RIVISTA DI POLITICA E SCIENZSEOCIALI Direttore Dr NAPOLEONE COLAJANNI Depulalo al Parlamento ITALIA: anno lire 5; semestre lire 3 - ESTERO: anno lire 7; semestre lire 4. AnnoI. N. 6. Abbonamentopostale Roma30 Settembre1895 SOMMARIO. - A fe;te Jiriite, La Rivista. - Risoeglio clerieal,, • • • - Aggiotoggio ra proposito del proee•so Frasca,·a). Dr. N. Colajanni - Il novello ipse dixit, El'l'ico De Mal'inis. - Le Came,·e del la,.Joro, P. Guarino. - La psicologia nella risolu:::ione delle que1ttioni sociali, F. Puglia - Organismo sociale Giovanni Gianform1ggio - Gli sproloqui di F Crispi, Un rerluct dalle patrie battaglie. ~ Spuimentali,mo sociale - Libri ricevuti in clono. A FESTE FINITE Abbiamo assistito alla preparazione delle feste pel 25· anniversario della entrata degli Italiani in Roma, muti, diffidenti,. ma non disperanti del tutto. Non volemmo preoccupare l'anim) di chicchessia prima delle feste dicendo aperto quello che pensavamo della opportunità di celebrarle in questi momenti; diffidavamo della sapienza civile di coloro che sono preposti alla cosa pubblica ed era in noi vivo il timore, che essi non avrebbero saputo imprimere alle feste stesse un carattere che avesse potuto renderle popolari e veramente nazionali. Però non era del tutto morta la speranza che fossimo costretti a ricrederci. Questa soddisfazione ci venne meno, ed a feste finite sentiamo il rammarico di dover constatare, che non ci eravamo ingannati e che tutte le nostre diffidenze e i nostri timori erano giustificati e furono anche sorpassati dai fatti. La preparazione cominciata col ridicolo tentativo di voler inspirare a scadenza fissa e con metro obbligato un artista per darci l'inno dei tempi nuovi (con o seriza le parole di quel Carme secolare di Orazio, che rappresenta la squisita incarnazione poetica, non scevra di cortigianeria, di un periodo storico tramontato da venti secoli e così profondamente diverso da quello in cui viviamo) non poteva riuscire a contraffazione più miserevole di una grandiosa manifestazione nazionale ed umanitaria ad un tempo. Ciò che temevasi e prevedevasi si è verificato: le feste furono esclusivamente ufficiali, fredde, compassate, monotone; nè poterono dar loro vita e calore i numerosi congressi, gli esperimenti ginnici, la gara del tiro a segno, le processioni, i ricevimenti, i discorsi, le fanfare, le illuminazioni la folla che si riversò pil'.1volte nelle strade, e il concorso degli Italiani da ogni parte della penisola. Questi due ultimi elementi delle feste potrebbero fare sospettare che la spontaneità e l'entusiasmo non mancarono. Ma la folla non è mancata mai agli spettacoli gratuiti, specialmente quando la annunciata teatralità si è convinti che debba superare la coreografia dell'Exesior o dell'Aida; nè può mancare il concorso dei forestieri - tiratori, ginnasti, sodalizi operai, rappresentanze comunali e provinciali comprese - quando il viaggio è gratuito o semigratuito e con poca spesa dà agio di visitare Roma e mezza Itali,1. Questa folla non mossa da credenze o da convinzioni ha assistito alle feste per le nozze di argento con l'indifferente premura - si lasci passare l'antinomia apparente tra i due termini - colla quale accorrerebbe a Roma a Napoli, a Milano per lo arrivo dello Sciah di Persia o dell'Imperatore di Germania, per il giubileo del Papa o per uno spettacoloso pellegrinaggio cattolico; è questa la folla che volta a volta grida: Viva Oristo! e Viva Barabba! Siamo giusti: in questa occasione la folla ha assistito agli spettacoli, ma non ha gridato nè Viva il Re nè Viva Garibaldi. E sì che le occasioni per gridare sono state numerose ed opportune; una tra tante avrebbe dovuto parlare al cuore e alla mente degli Italiani, e destarne l'entusiasmo : la inaugurazione dello splendido monumento a Giuseppe Garibaldi sul Gianicolo. lvi parl6 Crispi e perciò tacque il popolo, aècorsovi, che se ne allontanò nauseato. Le ragioni, che non hanno lasciato spiccare la nota popolare nelle feste ed hanno soffocato qualunque scintilla di entusiasmo sono parecchie e tutte gravi. Il popolo non potè partecipare intensamente e spontaneamente alle feste perchè soffre; non guarda a Roma, ma fissa lo sguardo alle navi non gloriose che trascinano le migliaia di concittadini mesti, che vanno a cercare al di là dell'Oceano una sorte meno triste di quella che ha fatto loro la patria che da trentanni studia per riuscire matrigna ai suoi figli. Forse si sarebbe associato al mondo ufficiale se alla formula romana del panem et aircences
82 RIVISTA DI POLITIIJA E SCIENZE SOCIALI - tradotta e completata sapientemente dal governo borbonico colle tre famose f: forche, farina e feste - non fosse mancato il termine più importante: il pane. ì\ia non cli solo pane vive l'uomo; e perci6 altri motivi consigliarono al popolo di appartarsi dalle feste. Giosuè Carducci, in tempi meno tristi dei presenti, quando non era stato Yinto dalla satiriasi reazionaria, quei motivi compendio nei suoi Ye1-si celebri: impronta Italia domandava Roma; Bizanzio essi le han dato. Di Bizanzio in Roma oggi, più che venti anni or sono, vigono i costumi corrotti e le violenze scellerate che ne fanno davvero una capitale degna ciel basso impero (1). Le illusioni infatti non sono possibili. Roma come capitale d'Italia è venuta meno agli obbiettivi alti e immediati, che alimentarono la fede di tanti martiri e di tanti eroi; la tei·.=aRoma nelle realtà è assai diversa da quella ideale yagheggiata dai grandi italiani, da Dante e Macchiavelli in poi. La te1·za Roma non rappresenta il vecchio concetto laico e ghibellino. Se mai esistette nella mente dei nostri governanti essi finirono di annegarlo nelle torbide acque partenopee, quando fu chiesta la couciliazione col passato e se ne ebbe uno schiaffo che compensa quello di Sciarra Colonna a Papa Bonifazio. La tena Roma non incarna il concetto della forza, tutelatrice di vera indipendenza. I governanti per vili transazioni diplomatiche le procurarono immeritate sconfitte belliche e l'aggiogarono prima al carro di un imperatore e poi a quello di una alleanza, che assicura a noi i danni incalcolabili del militarismo senza garantirci il rispetto dello straniero e l'utilità materiale della vita a nazione. La tei·za Roma non è quella auspicata da G. Garibaldi, che la voleva libera e apportatrice di libertà agli altri; non è quella di Carlo Cattaneo, che la sperava antesignava di civiltà, anello aureo di solidarietà internazionale nel culto dell'arte e della scienza, contro ogni egoismo, contro ogni piccineria, che prende le mosse da un patriottismo volgare e in esso termina; non è quella di G. Mazzini, che nel suo avYento YedeYa la grande trasformazione religiosa e la solenne affermazione della preminenza della quistione morale. La terza Roma, infine, rimane la grande balussada, che dette all'Italia materialmente una capitale come coronamento