RIVISTA DI POLITIECSACIENZSOECIALI Direttore Dr NAPOLEONE COLAJANNI Deputalo al Parlamento ITALIA: anno lire 5; semestre lire 3 - ESTERO: anno lire 7; semestre lire 4. Anno I. - N. 7. Abbonamentopostale Roma15Ottobre1895 SOMMARIO: Fisiologia degli scandali, Guglielmo Ferrero. - Due congressi coopera1ivi in Inghilterra, Ugo Rabbeno. - La piovra burocratica. N. C. - I problemi della popolazione,'? - Antisemitismo. Francesco Morm.ina. - La Sl,Cializzazionc delle stl'ade fer,.~te. - Recensioni. e Note - Libri ricevuti in dono. flS]OlLOGIA\ DEGL] SCI.NJDAllJ I giornali ufficiosi, ad ogni minaccia di nuovi scandali e di nuovi plichi, si affrettano a stampare che il paese è stufo di scandali; che c:Jloro i quali si ostinano nell'opera ctitf'amatoi·ia saranno alla fine rovinati dal loro medesimo zelo. L'on. Cavallotti potrebbe osservare ironicamente che, se questo è vero, i suoi nemici hanno troppa cura del suo avvenire politico; e difatti la teoria - chimiamola così - della saturazione scandalosa è una invenzione interessata e senza il più piccolo fondamento. Nel mio recente viaggio in Russia poche cose mi hanno sorpreso così, come una strana somiglianza tra l' impero degli czar e l'Italia in uno stato dello spirito pubblico. Questo stato d'animo è una credulità straordinaria a tutti i racconti che dipingono come birbanti gli uomini politici. In Prussia ho trovata gente seria, istruita, ragionevole che mi raccontava in materia cli ladrerie, oppressioni, e simile lordure politiche cli uomini in vista, dei veri romanzi ; dei racconti così inverosimili ed enormi che almeno a p1·iori, si dovevano ritener come impossibili. Ad ogni modo, fossero stati anche veri, era impossibile che ognuno di coloro che me li raccontava potesse averne anche un lontanissimo principio di prova: ciò non ostante tutti sostenevano la assoluta verità di quei fatti od aneddoti, come se fossero stati presenti al loro compimento e cercavano di vincere la mia incredulità un po' ironica, quando io sollevaYo obiezioni. Lo stesso accade in Italia. Crispi può ben dire che si sente superiore a certe accuse; i giornali ufficiosi possono ben stampare che l'Italia è gelosa della purezza delle sue glorie rivoluzionarie e politiche, che il nostro è il paese dove gli uomini politici muoiono poveri: tutto ciò non è che menzogna. Il pubblico invece è disposto a credere, e senza bisogno di dimostrazioni, quattro volte più del vero; e nessuna persuasione è più diffusa nella massa che quanto si è saputo del Crispi e di molti altri ministri, e quanto fu rivelato dal comitato dei sette non sia che una pagina di un gigantesco volume, anzi di una vera enciclopedia di furfanterie f>Olitico-finanziarie. È. un vero stato di scetticismo pessimista invelenito, in cui, nella opinione generale, si suppone a priori che un ministo è un ladro; un deputato un imbroglione, e dal quale spesso onesti e disonesti sono confusamente condannati sotto una sentenza generale di biasimo. In questa condizione di spirito ben lungi da aver nausea dello scandalo, il pubblico è insaziabile di quel nuovo genere di letteratura che si chiama il plico. Tutta la politica si riassume nel plico; e il plico lo interessa assai più che le questioni di finanza. Quando i ministeriali dicono che la nazione non vuole scandali, ma riforme di restaurazioni finanziarie, esprimono le idee di una piccola minoranza che mangia alla greppia e per cui è questione importantissima che la greppia sia sempre provvista della razione sufficiente di biada. Il resto del pubblico non bada nemmeno ai progetti finanziari dei nostri ministri; e non ne ha che una idea confusissima. Chi non sa che il Secolo e il Don Chisciotte arrivarono con i numeri contenenti il plico Cavallotti a tirature colossali e affatto mastodontiche se si confrontano alla fortuna mediana delle pubblicazioni letterarie in Italia? Provi inYece qualche giornale ministeriale a pubblicare in un supplemento i provvedimenti finanziarì di un qualche Sonnino; e vedrà se arriva a vendere la metà delle copie che spaccia normalmente. Questo stato di cose si riflette nei costumi politici. Il modo più rapido per conquistare un posto nel mondo politico è oggi di far coraggiosa.mente, risolutamente scandali e rivelazioni. L'on. Colajanni è diventato, per la massa, un uomo politico eminente dal momento che cominciò lo scandalo della Banca Romana; due o tre discorsi di scandalo .gli giovarono più che dieci Yolumi. L' on. Cavallotti ha faUo anche più; ha trovato nello scandalo una seconda gioventù poli-
98 RIVISTA DI POLITICA E SCIENZE SOCIALI tica, quando pareva che egli fosse vicino a sparire. Chi non si ricorda la decadenza del Cavallotti tre o quattro anni' fa, che pareva preludere a una imminente rovina politica? La sua inquieta e bollente attività di lotta, così straniera al carattere italiano e che per di piu lo spingeva ad attaccar briga, in mancaza di meglio, con avversari troppo piccini e troppo indegni di lui, aveva stancato il pubblico. Oggi è invece l'uomo politico che alla popolazione italiana apparisce come il piu gio- .Yine, il più forte, il più vivo; e questa trasforma- .zione è stata cosi rapida e luminosa che i suoi antichi e i suoi nuoYi a\'\'ersari - moderati e socialisti - si sono riconciliati con lui; che egli ha avuto a Piacenza i voti dei moderati, a Corte Olona quelli dei socialisti; che giornali a lui fieramente nemici hanno riconosciuta la grandezza dell'opera sua: che un gran numero di gente che lo aveva prima a noia, e lo odiava di cuore, lo ammira adesso con un entusiasmo raro nei sentimenti di un popolo così scettico. Ora egli deve tutto ciò alla sua campagna di scandali; alla prima con cui tagliò la testa al serpente che imbrattava della ;;ua bava Roma; alla seconda e più formidabile con cui ha attaccato il Minotauro immondo, che si pasce della Yiva carne della povera Italia. La campagna degli scandali dunque non disgusta il pubblico e non rovina moralmente gli autori come affermano troppo spesso i giornali ufficiosi; anzi essa non disgusterebbe e non nuocerebbe agli autori neanche se costoro non la conducessero con scrupolosità minutissima e la abilità dialettica da giudice istruttore modello ciel Cavallotti; anche se imece cli ammassar prove si restringessero a raccogliere e a formulare più precisamente le mille vaghe storie che corrono per le vie sui nostri grandi uomini politici. Perchè ciò che spinge il pubblico a leggere con tanta avidità i plichi, non è il desiderio di sapere finalmente, con sicurezza, se un certo ministro è colpevole o no, perchè esso, giustamente o ingiustamente li ha già condannati tutti e crede alla loro colpevolezza a prioi·i, senza prove; ma il desiderio cli veder precisato con