RIVISTA nr,POLITICA E SCIENZE SOCIALI 77 terza Roma dei banchieri, dei ministri e dei cardinali disonesti. Voi cercate un seguace di Sant'Ignazio, che, intessendo laudi e panegirici alle virtù somme dei padroni di Roma, insulti con apostrofi pompose e stantie la Breccia gloriosa. E pero a voi il fuoco e i boati dell'Etna fanno Yenire la terzana. Mario Rapisardi, elevandosi al disopra delle volg·arità dei poeti festajuoli, consacra al 20 Settembre un inno sublime ; in cui in ogni strofe senti palpitare la grande anima latina del vates. Egli non discute l'intangibilità di Roma, ma l'afferma selennemente. Egli tempra l'animo e il verso nei ricordi dell'antica grandezza, e conscio dei futuri destini dell' Urbs, eleva ad altezze inaccessibili le sue ispirazioni. Roma non pii'1appare alla fantasia del Poeta la sede delrimpero o del papato; ma il centro irradiante del pensiero nuo.-o e della nuova civiltà, che conquisterà l'umanità dei due mondi colla luce dell'amore e della scienia. La spada e il sillabo sal'anno distrutti ed annientati per sempre dall'Ideale di pace e di carità, che invade l'animo di gran parte del genere umano, e Roma apparterrà finalmente ai popoli civili affratellati. Il Poeta sente in sè le pii'1 alte ispirazioni umane, sente lo spirito dei nuoYi tempi, sente intensamente tutto ciò che di bello si agita fra le spire del secolo agonizzante e che è destinato_ a trionfare. E il canto gli sgorga dal cuore limpido come !'acque dell'Ionio, sereno come il cielo di Sicilia, pieno di sacro entusiasmo come un inno degli antichi profeti. « Da questa breccia, onde nell'arduo covo Treman !'arpie d'odio e d'error nutrite Luminoso prorompe il secol novo, Popoli, udite. » L'intonazione lirica solenne vi annunzia la solennità del contenuto. Quale avvenimento pii'1me- ~10rabile infatti della conquista di Roma ? Crollata l"ultima fortezza del mostro, l'èra delle scomuniche, degli anatemi, dei roghi si chiudeva per sempre ; il pensiero lungamente oppresso risorgeva a più splendida vita; e la civiltà ottenebrata dall'ombra Yaticana ripigliava il suo corso, assorgendo allo splendore dei più grandi ideali umanitad. Da Porta ?ia, dice il Poeta, prorompe il secolo nuovo, la nuova vita, il pensiero nuovo. E benchè fra il trono e l'altare tuttavia si pom-peggila ciurma dei governanti, presto si spezzerà il giogo, che ancor graYa su Roma, e l' Urbs tornerà ma_estra di civiltà ai popoli, retta dalla sola religione del N urne dei numi : Amore. « Ben dei fati presago e al Vero amico Chi nel nome di Roma Amor chiudea ! Salve, Amor, nato a ristorar l'antico Grembo di Rea!» O amore, tu che domi le cose più ribelli, e, benigno ai solchi e alle officine, affratelli le stirpi più selvaggie in commercio gentile, ridi propizio tu all'umana specie, abbatti le barriere che separano i popoli, stringi in un patto fraterno tutte le genti.· « Che sono a te, che l'uman bene agogni, Fasti eritrèi. Danàchili sconfitti ? D'un' età che tramonta avidi sogni, Follie, delitti. Deh salva, Amor, da' congiurati artigli Le periglianti invano itale squadre; Disperdi tu l'empia procella; i figli Rendi alla madre! Rendi liberi al sol quanti nell' ime Celle sepolti in agonia ferale Scontano invitti fa. follia sublime Dell' Ideale ! :'-Jeltuo regno, o Amore la colpa o la Yiltit dei potenti non ordisce alcuna legge ; la _tua parola vola universalmente quale auspicio di libertà, di uguaglianza e di pace. Dovunque tu passi la lotta Yitale divien benefica, e il lavoro, pago di sè, cresce copioso nelle ben partite campagne. E poi che, mercè tua, ai tuoi richiami un popolo di forti muoYe al santo acquisto dell'avvenire, i malati e i vecchi con pietoso rammarico piegano la faccia i1manzi al tuo nume, le madri e le fanciulle levano a te non più tremanti le braccia. « Palme intrecciate al redentor che appressa, Voi dalla fame all'altrui carro avvinti; È la tua pasqua, o vilipesa, oppressa Turba di Yinti ! Date al buon redentor opre e pensieri, Voi di fatue possanze ibridi atleti; Son con lui, son con lui sofi ed artieri, Donne e poeti ! » Ecco: Esso viene. Non vi scandalizzate, o pudichi zelatori del tempio sacro ad Amore. Egli non veste da cherubino ma da guerriero, non contempla ma opera, non piatisce ma lotta. Stupenda· incarnazione dell'Amore, che ci ammonisce a non soffocare l'attirn operositit nell'ascetica contemplazione del male o nella stoica pazienza a sopportarlo. Amore non si nutre di sospiri, non poltre sulle piume dell'ozio, non si sfoga in lamenti e imprecazioni sterili, non si 1•assegnaal male ; ma, inflessibile arciere, pugna contro i mali pel trionfo di sè stesso e saetta i mostri creati e alimentati dall'odio.
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