della politica del carciofo da mezzo secolo svoltasi a benefizio di una dinastia attorniata e servita da rnmpiri. Intanto la Roma moderna sorta dagli avvenimenti del 1870 avrà in appresso, anche perdurando qual' è, la sua grande efficienza e le verrà da quella legge (1) li giudizio severo si potrebbe confortare riproducendo alcune u·a le più vigorose poesie del Cat·ducci, sct·itte - è utile ripeterlo - quando la decadenza italiana era era minore dell'a1tuala. delle guarentigie, che creo al papato una situazione senza uscita e che rappresenta l'ultima, forse la sola grande esplicazione del pensiero politico del partito moderato. Ma il risultato futuro non poteva appassionare il popolo e non poteva essere festeggiato oggi quando è stridentissimo il contrasto tra ciò che è e ciò che potrebbe e dovrebbe essere Roma. C'era un modo, nella triste ora presente di rendere popolare e benedetta la festa ufficiale, dandole l'alto significato, che nella mente dei piì1dovrebbe avere, il significato di festa del libero pensiero. Ma chi sta a capo del governo italiano per darglielo avrebbe dovuto per un momento rinunziare ai bassi sentimenti di vendetta che ne guidano ed inspirano la condotta; avrebbe dovuto stabilire un taglio netto tra i criteri di governo della Roma papale e della Roma Sabauda; ed esso non ha voluto la responsabilità di un'opera buona, anche compiuta per via di eccezione; ha avuto quasi paura di crearsi una benemerenza secondando il volere della nazione, più volte e in più modi manifestato ; e per ciò fece preannunziare ai quattro venti: che il giorno XX Settembre non sarebbe stato giorno di festa o di gioia per le madri, e per i figli di tutte le vittime dei tribunali militari, non sarebbe stato giorno di riparazione e di giustizia, signando albo lapillo; - e tenne la promessa promulgando un indulto parziale, eh' è ben diversa cosa dal lato morale, politico e giuridico dell'attesa e sospirata amnistia completa, che sarebbe stata, più che altro, atto di riparazione e di giustiz!a (1). Perchè poi delle intenzioni sue non si sospettasse menomamente preparò l'animo degli italiani coll'arresto del fior fiore della intelligenza, e della abnegazione della gioventt1 siciliana, collo scioglimento illegale di tutte le pacifiche associazioni repubblicane e socialiste d' Italia. E volevasi festeggiare il libero pensiero quando così iniquamente conculcavasi la libertà? * * * Arrestiamoci a questo punto dopo avere dimostrato perchè il popolo non poteva e non .doveva associai-si con slancio alle feste ufficiali pel 25· anniYe1-sariodella così detta liberazione di Roma; e ricordiamo, pria di finire, che i venticinque anni di vita italiana in Roma furono tali che i clericali hanno potuto passarli in rassegna senza che dal paragone col regime precedente abbiano ragione di vergognare. Auguriamoci che una raffica poderosa anche violenta ma rapidamente risanatrice, spazzi tutto il putridume presente; auguriamoci di gran (I) L' iudulto del 20 Scttem~re non solo lascia in carcere gli <'<liati da Crispi: - Do.,·bnto,De FeJice, Bosco, Verro; ma vi lascia anche 111olti disgraziatissimi popolani. Degnissimo di amnistia era il s'Jldato Lombardi no vittima di uu errore giuditiario; e vi rimangono tanti altri pei fatti di Castelvetrano. di Monreale, di Partinico che furo1Jo condann~ti a pene inique, eaorbilanti.
RIVISTA DI POLITICA E SCIENZE SOCIALI 83 cuore che le condizioni morali, economiche e politiche future sieno tali che le nozze d'oro traRoma e l'Italia possano celebrarsi con la sincerità, con la dignità e con l'entusiasmo che mancarono alle feste delle nozze di argento. La festa del 20 Settembre 1895 fu la festa della retorica, della slealtà della menzogna, della ipocrisia del mondo politico ufficiale. Verrà la festa del popolo e sarà festa della scienza e del vero, della libertà e della uguaglianza, che potrà essere celebrata quando sull'orizzonte sarà spuntato l'astro nuovo dell' ideale sociale. Non pu6 mancare, e ci auguriamo che non tardi. LA RIVISTA. IL RISVEGLIO CLERICALE Il periodo non breve dei prepa1•ativi per le feste di Roma è stato contrassegnato da un fenomeno non nuovo, ma che in detti giorni assunse le proporzioni dell'avvenimento cnlminantc: il risveglio del clericalismo. Il fenomeno forma l'antitesi dolorosa dei festeggiamenti e delle solennità pe1• la cosidetta liberazione del caput mundi dal giogo papale, colla restituzione della capitale ali' Italia; ne costituisce l'epigramma. Il risveglio clericale non data da ieri: si prepara e matura da anni nel silenzio; ieri, però, alla vigilia della commemorazione, che avrebbe dovuto essere .grandiosamente italiana ed umana, tempestivamente esplose e si affermò minaccioso con manifestazioni dive1·se ma tutte significanti. I fedeli che pendono dalla bocca d.il successore di Pieti•o nella lotta amministrativa conqui:,;t,wo gran numero di municipi perchè non trattenuti dal non expedit e hanno fatto intendere che se lo spirito clericale ò stato cacciato ufficialmente da Roma, s1 e aperta la strada per invadere le cento citttà della penisola. Quando lo crederà apJiort,uno il suo moto potrà divenire concentrico e muover·e alla riconqui- ,. 1 . sta del Campidoglio mettendo in imba1•azzo grave il governo, che da Roma comanderà l'Italia, mentre la _rappresentanza di Roma sarà avversa ali' Italia nuova. · E dire che nello assalto dato ai municipi della penisola il clericalismo ebbe complice o gran protettore il patriottico governo dell'on. Crispi, cui premeva maggiormente che Zanardelli cadesse a Brescia, o che i radicali fossero sconfitti a Milano, perchè essi erano avversari suoi personali quantunque fossero per animo essenzialmente italiani! Il clericalismo divenuto ardimentoso per la buona prova fatta nella lotta elettorale amministrativa - complice e coadiuvante, giova ripeterlo, il governo d'Italia - ha voluto darsi il lusso di più clamorose manifestazioni, che ne facessero meglio conoscere la forza e .impressionassero vivamente la immaginazione delle masse; esso ha perciò organizzato con forme teatrali i congressi eucaristici, nei quali - a dimostrazione solenne della decadenza del carattere italiano - il sindaco framassone di qualche grande città non ha esitato a dare il saluto della ospitalità, come avvenne a Milano. Non contento dei congressi eucaristici e dei pellegrinaggi (1), e convinto che non basta più promettere ai sofferenti la uguaglianza e la felicità nell'altro mondo si è intrattenuto dei bisogni terreni cd ha organizzato le casse rurali intese a diminuire il malessere economie o; e nuovo Pietro l'Eremita, infine, Don Albertario da un pergamo di Torino, poco manca che non predichi la crociata contro i buzzw-ri, che hanno spossessato il Papa del Dominio temporale. A lui, intanto, i sinceri liberali devono essere grati del focoso sermone, che - come in teatro - strappò l'applauso