RIVISTA DI POLITIIJA E SCIENZE SOCIALI 117 d'uomini (htges conswnei·e. nati, i quali non rnggono la fonte onde emana la ricchezza da essi consumata, non assistono al processo della sua produzione, non possono constatare coll'esperienza i possenti fattori oncl'essa è dominata e i Yincoli onde essa si connette ai più complessi ingranaggi del corpo sociale. Di qui la completa inconscienza ciel fenomeno economico e della sua preminente importanza che contraddistingue i felici abitanti della capitale italiana. Invero aveva asserito CaYour che l'ambiente fittizio delle grandi capitali, non è adatto e rivelare il meccanismo reale delle umane società. Ma se ciò non può completamente ammettersi rispetto a quelle capitali, che sono al tempo stesso grandi focolai dell'industria, che creano da sè medesime e su proprio terreno i prodotti da esse consumati, ben ciò è vero, assolutamente vero di quelle città parassite, le quali nascondono allo sguardo de' propri abitanti il processo, onde si formano le richezze ch'essi son chiamati a distruggere. In Roma poi la cosa assume un carattere cli tanto più acuto quanto che l'industria e la produzione, nonchè nella città, non ha sede adeguata neppure nella zona che la cinge, onde il Yelo che asconcle al consumatore il processo procluttirn si fa di tanto piLt spesso ed impenetrabile. Qual meraviglia per tanto se i moclemi Romani, o ~li abitanti della nuoYa capitale, sono totalmente incapaci a comprendere la graYità, o dirò più, la stessa esistenza delle questioni paurose che agitano l'età nostea, se il loro orizzonte intellettuale è stranamente superficiale ed angusto, se l'equilibrio del ministero, la formazione della maggioranza, l'ultimo voto della Camera, paiono ad essi questioni fondamentali, da cui debba dipender·e il. destino della societi\? Essi Yi diranno ad e~empio, che il pareggio del bilancio farà cessare la piaga della dissocupazione, che la sconfitta ciel ministern risolverà la questione siciliana, che l'amnistia porrà termine ai conflitti fra capitale e laYoro, ed altre barzellette cli cosiffatto calibro. È a Londra, diceva Heine, OYei misteri della società si svelano da sè stessi al filosofo; è a Roma, diciamo noi, ove essi rimangono perpetuamente celati. Si direbbe che il mistero, sia poi religioso o sociale, debba essere il simbolo di Roma in tutte le età, la sintesi della sua secolare influenza. Qual' è la conclusione positiYa che dobbiamo trarre da quesla rapida nota, se non rngliamo che essa si esaurisca nello sterile campo cli una Cl'itica dottrinale? La conclt1sione sa1'ebbe per sò assai evidente e noi non e:siteremmo ad accennarla, se non fosse un fuol' c1·operal'inYocare pron·eclimenti rigeneratori da chi a quesli pertinacemenle 1'ilutta. Comunque, una cosa è cel'la: finchò la campagna romana non sarà ripopolatri eia una gente 'di liberi coltirntori, quali si avcrnno or son tre secoli, innanzi alle esprop1·iazioni esecrabili di cui furono vittime, finchè non ispunti attorno a Homa la coli.irnzione fiorente e in Roma o nel suburbio non si agiti ~no stuolo di industrie irrequiete, Roma sarà, sempre la città burocratica, priva di qualsiasi influenza benefica sullo svolgimento della Yita nazionale; l'Italia avrà un capoluogo, non una capitale; e le memorie classiche della città immortale echeggieranno attomo a' prosaici suoi abitanti quasi una stonatura, uno sfregio, come nella stanza del legueio, sudante a rediger protocolli e precetti, stuonano e paiono irrisione i ritratti de' suoi antenati in cappa e spada, e i loro gloriosi trofei. ACHILLE LORIA. LA POLIZIA Non si meraviglino i lettori di questa Rivista se oggi mi occupo ex professo della polizia. Se questa potè essere discussa nella più diffusa cd autorevole rivista conservatrice d'Italia, può benissimo, anzi deve, esser discussa da una repubblicano-socialista. L'argomento presenta il più alto interesse per ogni ordine di cittadini; lo presenta per le vittime dei dolin'lucnti, i quali la polizia non sa ridun·c all' impotenza, nè scoprire; e lo presenta ancora di pili per quanti professano idee eterodosse in materia politico-sociale e che sono divenuti le vittime predilette della polizilt stessa. La quale rinunzia al compito assegnatole dalle leggi cd alla coscionzn, pubblica, per consacrnrsi a quello, cui l'hanno destinata ministri incosccnti e prepotenti. L'organizzazione o il funzionamento della polizia sarebbero argomenti di gra,ndissima importanza in ogni tempo, perchè dall'una e dal'altro dipendono la sicurezza della vita e degli averi, la libertà e l'esercizio dei diritti dei cittadini. Sotto questo duplice aspetto, in questo momento più che mai versiamo in condizioni ta,lmente anormali eh' è stretto dovere llella stampa onesta e indipendente levare alta la voce per protesla,re e invocare rimedi. In quantci alla sicurezza della vita e degli averi, coadiuvanti la miseria e l'analfabetismo, siamo ridotti a tale stato che dobbiamo ringraziare Iddio se in qualche 1·cgiono c' è un ri5pcttato e temuto Tiburzi, che ;;i sostituisce ai carabinieri e alle guardie di eittù, e impedisce, in una certa misura, ai soliti ignoti delinquenti di spadl'Oncggiare. In Sicilia dove non e' è attualmente un brig,wte amico dell'o1·dine come riuello imprendibile del Viterbese, i 13aroni e i ricchi ga,bcllotti continuano, come noi Yecchi tempi feudali o borbonici, a provvedere dn, loro s(essi alla propria sicu1·ozi1a mantenendo ai
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