82 RIVISTA DI POLITIIJA E SCIENZE SOCIALI - tradotta e completata sapientemente dal governo borbonico colle tre famose f: forche, farina e feste - non fosse mancato il termine più importante: il pane. ì\ia non cli solo pane vive l'uomo; e perci6 altri motivi consigliarono al popolo di appartarsi dalle feste. Giosuè Carducci, in tempi meno tristi dei presenti, quando non era stato Yinto dalla satiriasi reazionaria, quei motivi compendio nei suoi Ye1-si celebri: impronta Italia domandava Roma; Bizanzio essi le han dato. Di Bizanzio in Roma oggi, più che venti anni or sono, vigono i costumi corrotti e le violenze scellerate che ne fanno davvero una capitale degna ciel basso impero (1). Le illusioni infatti non sono possibili. Roma come capitale d'Italia è venuta meno agli obbiettivi alti e immediati, che alimentarono la fede di tanti martiri e di tanti eroi; la tei·.=aRoma nelle realtà è assai diversa da quella ideale yagheggiata dai grandi italiani, da Dante e Macchiavelli in poi. La te1·za Roma non rappresenta il vecchio concetto laico e ghibellino. Se mai esistette nella mente dei nostri governanti essi finirono di annegarlo nelle torbide acque partenopee, quando fu chiesta la couciliazione col passato e se ne ebbe uno schiaffo che compensa quello di Sciarra Colonna a Papa Bonifazio. La tena Roma non incarna il concetto della forza, tutelatrice di vera indipendenza. I governanti per vili transazioni diplomatiche le procurarono immeritate sconfitte belliche e l'aggiogarono prima al carro di un imperatore e poi a quello di una alleanza, che assicura a noi i danni incalcolabili del militarismo senza garantirci il rispetto dello straniero e l'utilità materiale della vita a nazione. La tei·za Roma non è quella auspicata da G. Garibaldi, che la voleva libera e apportatrice di libertà agli altri; non è quella di Carlo Cattaneo, che la sperava antesignava di civiltà, anello aureo di solidarietà internazionale nel culto dell'arte e della scienza, contro ogni egoismo, contro ogni piccineria, che prende le mosse da un patriottismo volgare e in esso termina; non è quella di G. Mazzini, che nel suo avYento YedeYa la grande trasformazione religiosa e la solenne affermazione della preminenza della quistione morale. La terza Roma, infine, rimane la grande balussada, che dette all'Italia materialmente una capitale come coronamento della politica del carciofo da mezzo secolo svoltasi a benefizio di una dinastia attorniata e servita da rnmpiri. Intanto la Roma moderna sorta dagli avvenimenti del 1870 avrà in appresso, anche perdurando qual' è, la sua grande efficienza e le verrà da quella legge (1) li giudizio severo si potrebbe confortare riproducendo alcune u·a le più vigorose poesie del Cat·ducci, sct·itte - è utile ripeterlo - quando la decadenza italiana era era minore dell'a1tuala. delle guarentigie, che creo al papato una situazione senza uscita e che rappresenta l'ultima, forse la sola grande esplicazione del pensiero politico del partito moderato. Ma il risultato futuro non poteva appassionare il popolo e non poteva essere festeggiato oggi quando è stridentissimo il contrasto tra ciò che è e ciò che potrebbe e dovrebbe essere Roma. C'era un modo, nella triste ora presente di rendere popolare e benedetta la festa ufficiale, dandole l'alto significato, che nella mente dei piì1dovrebbe avere, il significato di festa del libero pensiero. Ma chi sta a capo del governo italiano per darglielo avrebbe dovuto per un momento rinunziare ai bassi sentimenti di vendetta che ne guidano ed inspirano la condotta; avrebbe dovuto stabilire un taglio netto tra i criteri di governo della Roma papale e della Roma Sabauda; ed esso non ha voluto la responsabilità di un'opera buona, anche compiuta per via di eccezione; ha avuto quasi paura di crearsi una benemerenza secondando il volere della nazione, più volte e in più modi manifestato ; e per ciò fece preannunziare ai quattro venti: che il giorno XX Settembre non sarebbe stato giorno di festa o di gioia per le madri, e per i figli di tutte le vittime dei tribunali militari, non sarebbe stato giorno di riparazione e di giustizia, signando albo lapillo; - e tenne la promessa promulgando un indulto parziale, eh' è ben diversa cosa dal lato morale, politico e giuridico dell'attesa e sospirata amnistia completa, che sarebbe stata, più che altro, atto di riparazione e di giustiz!a (1). Perchè poi delle intenzioni sue non si sospettasse menomamente preparò l'animo degli italiani coll'arresto del fior fiore della intelligenza, e della abnegazione della gioventt1 siciliana, collo scioglimento illegale di tutte le pacifiche associazioni repubblicane e socialiste d' Italia. E volevasi festeggiare il libero pensiero quando così iniquamente conculcavasi la libertà? * * * Arrestiamoci a questo punto dopo avere dimostrato perchè il popolo non poteva e non .doveva associai-si con slancio alle feste ufficiali pel 25· anniYe1-sariodella così detta liberazione di Roma; e ricordiamo, pria di finire, che i venticinque anni di vita italiana in Roma furono tali che i clericali hanno potuto passarli in rassegna senza che dal paragone col regime precedente abbiano ragione di vergognare. Auguriamoci che una raffica poderosa anche violenta ma rapidamente risanatrice, spazzi tutto il putridume presente; auguriamoci di gran (I) L' iudulto del 20 Scttem~re non solo lascia in carcere gli <'<liati da Crispi: - Do.,·bnto,De FeJice, Bosco, Verro; ma vi lascia anche 111olti disgraziatissimi popolani. Degnissimo di amnistia era il s'Jldato Lombardi no vittima di uu errore giuditiario; e vi rimangono tanti altri pei fatti di Castelvetrano. di Monreale, di Partinico che furo1Jo condann~ti a pene inique, eaorbilanti.
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