RIVISTA DI POLI'fI C1\ ESCIENZE SOCIA LI DII"ctt01•c Dr NAPOLEONE COl,AJAN~I Deputato al Parla1111!11to ITALIA: anno lire 5; semestre lire 3 - ESTERO: anno lire 7; semestre lire 4. Anno I. - N. 2. Abbonamentopostale Roma30 luglio1895 S0~1\~ARIO: La Rivista, In. Af",•ica - Gir,vanni novio, Preludi - Jlr. ::-lapoleone Colajanni, Malinconie coilicuzionali - G. Ser,i. ll Carotiere - Filippo Viri,1ili, Il proMe,na agra,•io - ConraLI Schmiclt, A ,,,·oposilo del 3· volume del •Capitale• - il Co11sir,lio Q{Jlciale di C-Oncilia.:;ionenel Ma,saehussetls - Recensioni. IN AFRICA. Le dichiarazioni fatte il giorno 25 luglio dall'on. Blanc, ministro per gli affari esteri, alla Ca- .mera dei Deputati sono di una graYità eccezionale e devono cagionare un grande allarme tra i contribuenti. 1on commenteremo l'in ucces ·o diplomatico del nostro governo per ciò che riguarda il contegno della Russia in Abissinia. Le dichiarazioni del ministro in quanto al passato fanno sapere che il governo di Pietroburgo nel 1890 riconobbe con tante riserrn il trattato di Uccialli e il nostro protetlo1·ato sopra l'Etiopia, che si puo ritenere il riconoscimento - d'altronde fatto Yerbahneni.e - come illusorio. ll ministro degli esteri tacque prudentemente sui casi odierni che arnrnno determinato la presentazione delle _interrogazioni da parte di vad deputati. Ma se all'orizzonte diplomatico Yi sono delle nubi non ce ne sono affatto sull'orizzonte finanziario. Qui si Yede chiaro, a luce meridiana, che si prep.. -u'.'l Wl:l nuova spedizione in Af,,ica, per la quale si richiederanno molti milioni. DoYe si prenderanno? Ecco l'incognita. _\.d ogni modo le dichiarazioni doll'on. Blanc hanno eliminato ogni dubbio: la così dotta politica cli raccoglimento Yenne sconfe sata ed espÌicitamente sostituita colla grando politica <liespansione. La megalomania riprende il sopraYYento; essa ci procurerà innegabilmente dei brillanti successi militari, che saranno pel paese altrettanti disastri finanziari ed economici. Ciò che questi ci prepareranno in un avvenire pii\ romoto non diremo, perchè quando l'Italia prorn l'ebbrezza che danno le glorie guerresche la parola della prudenza non riesce bene accetta. Intanto graYi avvenimenti si preparano in Africa, che, forse, Yengono creduti un efficace dirnrsiYo alla quistione morale, e noi in previsione dei medesimi Cl'ediamo nostro dm·ere d'intrattenerci con cura particolare della politica coloniale. Ce ne occuperemo infatti nei prossimi nume,·i; e ;;pe,·iamo, che i lettori, troYeranno il soggetto interessante. J,a Rivista. PRELUDI! Nel giorno 25 giugno :'incontrarono in una piazza di Roma, poco lontana dal J1ini tero della Giustizia e de' culti, il canonico D. Alfonso Cassasi e il Dottor Lucio Stiva, professore di scienze naturali. Bella persona il canonico, faccia aperta, occhi astuti e lucidi, denti bianchi sempre in pamta di fe ta, coltura di seminario e lingua di salotto. Su quella faccia si contavano passate cinquanta pasque senza una quaresima, e in quegli occhi molti ardori si erano accesi, non tutti amor di Dio. - È vero - gli domandò una bella penitente - ciò che dice Giorgio Sand, che gl'italiani s'innamorarono in chiesa? - Ah! qui appunto, nella Chiesa - rispo e il canonico - sono maggiori le tentazioni. - E voi, canonico, che cosa veniste a cercare nella chiesa? - In me si fondono le due età indicate da Heine: prima cercai la ,·ita nello spirito, ora lo spirito nella Yita. Perciò il cru10nico in politica era un conciliato1·ista, cioè di que' preti che rngliono pace tra Chiesa e fato, aspettando dalla pace una pit'.1larga inf'ramettenza della Chie a nelle cose del tempo. Tutt'ali.1·0 era il prof. Lucio, attempato anche lui, pe1'seguitato una YOlta dal gornrno pontificio pii, come darYinista che italiano, ed ora misantropo quasi, mezzo pe1' posa e mezzo per la mala proYa della nuorn Italia in Roma. ViYern solo, frugale, diYidendo il mediocre prowento parte in arnesi di scienza e parte a soccorso dei maestri poYeri.
'18 RIVISTA DI POLITICA E SCIENZE SOCIALI Si erano conosciuli da gio\·mielti, rnnivano dal me(losimo paesello, o la loro amicizia ora fafta di memoria pit't che di consenso. Tollc,·anle il canonico, arnYa per tulli o una pa1·ola cl i assoluzione o un molto sat'caslico: e,·a tult'uno. Era difficile, per contro, cavare dalla hocca dell'altro, intollerantissimo, una parola di lode, quanto era facile aYerlo compagno a qualunque opera generosa. - Oh .... chi vedo! ... disse il canomco. - Ecco qua l'amabile misantropo... Smelli rnh ! quella ciera che è sovrapp'osta alla tua faccia e gua,·dami da cristiano. - Da uomo, volevi dire, rispose Lucio. Sei cristiano tu come S. Paolo era casto. Or che si dice in Vaticano cli ciò che accade a Montecitorio? - Si fregano le mani i monsignori e ridono. Le esalazioni indicano il grado cli disfacimento. - Eh ... quanto a questo, le esalazioni maligne vengono da tutte e due le parli. La quistione è sapere chi ultimo si fregherà le mani. - Tu no, caro il mio gran