notizie particolari e nei suoi eiettagli una almeno cli quelle tante immoralità o disonestà che egli ha confusamente credute e affermate per tanto tempo. Un sentimento in parte analogo a quello cli tanti gelosi che pure essendo certi nella loro coscienza della infedeltà della moglie o dell"amante, hanno bisogno cli avere le prorn specifiche, minute, particolari clell' inganno. Questo sentimento di cui solo un cieco interesse di parte può non ammettere la l'ealtà, darà alimento alla letteratura dello scandalo, che resterà ancora per un pezzo il ramo pitì florido o almeno il più popolare della letteratura italiana. Tale è del resto la necessità storica ineluttabile di questo periodo di trasformazione morale profonda. e cli squilibrio etico acutissimo ; in cui una parte della nazione è giunta ad un grado di evoluzione da concepire lo stato in una forma più morale e pit'.1regolare che non sia concepito da un'altra, da quella che disgraziatamente ha maggior forza a determinare la formazione del governo. Lo scandalo morale in simile condizione diventa l'arma naturale della minoranza che lotta per l'affermazione della sua morale nello stato; lo scandalo spietato, terribile, persecutore; lo scandalo che fruga la vita prirnta e la pubblica; che svela i piccoli falli e le grandi colpe, che non ha più riguardi cavallereschi per donne, quando es e si trovino mescolate alle vicende politiche. L'uomo che ha pi{1 gagliarda la tempra cli inquisitol'C, assume spontaneamente l'opera, brandisce questa spada di fuoco e colpisce, trovando impensati e improvvisi amici nei nemici di un tempo e nemici negli amici passati. Gli ammiratori dell'on. Crispi si ingannano se credono che la letteratura ciel plico sia una creazione della malignità clell'on. Carnllotti; l'on. Cavallotti è solo l'esponente cli una difficile condizione morale della società, il rappresentante di un sentimento di disgusto diffuso in tutti coloro che sentono bisogno cli una grande eYoluzione morale di tutta la pubblica amministrazione. GUGLIELMO FERRERO. DUE CONGRESSI COOPERATIVI in Inghilterra Londra - Huddersfield Il movimento cooperativo si dibatte continuamente fra due poli, dei quali l'uno segna un'alta idealità sociale, e l'altro una realtà pratica, di carattere non poco diverso: l'uno rappresenta le generose aspirazioni dei riformatori, che vagheg 5 iano una organizzazione in cui si realizzi l'armonia dei vari interessi sociali ora in conflitto, e dedicano tutti i loro sforzi ver avvicinarYisi; l'altro ci presenta, nel seno stesso della cooperazione, antagonismi di interessi, risorgenti continuamente, e paralizzanti - nella loro efficacia sociale - i pii! arditi tentativi di riforma. Ed è questo uno spetta.colo strano, che a momenti scoraggia chi - pure indagando con animo sereno questi importanti fenomeni - li consideri non solo coll'occhio scrutatore dello studioso, ma anche con cuore appassionato che affretta col desiderio una soluzione efficace. In Inghilterra - paese tipico per lo sviluppo ma.- raviglioso delle associazioni cooperative di consumo - tutto ciò si osserva da molti anni; e noi vi abbiamo
RIVISTA DI POLITICA E SCIENZE SOCIALI 99 a più riprese rilevati questi interessanti fenomeni, e l'ultima volta l'anno passato in un articolo nella Riforma Sociale (25 Ottobrn 1894), cui rimandiamo il lettore desideroso di maggiori spiegazioni, che qui lo spazio non ci consente. Ciò che si nota sostanzialmente nel movimento cooperativo inglese è il cozzo continuo fra i grandi ideali di coloro - e finora sono la minoranza - che veggono nella cooperazione un ordinamento sociale che dov1•ebbc conciliare gli interessi di tutti - produttori e consumatori operai ed imprenditori - e fanno appello quindi, a. questo resultato, a sentimenti altruistici e di soliduietà sociale; e gli intenti più ristretti di coloro - e sono i più - che, organizzate le grandi cooperative di consumo e tutta una sede di istituzioni grandiose provvedenti ai bisogni di queste, non si preoccupano che degli interessi dei consumatori. Costoro vogliono limitare la loro azione entro questa cerchia strettamente egoistica, e non comprendono cll°e in tal modo non solo la cooperazione perde gran parte del suo valore socia.le, ma - or;;anizzata come è in Inghilterra dagli operai - giunge ad un resultato addirittura mostruoso, staccando gli O]Jerai, quali consumatori, dagli operai quali lavoratori, ed anzi ponendo 1,cr.sino in lotta gli uni contro gli altri, e cioè la classe lavoratrice contro sè medesima. La grande lotta è combattuta in Inghilterra - come spiegai a lungo nell'articolo sovra.citato - specialmente a proposito delle cooperative di produzione, che le cooperative di consumo inglesi aiutano pochissimo, e talora avversano, ed a proposito degli operai impiegati dalle cooperative di consumo, e specialmente dalla grande TV/wlesale di Manchester (colossale impresa di produzione e di acquisto al!' ing1·osso, costituita per loro conto da molte centinaia di cooperative di consumo)- operai che talora si lamentano del trattamento loro fatto (attriti e scioperi fra operai e cooperative sono non di rado avvenuti), e cui la \Vholesale si rifiuta ostinatamente di accordare una partecipazione ai profitti, come è insistentemente richiesto da anni dalla parte più liberale del movimento cooperativo inglese. La lotta si imperniava da molti anni su due grandi nomi: il TT'ansittart Neale, il grande apostolo della cooperazione e del socialismo cristiano - ben noto agli italiani - che sosteneva le idee più liberali ed avanzate ed aveva della cooperazione un altissimo concetto sociale; ed il Mitchell, presidente della 1Vholesale, uomo certo di grande valore e completamente disinteressato, ma che, dit-igendo una colossale impresa commerciale aveva finito per farsi della cooperazione un concetto gretto ed egoistico, e la riduceva e::;clusivamente ad una organizzazione - e diremmo quasi quasi una speculazione - nel!' interesse dei consumatori. Ora ent1•ambi questi grandi campioni sono spariti dalla scena del mondo: ma la lotta continua tuttavia, né accenna a cessare, per quanto pel momento ne sia diminuita alquanto l'asprezza; ed i recenti congressi ne sono una prova. * * Il congresso cooperativo tenuto a Londra nello scorso Agosto, ebbe carattere internazionale, e in complesso, un successo buono, e superiore all'aspettativa. Vi assistevano un centinaio di delegati, rappresentanti molte importanti associazioni cooperative inglesi, ed un buon numero di delegati stranieri: 8 francesi, 6 italiani, (fra cui Cavalieri, Croce, .Maffi), 4 belgi, 2 olandesi, 2 danesi, 2 americani, uno svizzero ed uno ::;crbo (noto la mancanza di dele 0 ati tedeschi ed austriaci, molto grave per l'importanza