agli uditori, poiché lo scoppio dcli' entusiamo diede occasione ad un deputato al Parlamento di far mostra della propria intolleranza, ed alla polizia di fargli assaggiare le sue carezze notissime a tutti gli altri miseri mortali e negate sempre dalla maggioranza parlamentare, nella quale milita il bastonato deputato torinese. I congressi eucaristici ,ed economici, le vittorie amministrative e le prediche focose dicono forse che i vinti di ieri si apparecchiano ad essere i vincitori di domani e che il clericalismo debellato in Roma invade, più pericoloso, tutta la penisola? Si, questo spirito tetro che da Roma mai fu scacciato, pervade il regno e parla per bocca del Commendator Paganuzzi per annunziare nel congresso di Padova ( presieduto dal Patriarca di Venezia e da sei vescovi e coll'assistenza di settemila persone) che: « coi clericali e' è Dio e che l'Italia sta diventando « una potenza cattolica». Il fatto nella superficie è vero; dev'essere, però, rettamente interpretato. Questa indirizzo nuovo dell'Italia non è la espressione di un risveglio del sentimento religioso ; se così fosse ci sarebbe da guardarlo con maggiore rispetto. Esso non riuscirà al cattolicismo, che del resto ufficialmente è la religione dello .Stato ; ma al clericalismo eh' è una particolare modificazione degenerati va del primo. No, non è il risultato del risveglio del sentimento religioso, questa rapida e vittoriosa invasione del clericalismo; in questi tempi e in questa terra di atei il fenomeno rappresenterebbe una reversione atavica singolarissima, che dovrebbe formare materia di lungo studio per gli storici na- (I) Al pellegrinaggio alla Madonna di Montene1·0 (Livorno) presero parte circa 1~000 persone. Vi fece atto di presenza l'aristocrazia e l'a:ta bm•ghesia e vi si fecero notare alcune car1•ozze con stullenti dai classici berretli. · · ·
84 RfVIST A DI POLI'flCA E SCIENZE SOCIALI tnralisti. E che il trionfo del clericalismo, specialmente in quella 1'egione veneta dove fra Paolo Sarpi potè essere l'anima inspiratrice dei governanti, non sia l'effetto del risveglio del sincero sentimento religioso si desume da un aneddoto non abbastanza rilevato. Mentre il su nominato Comm. Paganuzzi nel congresso di Padova faceva la relazione della lotta dei clericali di Venezia contro i liberali, esaltando il trionfo dei primi, il Patriarca cardinale Sarto lo interruppe: «Non si debbono ascrivere i tdonfi a « nessuno, ma solo alle preghiere; a Venezia tre « giorni prima delle elezioni si pregò continuamente « in tutte le chiese e in tutti i monasteri si fecero « comunioni e digiuni; tutta la gloria si deve a Dio « che potrebbe umiliarci troncando la nostra mar- « eia. » - E il Paganuzzi di rimando: « Ringraziamo « Iddio, ma anche chi lavorò! » La poca fede religiosa, lo spirito volterriano del battagliero organizzatore delle schiere clericali della città delle lagune poteva essere meglio messo in evidenza dalla sua risposta, che attribuiva la vittoria non a Dio, ma a chi lavorò? E infatti questa efllorescenza clericale non è che la espressione genuina del malcontento politico, d~lle sofferenze economiche, del disgusto morale, che in trent'anni di mal governo hanno saputo suscitare coloro che hanno avuto in mano le redini dello Stato: malanni cronici che di recente quasi a bello studio vennero riacutizzati. La protesta clericale significa protesta contro le imposte insopportabili, contro la mancanza di libertà I contro l'analfabetismo non ancora fugato, contro la corruzione invadente in alto e in basso, contro la menzogna e la ipocrisia che inquinano e discreditano tutta la vita politica italiana (l ). Ma perchè la protesta è clericale e non repubblicano-socialista? Non manca questa forma e completa la prima. Nè occorre dilungarsi per dimostrarne la energia e i progressi innegabili. Cl) Segnaliamo un caso singo1arissirr.o: ci troviamo Ui aceol'(IO coll'on. Bonghi nella interprec.azione de] fenomeno c1ericale. Egli parlancio nell'Assoc;a;ione co,tituzionale di Napoli il giorno riuattordici disse testualmente: « Il partito elericale e cre,ciuto difor;a come è creJ :iu.tv il b,·,gantagyio. Esso ha aµpunto trovato il suo terl'eno d'espansione nel disagi') pulJblico, nel disorJine delle istituzioni liberali e in molte altre coSte~ffini. Era, con ciò ben facile nella massa 1·ozZaprodu1Tc dei richiami fortunati in altro c1mpo, suggestions.ndo gente che appunto sogna up ritorno ad alt1·i tempi. « Questo risveglio clericalP non è però genuino. F.sso produrrà guai maggiol'i della sonnolenza. Jl risveglio si manifesta con processioni, spari. luminade, Congressi., prediche pro,·or-atl'ici come a Torino. ~1la che è questo i E' 11n' inclinazione del c1ero a far breccia colle manifestazioni est1·instche, senza pre"c:cuparsi affatto dell'intimo e del m•)rale. • L'elft-ttO moi·ale è bandito. Tanto vero che Je chiese son JJienc. ma anche le carce1·i: e aumentano appunto i reati contro la morale e la famiglia. I preti badano molto pii1 ai vantaggi deJle collrtte; e nat111·almente diminuisce l'influenza morale della religione perch~ appunto il p1·ete non ne ha cura, occupato ad aumentare il val r suo e 1 4 i111porta.nzasua. Questo dipende pc,· lo più da che il cle1·0, in generale, - salvo le debite eccezioni - è poco colto rozzt•, volgare; e cosi essendo~ non può avere influenza spirituale e rialzare gli animi•. Se la protesta clericale contro lo Stato presente riesce più appariscente ciò si deve a molte cause concomitanti e tutte considerevoli: il clericalismo si riannoda a tutti gl' interessi ed a tutte le tradizioni dei governi passati, la cui memoria non è spenta; il clericalismo nella Chiesa cattolica, nel Papato ha una potente organizzazione da secoli esistente e provata alla lotta; il clericalismo ha mezzi economici per la propaganda efficace colla stampa, colle casse rurali, coi soccorsi multiformi, che riescono irresistibili in tempi di fame; il clericalismo fa suo prò della superstizione delle campagne e della ignoranza rispettata gelosamente dal governo italiano; il clericalismo, infine, presso gl' ignoranti acquista prestigio dalle viltà dello stesse governo, che prega e si umilia per averne la p1;otezione e che solo quando vede sdegnosamente respinta la invocata alleanza per momentaneo dispetto assume atteggiamento battagliero sfoggiando un anticlericalismo di parata, che non penetra al di là della scorza (1). Queste le ragioni della marcia trionfale del cle1•icalismo; la quale più che la sua forza intrinseca e reale è l'indice più sicuro della debolezza del sistema di governo sin qui seguito e che non può più continuare. Que~to sistema barbogio del tira e molla, del mordere e dell'accarezzare, del concedere oggi ciò che si ritoglierà domani e che si negò ieri, dell'accendere due ceri al diavolo e quattro a Sant'Antonio ha dato gli effetti che doveva dare: ha esautorato e