Rivista di politica e scienze sociali - anno I - n. 4 - 30 agosto 1895

RIVISTA DI POLITil}A E SCIENZE SOCIALI 57 .. * * Avvenuta la nascita dell'essere umano, cor1inua Io stesso trattamento diseguale tra i legittimi e gl' illegittimi. Il Codice penale usa la stessa larghezza di attenuanti per gl' infanticidi e gli a,bbandoni cl' infante per causa d'onore; con che vengono in certo qual modo incoraggiati i delitti contro questi poveri figli della colpa. Sebbene ciò, mentre contrasta coi sentimenti altruistici dell'uomo e colla nostra civiltà, è relativamente un bene per quegli infelici, perchè ad essi si schiuderebbe tutta una vita di privazioni e di patimenti. Infatti, ad eccezione di quelli ricoverati nei pubblici ospizi, chi si occupa di quegli altri lasciati in balia di sè? Chi pensa a questi piccoli esseri indifesi, che, se non muoiono di patimenti, vanno ad ingrossare le file dei degenerati, dei delinquenti, dei pazzi? Nè le leggi civili nè quelle amministrative provvedono menomamente pel riguardo. Nessuno è responsabile del loro mantenimento e della loro educazione. Nessuno si occupa di ricercare i genitori di quei disgraziati ed obbligal'li ad adempiere i loro doveri parentali. Anzi, quasi ciò non basta~se, si nega addirittura, per regola generale, il diritto alla ricerca della paternità, salvo casi eccezionali, e si nega an· che il riconoscimento volontario dei figli adulterini ed incestuosi. Non nascere da un'unione legittima vuol dire adunque trovarsi quasi fuori della protezione della legge. Or chi non vede come questa imprevidenza delle leggi sia la causa della triste riuscita di tanti sventurati, che, lasciati a se stessi, divengon·o necessariamente corrotti di corpo e di spirito in perpetuo contrasto colla società, che loro è stata madrigna? Di chi la colpa se poi essi offendono il buon costume e l'ordine pubblico, tratti a ciò fare dall'ambiente corrotto in cui sono vissuti e dalle difficoltà che loro sono state create di vivere onestamente? Eppure è allora soltanto che il legislatore si ricorda di essi per sottoporli a tutto il rigore delle funzioni penali. È chiaro pertanto come sieno urgentemente richieste le riforme legislative su questo riguardo. La ri• cerca della paternità dovrebbe essere ammessa per regola generale, salvo alcune modalità perchè venga seriamente esercitata. V' ha sul riguardo da apprendere dalle legislazioni straniere, di cui alcune, come quelle di quasi tutti i cantoni svizzeri,· dell'Austria, dell'Inghilterra, delle provincie baltiche, degli Stati Uniti della Colombia, del Chilì, della Repubblica Argentina, hanno ammesso senz'altro il principio della ricerca della paternità; ed altre, pur ammettendo in principio la non ricerca, hanno fatto più larga parte alle eccezioni che non faccia il Codice italiano, come quelle degli Stati della Germania, del Portogallo del Messico. Occorrono poi speciali organismi sociali che provvedano a raccogliere e ad avviare ad un me3tiere o ad una professione i figli abbandonati e a fare per conto di questi infelici le oppol'tune indagini sulla lol'o patet·n itiì. Come è fatta nelle leggi una condizione sfavorevole ai figli che provengono eia illegittima unione, mentre ad essi dov,·ebbe in particolar modo esten_ dorsi la protezione della legge, co~ì avviene per quanto rigmtrdn, la condizione giuridica della donna, per cui si scor·gono ancora chiare vestigia del concetto tradizionale del!' inferiorità femminile. Non ostante che fin dall'epoca della rivoluzione francese si credette di spazzare ogni privilegio di sesso, pure molti di questi privilegi rimasero nel Codice Napoleone, e sono andati scomparendo col progresso successivo della civiltà. Il Codice italiano rappresenta, anche per questo lato, un progresso di fronte al Codice francese; pure s'è inteso il bisogno di ritoccr,rlo in molti punti. Una legge del 77 abroga le disposizioni che escludono le donne dall' intervenire come testimoni negli atti pubblici e privati. La legge sulle istituzioni di pubblica beneficenza ammette le donne a far parte delle congregazioni di carità e dell'amministrazione di ogni altra istituzione di pubblica beneficenza e la legge sui probi viri le ammette all'esercizio della funzione arbitrale e giudiziaria. Tuttavia sono rimaste diverse vestigia di una ingiustificata inferiorità della donna: e basti ricordare le restrizioni in ordine all'ammissione di essa nell'ufficio tutelare e in quello di componente i consigli di famiglia e la sua esclusione nei collegi arbitrali. Numerose altre restrizioni riguardano la capacità giuridica della donna maritata. Si sogliono giustificare colla necessità della direzione unica della famiglia e dell'armonia domestica: però spesso in pratica non raggiungono questo scopo e sono causa di altri inconvenienti. Cominciamo dal dire che il codice ammette la potestà maritale e non determina sino a che punto essa si estenda. Non mancano giuristi italiani e stranieri e responsi della giurisprudenza che ammettono potere il marito ricondurre manu milita,·i la moglie presso di sè, come sanzione dell'obbligo fatto alla moglie dall'art. 131 di accompagnare il marito ovunque egli creda opportuno di fissare la sua residenza. Quanto alla capacità della donna nei l'apporti economici, il nostro Codice conserva l'istituto dell'autorizzazione maritale in numerosi atti della vita civile. Queste restrizioni, che anche ora sono esorbitanti, dovranno sparire del tutto quando sarà convenientemente elevata la condizione intellettuale e morale della donna. Senza spingerci dunque a richiedere per ora una legge come i the married Homan' s prope1·ty acts, per cui la donna maritata divenne in Inghilterra interamente indipendente da suo marito colla separazione dei beni e la soppressione dell'autorità maritale, si possono seguire altre legislazioni

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