che hanno in quei paesi le istituzioni cooperative). Il congresso - di cui si occuparono tutti i giornali - e di cui l' Emancipation di Nimes, giuntami ora, dà un rendiconto diffusissimo e quasi ufficiale - fn tutto un trionfo degli ideali cooperativi (si noti che qui parlo di ideali semplicemente cooperntivi, nel senso indicato più sopra: tanto è vero che i delegati belgi non vi rappresentavano che la parte che potremo chiamare «conservativa» del movimento cooperativo belga (banche popolari), mentre quello socialista, così impcrrtante, non vi era rappresentato affatto). Lo1·d Grey, che presiedeva il congresso, fece un notevole discoi•;;;o in favore della partecipazione ai profitti e delle cooperative di produzione, attaccando vivamente il contegno e,;oistico della l,Vholesale, che in parte giustifica l'attitudine di riserva che tengono gli unionisti di fronte alla cooperazione. Il congresso dichiarò ad unanimità desisiderabile una larga diffusione delle· società di produzione, insistendo perchè i cooperatori di tutti i paesi vi diano impulso, e deliberando di raccogliere informazioni e studiare il modo ptatico di dare il maggio1· possibile sviluppo a questo movimento. E su proposta di Charles Robert, l'illustre apostolo della partecipazione degli operai ai profitti, il congresso venne in una deliberazione favorevolissima a questi ultimi, invitando tutte le cooperative ad adottare tale sistema a favore dei loro operai. Una p1'oposta tendenziosa di Mr. l:Iarclem rappresentante la grande unione delle cooperative di consumo inglesi, ( The cooperative union) di aggiungere che, ammettendo gli operai a partecipare agli utili si dovesse loro imporre di partecipare anche alle perdite dell' impre::;a, ottenne soli due voti, oltre quello do! proponente. E non solo queste deliberazioni, ma la stessa costituzione che risultò. dal congresso, di una alleanza cooperativa internazionale -- quale l'aveva vagheggiata il Vansittart Neale - segnò la vittoria al congresso di Londra della parte più liberale ed avanzata dei cooperatori inglesi. Questa alleanza, almeno dal lato pratico, potrà fo!'::;e
100 RIVISTA DI POLITICA E SCIENZE SOCIALI per ora da.re frutti modesti. Infatti per quanto sia bella la proposta. di porre le federazioni cooperative e le stesse singole cooperative dei vari paesi in rap1>orti commerciali fra di loro, in modo che possano scambiarsi fra loro quelle merci che ciascuna possa produrre od acquistare alle condizioni migliori ; pure dubitiamo che nello stato attuale delle cose essa si-a suscettiva di larga applicazione. Sebbene già - col loro spirito pratico - i cooperatori inglesi si siano mossi ali 'opera, e l'ufficio commercialo interna,zionale sia.si diret~o alle cooperative di tutti i paesi domandando i listini delle lot>o merci noi riteniamo cho, por del tornpo almeno, questa. iniziativa rcstel'à, entro un campo molto ristrctt.0 1 e limitato a qualche grande cooperativa (l'Unione coope1•ativa. di Mila.no acquista da molti anni merci dalla TVholesale inglese), ed a gruppi di cooperative associate per l'acquisto - organizzazione che da. noi non riuscì ad attecchire. Ad ogni modo questi tentativi, di cui altro volte si parlò, e che sono ripresi, e l'affermazione .. che esce vigorosa dal congresso di Londra della solidarietà dogli sforz.i cooperativi dei vari paesi, hanno un significato di alta idealità. Per non illudersi troppo giova a questo proposito osservare che il congresso di Londra era stato promosso dalla parto pili liberale dei cooperatori inglesi, dal Greenia[J, dal 1Volff, etc.; e che l'altra corrente per dir così egoistica o commerciale, non vi era che scaL·samentc rappresentata, o, trattandosi di un congresso internazionale che doveva limitarsi a dei voti astratti o non vincolanti, credette opportuno di non farsi viva, cosicché discussione. vera non ci fu. La discussione c'era. stata. invece poco prima al congresso nazionale di Jluddersfield; e, sebbene fosse meno vivace degli anni passati, i fatti che ne risultarono sono significanti, e tali da attenuare non di poco il valore delle deliberazioni unanimi di Londra. Ho sotto gli occhi il bel volume dei rendiconti del congresso di Huddersfield, pieno di notizie e di dati interessantissimi. Il movimento cooperativo inglese, dai da.ti forniti dal « centra.I boa.rd », appare sempre vigoroso, sebbene in questi ultimi anni, invece dei rapidi progressi precedenti, si noti una certa stazionarieta. 1 cd in alcune cifre, qualche decremento. Riassumo i dati pilt importanti. Nume1·0 Anni delle SoeietA 1892 JG6S 1893 IG35 1S9◄ IG7 ◄ Numero dei Soci I Ca.pitale I Vendite I Profìtti {in lit-ester.) finlireste1•.) (in lirester.) 1,219,336 1;1,047,332 ◄ 9,~,58,184 4,668,988 1,29$,.)37 14,5:)6,960 50,~3 ◄ ,303 4,6:"8,004 l,3~3.318 13,006,662 49,98.3,065 4,911.299 Biblioteca G no B anco Anche i dati relativi alle due 1Vholesales (inglese e scozzese), mentre indicano un continuo progresso nel capitale e negli utili, presentano qualche diminuzione nelle cifre delle vendite. Interessanti sono pure le notiz.io che t1•oviamo sulle società. cooperative di produzione inglesi. Nel 1894, (escluse le fabbriche delle Wholesales, le latterie ed i mulini da grano), ve ne erano 1201 con un capitale di lire ster. 537,859, ed un complesso di vendite nell'anno di lire ster. 976,880, con lii•o ster. 50,080 di profitti. Comprendendo le improse escluse si andava alla cifra di 186, ·e ad un complesso di vendite (risultanti dalla. produzione della società sia di produzione sia di consumo) di lire ster. 3,173,705. Il De Boyve, che assisteva. al congresso, dotte interessanti notizie sulle società parigine di produzione: a Parigi questo movimento, a quanto pa.re, ha ripreso vigore, é vi si conta.no circa 130 società di pro· duzione, che fanno, annualmente per circa 20 milioni di franchi d'affari. Per farsi però un'idea sufficiente del valore socia.le di queste cooperative di produzione, inglesi e francesi, occorrerebbe una seri oJ di dati e di investigazioni complesse; nè da queste poche cifre è possibile indurre grr..n che. l1 l)e lJuyve accenna.va pure ai progressi continui del Familistéro di Guisa, la famosa istituz.ione creata. dal Godie::J, e trasformatasi a poco a. poco in una completa e grandiosa società. coopo1•ativa di produz.ione. Questa maravigliosa creazione, nonostante la morte del suo fondatore, ha. continuato sempre beni~ ssiruo: ed ora. 2000 operai vi posseggono un capitale di oltre undici milioni, e rea.lizzarono nel 189-l per 262,000 franchi di utile. Molte altre interessanti notizie potremmo indugir..rci a. spigolare nel bel volume che ci sta dinanzi, edito dal ndente segretario della Cooperativo Union, Mr. Gray . .Ma ci tarda di venire alle quistioni fondamentali, dalle quali abbiamo preso le mosse. Il congresso - importantissimo (vi assistevano 900 delegati) cominciò sotto i migliori aus1Jici, colla presidenza d'onore di G. Thomson il pili eminente fautore della partecipazione al profitto in Inghilterra. Nella sua grande fabbrica di panni il 1'homson non solo ha ammessi i suoi operai a partecipare ai profitti, ma. ha rese loro accessibili le azioni dell'impresa, cosicché essi posseggono ora la quinta. parte del capitale; ed ha accordato loro otto giorni di vacanza all'anno, senza riduzione di salario. Il discorso inaugurale del Thom,.. son però, per quanto inspirato a concetti molto larghi, toccò appena di sfuggita la quistione della partecipazione al profitto; ed il congresso che pure approvò ad unanimità. un:- proposta di invitare le SO• ciotà cooperative a fondare una cassa. destinata. a dare impulso alle società di produzione, non volle entrare nella quistione spinosa della 1nutecipazione,