disonorato coloro che lo praticarono. E il clericalismo pare che si giovi del loro annichilimento morale. Noi constatiamo il fatto e attendiamo confidenti che l'avvenire dica l'ultima parola. Aspettiamo e..... teniamo asciutte le polveri. AGGrOTAGG:IO (A proposito del processo Frascara) In questo malaugm•ato periodo di atonia e dì indifferenza del pubblico italiano, che caratterizza la bancarotta morale del nostro paese - che ha fatto sospettare ad un giornale svizze1·0 se in Italia ci sia un pubblico vero o se tutto non si limiti alla esistenza di una folla e di un ministro - si è chiuso un processo, che rappresenta uno degli episodi più importanti della vita bancaria e borsista italiana e che somministra la occasione propizia per un breve stu dio sull' aggiptaggio nel nostro paese. Se la catast1'ofe della Banca Romana per le mostruosità politico-mo1•ali, che fece venire a galla, oc- (I) Ecco ciò cl,e scrisse testè la Sera, che in Milano è il solo giornale r~dele all'on. C1·ispi: • Oi fronte al minaccioso avanzarsi dt.l .. proletal'iato é cosa saggia e prudente sfornirsi di un gran mezzo di .. dife:tn so.::i41e quale è il gover10 delle anime, completamente affl- • dato ai modt:sti sacerdoti di campagna, che nulla si fa per rendere « amici all'ordine politico sociale imperante 1
RIVISTA DI POLITICA E SCIENZE SOCIALI 85 cupa una pagina forse insu1,erabile nella stor,a degli scandali celebri, quella della Società del C1·edito Mobiliare diretto negli ultimi anni del Comm. Giacinto Frascara, ebbe conseguenze economiche forse non meno gravi per la importanza che aveva acquistato l'istituto, che per qualche tempo dette ombra alla Banca Nazionale, cui voleva dare il gambetto. Il Frnscarn, ardito, ambizioso, oltre misura, nel momento in cui il suo istituto era già bacato maledettamente non esitò a sottoporre all'on. Giolitti un intero progetto per una Banca di emissione nuova di pianta che doveva sostituire l'avariata ma sopravvissuta Banca 1azionale. li Mobiliare con 70 milioni di capitale - dei quali UO versati - era il più forte e reputato istituto di credito, che non godesse del p1·ivilegio della emissione; viveva dal 18ti3, aveva avuti periodi non brevi di vera prosperità e la sua storia intl'ecciarnsi colla storia bancaria, finanziaria e politica d'Italia. Al Mobiliare si appoggiavano la Rete Adriatica e molte altre intraprese commerciali, bancarie e industriali italiane e straniere - tra le quali quella del Gottardo; aveva preso parte a prestiti pubblici nazionali ed esteri e si può affermare che per molto tempo il capitale estero non intervenne in Italia senza es sersi assicurato prima il suo concorso. li credito, da cui era circondato il Mobiliare era, dunque, giustificato : come e perché lo andasse perdendo sino allo assalto furioso, al run, che i suoi clienti dettero alla casa per ritirarne i depositi in modo da determinare la domanda di moratoria é tutta una storia dolorosa di lotte, di operazioni sbagliate, di perdite, di errori propri e di conseguenze sinistre subite per gli errori altrui, e che magistl'almente ed ampiamente venne esposta da uno dei snoi liquidatori e che qui appena appena si può sommariamente accennare. « La causa prossima e occasionale delltt caduta del 1\fobiliare, scrive il Prot: Pantaiooni, é stata., il frettoloso ritiro dei depositi per parte del pubblico e le richiesto di chiusura di lidi o di copertura pei medesimi per parto di banche estere e la denunziit di riporti passivi. I pagamenti furono puntati il 20 .t\ovembre 1893 dopo :3 mesi di lotb contro il run. » (I) Ma perché il 1·un ebbe luogo? JJ()l'Chè la Banca non potè resistervi? · li ribasso delle sue azioni fu una delle cause prinprincipali della caduta; ribasso derivato dal discredito che con progressione acccllerata si era proiettato sull'istituto. Questo discredito, può in casi eccezionali essere prodotto dalle artifiziose e disonesto manovre di borsa, ma era fondato poi ].[obiliaro od i fatti lo hanno dimostrato ad esuberanza, perché i liquidatori in ultimo misero in chiaro che su sessanta milioni di capitale versato se n' erano perduti cinquanlatri!. La perdita non e1·a l' opera nè di un giorno, né di un anno ed in parte non fu l'effetto di orrori im- ( lj La caduta della Società 9enerale <licredito mol,iliare. Nel Giornale degli Ecollomisti. Aprile e Maggh 189,. Questo $tuclio aaJ>- prescnta una monografia pregevolissima sulla ,·ita di una Banca in tutte le ~ue fasi e sull'ambiente bancflrio italiano. fhiun']uc ,·uolc oc• cuparsi dell'aggiota!7gio deve ricorrer\'i. putabili agli uomini o all'nomo che autocratica.mente presiedeva alle sorti dell'Istituto. Così, ad esempio, egli non era responsabile dal crescere rapido ed enorme dell'agio durante il 1893; nè della depre- :r.iazione di tnfti gli altri titoli che il Mobiliare possedeva che da giugno a dicembre nello stesso anno gli cagionò la perdita di 11 milioni. Gli errori politici eJ economici del ì\Iinistero Giolitti precipitarono la sua. caduta; e tra i politici primeggia. L, 1·isita del principe di Napoli a ~Ietz. Proprio in tJUOI momento il Frascara aveva combinato la. emissione di obbligazioni, che sarebbe stata assunta dal banchiere barone llii·sch e da cui spera va, non senza ragione, lu salvezza del 1\Iobiliarc. Ma quando si seppe della inconsulta visita principesca Jiirsch si ritirò dall'affare e il mercato francese mise all'indice qualunque banchiere parigino che su altri mercati avesse osato favorire un interesse italiano. Anche in questa occasione il mondo banca1•io francese, provato dai prestiti russi, subordinò gli affari alle vedute giuste o sbagliate del patriottismo; e gli italiani poterono spel'imentare quanto costano salati i ca. pricci e i comvlimenU d'un principe ereditario ad un imperiale e pazzesco alleato. Lo esame necroscopico del Mobilia1•e in tutti i suoi dettagli è stato fatto dal Pantaleoni e non c'è bisogno di ripeterlo; si nota qui soltanto che l'Istituto collettivamente considerato non dette perdite perchè dal 1863 al 1893 distribuì agli azionisti, amministratori e fondatori circa 130 milioni di lire di utili; i quali, cumulandovi gl'interessi composti al 6 010, lasciano un margine attivo di oltre 53 milioni. Perciò se gli azionisti fossero rimasti quelli che erano alla fondazione del Mobiliare avrebbero guadagnato e non perduto; ma si sa che le azioni cambiano possessori e gli ultimi furono quelli che perdettero. Or;t la sapienza Jegli uomini di banca e di borsa. st,t precisamente in questo: nel sapere sbarazzarsi ,t tempo delle azioni delle società industria.li commerciali e bancarie da loro ste!:si fondate per riYCrsa.rlo nello mani dei disgraziati che rappresentano il merlo-azionista. Si vedra in appresso come i sapienti banchieri e borsaiuoli abbiano saputo operare anche poi ~fobiliarC'. I I. La caduta clamorosa di un Istituto della importanza del Mobiliare, ritenuto solidissimo sino a non molto tempo prima, e in un momento in cui la opinione pubblica sugli scandali della Banca Romana era messa in grande sospetto contro le Banche e i Banchieri, fece circolare subito la voce che le cose non fossero passate lisce nella amministrazione; gli azionisti scottati soffiarono nel fuoco e fu giocoforza intentare un p1•ocesso a coloro, che si ritenevano colpevoli della avvenuta catastrofe. Di primo acchito si corse all'articolo 29:3 del Codice Penale, che volevasi applicato contro gli amministratori secondo il quale: « Chiunque col diffondere « false notizie o con altri mezzi fraudolenti produce « nel pubblico mercato o nelle borse di commercio « un aumento o una dirninuiziono nei prezzi di salari, I
