70 RIVISTA DI POLITICA E SCIENZE SOCIALI piuttosto che nelle aule così spesso mefitiche. In paesi più civili e più morali del nostro, ad es. nel Belgio, arrivano già ad esercitare nella scuola ·popolare, e con suprema efficacia, la p1·0paganda per combattere il vizio dell'alcoolismo, terribile e fatale causa di degenerazione fisica e morale degli individui e della razza. Tardi di mente o idioti, nevrotici od epilettici sono i figli dei bevitori, e per essi occorre quindi un'educazione a parte. E già che son giunto all'argomento delle scuole speciali pei degenerati godo chiudere questa 0!':ommaria numerazione dei mezzi d'educazione fisica, accennando a quella gloria d'Italia che sono le scuole speeiali dei rachitici, impiantate e fiorenti .a Torino, a Milano e in poche altre città. Roma p. es. n' è priva, ad onta ch'abbia circa il 4 010di bambini rachitici. A sollievo di questi infelici è un delitto il non far nulla oggi che l'arte· chirurgica è arrivata a prevenire, e, in tempo, a correggere con pochissima spesa quelle deformazioni che lasciate solidificare resteranno indelebili per tutta la vita! Si consigli quindi l'aiuto della mano del chirurgo non appena le deviazioni si manifestano. Da quanto brevissimamente ho detto mi sembra risulti con dolorosa evidenza che la nostra scuola popolare anche ne' suoi rapporti con l'educazione fisica è lo specchio fedele delle cause e degli effetti delle nostre miserie. Il minaccioso problema economico, gravita anche sulla scuola, e la comprime entro un circolo vizio,-o. Poichè l'economia sociale, ossia il lavoro individuale e collettivo, la salute, eh' è il solo patrimonio del povero, il carattere, la morale chiedono vita e forza ad una perfetta educazione fisica; ma questa, domanda a sua volta, per potersi svolgere, i mezzi all'economia sociale, che oggi, così com'è, non può darli. Spezzare questo circolo vizioso non è opera d'individuo alcuno; sarà il lavoro arduo e concorde dei più e del tempo. Prof. ANGELO CELLI Deputato al Parlamento DEI DEMANII UNIVERSALI Di molta opportunità torna discorrere del patrimonio pubblico, ora che si fanno innanzi leggi agrarie, che le antiche modificano, indirizzandole a scopo sociale. Nella più remota antichità la proprietà privata non esisteva, e tutto ciò ch'eravi di vegetale e minerale era un patrimonio collettivo di tutti gli animali, che abitavano la terra. In questo tempo l'uomo viveva in comunione con tutti gli altri animali, - ma più tardi, per la legge di finalità, sopraffece e sorpassò gli- aitri. In siffatto periodo, non si potette parlare di proprietà, perchè mancò ogni affermazione di diritto, e può dirsi che la vita era tutta animale nel senso di nessuna socialità, e quindi la nozione di sussistenza era tutta ridotta nella lotta con gli altri esseri animali. A questo tempo si assegna il semplice conato per passare dalla pura animalità all'umanità, dal puro genere alla specie, dalla tradizione al pensiero. Fu adunque il periodo preistorico, che va dalla caverna alla Grecia, quello che mancò del tutto di coscienza giuridica e difettò completamente della nozione di proprieta, la quale perdevasi in un collettivismo indeterminato ed infinito. In Grecia appare la prima favilla del diritto, che fu jus civile abstractum, e la proprietà, espressione del pensiero, fu collettiva, perchè l'individuo ·:qon esis,teva, se non come membro costituente lo Stato, senza affermazione propria diretta, ecco perchè quel periodo:rappresentò il socialismo clas~ sica, perchè all'uomo non restò nessuna parte di sè per sè. Al periodo protostorico greco si connette l'esi- 'stenza dei primitivi popoli italici, prima che Roma assorgessc alla sua grandezza e li incorporasse tutti sotto un unico governo. In questi popoli predominava la forma municipale, ed il loro dritto di proprietà era egualmente _jusci-vitatis abstractU?n,_ appunto perchè il cittadino era solo membro dellacomunità municipale, o meglio di quel piccolo stato regionale. In questa forma. di comunione collettiva della' proprietà a ciascun cittadino era dato il dritto di usarne, come mezzo di vivere la vita, ut vitam cive$ ducere possint. Il dritto cli usare della proprietà comune collettiva fu detto civico, aggettivo della forma unica civitas, stato, governo. In questo punto storico sorsero i demanii uni versali, quelli cioè su i quali ciascun cittadino usava della proprietà collettiva direttamente uti sin-· gulos pro usu domus et f amiliae et ad sustinenda onera vitae. Il cittadino singolo usava della proprietà comune collettiva, per quanto gli necessitava come individuo e come capo della famiglia, per riparare alle pitì urgenti necessita della vita. Egli però non po· teva disporre di questo suo diritto, il quale non era trasmissibile per contratto e solo per successione naturale, giacchè tutti gli abitanti di una regione o contrada ne usavano per jus naturae. Le prammatiche dei tempi posteriori ritennero questo concetto dicendo: omnes sunt domini jure singulari et prop1·io. Ognuno nasceva invest:to del jits civitatis in' potenza, ed aveva diritto ad usare del demanio universale, e lo effettuava, ese1·citando sovra esso
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