RIVISTA DI POLITICA E SCIENZE SOCIALI 101 e si limitò a votare, pure ad unanimità, e senza discussione, un ordine del giorno esprimente il desiderio che si addivenga ad una conciliazione fra i due indirizzi in cui sono divisi i coove1·atori inglesi, ed invitante l'ufficio centrale a convocare i rappresentanti di tali indirizzi, per addivenire ad una intesa. Ma tale intesa ci sembra davvero tutt'attro che prossima; tanto piit che la quistione, c11cciata dalla porta, ritornò subito per la finestra, sotto nuova forma, e più vivace che mai. Fu l'onorevole Plimltett, deputato irlandese al parlamento britannico, che venne a raccontare, con tinte efficaci, un episodio singolare del movimento cooperativo in Irlanda. In quella sventurata isola, in pochi anni, per impulso in parte dato dalla federazione cooperati va inglese, si è sviluppata la cooperazione agricola, specialmente mediante latterie sociali, costituite fra quei poveri fittabili, le quali alla produzione del burro uniscono anche altre utili funzioni, quali l'acquisto di sementi e concimi pei soci. In sei anni il resultato della propaganda cooperativa vi è stato tale, che 45 latterie già funzionano, ed altre 3Li sono ornai pronte per funzionare. Ora, fra tante, una sola andò male: la H'l,olesctle inglese disse di aiutarla, ma la mano che le porse, come osservò un cooperatore al congresso, fu la zampa del leone, che l'afferrò per divorarla: chè la Wholesale acquistò la latteria, ed i fittabili, di soci di questa, divennero semplici venditori di latte. Ma la Wholesale inglese non pare voglia limitrasi a questo: essa ha bisogno di enormi quantità di burro, da distribuire alle società di consumo: la latteria da lei acquistata ha preso, nelle sue mani, un grande sviluppo: ed essa già pensa di impiantarne delle altre ; ed anzi ha divisato di istituirne in località dove già funzionano le latterie cooperative dei fittabili. Che cosa avverrà in tal caso, è facilmente prevedibile: entro un certo raggio non è possibile - per la natura stessa dell'industria - l'esistenza di più latterie: l'una ucciderà l'altra; ed è facile prevedere di chi sarà la vittoria, fra la colossale e potente TVholesale, che dispone di milioni e di una perfetta organizzazione commerciale, e le piccole latterie dei lìttabili, a gran pena impiantate. Se la vVholesale seguita in una tale attitudine, concluse il Plunkett, il movimento cooperativo irlandese - che pure può essere prezioso mezzo di miglioramento alle miserrime condizioni dell'isola - sarà in brev'ora totalmente distrutto ! Fa pena sino a dirlo: alla comunicazione del Plunlwtt seguì, nel congresso, una lunga discussione: e se parecchi, e vivamente, appoggiarono le considerazioni suesposte, parecchi altri, con pari energia, sostennero le ragioni della TVholesale, sebbene i fatti e più ancora le intenzioni di questa, non fossero in alcun modo smentite. Vi fu chi fece voti perchè li!, Wholesale assorbisse tutte le latterie irlandesi, dichiarando che con ciò essa avrebbe reso un grande servizio ali' Irlanda; e chi, più cinicamente, dichiarò che la vVholesale aveva diritto di impiegare i suoi capitali meglio che poteva ! E la proposta, moderatissima, del Plunkett di far voti perchè la ,vholesale non continuasse su questa via, fu respintci dal congresso! In verità per quanto già anche troppo, e purtroppo, scettici, non avremmo creduto che una grande società cooperativa ed un grande congresso di cooperatori potessero dare di sè spettacolo così rivoltante. ]~ Saturno che divora i suoi figliuoli: è l'egoismo dei consumatori che dilaga, e trasforma delle istituzioni sociali in imprese di sfruttamento dei lavoratori: è la cooperazione che distrugge sè medesima. La Wholesale ha bisogno di burro per il migliaio di cooperative di consumo che la compongono: essa trova in Irlanda dalle piccole latterie sociali che glie lo posson fornire ad ottime condizioni, pure ricavando un compenso pel lavoro dei loro miserrimi soci. Queste lattel'ie sono ancora deboli, poco fornite di mezzi: e la \Vholesale - che è, in sostanza, la cooperazione inglese - 1000 società, su 1600 - potrebbe facilmente aiutarle coi mezzi pot~ntissimi di cui dispone. Niente affatto: la TVholesale non è che una colossale unione di consumatori, che voglion comprare al miglior buon mercato possibile, ed impiegare magari ad usura, i loro capitali. Essa non presterà nulla alle latterie dei lavoratori irlandesi, ma le compret·à; oppure farà loro concorrenza e le farà fallire, per aumentare ancora la cifra, diggià enorme, dei suoi profitti, con parte degli scarsi guadagni dei produttori di latte. Ed i fittabili ir~andesi, già spolpati dai « landlords » assenti, saranno, nei loro modesti tentativi di miglioramento, aiutati « colle zampe del leone » dai cooperatori inglesi, immemori delle loro origini, dimentichi - nel loro egoismo selvaggio di consumatori - che sono essi medesimi, nelle gran maggioranze, semplici lavoratori! L'eloquenza di questi fatti concreti - del resto non nuovi - è tale, che paralizza l'effetto di tutte le più belle e più ideali deliberazioni platoniche dei congressi internazionali. E mentre scriviamo, quasi ci si spezza fra le mani la penna, e ci scappa dalle labbra frementi una bestemmia. Questa è dunque la cooperadone che noi avevamo sognata? Oh no: non neghiamo certo i resultati maravigliosi del movimento cooperativo inglese, nè gli contestiamo le molteplici ed altissime benemerenze: ma se esso seguita su questa via, potrà aumentare bensì il suo grandioso successo commerciale, ma non riuscirà ad altro che ad una grande e disastrosa delusione sociale. Gli è ben vero che una falange di pensatori e di