86 RIVISTA DI POLITICA E SCIENZE SOCIALI « derrate, merci o titoli negoziabili sul pubblico me1·• « cato o ammessi nelle liste di borsa., e punito colla « reclusione da tre a trenta mesi e con la multa da « lire cinquecento a tremila ). Si tratta nell'ultima parte di questo articolo del reato di aggiotaggio, di cui si discorre da molto tempo, che molti quotidiana.mente commettono nelle borse ed organizzano altrove - forse anche nelle sa.le dei ministeri - e di cui ben pochi penalmente rispondono. li Frasca.ra, che fu ritenuto sempre uno de cai:,i del mondo bancario che giuocavano al l'ialzo,i perché il suo nome venne trovato fra coloro, che avevano dato commissioni per vendere ai fratelli Bingen, venne già processato per aggiotaggio in Genova ed assolto. Alla. caduta del Mobiliare, insieme agli altri amministratori venne fatto segno allo seguenti accuse: · 1 ° di avere operato sulle proprie azioni anche a mezzo di sindacati; 2° di a.vere partecipato a sindacati sulla rendita italiana; 3° di avere pagato un dividendo quando non vi erano utili realmente conseguiti; 4° di aver fatto l'aumento del capitale sociale e dichiarata completa la sottoscrizione quando non era il caso di fare l'aumento e quando la sottoscrizione non era completa ; 5° di avere nelle varie operazioni suddette agito con mezzi fraudolenti e prodotto in conseguenza un turbamento nel mercato sui prezzi delle azioni del Credito Mobiliare. La Camera di Consiglio non le kovò fondate, ed assolse tutti ; ma fu di diverso avviso la Sezione di accusa, il cui parere fu confermato dalla Corte di Cassazione, che respinse il ricorso del Frascara. li processo si svolse contro di lui soltanto, perché per un e1·roro non venne notificato regolarmente agli al• tri amministratori lo appello conti-o la sentenza della Camera di Consiglio. La seziono di accusa eliminò alcuni dei cinque capi d'accusa, c rinviò il Dfrettoro del '.\Iobiliare innanzi al Tribunale presieduto dal Gonnella pel 1., pel 4., o limitatamente pel 5. Non è mìo compito esporre le risultanze processuali ed esaminarle dal punto di vista giuridico. Dal lato morale la responsabilità del Frascara in un certo senso rimane attenuata del fatto, che l'Istituto non era più in floride condizioni quando pervenne nelle sue mani; egli però, per quanto animato da rette intenzioni ne precipitò le sorti. Rispettando il verdetto del magist1·ato che assolse il Frascara, si può osserva1·e, che dato l'ingranaggio amministrativo di una banca e la mo1·ale JH'e,·alente nel mondo banca1-io, difficilmente lo sì av1·obbe potuto condannare, anche senza le splendide testimonianze, ch'ebbe in favore. Come provare, ad esempio, che nella compilazione di un bilancio, e perciò nella distt-ibuziene degli utili, ci sia stata mala fede nella maggiore o minore sva• lutazione dei titoli, che possiede 1111 istituto? Se il reato fu escluso nella condotta del Frasca1·a, non fu escluso l'errore e grave, quale fu quello di aver mu· tato rapidamente l'indole dello Istituto, credendo di salvarlo. (I) Il Tribunale non ammise che il Frascara avesse giuocato delle azioni del proprio Istituto; se anche ci fossero stati maggiori elementi contro di lui, difficilmente lo avrebbe condannato. Invero la mol'ale commel'ciale si sostituisce ai Codici e tragcina quasi tutti i direttori ed amministratori di Banche e di società industriali e commerciali a. com• mettere le stesse irregolarità che furono imputate al Frascara. Ora dove e quando tutti i membri di una classe - specialmente se elevata ed influente - sono ugualmente rei si può essere sicuri a pl'iOl'i, che il reato rimarrà sempre impunito e non diminuirà la stima di cui è circondato l'individuo che lo avrà commesso. Sul proposito di quelle manone che costituiscono 'aggiotaggio, il Pantaleoni poi osserva: la ricompra. delle azioni è espediente proibito dal Codice, ma a. cui tutte lo Banche ricorrono. Può riuscire se le azioni sul mercato non sono numerose; e se riesc" chi vi ricorre è portato alle stelle; se fallisce si sentono tutte le conseguenze della sconfitta. Vae victis! Epperò si deve riconoscere che i reati degli uomini di banca e di borsa, quanto agli effetti sono consistentissimi, ma spesso sfumano per istrada per una certa impalpabilità, che loro è stata quasi assi• curata dall'indole delle operazioni, e dagli accorgimenti dai qua.li sono circondate. Altri crede che, più che la impalpabilità dei reati attribuiti al Frascara, alla sua assoluzione abbia molto contt-ibuito la tardività del processo. Questo, si afferma, avrebb,• potuto ave1·e un esito diverso se fatto subito e quando era viva la impressione della cata strofe bancaria, fatto, come suol dirsi, a ferro caldo. Ma dopo due anni! Dopo due anni coloro, che non avranno dimenticato saranno stati certamente gli azionisti, che perdettero i propri capitali. Ebbene: appunto gli azionisti, i veri interessati, noi processo non ebbero voce in capitolo. Essi costituironsi parte civile, ma furono ridotti al silen:r.io da una ordinanza del Tribunale, che tale fa coltà non concesse loro con la interpretazione rigida dell'art. 152 del Codice di Commercio; e p~l .quale l'azione per la responsabilità degli amministratori di una società anonima spetta all'assemblea degli azionisti e non agli azionisti individualmente. L'articolo pare fatto apposta per mettere ostacoli a.Ila punizioni dei rei quantunque non si possa negare che in molti casi gli azionisti zelanti siano dei ricattatori che hanno comprato le azioni all'ultima ora e quand~ valevano un bel nulla colla intenzione di spillare quattrini, vendendo il proprio silenzio, ali' accusato ricco o ritenuto tale. Costumi e procedimenti degni dei borsaioli contro i quali vengono adoperati. Ciò detto per amore del vero, non mi pare che ci sia. da menar vanto dagli amici del Frascara e per il (I) • 11~lobilinre avendo perduto una grande parie del cepitale nell' Immobiliare del Giacomelli e nel Risanamento di Napoli credette potersi salva1·c divcntan<lo rapidamente <1uasi di punto in bianco, lo. più grande banca stl'ettamente commerciale.• (Pant.aleoni nel Gior ... nate degli Economi,ti. Aprile 1895).