dottore, nè gli altri discendenti dal patt·iarca Gorilla. La vostra politica dottrinale è far liberi i discende11Lidelle beslie; la nostra politica pratica è aver dalla nostra il popolo. E lo abbiamo, sa; e abbiamo il morlo di averlo. - Quale? - Trattar l'uomo da uomo. Primo bisogno dell'uomo è credere; ultimo bisogno dell'uomo è credere; primo ed ultimo ricove1·0 dell'uomo è la chiesa. Io gliela posso aprire ridendo; ma egli vi entra adorando. Che libri e che Darwin! ... E. clte resta cli quei discorsi parlamentari, tanto pieni di patriottismo iperbolico e di sdegni melodrammatici!... La parola nostra si stampa ne' cervelli e resta. E così avviene che senatori, deputati, professori, ministri voltano le spalle alla Dea Ragione e tornano a Dio; e chi non torna invidia quelli cbe vi sono tornati. - È metà del vero; ma l'altra metà · dice che come in que' deputa.ti e ministri era restata parle di te, così in te è penetrata qualche cosa del mio. Perciò quì dov'era il Gommo tuo è entrato un altro Governo, e dove tu insegmwi la creazione dell'uomo io insegno l'ernluzione delle specie. - Ed hai consumato una di quelle opere che pe1· eccesso di malrngità o di follia sono ad un tempo misfatto e pena. Tu hai sostituito in Roma ad un Governo cli preti un governo di aHocati. Ne hai pena la tua misantropia. L'avvocato è il prete meno Dio. Perciò il prete difende un dogma; l'a.noca.to li difende tutti. P1·ima sopprime la coscienza, come Depretis; poi la spontaneità eleltoralc, come Giolitti; poi il parlamento, come Crispi. Ecco la libertà. La politica è per sè stessa un inganno; immagina poi nelle mani di un avvocato! ... - Resta. ancora il capo dello Stato. E che dici del ,·o? - De 1·ege nihil. Tacquero un poco. Poi Lucio Sti\·a mo1·morù: Tanto è: un governo o un parlamento di ,ì\'\'Ocati portano nelle leggi o nella politica. le nhiturlini della. curia; prepongono le rninufe esigenze ai fini di un'età; e buttano da un lato la morale, merce soYerchia. - Tu, 1·icominciò il canonico, con queste parole commenti la proposta fatla oggi dal deputalo T01·- rigiani, che ha parlato come un fiorentino ciel ci~- quecento. Egli ha detto: \loi qui siamo stati mandali a far buone leggi finanziarie e sociali, non a discutere altro. - \lo? ... Le quistioni mora.li che turbano il paese dunque non a.rrirnno alla Camera? Così poternsi dire ne' secoli passati, quando lo Stato era de' Re, non oggi, dopo cl,o hanno fatto base della sovranità il popolo. Questo è un elemento mode,·no col quale hanno a fare i conti, ed insegna. che la. morale, se non altro, è ai tempi nostri necessi là politica. - Ben detto: e questo clornvate capire voi chierici quando bandirnte leggi e battevate moneta. - Noi non avemmo proclamato plebisciti né messo a base cli regno il popolo; e cli piit noi abbiamo - fondamento secolare della morale - il dogma. Che avete voi oggi ? In questa domanda il canonico pose un insolito scoppio di voce, che superò la sua intenzione. Cercava un sc,rriso riparatore, quando si accorse che anche la sua pre\·i ·ione era stata superata, dall'effetto. Lucio Slirn era rimasto fosco e silenzioso. - Ti ho offeso? - disse il canonico - Posso dirti che l'impertinenza del tono non passò nella parola. - Io sono offeso da quella forza che mi fa soprav\·iyei•e a me stesso. Io non a.mo nè questa chiesa nè que to Stato; non amo un dogma senza fede, e non amo un potere arri-ì,ato a Roma senza sa.pere clore entrarn. Nessuno Stato nuovo fu mai preparato da tanto ardire di pensiero e di opera e nessuno rispose meno alla grandezza dei precursori. Che segno è? Che o la via sbocca al Vaticano, o.... - Oh?... L'altro termine ti muore sulle labbra. - \'on esiste. Il Vaticano è l'eterno immobile, e contro esso non c'è che o l'eterna utopia o la presente miseria. - Tu vieni meno al discorso e fuggi te stesso. - Io resto nel fatto. Dentro, siete infelici, e fuori cercate aVYenture e dirnrsioni che più Yi scopriranno a voi stessi. DiYorata la piccola proprietà, fallite le banche, n10ta l'istruzione, incerto l'ordine pubblico, i municipii si rirnlgono a noi e abbandonano a voi una larrn cli Stato. Vuoi saperlo? Te lo dico perchè te ne dolga: repubbli-
RIVISTA DI POLITICA E SCIENZE SOCIALI 19 cani, ,ociali,ti, massoni si rivolgono a me. :-folti lihc1·ali confcs;;ano quel clic non debbo ripetere e portano chiuso sul petto il segno posto da mc. ;\folti che soffrirono per l'Italia o cmig,,arono o posa1·ono sul mio petto il capo moribondo, cercando una patria che .qui non ebbero. Tu pure mi chiamerai, Dottor Lucio Stiva! Pai·ola cli onore, canonico, io ti chiamerò. Parola, professore, non mi farò aspettare. E ripeterai ciò che io ti dirò? Se vorrai. Si. E ti dico sin da ora ciò che li dirò alloi0a, perchè è ciò che appunto io ho pensato e detto sempre. Ed ecco: Tanta forza di pensiero di cinque o sei secoli e tanta Yirtu di popolo nel secolo nosti 0 0, non possono aver generato un effetto co,ì sproporzionato e magro com'è di presente lo Stato italiano. Finchè