102 RIVISTA DI POLITICA E SCIENZE SOCIALI filantropi sta. da a.nni sulla breccia, nell'arringo dei congressi e del movimento cooperativo inglese, combattendo in nome di idee larghe e di concetti altruistici. Ma, finora, ad essa risponde, l'egoismo sempre più gretto ed ostinato della 1Niolesale: nè si pub dire di questa. soltanto, perché essa, già lo abbiamo osservato, rappresenta la gran maggioranza delle cooperative inglesi. A quale delle due correnti spetterà la vittoria, noi · non osiamo profetare : ma dubitiamo forte che la schiera liberale dei cooperatori inglesi trovi nei suoi ideali - scmtilicomontc coopc1·ativi - l'energia sufficionto 11c1·vincuro l'cgois1uo dei consurnatori associati. Non bestemmiamo contro la cooperazione : riconosciamo che ossa può essere, ed é uno strumento prezioso di miglioramento sociale. Ma come è attuata ora essa è non di rado unilaterale, manchevole; lascia. luogo a conflitti profondi e dolorosi di interessi, nei quali scatta fuori, indomata., la bestia umana. Nè i sem11lici ideali cooperativi, ed il semplice appello alla ~oJidarietà ed all'altruismo ci sembrano capaci di domarla. È tutta una educazione da fare, è una energia più vigorosa che ci vuole: o ce la da1·anno forse i grandi ideali del socialismo, ce la daranno forse la educazione e la propaganda socialista, templ'anti a lor volta le loro aspirazioni impazienti nella prc1.iosa scuola pratica della cooperazione. UGO RABBENO. LA PIOVRA BUROCRATICA< 1> li chiarissimo Dottor Benini ha fatto molto bene a riassumere e a far conoscere al pubblico la pubblicazione importantissima della Direzione generale della tatistica sui ruoli organici delle amministrazioni civili e militari del Regno al I luglio 1801 confrontati con quelli degli antichi Stati italiani al 1 gennaio 1859 (Annali cli Statistica. Serie IV. N. 62. Roma, Eredi Botta). Nel momento in cui tanto si parla di economie sulle pubbliche amministrazioni lo studio in discorso riesce di vera opportunità. C'è una nota che ha una importanza retrospettiva da non lasciarsi passare inosservata ed è quella che riguarda la proporzione degli impiegati - esclusi i militari - nel corpo elettorale nel 1861: essi no rappresentavano la decima parte. Tenendo conto delle loro relazioni e parentele si può immaginare quale influenza esercitava allora la burocrazia nelle elezioni. O) Oc.uor Rodolro Bcnini: La Uurocra;;ia di Stato i11 Italia do.i 1859 al 1891. Torino 139·,. Roux e Frassati. Biblioteca Gino Bianco Dai numerosi e accurati confronti l'A. viene a queste conclusioni: « I servizi che pii1 sono connessi allo s,·olg-imentodella coltura intellettuale del paese, sono quelli i quali hanno guadagnato in estensione; i servizi invece derivanti dai rapporti di dare ed avere tra lo Stato e i privati, rapporti che sorgono pel fatto foll'imposta, del credito pubblico, ecc. presentano un fenomeno inverso. Chi vuol giudicare spassionatamente il progresso della burocrazia di Stato in Italia non deve prescindere da questa importante distinzione, come non deve prescindere dall'altra circostanza, gi~ da noi accertata, che quel progresso è sostanzialmente do- ,·uto ai servizi diffusi, grazie ai quali l'opera civilizzatrice dello Stato si è pii, avvicinata alle popolazioni dei minori centri ... Non mancherà di fare impressione il fatto che nel 1883 avevamo un pel'- sonale impiegato presso a poco uguale a quello del 1830; e che allora non si avvertivano così grandi lacune nei congegni pubblici, da doversi provvedere in soli otto anni coll'aumento di circa 11 mila funzionari! » Su questo dato di fatto c'è da fare una domanda alla quale è difficile dare risposta: questo enorme e rapido aumento della burocrazia del 1883 in poi sta in relazione coll'allargamento del corpo elettorale o colla corruzione politica sfacciatissima iniziatasi col h·asfo,·mismo del Depretis e contintinuata dai successori? Forse un po' coll'una e un po' coll'altra causa. li Benini continua: • La pubblicazione della di1•ezionegenerale della statistica non si presta certo a risolvere il problema se ed in che modo si possano semplificare gli ordini dello Stato, se e quando si possa ridurre il pe1~onale impiegato e la spesa, soluzione, cui si arriverebbe solo con l'analisi minuta· caso per caso, di ogni congegno della macchina amministrativa e con rigorosi confronti tr·a la necessaria estensione òei singoli servizi e il minimimi di forze presunte occorrenti a disimpegnarli. Ma è già un primo passo quello di avere assodato in che rami di pubblico servizio siasi realizzata una economia dal 1859 in poi, e in quali l'aumento dei funzionari e della spesa rappresenti imprescindibili necessità create dai nuovi bisogni della sociefa amministrata; è già un primo passo quello d'ayer fatto nascere il dubbio se la ,·era o la pretesa pletora di burocrazia non debba ricercarsi, più che nell'amministrazione dello Stato, in quelle di enti minori, provincie, comuni, ecc. Chi scorrendo le prime statistiche dei bilanci comunali del Regno vi legge che le spese di tutti i Comuni nel 1858, esclusi quelli del Lazio, non toccavano i 230 milioni, sebbene ingrossate per 26 milioni dalle enormi esazioni militari dell'Austria nel LombardoVeneto, non può non meravigliarsi di trovarle
RIVISTA DI POLITI ;A E SCIENZE SOCIALI 103 portate a 645 milioni nel 1891 (comprese le partite di giro e le contabilità speciali). Il sistema rappresentativo applicato anche alle amministrazioni locoli ha certo la sua parte di merito, ma ancora di colpa, in questo ingrossamento dei bilanci passivi; la partecipazione diretta dei contribuenti al voto delle spese e delle imposte comunali, il 1·eferendum, come si dice, conosciuto ovunque in Italia nella seconda metà del secolo scor o e rispettato in Lombardia col sistema dei con·vocati fino al 1859, avrebbe forse fatt0 prevalere una piì1 prudente condotta, sopratutto una condotta poco favo1•eyole all'ingombrante funzionarismo. » Qui ci permettiamo qualche breve os ernzione. 