94 RIVISTA DI POLITICA E SCIENZE SOCIALI e libri hanno pubblicato in questi giorni ; queste date sarebbero sembrate rimprovero amaro e inesorabile a coloro che non ebbero mai chiara la visione della missione italica in Roma; che s' illusero sui mezzi per iniziarla e compirla e credettero potere educare il popolo alla libertà tenendolo sotto il vassallaggio di un impero straniero criminosamente sorto. Se furono dimenticate le date meritevoli di 1·icordo non lo furono gli uomini che ebbero parte eminente nella giornata del 20 Settembre 1870, e alle feste perciò fu invitato il protagonista super- .stite: il Generale Cadorna. Non venne; e gli si deve riconoscenza per la lettera colla quale, scusandosi sinceramente manifesta l'animo suo. La sua epistola carattedstica pare la eco dei singhiozzi di Lanza ~ delle riluttanze del Re nel fare la grande balitssada; rispecchia fedelmente il pensiero dei governanti del 1870 e assegna il merito giusto, le dovute responsabilità a coloro, che fecero la breccia di Porta Pia. Ciò per il passato. Altro episodio illustra la dignità della politica presente. L'alleata Austria non contenta d'impedire a Trieste la partecipazione alle feste di Roma (mentre agli slavi ben altre commemorazioni consente) ha tenuto ermeticamente chiuse le finestre delle sue ambasciate, la bandiera dall'aquila bicipite brillò per la sua assenza dal Palazzo Chigi. Ma Crispi, l'uomo che sa tenere alta la dignitd nazionale ha risposto degnamente alla gratuita sgarberia dell'alleata: ha proibito la inaugurazione del busto del triestino Venezian allo storico palazzo del Vascello dove morì nel 1849 in difesa di Roma, ed ha impedito ad una Commissione di triestini di porre una innocente corona ai piedi del monumento, che ricorda i caduti di Mentana. Oh! Non è giusto che, caduto l'impero francese, ci si mostri umili e servizievoli verso l'Impero Austriaco? Tra tutti gli episodi delle feste, però, il primo posto spetta a due discorsi dell'on. Crispi pronunziati nella inaugurazione della gara del tiro a segno e del monumento a Garibaldi: vi eccellono tutte le qiialltà d_ell'uomoed anche dell'epoca e meritano esame. A tout seigneur tout honneur ! Chi ama i modelli di rettorica cortigianesca e di adulazione smaccata non avrà che la difficoltà della scelta. Il Crispi trovò modo di evocare i poveri Spartani, che dormono il sonno dei forti da tanti secoli e inventò una leggenda nella quale figurano « due grandi astri, uno avente la forma dell'aquila « e l'altro la faccia del leone. I due celesti lumi- « nari si avvicinarono alla terra e la riempirono « di luce; i due astri erano il Re e Garibaldi ,,. « ..... I corpi dei cittadini si addestrano ad onore « della patria, a gloria del sire, a speranza dell'al- _<1- tezza reale ; e il sorriso della Regina rifulge _come « pi·emio nel cielo latino .... > Peccato che tanto sorriso non valga a riempire gli stomachi vuoti! Trova modo Crispi di ricordare le vittorie africane e tace scrupolosamente le vittorie garibaldine. Il silenzio fu delicato : non voile far sorgere nelle memorie degli ascoltatori il confronto colle sconfitte dell'esercito regio. Si acquista la riconoscenza degli Italiani annunziando loro una grande scoperta riassunta nella formula: inens sana in corpore sano ... Dovendo discorrere di Garibaldi non seppe trovare per lui miglior titolo di gloria che questo: fu l'amico devoto e fedele di Vittorio Emmanuele. Il quale per provargli quanto ne apprezzasse l'amicizia lo fece fucilare ad Aspromonte. Chi potrebbe dubitare, dopo questa prova, della affettuosa riconoscenza di un Grande Re ? E Vittorio Emmanuele fu davvero un Grande Re; tanto « che non potè chiudere la sua carriera la- « sciando Roma irredenta.» Perciò egli. scrisse la lettera a Pio IX portata da Ponza di San Martino nella quale « con affetto di figlio, con lealtà di Re, con animo d'Italiano > gli espose la necessità di occupar lui Roma per evitare, che vi venissero la democrazia e la rivoluzione ; perciò il governo italiano venne a Roma cacciatovi a pedate dagli italiani! (1). Francesco Crispi nei suoi discorsi non poteva limitarsi a farla da storico; assurse a politico, a filosofo della storia, e sentenzia « Gl' Italiani sono oramai padroni del loro spirito e del loro corpo>. Chi ne dubitasse vada a visitare le patrie galere! « A Roma e dagli Italiani - dice - si armo- « nizza il patriottismo rude di Sparta e la poesia « del sacrifizio, il culto dell'innocente, l'amore del « debole che caratterizzò il Cristianesimo ... » E lui che tutte le virtù italiche sintetizza, giustamente, si è creduto superiore alla questione morale. Crispi è poi sublime quando assurse a mistico teologo. Allora condelicatissimo pensiero ricorda a Leone XIII che non avendo potere temporale non potrà essere schiaffeggiato come BonifazioVlII... Al papa ricorda i ·sutii doveri e alle ·cai.to'licità'rammenta· « che do- « vrebbe essere riconoscente all'Italia per i servizì « resi al Pontificato romano ... Fu merito dell'Italia « - e dobbiamo esserne orgogliosi - se Pio IX « potè battersi con Ottone di Bismark e far sentire al forte uomo quanta sia la virtì1 delle armi spirituali >. I cattolici del resto dovrebbero sapere che « la presa di Roma avvenne per volere di Dio « e che contravvengono alla legge eterna del Si- « gnore coloro che si dicono suoi ministri » e non si accomodano alla Breccia ... .Il) • Oh l"entrata i,i Roma! Il go,·erno d'Italia sai\ per la via « t_1·1onfttlreome fosse la scala santa, ginocchioni, con la fune al collo • fJtcendodelle Lraccia crol'e a destra e ~inistra e gridando mercé: • Non posso fare a meno, non posso fare; mi ci hanno spinto a calci • di dietro•· (G. Carducci: Conf111ioni e battaglie).
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