quel pensiero permane dominante e cresce nel popolo il bisogno di giustizia e di sincerità, nè questa condizione di cose pu<Ìes. ere durevole, nè possibile la reazione. - Dunque? - Dunque il popolo italiano che non è apata ma longanime, e sente anch'esso, come il poeta suo, dopo trentacinque anni cli strane lotte essere giunto alla selva, questo popolo nella selva istessa riacquista la coscienza del suo fine e della sua missione. - Parola! - E non deYi dirlo tu che rii parole e di paure alimenti il gregge. Questo è destino nostro, che nella selva, cioè nelle 01°e tristi ed oscure 1·ip1°encliamo il cammino. :foi saliamo l'erta YCrso il secolo ventesimo. - Tu mi rubi il mestiere di profeta! - Io esercito quella forza che tu hai rinnegato, la logica. Se dunque sono state grandi le cause del nostro risorgimento nazionale, quanto longanime e generoso è questo popolo, l'effetto non può essere questo che vediamo. So che un popolo grande ha le sue ore cli tramonto altrettanto misereYole quanto pit1 splendido fu il suo meriggio, ma allora quel popolo non ha più pensatori, non grandi artisti, nè combattenti e martiri, nè ribellioni oneste e fremiti; ha gente che vuol feste e srnghi e pad1·oni senza una protesta, una voce della coscienza umana. Non è questa la gente nostra. C'è in ogni parte una gran sete d'ideale: ecco la salrezza nostra. - Un solo è l'ideale - disse il canonico, levando il dito - perciò ogni vero peogres,o è un ritorno. E finiamo con Lui. - Io finisco con me, cioè con la certezza di toccare appena il limitare cli una ciYiltà migliore e con la coscienza di averle portato la mia piccola parte di pensiero e di opera, senza axèr desiderato una fortuna pit1 ampia di questa, che mi consente dirti l'ultima parola, la quale non suona perdono ari. offese dimenticate nè pentimento di malcficii non commessi. Questo ripeterai. - Hai parlato prima as. ai. - Coloro che si smentiscono all'ultima ora non sentirono mai ciò clie dissero prima. E si separai 0ono. Una discussione sul XX settembre si è fatta nella Ca.mera de' Deputati. Chi ha YOtato a un modo, chi in un altro e chi è scappalo. Abbiano oramai questo piccolo coraggio i deputati, di mettersi francamente o dalla parte riel Canonico Cassesi o del naturalista Lucio Stiva. GIOvANNI Bovio. MALINCONIE COSTITUZIONALI Ferdinando Lassallo in una delle sue brillanti conferenze (L 'essen::a di una costituzione) argutamente affermava che tutte le garanzie e tutti i di1·itti dei cittadini consacrati in una Carta, quando la forza reale sia nelle mani di un solo o di pochi, rappresentano una menzogna; valgono tanto, egli soggiungeva, quanto il cartellino che dica che un olmo sia un fico. Non ricordo bene se le due piante, che servirono al suo paragone siano precisamente quelle da me indicate ; ma poco importa se non sono quelle, perché il significato del paragone rimane lo stesso. Il grande agitatore tedesco scrisse in un momento in cui la forza veniva brutalmente adoperata da Bismark c0ntro il Parlamento prussiano, che non si voleva piegare alle sue voglie. Le condizioni, che suggerirono le osservazioni a Lassalle esistono presso tutte le Monarchie europee nelle quali non siano stati tagliati gli ugnoni e le zanne alla Corona com'è avvenuto in Inghilterra. I procedimenti antiparlamentn.ri non saranno forse schiettamente brutali come quelli adoperati per parecchi anni dal futuro Gran Cancelliere dell'Impero Germanico; ma sebbene il raggiro, la frode, la corruzione, la conoscenza dell'indole servile dei rappresentanti sostituiscano come mezzi la forza materiale, il risultato che si ottiene nell'un caso e nell'altro è identico: la Costituzione, lo Statuto, la Cw·ta, come meglio voglia chiamarsi viene ridotta ad una lustra, comoda per chi governa, . che nulla garontisce ai cittadini lasciati al primo arbitrio del potere esecutivo. r on si può negare, anzi, che riescono meno esiziali i metodi bismarkiani, perché, so non altro, informati alla sincerità, che ha sempre una buona a,zione educatrice. Ciò che avviene in Italia da qualche tempo insegna che non c' è da fidarsi negli articoli di uno Statuto, fosse anche il meno liberale fra, quelli contemporanei. Il vero regimo parlamenta,ro, che è qualche cosa, di pii1 del regime puramente costituzionale. già da noi fu semore poco rispettato, so dGve erodorsi almeno ali' Jn. Crispi, che quando si è trovato
