e triplicata dal 1860 a questa parte basterebbe che fosse alquanto moderata perché il costo di produzione ci abilitasse a sfidare la concorrenza internazionale. A queste interessate querimonie é inutite contrapporre le verità pili indiscusse della scienza economica. È inutile ricordare come la gran legge della divisione del lavoro ·imponga a tutte le nazioni, la libertà dei commerci, affinchè ciascuna possa produrre in maggiore abbondanza e diffondere a più buon mercato quelle merci a cui fu dalla stessa natura ordinata. È inutile avvertire come la illusione risorgente della bilancia commerciale si fondi nel falso presupposto che la vera ricchezza delle nazioni consista nel denaro, mentre invece è evidente che il danaro non è che una merce come tutte le altre, soggetto anch'esso alla legge della çoncorrenza:; per
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==