RIVISTA DI POLITICA E SCIENZE SOCIALI 87 risultato del processo e per le testimonianze in suo favore. A parte la grandissima diversità della condizione giuridica degli accusati e del loro valore personale, si deve ricordare che anche Tanlongo e Lazzaroni vennero assolti, sebbene non fossero negati i rea.ti pei quali vennero condotti in Corte di Assise; e si videro magistrati eminenti ed uomini preclari fare l'epologia di Cuciniello e stringergli calo1·osamente le mani attraverso ai cancelli di ferro. Qual meraviglia. se deputati, senatori, ex ministri, banchieri andarono a deporre tanto favorevolmente al Frascara, che di. tanto moralmente ò e rimane superiore al Cuciniello? Depone di viù in favore del Frascara questa circostanza: molti hanno rovinato le Banche e gl'Istituti a loro affidati e si sono arricchitì su tali rovine ; il direttore del Mobiliare era 1-icco e ci ha rimesso del suo molte centinaia di migliaia di lire. ''Ciò' clni gli costituisce una posizione eècezionale e lo mantiene rispettabile. Non rendono un bel servizio, però, alla magistratura coloro che le suppongono la decisa intenzione di avere svinto il processo sino al pubblico dibattimento per dare agio ali' accusato di potere dimostrare luminosamente la propria innocenza e di farsi · fare l'apologia dai testimoni illustri. I servizio resogli sarebbe molto discutibile; e se è un servizio reale, la magistratura rendendolo avrebbe mostrato una partigiana compiacenza. Nè desta ammirazione il pubblico Ministero, che fa una elo<Jttente perorazione in favore del Frascara, senza avere il dovere di farne l'apologia, come esso stesso confessava. Il rappresentante della legge che sul processo contro il direttore del Mobiliare si rallegra della rara fortuna di ritirare • l'accusa dopo che il pubblico dibattimento aveva dileguate le ragioni di dubitare sulla innocenza dell'accusato, potrebbe essere degno di lode se tanta premura, se tanta rettorica, se tanto entusiasmo riponesse anche nel proclamare la innocenza dei poverelli, che per motivi ben !Jiù piccoli vengono trascinati sullo sgabello degli accusati dopo mesi ed anni di carcere prevonti vo, che ha ridotto alla miseria la disgraziata famiglia e che innocenti risultano Oh! ben altro è il contegno ùei magistrati quando capitano sotto le 101•0 ugne alcuni che per fame anche commisero atti che la legge qualifica come criminosi! Certe assoluzioni per reati dalle vrove impalpabili e che provocano gli sdilinquimenti dei 1•appresentanti della legge fanno un doloroso contrasto, acl esempio, colla condanna a tre mesi cli reclusione cliquei disgraziato Osella di Carmagnola reo di essersi aJ)- propriata la immondezza depositata dagli spazzini comunali in un angolo della strada pubblica e ritenuto reo convinto del reato di furto aggravato dalla qualifica, perchè si trattava di furto di cosa esposta alla fede pubblica !I (Messaggero, Anno 1894, N.0 125). La giustizia è rigorosa e inesorabile contro i poveri che per fame commettono un atto, anche innocuo, ma che si presta ad essere qualificato criminoso; le maglie delle sue reti non hanno forza per trattenere i pesci grossi della delinquenza. · Dr. N. CoLAJAN~I. IL NOVELLO "IPSE DIXIT,, Sono due o tre anni che, presentatomi dal professor Schiattarella, venne a me il dottore Eduardo W estermarck professore di Sociologia nella Università di Helsingfors in Finlandia e autore, fra le altre cose, di un'opera sociologica sul matrimonio tradotta anche in Italiano. Il prof. V-1estermarck risiede parte dell'anno in Londra e viaggia spesso. Dopo di aver insieme parlato degli studii filosofici e scientifici in Italia, egli mi disse queste cose: Io mi meraviglio della grande popol(lrità che fra gli studiosi ha in Italia Erbérto Spencer. Nelle altre nazioni non é cosi, e specialm,ente in Inghilteri-a. Qui non si comincia bene se non da Spencer. Tutto è Spence1· e sempre. Risposi essere esagerato il giudizio; ma quelle parole mi sono ritornate assai spesso alla mente a proposito di certa scuola e, non è molto, in occasione della lettera dello Spencer riguardante i socialisti italiani e in particolar modo il mio amico Ferri, alla quale risposero il Ferri stesso e il mio amico Colajanni in questa sua rivista. È da un po' di tempo per altro che il grande argomento in Italia dei liberisti contro i socialisti è l'autorità dello Spencer. Noi ci troviamo innanzi al fenomeno di un novello ipse dixit. Dall'ipse dixit aristotelico nelle scuole e da quello petrarchesco nell'arte assai fatti simili si ebbero e si hanno fra noi. Dà importanza maggiore al fatto la ignoranza di alcuni, che giudicano spenceriano qualunque seguace della filosofia positiva. Dove essi incontrano uno studioso che segua il sapere sperimentale lo additano come ripetitore dello Spence1'. Non vengo qui a negare il valore grande di questa mente superiore; ma rilevo il fatto notevole che in Italia tutto un partito, tutta una scuola hanno da poco tempo creato il fatto dell'autorità indiscutibile di E. Spencer. ~ei tempi in cui al soggettivismo filosofico va succedendo il sapere obiettivo e sperimentale, certa gente crede ancora che un solo intelletto Yalga ad interpretare lo spirito dei tempi come avvenne in epoche passate. Oggi in cui la esperienza e la ricerca positiva mirano a scoprire ogni pitL piccolo fenomeno della reaWt e in cui la coscienza nuova non è senonchè il reale che si srela a sè stesso, vi sono ancora studiosi che fanno i commenti ad un pet'iodo di un contemporaneo come gli scolastici a un versetto biblico o ad una pagina aristotelica. A me è avvenuto spesso di uclire pitL o meno queste parole: avete contro di voi l'autor·ità di Spencer. Voi positivista avete un avversario del sociali:snio nel piu grande positivista. Quando a qualcuno in risposta ho detto di pat·-
88 RIVISTA DI POLITICA E SCIENZE SOCIALI larmi della mente di Spencer nella filosofia contemporanea e nelle condizioni presenti della scienza sociale, egli è rimasto muto. L'ipse dixit riguarda Spencer sociologo non il filosofo, che è un poco meno accessibile, ma che indubbiamente è più del sociologo. Il valore della mente di Spencer si rivela nella ricostituzione scientifica della filosofia a cui ha contribuito e dopo nella psicologia. I suoi Primi Principii e la sua Psicologia costituiscono il prodotto · Yeramente importante ciel suo intelletto. Quello che vi è cli fondamentale e di notevole nei suoi stuclii posteriori di sociologia e di etica em già da lui stesso stato detto o accennato nella sua opera filosofica e nelle sue pagine cli psicologia. Si crea l'autorità inappellabile di Spencer nella parte in cui il valore di lui è minore. Nè con questo si clern credere che anche pel' la parte filosofica le tendenze del pensiero nella dottrina universale delle cose e nella dottrina della conoscenza siano quelle dello Spencer. Per la prima dottrina non è l'agnosticismo spenceriano la concezione filosofica in cui il pensiero si riposerà. Pèr la teoria della conoscenza poi lasciare ancora fuori della esperienza il principio di causa significa non essere nella filosofia monista. :'-lonrlimeno per piì1 