20 RIVISTA DI POLITICA E SCIENZE SOCIALI nelle file della 01iposizione di Sua Jlaestà l1a p1·otestato vi,·accmcnte contl'o gli strappi che gli venivano dati dall\tlto con particol,ll'ità noll;1, soluzione delle crisi ministe1·iali. :Mai, p('1·ò, co1nc oggi si e impunemente e sfaccia,tamente viol;1.ta h lettera,, oltre lo spirito dello Statuto, eh' e sta,to giurato non dai soli deputati e clie rnpp1·escnta 1111 vero contratto politico hilatcrale. La nuov;1, sc1·ie degli strnppi alla Costitu~.ionc alhortina cominciò colla proclamazione dello Stato cli ;1.sscdio in Sicilia e in Lunigiana, colla creazione dei Tribunali ~'1ilitari, che gindicMono i cittadini arr.Jstati in tempi di pace e con tutti gli alti·i odiosi (' miseri arbit1·1, che ai due cennati fanno tris~e eo1·ona. :via per quanto in quella occasiono si,1110 st,t!,i manomessi var1 articoli dello Statuto o diverso leggi in vigore, pure si potè accampa1·e a, pretesto giu.-tificativo l'interesse supremo dell'ordine, la salvezza dell'unità della patria ed altre frasi consimili più o meno menzognere, che si sono adoperato da tutti i conculcato1·i della libertà in circostanze analoghe o con intendimenti non dissimili.Non si cl'Cdern però, che governando chi ebbe a programma la democratizz,tzione della Monarchia, si fosse potuto arri varo alla violazione sistematica di parecchi articoli della Costituzione senza che nemmeno potessero accamparsi a: difesa la necessità suprema tanto abusivamente invoc:1ta nello pl'Ccedenti occasioni. Sicchè si è creato 1111 contrasto spiccato tra la tendenza prevalente in lta lia, che mira a,d accentuare la potenza del Re o dei suoi ministri, e quella che ognora più si va delineando in altri paesi, nei quali guadagna te1Teno la parte popolare col 1'e/'erenclum, col diritto cl' iniziativa, col veto ecc. I catenacci e i decreti-legge sotto il secondo ministero Crispi, infatti, per il numero o per la qua,litit sono tali e tanti, che devono esser considerati corno esplicazione cli un sistema di gornrno; sono tanto numerosi, che quelli registrati con 1'iserva dalla Co1·to dei Conti formano un volume; e concernono ogni sorta di provvedimenti: fiscali, bancarì, milita,ri, burocratici ecc. Mancando ad essi, quasi a tutti, quelli ordinarì moti vi atti a far loro accordare le attenm~nti se non la, piena giustificazione, 1·appl'Osentano piì1 che altro la libidine dell'arbitrio. Ehbe ragiono, quindi, un temperato oratore - il Franchotti - quando, nella, recente di cussiono alla Camera dei Deputati, il nuovo sistema, di governo indicò come 1·imcdio poricolos,1monto omeopatico cont1·0 un 111aleconstatato e deplorato tra noi: « il sistema, parlamonta,1·0, egli « disse, non funziona bene? Si merta m,tno a distl'l1g- « gel'lo ed a, sostituirvi la Yolontà pe1·sonale dei ~1iniski ! » Al ~'finistero Crispi non mancarono, oltre i voti dei Deputati e le lodi di certa sta.mpa, le mozzo difese o le difeso intere. S'invocarono i p1·ecedenti strnnieri e nosti·a.ni; o con poca fortuna. In Francia in una recente occasiono non si volle consentire por legge la facoltà di porre i catenacci, non ostante che la raccomandasse il ~Ielino nel momento della, sua onnipotenza. L' Inghilterra, maostrn sompl'O citata pe1· gli esempi e le applicazioni del regimo rnpprnsontativo, rico1Te ai catenacci, ma in condizioni di verso dallo nostro e solo per impodi1·0 le frodi dogan,tli in danno clell'e1·a.1·io: non vi e esempio di Decreti-le!J!Je, che mutino a,ltre leggi vigenti e 111odifichinogli 01·clim1menti dello Stato. In Pn1ssia. o nell'Austria-Ungheria, na.zioni semplicemente costituzionali e non varla,mentari, la, Corte prevede i Decreti-legge, specialmente in casi urgenti e pe1· il mantenimento o ristabilimento dell'ordine pubblico; e non so no abusa. 1'i on no abusò il governo Austl'iaco di fronte ai gravi moti politici cloll'[stria o chiese la facoltà al Parlamento por porrela Boemia sotto lo Stato di assedio. Chi avrebbe dotto che da Vienna dovesse venirci il buono esempio di rispetto alle leggi e alla libertà? In Italia il silenzio dello Statuto da qualche ermononta di manica larga venne interpretato come tacito consentimento ai decreti-legge. Ma la discussione che procedette la compilazione e promulgazione della Carta Albertina nel Febbra,io 1848 esclude che tali fossero lo intenzioni degli autori della medesima. In fatto d'imposto lo esclude esplicitamente la dizione dello a,·ticolo 30: « niun tributo può essere imposto o riscosso se non è stato consentito dalle duo Camere·>> E si esclude infine, riferendosi alla storia della costituzione della Monarchia francese, che servì di esempio alla costituzione piemontese, divenuta poscia italiana. Opportunamente, quindi, !'on. Zanardelli l'ico1·dò che: « sotto il :vHnistero Polignac, i cui ministl'i por infrazione alla, Costituzione subirono terribili conda.nne, e condussero alla caduta la prima dinastia borbonica, sotto quel ·Ministero correva per l'al'i,t un timore, 1111sospetto di attentati alla Co tituziono, o quindi anche di tentativi di riscuotere tributi senza, il consenso delle Camere. Per questo sospetto si formal'ono a Parigi, nella 1'i orma,ndia, nella Lorena, nella B1·ettagna, associazioni pubbliche per il rifiuto delle imposte, nel caso che il Governo voloss:i percepirle senza l'approvazione legislativa. Il Governo fece pl'Ocedore contro i giornali che annunziavano questo Associazioni. Orbene le rnccolto giudiziario francesi ci porgono una serie di condanne contro quei giornali « per avere eccitato all'odio ed a.I disp1·ezzo del Governo del Re, imputandogli l' intenzione criminosa di percepire imposte non consentite