Rivista di politica e scienze sociali - anno I - n. 4 - 30 agosto 1895

RIVISTA DI POLITICA E SCIENZE SOCIALI 53 per rispetto all'intelligenza obhiettirn della vita e dell'opera del Garibaldi. Da quanto, infatti, troYiamo accennato sull'argomento o da biografi del Garibakli, come il Guer1.oni, o da storici del moYimento ~ociale italiano. come T. Martello, apprendiamo che l'adesione di Lui all'.Fntei--na.=ionale deve considerarsi in modo affatto diverso da quello, secondo cui potrebbe considerarsi l'adesione d'un uomo comune. E ciò è ben naturale, dato il tipo psicologico dell'eroe. G. Garibaldi è, infatti, come tutte le pei·sonalità eminenti, una costituzione psichica caratteristica, dotata cioè, organicamente di certe qualità predominanti e tenacissime, non suscettive che in piccola misura di essere modificate dalla forza reagente dell'ambiente e dall'impero della stessa volontà. Non è, quindi, presumibile a pi·iori che un uomo siffatto avesse accettato incondizionatamente i principii ed i metodi della società, a cui egli di_ chiarava di dare il proprio nome. I sentimenti ed i principii, o per meglio dire le tendenze vero-o certi principii generali ed astratti, preesistenti per forza organica nel Garibaldi, dovevano di necessità imprimere un certo colore tutto soggettivo ed individuale alla sua adesione, per quanto apparentemente incondizionata. S'intende bene, così, come fra le idee iscritte nel creclo dell' Interna.=ionale il Garibaldi potrà insinuare idee nuove e forse in contraddizione aperta con le prime, ovvero che ai metodi di propaganda e di lotta degli internazionalisti il Garibaldi potrà sostituire metodi che sottintendono concetti sentimenti, finalità, differenti e magari opposti. Ecco per quali ragioni si peccherebbe contro il metodo positivo, qualora dal semplice fatto che l'eroe aderì all'Intei--nazionale si volesse concludere che egli ne aveva implicitamente accettato tutto l'insieme delle dottrine. L'errore, come è chiaro, deriverebbe dal presupposto tacito, da cui si partirebbe, che un uomo della costituzione antropologica e morale quale ebbe il Garibaldi potesse piegarsi d'un tratto ad accogliere nell'intimo dell'animo principii già prestabiliti e direi quasi schematizzati. Pertanto, grazie a quanto abbiamo accennato, non sia discaro al lettore di questa nuorn e, speriamo, fortunata Rivista, ch'io gli offra un breve bozzetto, più che uno stuclio, sull'mteressante argomento. * * * La questione sociale occupò ed infiammò l'animo di G. Garibaldi non meno della questione politica. Già vecchio, si dichiarò, apertamente affigliato al1' Internazionale, - contro cui G. Mazzini scagliava i suoi anatemi e le sue potenti e spietate c1·itiche - e liricamente ehhe a salutarla come « il sole dell\wveuire ». Jfa in realtà l'Internazionale di Garibaldi non era l'Jntt'J1•na:irmale, non diremo di Bakunin, ma neppure quella di Carlo -:\fa.rx.: l'idealità sociale rlell'eroe italiano rifuggiva dai principii a:-:soluti, dalla critica demolitrice e sarcastica, dalla fredda e minuziosa dialettica, con cui il sommo economista tedesco aveva fonrlati ad un tempo la dottrina ed il partito socialista, che non riconoscono dinanzi al proletariato i confini nazionali. Giorgio Palla.vicino ed altri amici ben compresero l'equivoco in cui Garibaldi, appat•entemente almeno, veniva a trovarsi e gli dissero quasi scandalizzati: tu non conosci l' Intei·nazionale ! l'Internazionale della tua mente è diversa da quella reale a cui pure hai dato il tuo gran nome! Garibaldi. allora, che cosa risponde, che cosa fa? chiarisce e specifica il suo pensiero, mettendo anche meglio in evidenza la contraddizione in cui egli si è messo. Però, da essa non esce, nè tenta di uscire. Le opposte idee si conciliavano forse misteriosamente entro l'animo suo: così, almeno, ci è dato presumere. Respiure vivamente, adunque i pi·ecetti dell'Associazione, quali ~< guerra del capitale», « la proprietà è un furto», « l'eredità è un altro furto» (1) vuole che l'Intei--nazionale si contenti di quanto le spetta « senza toccare l'eredità e proprietà altrui » pretende persino che essa non si percla « nell'opinione delle classi agiate » (2). Per compenso, egli vagheggia riforme miti e graduali che ai socialisti di C. Marx dovevano apparire in gran parte gingilli borghesi, frasi vuote o sterili: ama « il miglioramento morale è materiale della classe operaia laboriosa ed onesta » (3), desidera « il progressivo ordinamento che ponga l'Italia in grado di sviluppare tutte le sue attività e ricchezze per guarire la triste piaga della miseria» (4) che equivale a « deterioramento della razza ed eredità d' insopportabili debiti » (5). vtiole che all'operaio sia lasciato il poco che gli stilla clalla fronte con l'abolizione clella tassa clel inacinato, sul sale e cli tante alti·e ingiustizie gravanti sulla sua 11iiseria (6), propugna a tal uopo il pi·imorcliale clù·itto cli voto per tutti i cittadini godenti dei diritti civili e non già per pochi abbienti monopolizzatori clella sovranità popolare (7), l'abolizione dell'esercito permanente, mantenuto a (1) Lette,·a a G. l'al/aoicini del 14 nooembre 1871. pubblicata nelle Questioni del giorno, et!c. di B. E. )jaineri, ?\'lilano, Bartolotti 187 I, pagg. 157 e segg .. (2) Epistolar;o di G. G. ,·accolto eri. annoiato da E. E. Xi - nune~, Milano, Brig0Ja1 1885; Voi. I. pag. 388. (3) Le1te,·a a G. Pallaoieini c'tata, pag. 38~. (4) Epistolario citato, Voi. li, pag. 261. (5) Ibidem; 11, pag. 142. (6) Ibidem; I, pag. ass. (i) Ibidem: pag. 301 e passim.

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