ragioni l'opera filosofica spenceriana resta un grande fatto nella filosofia contemporanea (1). Le sue opere di sociologia, di etica e di diritto sono di un Yalore minore. La parte notevole di esse è rappresentata dall'analisi e dalla illustrazione a quelle rnrità fondamentali che per la scienza sociale lo Spencer aveva già stabilite. Gli ultimi scritti infine segnano una Yera decadenza, la quale continua maggiormente pe1· le conseguenze pratiche che egli va traendo rispetto ai governi e ai partiti presenti. Come può egli negare di avere sostenuto nei suoi principii di sociologia la tendenza alla propl'ietà collettiva ? In che modo egli, che ha mostrato la universalità della legge di evoluzione, può sostenere conforme alla tendenza finale di questa l' indiYidualismo in generale e in particolar modo l' individualismo fondiario? E.gli che esclude il libero fattore Yolitivo dal processo storico e che ha valorosamente mostrato gli errori cli quei Yecchi indirizzi che dei personaggi storici facevano le cause motrici degli anenimenti, come mai oggi puo consentaneamente parlare di una nuova schiavitù e cli regresso sociale, attribuendo ciò a uomini e partiti che si sono messi, secondo lui, in opposizione alla '1) Noti il lettore che è questo l'acc~nno a un gi11dizioe non unn .-;ritica compiuta su Spcncer fìlos-ofo, la quale qui sa1·eLbc fuori di luogo. - Nel ,,rossimo anno saranno pubblicate le mie lezioni di Dotb•rna eo1tmiea e di Socioloyfr, falle nel!a. Uni,·ersità di Napoli, e nelle quali espongo le conenti del pcn,ic1·0 contcmpol'aneo e consc• gucntemente mi occupo largamente della sistem.'\zionc fìloi:iofica di E. Spencer. corrente naturale e spontanea della vita sociale? La prova p1i1evidente della decadenza intellettuale di questo eminente pensatore è la sua ultima opera su La Giustizia, in cui lo Spencer, consentaneo al suo sistema cli evoluzione, cerca la genesi della giustizia· incominciando dall'animalita inferiore. Non addito i punti erronei di quest'opera in tutta la parte in cui formula il principio della giustizia, che egli stabilisce sul fatto della causalità. La quale cosa si deve intendere in due modi, secondo lui, cioè che l'etica, la giustizia sono deriyazioni di fatti naturali anteriori e non escono dall'uniUt fenomenica, e inoltre che le azioni sono morali o immorali, giuste o ingiuste perchè intrinsecamente tali, cioè per la legge intima di causalità non per ,alcun principio estraneo. ~on mi fcr-mo ad additare quali vecchi errori riappaiano in questa teoria e come egli in nessun modo si aYValga dei nuovi metodi negli studi giuridici, nè delle presenti ricerche comparate ed evolutive del diritto; ma noto soltanto pei miei scopi qui come questo libro sia un ritorno ai principii, al metodo che lo Spencer stesso ha combattuto col suo grande apostolato scientifico. Qui ei mira a fissare un principio e a dedurre da questo i diritti singoli, le formule secondarie direttive della vita sociale! Non biasimo io in ciò quello che altri ha biasimato, cioè che lo Spencer sia pervenuto ad un principio universale di diritto, ad un imperativo categorico, poichè credo che sia possibile fissare questo quando non sia un'astrazione, ma derivato dalla ernluzione dei fatti e si fa consistere consentaneamente alle condizioni concrete dell'esistenza; ciò che addito come una vera decadenza nello Spencer è la deduzione immediata cli quei varii diritti, di quelle varie libertà da una formola, speculativamente. Si è detto dagli avversarii: Vedete, si ritorna al dù·itto naturale: la filantropia positiva cla ragione a noi. Ebbene al diritto naturale ritorna Spencer, non tutta la filosofia positiva. La modernità non è Spencer. Questi resta come un esempio in ciò, cli quella regressione atavica che si avvera nella Yita e nel pensiero, e che giustifica la frase la quale, giudicando alcuni uomini, li dice morti a tempo. L'Italia è nazione non solo cli pensiero, ma innanzi tutto di sentimento abbondante, quantunque non duraturo. Questo spiega la moda e il quarto d'ora dell'ipse di:rit. Si aggiunga che quando noi ci accorgemmo della nostra decadenza filosofica, e rnlemmo rifare il 11ost1·0pensiero, Yedemmo quanto eravamo lontani dagli ultimi progressi intellettuali delle altre nazioni. L'autore che innanzi tutto ci
RIVISTA DI POLITICA E SCIENZE SOCIALI 89 fu giustamente presentato fu Spencer, alle cui opere arrivammo come gli assetati al pozzo di acqua fresca dopo la traversata nel deserto. Ma oggi vi è di più. Oggi vi ha messo lo zampino il partito. Contro gl'innontori piace elevare l'autorità inappellabile di un innovatore. Spencer e Marx diventano i due poli. Ma dove le scuole, i partiti, le bizze vedono dissenzioni e contraddizioni. il pensiero collettivo corregge, integra, compie e la vita sociale da sè si trasforma. Certo è che anche Spencer è uno scontento, e aspetta la palingenesi a modo suo. Contro il presente, dopo tutto, vi è un pensiero in cui si è concordi, che una palingenesi debba venire. Qui l'ipse clixit scompare. Qui la voce parte dall'anima collettiva dei popoli. ERRICO DE MARINI$. Deputato al Pa,·lamento LE CAMEREDEL LAVORO Per le Camere del Lavoro si sono schierate, di qua e di là, due scuole. Prima scuola, direi quasi classica, perchè parla in nome di teorie: Questi tribunali, per gli arbitrati; questi uffici, per il collocamento, possono, debbono ricevere sussidi dagli enti amministrativi comuni e provincie, perchè il bilancio di quegli enti è fatto di danari dei contribuenti, cioè del popolo. Seconda scuola, pedestre, perchè parla in nome della pratica: Questi enti, per quanto abbiano i bilanci fatti coi danari del popolo, oggi non sono in mano del medesimo, ma delle classi borghesi, le quali, accordano i sussidi, li vincolano in ragione dei loro interessi. Prima scuola. Per vincolare che facciano, le Camere del Lavoro ricevano i sussidi, e poi faranno quello che devono, cioè il loro dovere. Seconda scuola. Nossignore. 11 loro dovere non lo possono fare, perchè ci è urto di interessi contrari. E poi, i quattrini sono corruttori, specie quando vengono dagli avversari. Prima scuola. I nostri operai, perchè di partito in nome di interessi di classe, non sono, non dovrebbero essere corruttibili. Seconda scuola. .\on dovrebbero essere. :\la appunto perchè si tmtta cli interessi cli classi, quella dominante, se andate contro i suoi Yi toglie il sussidio; e voi, per non farvelo togliere, dovete mollare. Senza dire che gli operai sono sempre uomini.... ecc. La posizione è in questi termini, cioè le due scuole sono schierate di fronte con queste artiglierie. Parliamo un po' delle Camere del Lavoro. Così, alla buona, senza ascendere l' Imalaia dell' erudizione. Le Camere sono tribunali, per l'arbitrato. Dato un conflitto tra Società Cooperative e gli Enti che hanno dato lavori in appalto, devono entrare nel dibattito, per decidere. Salomone nuovi, avverrà il caso della capra e dei cavoli che devone salvare, nel senso che dovranno ricorrere alla trovata òel re biblico: tagliate in due il bambino! Ma il liambino non si può tagliare. Allora, o saranno per l'operaio, e disgusteranno l'Ente largitore del sussidio; o saranno per l'Ente, e tradiranno l'operaio, il fratello. Di qui - pur troppo! - non si esce! Conflitto ci è, ci sarà, sempre; perhè interessi contrari esistono nella società, così com' è fatta; e le Camere del lavoro - badate! - sorgono ap punto per la tute!