dallo due Camere». « Orn, la sola intenzione a.ttribuita al Governo, di riscuote1·0 imposte non consentite dalle Camere, fu in quello sentenze dall'autorità giudiziaria di quel paese dichiarata criminosa, tale da esporre il Governo all'odio od al disprezzo dei cittadini, e qui, quando assai più cieli' intenzione, a,vemmo il fatto, vuolsi che questo fatto si lavi o purifichi colle acque lustrali del Parlamento italiano, in cui offesa è stato compiuto ! » La, condotta. del Ministero Crispi viene condannata dall'Austria contemporanea e dalla J\fonarchia borbonica di Francia ! Del resto i decreti-logge da nessuno quanto dallo stesso F1·ancosco Cl'Ìspi furono giudicati tanto severamente a proposito di un unico decreto, il giorno 11 Dicembre 1891. Egli allora tuonava:
RIVISTA DI POLITICA E SCIENZE SOCIALI 21 « Il Decreto Reale in questo caso è una enormità, una violazione pura e semplice della costituzione del Regno; lo vieta l'art. 55 dello Statuto, il quale dichiara che sono t1·e i poteri che debbono fare le leggi, la Camera, il Senato ed il Re. 11 Re non ha il potere di de,:retare le imposte; la, dina.stia di Savoia si e segnalata sempre per la sua le:i,ltà e fede alla Costituzione; i ministri che dovrebbero essere i custodi del patto fondamentale, 11nzi i tutori, non h,tnno c11rnto abbastanz:i, il prestigio Regio ed hanno fatto male a far firnmre questo Decreto al Re. E debbo dirvi, io che fui proclamato iwtoritario, che non a nei nmi ,tvuto il coraggio di vortare alla firma del Re un Decreto-leggo simile ! » ll saggio è noto che ha 1uutato };J,t1·ecchie mite di avviso; muta sistematicamente nel gi11dicare d,1 deputato o da ministro. Qquantunque a farsi credere tenero delle frnnchigie costituzionali l'on. Sonnino non ci abbia mai tenuto molto, purn anche lui il l(j Dicembre 1892 biasimò la, 1mtggioranza che voleva approvare i decreti-legge del Ministero Giolitti. Nel 1895 invece doveva sostenern ch'era.si quasi mostrato generoso verso il Parlamento sottoponendo alht sua approvazione la, Convenzione colla Banc,1 d'Italia mor·cè la qmtle at~ lid,1vale il servizio di tesore1·ia; atto che considerava come 1111attributo del potere esecutivo non ostante il contrario avviso di Uavour, di Sella, di Cambra,rDigny ! Checchè ne sia delle contraddizioni ùoi .\linistri 111·osonti è certo, però, che in Italia non nuwcano esempi di Decreti-legge; si compiacque di enumeral'lle alcuni l'on. Sonnino o potev:i, ,dlungar·e l:i, lisu1 sino ,1 sess,1nt,1. Ciò p1·overebbe che nel nostro vaese il 1·ispetto alla Costit11zione da parte del poterc esecutivo non è stato mai costante o sincer·o, quantunque non possa neg,11·si chu la 11mggio1·p,u·te di quo i dec1·eti siano del periodo di forTuazinno t.umultuar·ia del regno, rnu0-18u0. ln qu,1nto ai catenacci vuri i prccudenti a lol'O favore rimontRno ali' 83; n1.1 Cavour ern autorizz,lto alh1 r·iforma dogan,de ·ùoll,1 logge 1183l. LI pl'Ocedonto quindi, non può servire a giustificare gli ,tbusi odierni; e non lo si può col pr·oce11de11tu dol :\l,lgfou1i, che ru corretto e modellato sulla p1·atic,l Inglese. Egli infatti nel 1885 con un teleg1·amnia impose ,dio Dogane di oblilig,11·0 gl' introdut.tor·i dei prndotti dei l[llali volov,1 mutarsi il dazio, a doposit.aro ,1 titolo di cauziono l,1 diffor·en1,a frn il dazio ,1ntico e quello cho si int.enden1 impOt'l'e; differenz,t che sarebbe st,1t.1 restit11iu1 nel caso che il Parlamento non ,1vossu ,1pp1·ov,1to h1 modificazione. E quest.i 1·i111,lllgono i soli decreti-legge, cl,e si possano spioga1·0, so non approva1·0, per·chè mi1·a110 ad impedire illeciti guadagni ,t d,w110 dolio Sl,;.1to ed ,wchc di ,dtr·i i111po1·tatori, clre non si siano ll'Ovati in condiziono di far·o gli ,1ppr·ovigionamunli ,dl'annunzio doll,1 11wdifkazio110 di um1 tariffa doganale. A tali llecreti 1·eali dern sug11i1·esubito la ,1p111·ovaziono del Pad,tmunto. Cosi si fa in lnghilt.01'1',1; e si fa il 1·ovescio in lt.dia, do\·o lo Camure non li trnmuu1110 in leggi, che dopo 111olti mesi. Lo Costituzioni scritte non possono prevedere tutto; le condiz;ioni socia li si trasformano continm,mente e si deve trovar modo di adat.tare le prime alle seconde; certi ,w\·enimenti imprevisti, inoltre, esigono pr·o\·- rndinrnnti ordinati ed oseg11iti con fulminea rc1pidità: se b1·ucil1 la cas,1 o se per s,uvada ci fosse bisogno di un' 01·dinan1,a del Parlamento, si lascerebbe consu111a1·0l'incendio in ,tttosa della medesima? D'ondo il bisogno di n11ìtMo, di adattare le costituzioni; d'onde il dornr·e di assun1er·e su di sè la re;:pons,tbilità di ce1·te rnis11r·e, quando h1 salute pubblica lo esig,1. Ed e coraggiosa sapienza di governant.i quella di sapeda ass11mere a tempo, tenendo in mente, d'altl'Onde, cho ,1ncho per le costituzioni politiche la lot,- tern uccide o lo spirito vi \·ifica. li bisogno di mettere le costituzioni in armonia colle condizioni reali della Società é innegabile; e trn lo migliori sono le costituzioni, che tenendo conto di tale bisogno hanno previsto il modo della revisione come hanno fatto quelle degli Stati Uniti, della Svizzera e della Repubblica francese. In fnghilternt dove la consuetudine prevale sulla legge scritta e dove la onnipotenia PMla1uentare é indiscussa si riesco facilmente allo adattamento tra la costituzione e le condiiioni sociali in evoluzione continua. Lo statuto :i,lbertino non prevede il caso dell,t revisione; p111·0qualche suo articolo di fatto è stato abolito - bandior·e uazionali, religione cattolic,1, guardia nazionale . .