RIVISTA DI POLITICA E SCIENZE SOCIALI 39 che, Bastiglie; ma quanti 11011le imocano nel loro interiore, e quanti ricorsi non si contano nella storia! Ecco perchè D. Alfonso Carresi può dire « così avviene clic senatori, deputati, professo1·i, mi11istl'i tornano a Dio » .... al Dio di Crispi. Di costoro la chiesa diffida; sepolc1·i ùnbiancati, ella pensa, e se ne giova, parata all'inganno, pronta alla 1·appresaglia. La que tione stessa del pote1·e tenipm·ale sa diYenuta quisquiglia diplomatica: se ne fa Yessillo, che agita a' quattro venti come lievito di fanatismo. Intanto conta trionfante le moltitudini di Lourdes la tratta infinita di gente che sente e non pensa, e an,ince quelle genti e quelle moltitudini con la simpatia irresistibile della sua forza primigenia, l'umanità, che è pure la forza dell'Èra Nuova; se non che l'umanità, nella chiesa cattolica, è indissolubilmente congiunta al codice di Macchiavelli. Eppure D. Alfonso Garresi puo dire « repubblicani, socialisti, massoni si rivolgono a me ». Ond' io ripenso mestamente a queste parole dello Stendhal: « Tel est lo l1·iomphe de l'education jesuitique: donner l' habitude de 110pas fai re attention à cles choses plus claire:s que le jour ». APROPOSITO DEILII 0 VOLUDMEEL"CAPITALE,, (C oriti11ua~io11e e fine - Vedi Num. precedente). 11. Se la legge del v,dore deve avverarsi ~trettamentc - cosi aveva ragionato Marx nel primo volume - i capitalisti industriali non possono realizzare nella vendita del loro prodotto un valore eccedente la loro spesa, cioè un sopravvalore, se non quando un tal valore eccedente sia stato già creato nel processo tiella produzione. Esso è creato col lavoro tlei sala1fati, ai quali il capitalista paga in forma di salario soltanto le spese di mantenimento, ossia il valore della f'or;;a di lavo1·0. Questo valore, cioè l'ammontare del lavoro, che ò contenuto nei mezzi di sussistenza necessari alla conservazione dell'operaio, è naturalmente basso; e nulltL toglie al capitalista, economicamente strapotente, di far la.vorare l'operaio - al quale egli in forma di salario dà un assegno su merci per esempio di sei ore di lavot·o - più a lungo, forse il doppio di sei ore ogni giorno. Il valore nuovamente cre,.Lto dall'operaio ogni giorno nel processo della produzione l) Sotto '}Uesto pseu•lonimo si nasconde 11nn c-grcgia Signora che insegna storia in una scuola italiana governativa. Govel'uando il Crispi., si capisce il risl!rbo. N. d. D. è cosi il dowio di quello assegnatogli in forma di salario. Il capitalista guadagna ogni_ giorno adnnque, con questo lavoro protratto dello sc//iavo salariato, tanto e tanto valore eccedente, o sop1·a:vvalore, in forma di prodotto, sebbene egli aubia pagato precisamente il Yalore della /'orza di lavoro in conformiU alla legge del valore. Egli può quindi vendere il prodotto completo, dopo terminato il processo tli produzione, al suo valoi·e di lavo1·0, e otterra nondimeno in questa vendita una somma di danaro maggiore di quella che avca spesa pei mezzi di esercizio e per le fot·ze di lavoro necessarie alla produzione, perché nel prodotto é incorporato un valore eccedente. Il suo danaro si è valorizzato, gli ha reso profitto, e si è quindi riaffermato come capitale. E tutto ciò senza, violazione, anzi per legittima conseguenza della legge del valore. Ma il sopravvalore, sul cui scambio in danaro si fonda il profitto, è stato creato dagli operai salariati, e non dalle materie grezze e dalle macchine, che in generale, qua'i prodotti del lavoro passato, possono semplicemente trasferire al nuovo prodotto il valore del lavoro in esse contenuto, ma non possono evidentemente creare valore nuovo. li sopravvalore quindi, se è dato il saggio del salario, e se è data la lunghezza del tempo di lavoro e la intensità del lavoro stesso, sara tanto maggiore per ogni capitale, per quanto più capitale l'industriale può impiegare nell'acquisto di forza cli lavoro vivente, generante lavoro e sopravvalore. Solo la parte di capitale spesa in forma di salario è valore che si valorizza nel vero senso; essa ò, come dice Marx, capitale va1·iaòile in opposizione al capitale costante, cioò ai mezzi di produzione morti, che non fanno se non trasferire il loro valore al prodotto completo. 01·a secondo i di,·e1·si rami d' indu3tri:1, capitali industriali egualmente gt·andi occupano più o meno forze di lavoro \"iventi, e raccolgono anche, per conseguenza, un sopravvalore più o meno grande nel processo di produzione. J1a ciò nonostante i lom profitti sono uguali; o, se variano, ciò ha la sua ragione nelle congiunture del mercato, che sono accidentali e mutevoli, e non già nel fatto che impieghino masse operaie di diversa grandezza. Adamo Smith ha ragiono: la libera concorrenza tendo atl agguaglia1·e in media e a lungo a,ndare il tasso del guadtLgno del capitale nei divet·si ran,i di produzione. li prezzo « naturale », ricercato dalla concorrenza, intorno al quale si muovono i prezzi di mercato come intorno al loro punto di gravitazione, si misura secondo questa l'egola: che i capitalisti cioè, ottengono nella vendita delle merci le spese di produzione fatte in danaro, ma cresciute del profitto medio del loro capitalo in d.tnaJ"o, che anticiparono nella produzione. L'a~lusso e il deflusso del capitale nei diversi rami della produzione, che si muornno secondo le rispettive probabilità del guad,Lgno, hanno la inevitahile tendenza di adattare a lungo i~ndare i prezzi di me1·- cato alla misura del prezzo naturale. t dunque chiaro: La non,iali::::a;;ione dei 1,re:::::i, che rirnltet dalla leg!Je del vallJre, diverge da q11ella che effettivamente re!Jola i 7J1·e.:,;:; i, e alla </ttale tende la r;onco1Ten::a. Per la sti-ct,ta et! immediata esplicazione della legge del valore, il cavitali~ta, dovrebbe
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