~ degli interessi della classe operaia. ciò che vuol dire che vi è qualcuno che permanentemente vi attenta. Se le Camere tutelano la classe loro, la borghesia pensa alla difesa della propria: è così ? La borghesia però è la classe dominante, la detentrice dei danari di tutti, in forma di tributo, dai quali se stacca una parte che dà in forma di sussidi agli operai, non è già perchè questi ne comprino polvere, e la sparino contro la borghesia - siamo giusti! Ancora: le Camere, tutelano interessi di classe, rispecchiano un partito, e allora di un partito dovrebbero avere le dignità, le ragion di stato, dirò così, le quali dicono che combattendo, non lo si deve con le munizioni del nemico, perchè allora è come se il nemico fosse entrato nelle p1·oprie file. . * * Ma, come per l'adagio che mangiando vien rappetito, pigliata la teoria larga della scuola classica che tutti i danari sono dei contribuenti, e quindi anche quelli del re, al quale li dà la nazione, si accettano dal re (Societa dei braccianti di Ravenna) si accettano dal Prefetto, che li dà dai fondi di ufficio, si accettano ... stavo per dire dal Questore, · che li darebbe dai fondi segreti ! Gli è che la quistione è semplice : per il fenomeno completamente italiano che si dà piì1 una goccia di sangue che una lira, massime oggi che tutte le classi sociali sono immiserite, specialmente quindi l'operaia, nello associazioni non è possibile fare un fondo di cassa con danari proprì. E le associazioni operaie i sono date da tempo alla questua dei sussidi, sotto tante forme, ·anche di locali gratuiti. A questo cancro invasore non hanno saputo op-- porre il vacle retl'O ! le Carnere di lavoeo, le quali
00 RIVISTA DI POLITICA E SCIENZE SOCIALI avendo bisogno di sedi, di un personale di segreteria. che è quanto dire di un fonio di bilancio per far fronte a tutti questi bisogni, 11011 potendolo avere dalle scarselle dei soci, l'hanno cercato ... agli altri, che si sono affrettati a concederlo. Fino a tanto che gli altri erano il Comune e la Provincia, passi! Aspettando il conflitto, la navigazione avveniva su di un mare di olio. Ma si dette del capo fino al rappresentante del Gornrno il Pre- . fetto, il quale non cercò di meglio, fregandosi le mam. Le Camere di lavoro, questi arbitrati per la difesa degli interessi degli operai, tutelatrici di diritti, scuole pel rispetto dei medesimi, poteYano metter su eserciti di operai coscienti, leve forti in vista di qualunque quistione, ed agitazione del lavoro. Ma l'elemento principale, per ciò; doveva essere l' indipendenza. con mezzi propri. Invece, il governo, per la difesa - un suo diritto - sparli a mitraglia: le Camere di lavoro diventarono spegnitori, con l' intromissione nel loro seno di individui, che dovevano lavorarle, incanalarle nell'ordine. • * * Io non calunnio le Camere del lavoro: non ci mancherebbe altro ! Io ho il diritto di spiegare il fenomeno, alla stregua dei fatti; perchè un fatto è avvenuto, dando ragione alla scuola pedestre, che vede calare la bilancia maledettamente dalla sua parte. A 1apoli la Camera del lavoro nacque, come doveva, con impronta socialista: gli interessi operai sono quelli del partito del proletariato. Ma non aveva fondi, e si dette alla ricerca. Glie li accordò il Consiglio ProYinciale, glie li negò il Comune. I fondi del Con:;iglio Provinciale bastarono appena per gli impiegati della Segreteria. La Prefettura, la Questura cominciarono ad occhieggiare a sorvegliare l'organizzazione. Prima la persecuzione, poi le ali protettrici stese, per i maggiorenti. Venne il gloria, del salmo, con l'indicazione dell'uomo, che doveYa entrare nella Camera del lavoro per dirigerla, salvo sussidi in vista! Al gloria, perchè in musica, non si resistette. Il Don Ma1·zio ha annunziato ufficialmenie che il Prefetto aYeva largito 2000 lire alla Camera del lavoro. Perdio, ono dai fondi speciali, cioè dai fondi di ufficio, cioè - diciamolo - dai fondi politici ! P. GUARINO. Dr. Yapoleone Colajanni - CO:\SULE CRlSPI - Auto Difesa (fu sequestrato durante il periodo elettorale). L. 1,25. LA PSICOLOGIA MELLA RISOLUZIONE DELLEQUESTIOIU SOCIALI Si è scritto molto intorno ai rapporti tra la vsicologia e la sociologia, ma tali rapporti, a nostro avviso, si sono studiati da un punto di vista troppo generale, sicchè si è riusciti a dimostrare forse la importanza scientifica d'essi, ma non mai, o almeno non chiaramente, la importanza vratica. D'altra parte bisogna notare, che anche coloro che hanno cercato mostrare la importanza pratica degli studi di psicologia individuale e collettiva per la risoluzione di alcune questioni sociali, non sono giunti sempre a conseguenze esatte, perchè i loro studi non sono stati fatti col metodo positivo; onde si sono attribuiti all'uomo sentimenti o idee o tendenze çhe non hanno il carattere di generalità. Ciò ha prodotto come conseguenza l'errore nella. risoluzione di talune questioni gravi di sociologia economica. Or noi riteniamo, ed altrove noi abbiamo ciò sostenuto nel campo giuridico che uno studio positivo dei fenomeni psichici, che si esplica.no nei fenomeni più importanti della vita sociale, può dare risultati importantissimi per togliere dubbi non pochi per la risoluzione di gravi problemi sociali. Ed ora ci proponiamo di mostrare ciò in modo più chiaro. Dapprima notiamo, che ci sembra in gran parte erronea la dottrina, sostenuta strenuamente in questi ultimi tempi da Durkheim, che l'evoluzione sociale non abbia la sua origine nella costituzione psichica dell'uomo, e che « la causa determinante di un fatto sociale debba essere cercata fra i faUi sociali ante_ cedenti, e non fra gli stati delh, coscienza individuale». L'errore del Durkheim ci sembra che consista nel ritene1·0 che le 1·app1·esentazioni le emozioni, ed in generale i fenomeni psichici enti-ano nel lavoro di elaborazione d'onde risulta la vita sociale, ma non danno ad osso la loro f!)rma spo~ial~; solp l,o rendono possibile. D'onde l'erronea conseguenza che deriva da tale falsa premessa, che una spiegazione JJUramente psicologica dei fatti sociali lascia sfuggire tutto ciò che essi hanno di specifico, cioè di sociale (1). E la premessa è erronea, perchè i fenomeni della vita sociale consistono in azioni umane ed in effetti materiali ed immateriali da esse prodotto, e le azioni sono la estrinsecazione di stati di coscienza (rappresentazioni, idee, emozioni ecc. ecc.); sicché non sembra potersi affermare che i fenomeni sociali non abbiano rapporto coi fenomeni psichici e che essi non abbiano impressa una forma speciale che proviene dalla natura particolare dei fenomeni psichici che li hanno determinato. O) Ourkheim Dioi,ion du traoail soeial, lib. li, e l'altro Les regles de la métode ,oeioloatque, pag. 130, e seg.
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