\la non si trovano impacciati i governanti che in ,dtri articoli incontrano ostacolo e in nome della necessiti1, dulia :salu:s 11ubblica, ad essi d,111110 di frego. Del resto, a ,;e1nidi, se lo Statuto è wuto i,1 suprema magistntturn del Regno può intorprnt,ulo e anche opportunamente integrnl'io in caso di nece:s:silà. L,t Corto di C,1ssazio11e di ]{orna, ,L suzioni 1·iunito, infatti, con sentenza dul 17 :\'ovumbr·e 1888 sul pr·incipio di necessità st,1tui\·,t: « Questo pr·incipio non è scritto nullo Statuto, ma d,1 ciò non si può trarre argomento ,1 neg:1rlo; non vi è scritto, 1ua 11011l:Olltr·adicu lo Statuto, arni lo esplica u lo compio. « Lo esplica e lo compio, porche nella Yit,1 •1uutidiana, di uno Sutto non si pl'Ovrndu alle usigunzo ordinario e sempre rinascenti, elio uno Statuto ablJi,1 gi,~ poLUto pr•oyodel'O: ci lm stlmp1·e un i111pr·evisto chu sfugge ,Hl ogni logge, o soprntutto a quella piit gu1101·alo che durn governaro tutto uno StMo; l:i Jra dolio nucossitit ohu non scongiurato oggi 111inal:Ci,1110 il pc1-icolo del domani. « Quindi il p1·incipio che alla 1·agione dolla neces:silà noi fini dull,L funziono del pow1·0 esecutivo corTisp.ondu l.1 putustit straordi11ari,l, corno è strnor·dinari,1 l,1 cir·- cosu1111,,1in cui si userciw, di omettere docl'eti r'oali conrn1'tiliili in legge. Crrn invincibile 1Lecussiti1 di fat.ro elio diventa supre1n,1 rngiono di diritto, ecco il fo11d,u11ento di quull,1 };JOLest:'1strnor·dinaria del l{u elio 1101·sonific,1 il potere usocutivo, o lo St,1tuLO 11011 l,;1 potuto 11011riCOILOSl:Urlo. » li p1·i11cipio è po1·icolosu; e cu11todo por colo1·0 che dulie leggi e degli St,1tuti non vuglio110 te11or cont.o; può sorvir·o l1 giustific,11·0 Lutti .,li ar·liilrì C tut,t,i gli
22 RIVISTA DI POLITICA E SCIENZE SOCIALI attentati e non può plausibilmente invocarsi se non quando concorrono tali circostanze che facciano ritenere: 1° trattarsi di avvenimenti non prnvisti e non prevedibili; 2° di provvedimenti che se i1on presi in tempo ne verrebbe nocumento grandissimo alla cosa pubblica. In questi casi Guglielmo Pitt, come fu ricordato dal Prof. Mortara, dava nna. norma JH·udento: « trattandosi di sovrnpporre l'arbitrio alla costituzione, egli diceva, occorre che iI bene ricerC,Lto e il male da evitarsi siano ambedue proporiiomttamente gravi.» Si spiega perciò, ad esempio, che di fronte ad un ass,dto pericoloso od improvviso cli un nemico interno o straniero si ricorra al Decreto-legge senr.a il previo assentimento del Parl,tmento o contro \;1, lettera dello Statuto. Epperò, anche se i pieni potol'Ì accordati dal Parlamento al governo italiano a!la vigilia della guerra del 18G6 non glielo ,wessoro consentito, si sarebbe compreso che di fronte alla improvvisa 1·ivolm.ione cli Palo1·mo noi Settembre dello stesso anno, il governo avesse proclamato lo Stato cli ,Lssedio. La misura uguale, invece, fu assolutamente ingiustificabile nel Gennaio 1894 (1). Di necessità, cli salute pubblica è semplicemente ridico lo il parlare pei decreti-legge del 1894-95. Essi è bene ripeterlo, non sono che la manifestazione della libidine dell'arbitrio. Manca infatti il carattere deJ1' urgenza e della convenienza di evitare mali e di procurare beni proprorzionatamente graYi al comples ·o dei decreti-legge in esame. L'Italia poteYa continuare a vivere lo stesso, e non ,Lvrebbe corso pericolo di sorta alcuna so i nove milioni ritratti ctai ccitenacci e dalle imposte esatte incostituzionalmento fossero entrnti nello c:tsse dell'Erario alcuni mesi dopo o coll'app1·ov,1,ziono del Parlamento; se l'ordi1mmcnto dello oso1·oito fosso 1·imasto i1rn1111t,Lto; sè gli organici delle am111inistrn:.:io11i fossero riniasLi qmd'ernno pel passato ; se tutti gli alki provvedimenti finan:.:iad, di tesoro o bancMi avessero ta1·d,Lto ancora qualche mese. Ricorrere alla necessità e ,Lll,L ;;alus pubblica in questo ca ·o dimostra cho manca il senso giuridico e costituzionale in chi l'un,L o I\Lli,ra invoca e che manca la coscienza do' propri dil'itti negli italia,ni, che supinamente hanno tollo1·ato le /la- ;;ranti viola,zioni dello leggi e del Patto fond,tn1ontale tra Re e popolo, che 110;1si l'Ollel'O neppu1·e violare quando Radetzky vittorioso, alt' indomani di ?