11 chiaro professore della Scuola di Commercio di Bari ci sembra benevolo verso la burocrazia di Stato e seYero verso quella delle ProYincie e dei Comuni. Il vero è che l'una e l'altra si sono forse SYiluppate piì1 del don1to ed è certo del pari, che lo sviluppo rappresenta, come dice l' A., imprescindibili necessità create clai nuovi bisogni della :società a1nminist1 ·ata. Che nella burocrazia di Stato lo sviluppo sia stato soverchio si può dimostrarlo colle ultime riduzioni, che potranno es ere e saranno maggiori nello avvenire per le esigenze inesorabili della finanza e per la impossibilità di avere nuove imposte o di aggravare le antiche. La colpa delle amministrazioni comunali e provinciali parra minore, quando si rifletterà che lo Stato da parecchi anni in quà ha adottato il comodo sistema di riversare sugli enti locali molti senizì pubblici e che i comuni da recente sono stati costretti dalle leggi a spe e enormi per la istruzione pubblica obbligatoria, per la igiene ecc. ecc., spese utilissime, che non si possono deplorare e che rappresentano un impiego di capitali al 100 010. Il regime rappresentativo ha i suoi inconvenienti; ma l'assolutismo dell'ancien regime ebbe il suo dispendiosissimo funzionarismo per capriccio e comodo della sola Corte senza che il pubblico ne ricevesse vantaggio alcuno; mentre altri Stati nei quali vige e funziona correttamente il regime rappresentativo la burocrazia non ebbe l' incremento che ha avuto tra noi; per es. m Inghilterra e in !svizzera. Non c'è dubbio, che allo . tato attuale delle esigenze dei pubblici servizì in Italia sono possibili e s' impogono ulteriori riduzioni nella burocrazia, piì1 in quella dello Stato che nell'altra degli enti locali, la guida migliore per- praticai•le è quella che ci offre il paragone colle nazioni meglio amministrate - ad esempio l'Austria e la Germania. Da questo paragone emerge che un serrizio che in Italia è disimpegnato da 10 funzionarì presso le due cennate nazioni ne esige un numero minore e le cose vanno molto meglio. La Rivista ritornerà su questo importante argomento; intanto constata con piacere che l'idea del referendum si fa strilda anche tra le persone, che non la pretendono a democratici, qual' è il Benini. Il refei·endum è il freno migliore alle spese pazze o disoneste e allo sviluppo, sproporzionato: ai bisogni, della burocrazia. N. C. I PROBLEMI DELLA POPOLAZIONE Economisti, demografi e politici discutono da molti anni in Francia sulla diminuzione della popolazione. 11 fatto ben constatato é stato variamente interpl'etato e gli sono state assegnat.e cause e significati 111olteplicie contl'additori. La discussione é stata ripresa in seguito alla pubblicazione che ha fatto da recente l' Economiste francais delle cifre dell'ultimo censimento, che dimostrano la diminuzione costante delle nascite nella misura indicata dalla seguente tabella: dal 1806 al 1815 di 31,21 pe1· 1000 ab. » 18Hl » 1830 » 31,25 » » » » 1831 » 1810 » 20,01 » » » » 1841 » 1851 » 1861 » 1871 » 1881 » 1850 » 27,44 » 1860 » 26,33 » 1870 » 26,80 » 1880 » 25,42 » 1890 » 23,87 » » » » » » » » » » » » » » » » 1891 » 1893 » 23,57 » » » Queste cifre hanno allarmato molti patl'ioti francesi ed hanno fatto gongolare di gioia non pochi nemici della repubblica di oltralpi; ma per ridurre alle giuste proporzioni l'allarme degli uni e la gioia degli altri, per valutare il fenomeno esattamente e non trarne erronea conclusione è necessario metterlo in relazione con altri fatti d'indole analoga. Il primo fatto da constatare é che la tendenza alla diminuzione delle nascite si può dire oramai generale o non propria, non caratteristica della Francia dove é soltanto più accentuata. Nel Belgio la media annua delle nascite é discesa dal 1881 al 1892 da 31,78 a 28,92 per mille; la diminuzione, però, tra i due clementi etnici diversi, che compongono il Belgio, è avvenuta trn i valloni, che parlano francese e più si avvicinano al tipo francese e non tra i fiamminghi. Ì\ ell' Inghilterra, ha notato il direttore generale della statistica sii· Bridges P. Henniker, dal 1837 al 1878 aumentarono le nascite; e raggiunsero la forte proporzione del :15,5 per 1000 dal 1870 al 1879. La diminuzione comincia dopo il 1879; nel 1889 siamo
104 RIVISTA DI POLITICA E SCIENZE SOCIALI già a 30,5. Una bella discesa, che in un solo decennio non si era mai verificata. in Francia. In lscozia le cifre sono presso a poco uguali e in Irlanda la discesa è ancora più rapida. Diminuisce pure la natalità negli Stati Uniti del Nord-America, dove esistono tuttavia tutte le condizioni per lo incremento continuo e rapido della popolazione; e per questo contrade s'intende che non ci riferiamo allo aumento dovuto . alla immigrazione Enl'opea. La stessa tendenza si potrebbe constatare altrove. Se la comparazione internazionale è una doccia fredda poi nemici della Fr.incia il confronto della natalitil. tra le varie cla.:::.sidi uno stesso JJaosc ribadisce o illustra meglio i ri:sultati della prima. :Molti anni orsono il Quetelet aveva osservato che precisamente le classi pili povere e meno istruite erano quelle che procreavano di più: la fecondità. umana veniva indicata come la dote dei miseri che perpetuavano la propria miseria. A questi miseri non rimaneva che il conforto di essere i soli a praticare l'evangelic.o precetto del: crescete e moltiplicatevi. Le ulteriori e più esatte osservazioni statis.~iche confermarono le conclusioni del grande scienziato belga. Per l'Italia il Prof. Del Vecchio complessivamente per le regioni - salvo poche eccezioni - dimostrò che le nascite erano e sono in ragione inversa della ricchezza e in ragione diretta dell'analfabetismo. In Francia i dipartimenti J_Jiit ricchi e nei quali ò rueglio divisa la pt·oprietà sono i meno feconùi. Pel' l' In;;hilterra il Dumont osservò : che le ricche famiglie aristocrD.tichc, se si fossero moltiplicate secondo la formula malthusiana, dall'anno 1000 in JJOia quest'ora dovrebbero avere 17 milia.rdi di discendenti. In vece sopra 372 pari0 ereditarie solo 24 rimontano al secolo XV! Il Macfarlawe dopo avere studiato il problema della popolazione negli Stati dell'Unione Americana in rappo!'to alla razza, alla densità degli abitanti, alla produzione agl'icola e industriale e alla distribuzione della ricchezza, concluse che la popolazione tonde per sè stessa a limitarsi appunto là dove la civiltà è più diffusa e la produzione è più intensa. Accanto a questa constatata tendenza generale alla diminuzione delle nascite, che può inspirare a qualcuno delle melanconiche riflessioni ci sta un altro fatto assai confortante: da per tutto, quando aumenta la ricchezza e la coltura, si eleva la durn.ta della vita media. Se ne può dunque concludere che se nascono meno uomini essi, però, YiYono di più. Alla ricel'ca tielle cause della diminuzione delle nascite. La circostanza che nel J3elgio gli clementi più vicini ai francesi sono quelli che presentano l'u:;ualc fenomeno farebbe sospettare che la t·azza possa eserBibiioteC8 Gino Bianco citarvi una influenza; ma la fecondità della razza francese nel Canadà esclude tale ipotesi. La costanza del fenomeno nella stessa Francia. sotto il primo impero, la restaurazione borbonica, la monarchia costituzionale degli Orléans, la seconda repubblica, il secondo impero e la terza repubblica basta da sò sola ad escludere che le forme politiche possono ese,·citare una qualsiasi azione sulla natalità di un popolo. Nè ci sembra che si possa seriamente discutere se il fenomeno possa attribuirsi