RIVISTA DI POLITICA E SCfENz;E SOCIALI 115 eia, invasata sempre dal malaugurato spirito milita1·0 cho l' è costato più volte la libertà, miliardi di franchi e milioni di vite dei suoi figli non ha voluto riconoscere a tempo siffatta verità, predicata dai più illuminati suoi politici e se n' ò trovata male. L'Italia ha oscillato nella via da seguire ed ha finito col1' imitare la Francia, affidandosi al militarismo por peggiorare, so fosse possibile, le sorti di una intrapresa pazza o disonesta. Giustizia vuole che si riconosca che i no3tri ufficiali da parecchio tempo in Africa danno prove non poche di abnegazione e di equanimità e che il Barattieri non è capace di ripetere le gesta degli altri conquistatori stranieri. Non si può negare però che - per quanto umano egli sia - dal punto di vista politico, economico ed amministrativo sotto di lui il militarismo ha fatto tutto il male che poteva fare. Egli appena si sentì forte od indispensabile nell'Eritrea pensò ad eliminare l'elemento borghese, che gli dava fastidio e fece villanamente mandar via l'onesto Fra.nchetti dichiarandosi contrario a quei tentativi di colonizzazione àello stesso Franchetti, che se potessero riuscire, sarebbero davvero i soli intrapresi con intenti civili. A Roma il governo di Crispi, che nella politica coloniale non vede che un espediente teatrale per distrarre l'attenzione degli italiani, ha dato causa vinta al generale contro il filantropo, e mentre si è mostrato tanto taccagno da. negare poche centinaia di migliaia di li1•eper il tentativo civile del secondo, non ha lesinato i milioni per la soddisfazione dell'ambizione di g!oria dei militari. Adolfo Rossi narra che il Gonorale BaraUieri abbia dichiarato ·essere stato un errore la occupazione di Cassala (Le nostre eonquiste in Africa p. 84). L'errore, si sa, non sarebbe imputabile che al solo Barattieri; e se pe1• Cassala ha fatto realmente siffatta confessione non sai·ebbe impossibile cl:e in appresso sentissimo di un altro tardivo pentimento per la occupazione di Adua, di Antalo, ecc. ecc. Lasciando al futuro l'apprenderci se questa ipotesi si realizzerà oppure no, sin da oggi si può, pe1•ò,dimostra1•e che la sola part.:, del programma del generale Barattieri in via di realizzazione, che anzi dovrebbe già essere attuala, rappresenta una smentita solenne alle sue speranze ed alle sue promesse p1•ovando sempre più e meglio la importanza dol militarismo anche nel campo di aziono, dove non dovrebbe patire smentite. Il Generale Barattieri dalle spedizioni militari e dalle vittorie s' imprometteva c1·edito, autorità e fiducia pe1· prevenfre le oslitità pe1· innal:::aregli animi e tenere in freno i sudanesi e gli abissini, i po710/i più bellicosi, agguerriti ecl armati clell'A(1·ica; nella gloria delle armi non vedeva che.un me::::::o pe1· consegu-ire la pace. Or bene, questa parte del suo programma è interamente fallita. Le nostre vittorie non ci dettero il credito e l'auto1·ità per prevenire le ostilità, che noi abbiamo provocato; siamo alle prese oggi cogli abissini e domani dovremo esserlo coi sudanesi; ogni vittoria ha fatto sorgere contro di noi nemici nuovi e più terribili e la guerra ha finito col generare .... la guerra. Questo risultato era facilmente prevedibile. Dovunque il militarismo impera e non è infrenato da altro istituzioni vigorose esso non riesce che a provocare ed organizzare la guerra. L'organo spinge alla funzione; il militarismo deve funzionare fatalmente, per necessità di esistenza, perchè se non funziona si atrofizza e muore. Questo rapporto tra organo e funzione venne ampiamente illustrato da Spencer, il quale precisamente nella politica coloniale vide il pericolo della risurrezione del militarismo e con esso del regresso sociale dell'Europa. Il militarismo per sua natura indeclinabile, adunque, anche quando i suoi capi sono animati dalle migliori intenzioni del mondo è impotente al bene: se persegue la civiltà genera la barbarie, se aspira alla pace riesce alla guerra. Xon sarà il generale Barattieri, che costituirà la eccezione alla regola. LA RIVISTA. LEANOMALIE SOCIALI DIROMA CONTEMPORANEA .Dopochè lo mille voci dell'entusiasmo patriottico hanno salutato esultanti il 25· anniversario della occupazione di Roma, non pu6, credo, sembrare inopportuna qualche considerazione serena intorno alle singolarità della capitale italiana, alle cause che ne intercettano il pieno sviluppo. Se i fenori che assalgono una intera nazione sono indubbiamente assai degni di riverenza e di encomio, le società però non vivon soltanto di acclamazioni e di osanna; ed al tumulto eroico di una legittima gioia popolare dee succedere la fredda ricerca, che la disciplini e fecondi. Per poco che si indaghi al lume della osservazione economica la nostra bella metropoli, si scorge come essa vada distinta dall'altre capitali d'Europa per un d:ippio carattere: da un lato l'assenza di una zona circostante riccamente popolata di città e di fiorenti villaggi e assoggettata a coltura intensiva; dall'altro l'assenza completa d' industrie manifattrici. Mentre Londra, Vienna, Parigi sono circondate da una lieta cerchia di ridenti campagne, fra lo quali si frammeitono villaggi floridi o città industriose, una larga zona di terre malcoltivate e miasmatiche cinge l'augusto caput mundi come una tormentosa corona di spine - Gli stranieri (già lo notava Sismondi in un mirabile saggio) i quali visitano la città eterna en touristes, o vi fanno passeggiera dimora, si compiacciono cli questo deserto, che sembra loro complemento adeguato alla città delle memorie, degno sfondo in cui si delinea maestosa la immensa ruina della monar-
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