Rivista di politica e scienze sociali - anno I - n. 7 - 15 ottobre 1895

RIVISTA DI POLITICA E SCIENZE SOCIALI 99 a più riprese rilevati questi interessanti fenomeni, e l'ultima volta l'anno passato in un articolo nella Riforma Sociale (25 Ottobrn 1894), cui rimandiamo il lettore desideroso di maggiori spiegazioni, che qui lo spazio non ci consente. Ciò che si nota sostanzialmente nel movimento cooperativo inglese è il cozzo continuo fra i grandi ideali di coloro - e finora sono la minoranza - che veggono nella cooperazione un ordinamento sociale che dov1•ebbc conciliare gli interessi di tutti - produttori e consumatori operai ed imprenditori - e fanno appello quindi, a. questo resultato, a sentimenti altruistici e di soliduietà sociale; e gli intenti più ristretti di coloro - e sono i più - che, organizzate le grandi cooperative di consumo e tutta una sede di istituzioni grandiose provvedenti ai bisogni di queste, non si preoccupano che degli interessi dei consumatori. Costoro vogliono limitare la loro azione entro questa cerchia strettamente egoistica, e non comprendono cll°e in tal modo non solo la cooperazione perde gran parte del suo valore socia.le, ma - or;;anizzata come è in Inghilterra dagli operai - giunge ad un resultato addirittura mostruoso, staccando gli O]Jerai, quali consumatori, dagli operai quali lavoratori, ed anzi ponendo 1,cr.sino in lotta gli uni contro gli altri, e cioè la classe lavoratrice contro sè medesima. La grande lotta è combattuta in Inghilterra - come spiegai a lungo nell'articolo sovra.citato - specialmente a proposito delle cooperative di produzione, che le cooperative di consumo inglesi aiutano pochissimo, e talora avversano, ed a proposito degli operai impiegati dalle cooperative di consumo, e specialmente dalla grande TV/wlesale di Manchester (colossale impresa di produzione e di acquisto al!' ing1·osso, costituita per loro conto da molte centinaia di cooperative di consumo)- operai che talora si lamentano del trattamento loro fatto (attriti e scioperi fra operai e cooperative sono non di rado avvenuti), e cui la \Vholesale si rifiuta ostinatamente di accordare una partecipazione ai profitti, come è insistentemente richiesto da anni dalla parte più liberale del movimento cooperativo inglese. La lotta si imperniava da molti anni su due grandi nomi: il TT'ansittart Neale, il grande apostolo della cooperazione e del socialismo cristiano - ben noto agli italiani - che sosteneva le idee più liberali ed avanzate ed aveva della cooperazione un altissimo concetto sociale; ed il Mitchell, presidente della 1Vholesale, uomo certo di grande valore e completamente disinteressato, ma che, dit-igendo una colossale impresa commerciale aveva finito per farsi della cooperazione un concetto gretto ed egoistico, e la riduceva e::;clusivamente ad una organizzazione - e diremmo quasi quasi una speculazione - nel!' interesse dei consumatori. Ora ent1•ambi questi grandi campioni sono spariti dalla scena del mondo: ma la lotta continua tuttavia, né accenna a cessare, per quanto pel momento ne sia diminuita alquanto l'asprezza; ed i recenti congressi ne sono una prova. * * Il congresso cooperativo tenuto a Londra nello scorso Agosto, ebbe carattere internazionale, e in complesso, un successo buono, e superiore all'aspettativa. Vi assistevano un centinaio di delegati, rappresentanti molte importanti associazioni cooperative inglesi, ed un buon numero di delegati stranieri: 8 francesi, 6 italiani, (fra cui Cavalieri, Croce, .Maffi), 4 belgi, 2 olandesi, 2 danesi, 2 americani, uno svizzero ed uno ::;crbo (noto la mancanza di dele 0 ati tedeschi ed austriaci, molto grave per l'importanza che hanno in quei paesi le istituzioni cooperative). Il congresso - di cui si occuparono tutti i giornali - e di cui l' Emancipation di Nimes, giuntami ora, dà un rendiconto diffusissimo e quasi ufficiale - fn tutto un trionfo degli ideali cooperativi (si noti che qui parlo di ideali semplicemente cooperntivi, nel senso indicato più sopra: tanto è vero che i delegati belgi non vi rappresentavano che la parte che potremo chiamare «conservativa» del movimento cooperativo belga (banche popolari), mentre quello socialista, così impcrrtante, non vi era rappresentato affatto). Lo1·d Grey, che presiedeva il congresso, fece un notevole discoi•;;;o in favore della partecipazione ai profitti e delle cooperative di produzione, attaccando vivamente il contegno e,;oistico della l,Vholesale, che in parte giustifica l'attitudine di riserva che tengono gli unionisti di fronte alla cooperazione. Il congresso dichiarò ad unanimità desisiderabile una larga diffusione delle· società di produzione, insistendo perchè i cooperatori di tutti i paesi vi diano impulso, e deliberando di raccogliere informazioni e studiare il modo ptatico di dare il maggio1· possibile sviluppo a questo movimento. E su proposta di Charles Robert, l'illustre apostolo della partecipazione degli operai ai profitti, il congresso venne in una deliberazione favorevolissima a questi ultimi, invitando tutte le cooperative ad adottare tale sistema a favore dei loro operai. Una p1'oposta tendenziosa di Mr. l:Iarclem rappresentante la grande unione delle cooperative di consumo inglesi, ( The cooperative union) di aggiungere che, ammettendo gli operai a partecipare agli utili si dovesse loro imporre di partecipare anche alle perdite dell' impre::;a, ottenne soli due voti, oltre quello do! proponente. E non solo queste deliberazioni, ma la stessa costituzione che risultò. dal congresso, di una alleanza cooperativa internazionale -- quale l'aveva vagheggiata il Vansittart Neale - segnò la vittoria al congresso di Londra della parte più liberale ed avanzata dei cooperatori inglesi. Questa alleanza, almeno dal lato pratico, potrà fo!'::;e

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