alla graduale realizzazione del desiderio pessimista di vedere spegnere l'umanità formulato da Schopenhauer, da Hartmann e da. tanti altri e da Olindo Guerrini ultimamente in Italia. La diminuizione delle nascite non può essere l'effetto di quelli che Malthus chiamò f,·eni positivi: miseria, guerra, epidemie ecc. Invece si potrebbe bene ammettere che essa sia la conseguenza voluta dei r,·eni JJJ·evenlivi. Per la Francia, infatti, il Leroy-Beaulieu ritiene che il fenomeno si verifichi: l · perché i genitori considerano che i figli non sono più rimuneratori cç,me una volta e non arrecano piil alla famiglia il contributo che un tempo si ritraeva dallo occupazioni agricole e industriali dei fanciulli e degli aclnlescenti; 2· perché il progresso dell' istruzione, dell'ambizione personale e domestica, delle idee democratiche, il crescere della concorrenza nelle diverse carriere, il gusto del lusso, del viver libero, l'eccesso della previdenza da una parte ritardano i matrimoni e dall'altra fanno guai·darc con apprensione alla possibilità d'una numerosa figliuolanza. Questa spiegazione raccoglie i maggiori suffragi; e i fatti constatati se si devono ricondurre a tale causa non farebbero che confermare pienamente l'ipotesi malthusiana e la efficacia del freno preventivo. Spiegazioni diverse, che eliminano l'azione della ,•olontà, suno quelle biologiche secondo le quali: da un lato la buona nutrizione diminuisce la fecondità e dall'altro vi sia inver•sione tra la funzione del cervello e quella degli organi generativi. Col crescere della civiltà e della prosperità aumentando il consumo di fo1•za nervosa destinai.~ alla funzione intellettuale diminuirebbe in cornpenso quella occorrente alle funzioni genetiche. Il Doubleday e lo Spencer e parecchi altri, fisiologi e demografi, hanno dato autorità a questa ipotesi biologica suffragata anche da argomenti tratti dalla fisiologia comparata. Fourie1• addirittura stava coi primi: che credono che i cibi abbondanti diminuiscano la feconditi. l~ difficile stabilire con precisione da qua.le parte sia la vcriti~ perchè la spiega.1.ione malthusiana non esclude la biologica; e viceversa. Una causa potrebbe rinforzare l'altra. Ma questa diminuzione delle nascite è un bene o è un malo?
RIYIST A DI POLITICA E SCIENZE SOCIALI 105 La soluzione as:;oluta di questi problemi non esiste. Certamente sarebbe desiderabile che gli uomini non s'imponessero alcun freno nella soddisfazione dei bisogni sessuali, poiché questo freno rappresenta H maggiore, il più doloroso sacrifizio che all'uomo si possa imporre. E di sacrifizio alcuno non ci sarebbe necessità se la fecondità diminuisse spontaneamente in se_;nito o alla più abbondante nutrizione o al maggiore lavoro intellettuale. j\fa sino a tanto che questa ipotesi non sarà dimostrata rigorosamente vera si dovrà convenire col Dumont: che val meglio mettere meno uomini al mondo e assicurare loro una maggiore somma di godimenti, anziché procreare senza riflessione e aumentare il numero dei miserabili e dei sofferenti. Quale che sia la causa il fatto è innegabile; ma questo fenomeno è un indizio di regresso o di progresso sociale? Quando la diminuzione delle nascite era un fatto che veniva creduto esclusivo della Francia, per antipatia di razza o per odio politico venne ritenuta come un grave segno di degenerazione. Ed a qualcuno che sostenne ciò rispose vivamente nel 1889 il Dr. N. Colajanni. (Francia! La grande degenerata). Su per giù quale un indizio di degenerazione continua a giudicarla, se non erriamo, uno scrittore eminente: il Loria. A torto, a nostro avviso. Non indica degenerazione fisica perché la razza francese fisicamente é superiore all'Italiana, che di tanto é piLl feconda. In Italia è maggiore la mortalità che in Francia e vi si é dovuto diminuire il limite della statura per la idoneità al servizio militare per non vedere assottigliare di molto il contingente annuo della leva. Lo elevamento della media della durata della vita, che accompagna la diminuzione delle nascite tanto in Francia quanto in Inghilterra del resto esclude la degenerazione fisica. Non indica neppure degenerazione morale. Non discuteremo qui la moralità della prevenzione malthusiana, difesa trionfalmente dal E:autsh,r - le cui idee in proposito vennero in Italia propugnate e divulgate nelle file socialiste dal Colajanni - colla opportuna aggiunzione corrcttiYa alla formula macchiavellica del fine che giustifica i mezzi tradotta in quest'altra: il fi,ne giustifica il mezzo miglio1·e tra i possibili; ma è certo che i dati principali positi vi e negativi, che fanno ritenere maggiol'e la moralità di un popolo si accompagnano alla diminuizione delle nascite. La proporzione tra i legittimi e gl' illegittimi non é criterio sicuro, poiché essa può derivare da var'ì fattori legislativi e sociali senza che la maggiore o minore moralità vi abbia che vedere. Cosi sappiamo dal ::ifayr che in Baviera per lungo tempo fu altissima la cifra degli illegittimi per gli ostacoli legislatiYi, ch'erano stati posti al matrimonio. In Inghilterra poi colla diminuizione delle nascite si ebbe contemporaneamente quella degli illegittimi e dei delitti. La Francia col minor numero di nascite ha un una delinquenza sensibilmente minore di quella dell'Italia. È grave errore, infine, il prendere questo relativo spopolamento, che deriva dalla diminuzione delle nascite come un indice di regresso sociale. Il De Greef giustamente ha avvertito che si deve essere molto cauti nell'emettere giudiz'ì su questa quistionc: il pl'ogresso o il regresso sociale non può desumersi da un solo o da pochi dati, per quanto di ordine superiore, ma deve determina1·sene la esistenza dal complesso di numerosissimi clementi concomitanti. E l'avvertimento fece precisamente a proposito di questa diminuzione delle nascite in Francia. (Le transformisme social.) Sarebbe davvero strano che si dichiarasse in regresso un popolo che vede aumental'e la ricchezza, la coltura intellettuale e morale, i godi menti ed anche la durata della vita solo perché vi diminuiscono le nascite. Invece si sarebbe tentati a dar ragione al Leroy-Beaulieu che dal fatto che l'uomo primitivo é molto prolifico e quello incivilito lo è molto meno ritiene il fenomeno in discorso come un indizio di aumentata civiltà; mentre altri ritengono, che una moderata pressione della popolazione rappresenti un pungolo efficacissimo che sprona al progl'esso. Ciò che può essere vero. Ma chi data l'attuale organizzazione sociale e la mancanza di conoscenza nella maggioranza degli 11omini della statistica delle sussistenze potrà stabilire a priori qual' è il punto giusto della pressione utile che non può e non deve essere oltrepassato? ,,_ * * I politici, particolarmente la varietà patriottica, che comincia a divenire molestamente anacronistica, si preoccupano della diminuizione delle nascite perché riduce la nazione che la presenta. facile preda delle altre limitrofe la cui populazione aumenta in proporzioni pii1 o meno grandi. Perciò- si calcola in Francia quanti saranno tra un secolo i suoi abitanti e quanto quelli della Germania e dell'Italia e si guarda all'avvenire con un certo terrore. Al di lù, delle Alpi molti cou Bertillon angosciosamente p1·cdicono che : fra venti anni vi saranno dne soldati tedeschi per un soldato francese. ::ira giustamente si o ·servò che la forza militare di un paese non dipende esclusivamente dal numero totale dei suoi abitanti, ma anche, e forse di più, dalla composizione della sua popolm:ione - proporzione tra maschi e femmine, tra adulti e fanciulli - e della sua potenzialità economica. Per questi fattori la Francia si tl'ova in migliori condizioni della Germania. Data la esattezza di quanto fu esposto sulla tendenza generale alla diminuizione delle nascite si può
106 RIVISTA DI POLITICA E SCIENZE SOCIALI essere tranquilli sul preteso pericolo, che desta le apprens.ioni p·atri0ttiche; poichè sarebbe sicuro che anche in Germania e in Italia tra un secolo sarebbe tanto diffuso od inteso il benessere economico ed intellet-- tuale che lo incremento della popolazione vi troverebbe lo stesso freno. I francesi del resto potrebbero trovare conforto nella profezia, che fa un illustre tedesco, il Gumplowicz; il quale prevede che il giorno in cui la Francia dovesse scomparire come nazione; per le stesse ragioni di ordine cronologico la Germania sarebbe soggiogata dalla Russia. Bisogna contare inoltre sul progresso morale, che muterà in meglio i 1•apporti internazionali e renderà sempre più inverosimili le invasioni violenti morebarbarico. Questo pericolo potrebbe spostarsi: scomparendo per la Francia rispetto alla Germania e ali' Italia sorgerebbe per la razza ariana complessivamente considerata di fronte alla turanica tanto più numerosa e più feconda. Sarebbe il momento tragico dello scop11io del conflitto tt-a le due gl·andi razze umane, previsto dal Marselli e da tanti altfì. Ora come ora, anche questo timore non ha ragione di essere, poiché la superiorità intellettuale degli ariani è tale e tanta che essi sapendo mettere a. profitto tutte le scoperte e le applicazioni della scienza per la offesa e per la difesa militare possono tenere in rispetto, sebbene in numero minore, le orde asiatiche. Ciò è tanto vero che scarsi manipoli di europei s'impongono colla politica coloniale alle moltitudini innumerevoli turaniche. Non si esclude la imprudenza e la impreveggenza nella condotta degli europei, che vanno ad educare e a provocare questi possibili loro nemici; i quali quanto rapidamente possano progredire dal lato guerresco lo ha dimostrato da recente il Giappone. Gli ariani colla politica coloniale che praticano disonestamente verso le razze gialle e nere insegnano a questo l'arte ·della guerra, additano la via della invasione e somministrano loro il giusto motivo per una rivincita. Agli europei contemporanei potrebbe accadere ciò che avvenne ai Romani antichi, che colle loro conquiste prepararono la invasione dei barbari. Mettendo da parte il pauroso problema della lotta possibile in un avvenire forse non molto remoto tra ariani e turanici e tornando ai rapporti ed ai pericoli, che sorgono tra popoli europei con diverso quoziente di natalità si osservi che se la invasione violenta non è probabile, invece è un fatto bene avverato l'emigrazione continua e pacifica dalle nazioni nelle quali l'incremento della popolazione Ò forte verso quelle nelle quali è più lento o che già cominciano a subire un vero spopolamento. La Francia è quotidianamente invasa da italiani, da tedeschi, da spagnuoli, da belgi, da svizzeri, che vanno a cercarvi Biblioteca Gino Bianco lavoro e benessere e che spesso finiscono col fissarvi la. loro dimora. Questo graduale e pacifico infiltramento di elementi stranieri nella vicina repubblica non costituisce un pericolo etnico o politico; esso non altera la struttura e la compagine del popolo. Italiani e tedeschi se prendono domicilio stabile in Francia si trasformano, si fondono e si assimilano con l'elemento indigeno: i Kellermann, i Klebe1•,i Denfert di origine tedesco., i Bonaperte, i Gambetta, i Zola di origine italiana si sono rivelati patrioti francesi altrettanto, se non più ardenti di quelll di antica origine celto-franca. Nè il fenomeno è esclusivo della Francia. Gli Harcourt e i Labouchère di origine frances.e in Inghil,. terra non la cedono in patriottismo agli Hartington ed ai Gladstone; i Belgrano e molti altri italiani il ioro patriottismo hanno esplicato in senso sud-americano. Nell'Istria e nel 'l'l·entino molti, che anelano ardentemente all'unione coll'Italia sono di 01•igine slava o tedesca; e slavo per il cognome si rivela l'ultimo martire dell'irredentismo italico: Guglielmo Oberdank. In generale gli elementi a civiltà inferiore se numericamente non troppo preponderanti, quando vengono in contatto con elementi a civilti superiore assumono il carattere e la nazionalità dei secondi. Perciò l'Alsazia, la Lorena, Nizza, la Corsica, sono francesi nell'animo sebbene per lingua, per religione. ed anche per caratteri antropologici siano tedesche o italiane, mentre le popolazioni della valle di Aosta, che parlano francese sono non meno italia,ne di quelle che dimorano in Toscana. I fatti nel loro svariato aspetto, adunque danno ragione ai socialisti ed a tutti quegli ottimisti, che non si preoccupano della sproporzion~ tra gli uomini e le suss1stenze che dovrebbe sorgere dalle due progressioni malthusiane, opportunamente corrette da. Messedaglia, e che potrebbe condannare l'umanità. alla spietata darwiniana lotta per la esistenza. Gli avvenimenti compiuti e le tendenze constatate chiariscono davvero insussistente il pericolo della così detta sopra.popolazione assoluta; sebbene non siu. provato che ad eliminare il pericolo non contribuisèa la previdenza malthusiana. Ed hanno ragione da vendere gli stessi socialisti quando deplorano vivamente le sinistre conseguenze economiche e morali di quella. soprapopolazione relativa, la quale è prodotta dalla cattiva organizzazione sociale presente. In ogni mod0, e comunque agiscano i diversi fattori, la sperimentazione sociale dimostra che le nascite non si proporzionano alle sussistenze o ai mezzi di esistenza. se non quando il benessere materiale e l'istruzione sono sufficientemente sviluppati; e rimane quindi giustificato il desideratmn socialista, che mira al con-
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