RIVISTA DI POLITfCA E SCIENZE SOCfALl 35 anzi, che ci sarebbe da sollevare gravi dubbi snlla realtà della preponderanza ed utilità degli scambi commerciali che la mad1·e patl'ia manterrebbe colla sna colonia. III. Si ammJtta in vi,. r!' ipotesi che l'intento di veder sor,;erc nna .Vuova Italia, che si propongon? i nostri nomini di Stato restando ed avanzando in Africa, sia nobile od ntile; giova esaminare se è possibile, e il corne rag;;i11ngerlo. Potranno gli Italiani coesistere e svilupparsi insieme :igli indigeni? giovel'à distruggere gli antichi possessori della terra africana per fare posto ai nuovi? Ecco lo esame preliminare che bisogna fare. Chi ·conosce gli Abissini e i Tigrini e le altre razze che vivono in condizioni varie sotto la sfera d' infinenza dell'Italia pensa che gl' indigeni presentano caratte1·i antropologici, intellettuali, politici e morali eccellenti, che incoraggiano a promuoverne lo sviluppo prog1·essivo. Ho riportato nel mio citato libro sulla Politica coloniale i varì giudizi dei piil illustri viaggiatori, che suffragano tale conclus.ione; alti-i ne riporta il Casati,· il valoroso compagno di Emin pascià che visse pe1· 10 anni in Africa; è conclusivo in modo assoluto il giudizio di Monsignor Massaja, · che visse per circa quarant'an·ni in Abissinia e· che fa l'apologia dei suoi abitanti. Il Casati, anzi non solo ritiene follia che si vossa faré l'A(i·ica se>i;a g1i africani, ma vorrebbe anche che si spingessero i bellicosi montanari delle Alpi Etiopiche nelle sottostanti valli niliache e si proteggessero per indurli a prendervi stabile dimora (Dopo I.Cassala - nella « Esvlorazione Commercia/e» :.\'1ilano.Settembre 189-1). L'Italia, adunque, seconcl:> questo competente scrittore-viaggiato,·e dovrebbe spendere uo:-nini e dana1·i in Africa per proteggervi ed educarvi gli Africani. _Questo compito sarebbe altamente civile ed nmanitario; ma non è quello che si sono proposto i nostri africanisti e solleverebbe, se confessato e colorito nella esecuzione, malumori giustificati nel popolo. Se compito siffatto perseguissel'o i governanti italiani è evidente che svanirebbe il progetto di fai' so1·gere una Nuova Italia nel Continente nero; è evidente che gl' indigeni protetti, costi-etti alla pace e alla coltivazione delle terre per l'agioni preponderanti di facile adattamento al clima, ai prodotti del suolo e al genere di vita, si svilupperebbero rapidamente e non si lascerebbero compenetrare dagli italiani, che in qucll' ambiente fisicamente e biologicamente si troverebbero in condizioni d'inferiorità nella lotta per la esistenza. Nè la co,isistenza e lo sviluppo parallelo dei due elementi sarebbe possibile per ragioni politico sociali. Vincitori o vinti non potrebbero serb_are rapporti pacifici; i vin li sarebbero troppo numerosi per lasciarsi dominare da un pugno di conquistatori ; la nuova educazione che da questi riceYerebbero e sopratutto la educazione militare non farebbe che ridare loro la coscienza della propria forza e farebbe riso1·ge1·e il sentimento nazionale e il desidel'io della indipendenza: movimento che deve presumersi facilmente in un popolo che ha una lunga storia relativamente non ingloriosa. Ciò eh' è avvenuto in un decennio insegna: i nostri protetti accarezzati, stipendiati, lisciati, armati, pl'ima, finirono sentpl'e col dirnniro 1·ibelli. È la sto1•ia di Debeb, di Ra~ Alula, di Bat Agos, cli Ras Mangàscià, di Menelik; sarà quella dei lorù successori, che solo a noi ... nulla insegnerà. Che questo debba essere si può argomentarlo dal malvolere e dalla diffidenza con cui sono accolti da pertutto i nostri soldati e ht nostra bandiera. Si ha un bell'annunziare che i notabili e le popolazioni vanno incontro ai conquistatori e li pregano di occupare definitivamente le terre; il vero è che tali sentimenti non vengono manifestati che dai mercenari che vendono agli italiani i loro servizi come li venderebbero a chiunque li pag..1,sse, da qualch,j prete scagnozzo del luogo e dalle male femine. Il Generale Barattieri ce1'to non sarà rimasto molto lusingato dalle bugiarde cantilene delle donne pubbliche cliAclua, che al suono cli un tamburo indigeno cantavano: « Noi lo aspet- « tavamo ed egli è Yenuto; noi lo desideravamo ed « egli. ha app(!,gato i nostri desideri>>- (A. Rossi: Le nostre conquiste in .Af,·ica. Milano. Kantarowicz Ed. 1895). ì'i"on si può p!3nsare aclunque alla pacifica coesistenza. cd al contemporaneo sviluppo degli indigeni e degli Italiani in Africa e si dern, anzi, riconoscere che quanto _più i vantaggi" della pace saranno assicurati tanto pii1 rapidamente si svilupperanno i primi a detrimento dei secondi; e quanto meglio ecluchere:no gli Abissini al mane;i-;io delle nostre a1·mi, n.lh1 nostl'a or,;a Iiizzaziono e .111,, disciplina milita,·c, tanto piit cresce,·anno i pericoli pe1· noi in una guerrn d' indipeuden;r,a che potrà tarcla1·e, ma che non potrà m,tncar.J. li pericolo che ci verrà dalla educazione milita,·o degli indigeni, specialmente da I maneggio riel cannone che 101·0inso,;niamo, non viene negato d:t ne~suno, e molto meno dai competenti. :'\on venne però va.lut:ito debitamente diti Generale D,tl ,- erme, che si compiacqne cli vedere in Africa una buona scuola di guerra, pei nostl'i nfficiali, dimentico cho una scuola identica in Algeria preparò gli ufficiali francesi alla sconfitta. Ben a ragione, adunque, il Martini avvisa che in Africa la prima cosa che si devono propo1·re gli Italiani è la distruzione degli africani: distruzione da. iniziare col cannone e da compiere coll'avvelenamentn per alcool. Altro che Congresso di Bruxelles e guen·e umanitarie (?) per abolire la schiaviU1 ! Il programma del ~Iartini, da lui esposto con brutale sincerità, da altri vagheggiato e mascherato con raffinata i1,ocris.ia, è logico; poti-à es~el'C realizzato? Pa,·e impossibile che posim esserlo. Sinora si sa di Pelli Ros e, di Australiani, o di altri popoli inferiori che sono scomparsi ;.I contatto dogli Ariani; ma di ~egri, pii'1 o meno modificati dall'incrociamento con altre razze, per lo più semitiche, che siano scompar~i e in casa propria, la storia non dice. Dice invece che attecchiro1~0 ti'apiantati in America e che m0lti popoli passarono in Africa senza soffermanisi; i romani compresi. I roma,ni, come accennai in principio, vennero a contatto precisamente cogli Etiopi e li •
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