\ol'arn, più che consigliarlo lo imponov,L. (I) Credo conveniente rico1·<larc alcuni dati sto1·ici cd alcun.e cifre-. Nel 1893-!:Mil popolo tun1ultuantc e inerme in ,·crun sito agg,·edì le truppe; nel lS86 Palern,o insorta e armata assalì i saldati e i luoghi nei quali si erctno rifugiati. Nel I G6 furono uccisi 7 ufficiali e 4Gsoldati, feriti 20 ufficiali e 235 soldati in una settin1ana di accaniti com. hattimenti. Nel 18'J4lo stato di assedio con gli iniqui tribunali mili_ t.1ri durò dal 3 Gennaio al 14 Agosto; nel 188G lo stato di assedio mi1.issin10dw·ò dal 23 Setternbre al 27 Novembre. Nel 18G6l'nmnistia ,·eni e suUito incondizionata e per tutti, compreso il priucipe di Linµ-uaglossa che presiedeva il Cu mi lato 1·ivolt1zional'iOinsediato al J\Iu_ 1 icipio di Pnlcr1no; nel 189:..si attende ancora <1ucl'arnni:stia cliiesla dal popolo e dal Parlamento e promessa del Sovrano... Questi ,.afti·onli, meglio di ogni altra dimostrazione ser\'Ollo ad illustr,:ll'e la t.lifTerenza t1·a il governo conservatore del 1866 e quello reazional'io del 1894 e illustrano completamente la efferatezza dell"animo di F,·ancesco Crispi. Questo ancora e' è stato di più deplorabile: che i cittadini, pochi e timidi i quali nell'orbita della leggo vollero opporsi tdl'arbitrio del governo non trovarono conforto nè nel Consiglio di Stato, nè nella magistratura ordinaria. Avvenne ciò per viltà di uomini o per lacunt, dei nostri Ol'dinamenti? Lascio da bande\ la ricerca e segnalo all'ammirazione quell,L Suprem,L Corte foderale degli Stati Uniti, la quale non solo non consente ai governanti la violazione dello le;;gi ma non permette neppure, che leggi si facciano, le quali conti-addicano ai principi fondamentali della Costituzione, so33iungo che la dove, come in Italia, manca un Istituto ,Lito ad imporre il rispetto della logge, il Parl,tmento diventa uno strumento delic,Ltissimo, che si deve far funzionare sempre o con cura se non si vuo lo guasta l'Io. La lettera e lo spirito dello Statuto condannano il Ministero; non lo assoll'e il giudicato della Suprema magistraturtL del Regno, che, nella peggiore dello ipotesi, ai decreti-legge suppone il substratuin dello imprevisto dell'urgenza, e dclltL necessità. Può assolverlo l'acquiescenza del paese e il bill cl' indennità del Parlamento? L'on. Crispi credette cli avere frionfalmente risposto ai suoi critici affermando che il paese non solo aveva tollerato per molti mesi la usurpata dittatun,, ma averlt, esplicitamente approvata mandando a :\fontecitorio una schiacciante maggiornnza tanto f'avornvole al governo d,, avere respinto il 23 Giugno la mozione sulla quisUono morale. E l'on. C1·ispi - di che cosa non ò egli capace? _,e il 10 Luglio arrivò a dire ch'era « strano, contrario ci qualunque vrinci- _piocli libertà, voler c/i;;cutere se il 11ae;;e 1wll 'e,erci- ;;io della ;;ua ,ovranità, abbia fatto o no il suo dovere». ll sofis11m costituzionale in qucst,L occ,Lsiono 11011potCl'l1 esse1•e enunciato con ma3gio1•e cinismo. Al sofisma anticipò la confutazione un cx ministro del Re, che dal dire la verità - e di ciò gli va dat,t lodo, spoci,dmonte in questi tempi di dedizio11c - non fu trattenuto neppu1·e dalla condizione sul\ di l'nnzionario, poi· quanto altissimo, dello Stato. « Si «dice: cosa volete; che andate parlando di :Statuto « o di !oggi? li paese ha pagato, l'òrdine pubblico « non è stato tud.1ato. :\fa proprio avre:;te voluto che « il pae:;e avcs:;e 1·icorso a sommosse, avesse fatto << un,L 1·ivoluziono por provare ohe certi decreti cc- « cedono la facolta del potere esecutivo? 1\la lascia- « telo l'imprudentissimo argomento; e piutto:;to rin- « grnziamo Iddio, ringraziamo la temperanza del po- « polo italiano, so nmlgrado quei p1·on-odimenti, che « osorbitava110 dalla facoltà. del potere csecutiYo, e « specialmente malg1·c1do i prnvvedimenti, che ina- « sprir-ono le imposte o no crearono di nuove, il paese « non ha resistito e lo coso anda1·ono, come soJio « andato ». Co:;i se1111atamo11Lopat·lò in :::ìu11ai,Go aspa1·0 Fiuali, che l'opo1·,t insisw11tu1uoH~o i11costituzioualc dcll'o110rernlc C1·ispi a,·ova coukollato 11oi suoi dettagli JJOr do\'e1·e di uflicio quale Pi·esidento della Corte dei Conti.
RIVISTA DI POLITICA E SCIENZE SOCIALI 23 Se nulla spiega la tranquillità ed anche la voluta acquiescenza del paese, vale ancora meno la sanatoria della Camera dei Deputati. Dato e non concesso che la maggioranza legale del Parlamento rappresenti realmente il popolo; dato e non concesso che non la frode, non la. corruzione non la violenza, ma la genuina volontà del popolo abbia mandato a Montecitorio i deputati della XIX legislatura, potevano essi legittimamente e validamente approvare e sanzicnare il male operato e le violazioni dello Statuto perpetrate dal governo? .Molti, senza convinzioni e senza onestà lo dicono; nessuno lo crede e credendolo è nel falso come bene osservò un altro alienissimo dalla intemperanza, le mille miglia lontano da socialisti e radicali, l' onorevole Zanardelli. lmperocché Statuti, Costituzioni, C,trte, Leggi o Patti fondamentali sono fatti ver mottere alcune garanzie dei diritti individuali, dei diritti collettivi, delle preroglttive dei vad poteri dolio Stato, all'infuori e al disovra della