RIVISTA DI POLITICA E SCIENZE SOCIALÌ 141 connubio frate1·no tra il capitale e il laYoro: i due sono fratelli attualmente come lo erano Caino ed Abele. L'on. Crispi sta sempre dalla parto di Caino contro il laYoro. UN CooPERA'rORE. APROPOSITO DELCONGRESSO DIBRESLAVIA La discussione del progetto agrario nell'ultimo congresso socialista di Germania ha fatto risorgere più viva la differenza che, quando alla tattica, divide il partito socialista in due grandi categorie. L'una che attaccandosi strettamente alla rigida interpretazione dell'idea marxista, attende il rinnovamento sociale dalla fatale proletarizzazione della grande industria, la qua}P, già collettivistica nella produzione dovrà per necessità di eventi farsi collettivistica nella distribuzione della ricchezza; e l'altra categoria che, pur ammettendo il fondamento economico d'ogni fenomeno superorganico sociale, reputa opportuno, per migliore e più celere attuazione del socialismo, non disdegnare riforme e temporanee alleanze con partiti affini, le quali elevando le condizioni degli oppressi, valgano a renderli coscienti ed adatti a reclamare continuamente nuovi e più larghi miglioramenti, avvicinantici sempre più alla mèta desiderata. Una tale divergenza di opinioni, che non attaccando per nulla l'unicità e la base del programma socialistico, è indizio della vitalità del partito, involge tuttavia parecchie questioni importanti, degne della maggiore attenzione per chi vuole la massima concordia e compattezza nelle fila dei collettivisti. Le questioni secondo me sono queste: Perchè il Socialismo si diffonda e si attui è indispensabile che la g1•ande industria proletarizzi tutte le maggioranze ed accentri in poche mani i capitali? Se una completa e totale proletarizzazione non è indispensabile all'attuazione spontanea del Collettivismo, quali provvedimenti potranno pigliarsi a favore dei piccoli proprietari, nel!' interesse del Socialismo? Le riforme introdotte in prò degli oppressi, ritardano o accelerano la rinnovazione sociale voluta dai collettivisti ? Se l'accelerano, la tattica dei socialisti può essere uniforme in tutti i paesi? * * Alla prima questione. Chi ha studiato la storia dei rivolgimenti sociali, non può negare che le guerre e le rivoluzioni si debbono al disagio economico od a sospirate preponderanze commerciali ed industriali. Ma il disagio eco· nomico è scoppiato irrefrenabile, quando pensatori e filosofi, facendolo obbietto dei propri studi, ne hanno esaminato le cause e queste raggruppando attorno ad un sistema scientifico, le hanno rese note e popolari, col dare dta ad un partito il quale ha formato nelle masse la coscienza dei loro mali. Così alla base dolla trasformazione sociale v'è senza dubbio, il bisogno indistinto che passando attraverso alla mente del pensatore e del filantropo diYenta teoria, sistema allargantisi alla loro volta, per mezzo del partito in coscienza pubblica rivelante agli oppressi le cause dei propri mali. L'elemento fisico o puramente economico, dunque, s'intreccia all'elemento psichico; e tutti e due uniti ci danno il rinnovamento della società. Ora è evidente che questo p1·ocesso sarà più facile man mano che l'elemento psichico, progredendo la civiltà, diventerà più forte e più illuminato rendendo più acuto il bisogno economico. Ebbene; non v'è dubbio che il Socialismo s'è imposto, diventando scientifico, <lacchè la gt·ande industria ha monopolizzato i mezzi di produzione ed e11propriato i lavoratori; ma formatisi una scuola ed un partito socialista, non ò necessario che ad at. tuare il Socialismo sia un paese per intiero proletarizzato dalla grande industria. Conoscendosi tutti i processi dell'evoluzione economica, già attuati in altri paesi: si possono benissimo creare, per l'espropriazione di pubblica utilità, collettività agricole ed indu_striali sovvenzionate eia grossi capitali le quali abituerebbero i cittadini ai princip'.ì del Socialismo e farebbero poco a poco sparire le ricche proprietà pri rnte. Il che riuscirebbe più facile nelle regioni ove sono residui di comunità primitive - Svizze1·a, Scozia, Iugo-Slavi, ecc. - e dove non si dovrebbe che applicare i mezzi della grande industria. Mi si potrebbe rispondere che i principi del collctti vismo sono attuabili là. ove se ne sente il bisogno che manca nei paesi a piccola proprietà. Osservo che se il collettivismo con maggiore facilità o meglio con un processo naturale, tende a divenire realtà nei centri industriali, pure non bisogna dimenticare che, dati gli attuali mezzi di comunicazione e di scambio e la relativa concorrenza la piccola proprietà, pressata e stremenzita dalla grande industria, non esiste presso noi che di nome, gravata com'è di ipoteche. Una grande riforma perciò mirante a costituire con piccoli poderi, grandi collettività. agricole, sarebbe accolta quale un opportuno e giusto rimedio, meglio lumeggiato dall'idea socialista, che patrimonio oramai di menti elette e di animi nobilissimi penetra per l'incessante lavorio di propaganda - rafforzato dalle persecuzioni - nella coscienza pubblica ed al pari d'ogni idea fatta matura, è con irresistibile moto spinta a concretarsi in un ordinamento sociale. In Sicilia la grande industria non s'è affatto sparsa specie nell'agricoltura; e pure il progetto Crispi su i
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