maggioranza varlamentm·e. Né il governo, né una maggioranza possono violare una costituzione; non si può né colla violenza materiale, né col voto. Se nell'uno o nell'altro modo si potessero offendere gli Statuti o le leggi, essi non avrebbero ragione di essere, perché chiunque ha con sé il Parlamento o l'esercito forte ed ubbidiente, potrebbe im!Jt111emente lacerarli. È vruv1·io questo il caso di affermare che la forza non JJUÒ generare il diritto, come non la generarono i molti milioni di voti del plebiscito, che approvò il sanguinoso colvo di Stato del 2 riicembre. E dol resto si deve andar cauti coll'a,cquiescenza del JJOJJOlo,comunque manifestata. Sotto gli Stuards l'acquiescenza in Inghilterra sembrava tanta che i cortigiani lietamente asseri vano potersi liberare la monarchia dal Parlamento ; altrettanto si credette ripetutamente in Francia; in Frnncia e in Inghilterra venne il momento in cui l'acquiescenza - che può essere incoscienza, stordimento, prostrnzione per miseria morale ti-istamente connessa a mise1·ia economica - si tramutò in rivoluzione. * * * E mi affretto alla co11clusionc di tJueste osservazioni, che ho esvosto di p1·ovosito nel tono più calmo e coll'autorità. delle persone pi(1 temverate e J_Ji(a1utorevoli del partito costituzionale, perché non Yengano sospettate. Francesco Crispi e la maggioranza, che lo segue, lo ubbidisco e lo incoraggia, dal fatto che l'arbitrio continuato o lo imposte fatte pagare i!legalmente non abbiano trovato la r·esistcnrn che incontrarono nel popolo inglese e nel lwigo parlamento - resbtenza che finì col condurrn al patibolo Re Carlo I - argomentano che tutto possono faro cd osare. A chi alt.unente o somrnossamento ammollisce, il sonatore Rossi rimbocca mettendo in del'Ì- :sione la rettorica costitu:::ionale, rna la reU01·ica Lalorn di renta tragedia o dovrebbero pensarvi quanti conoscono lo cause ultimo cito in Frnncia noi secolo sco1·so generarono la grande cataskofe: imbarazzi !inanzia6, impossibilità di conLra1·1·c nuoYi debiti o di far pagare nuove imposte. Le analogie tra gli uomini e le cause degli avvenimenti di allora e di oggi riepilogai nel libro sui dolorosi casi di Sicilia. Chiamano rettorica l'osservanza delle leggi e degli Statuti e gettano così a manate il discredito sul principio di legalità e sul parlamentarismo, forti della comJ_Jlicità e della viltà dei magistrati, che non tirano dagli arsenali penali alcuno di quelli articoli ohe servono a mandare in galera o a domicilio coatto i viccoli delinquenti, e i cosi detti sovvertitori dell'ordine pubblico e i nemici delle istituzioni. Essi, pe1·ò, dimenticano cito in siffatta guisa pensando ed operando distruggono il senso dell,t legalità - scarso sempre nella nuova Italia - e la fiducia nel magistrato, che doVl'ebbe rendere giustizia e ch'è .ridotto a s,,nzionare i reati dei grandi e l'onta il danno e l'ctbbiezione dei piccoli e dirnngono i veri sovvertitori, i soli nemici delle istituzioni. E la legalità risvettata anche nell'ignominioso pe1·iodo di \Valpole, consenti che l'Inghilterra potesse rivedere tempi migliori risparmiandosi una rivoluzione. li discredito del Parlamento giova ai violatori delle leggi o degli Statuti e li incoraggia ad osare di più o di peggio: il Parlamento che sotto la seconda revubblica in Francia si discreditò colle giornate di giugno e coll'abolizione del suffragio universale poté essere impunemente spazzato il i dicembre senza che il popolo lo discutesse. Inutilmente Baudin lasciò la vita sulle barricate; e inutilmente potrebbe lasciarvela oggi lmbriani, il più cavalleresco canipione della legali_tà. Ma il parlamentarismo disc1·0ditato, e il Padamento che per incoscionz,t o J_Jor debolezz,t abdica, equivalgono alla distrnzione dell'equilibrio di una costituzione, che rapp1·osent.x - lo ripeto - sempre un contratto bilaternlc. Rotto il contr,itto ciasc11no riprende i suoi diritti e le sue faoolt,i. e ne userà quando l'ora sarà J_JroJ_Jizia;rotto il contrntto, il doruinio pokà rimitnere al più forte pe1· un teml'o indeterminato, ma il diritto di resistenza, cho per i popoli e poi· gl'indi vidui è diritto di esistenza e di legittima difesa, 1·imarn1 immanente e indiscutibile a minaccia perpctu,t doi violatori degli Statuti e dei sovvertitori dell'ordino vero. Questo diritto di resistenza o diritto all'insurrezione può osso1·e scritto esplicitamente nello costituzioni: lo era in quella francese del 1792 e nell'altra siciliana del 1812; ma anche se non è fornwlata in un articolo esiste sempre perché è condi?.io110 di vita od è al disoJ_Jra delle costituzioni. Giustamente IIallam, so non erro, chiamollo diritto sopracostituzionale. Queste melanconie oggi si deridono come retotl'ica costituzionale; ma anche altra volta la derisione 11011 fu meno cinica e lo rico1·dò un modesto deputato in questi giorni. Luigi Cou1·ior durante la restaurnzio11e immaginò in uno dei suoi celebri o caustici pamphlcts una lettera scritta da Carlo X al l'Oalo cngi110 di SJJagna, nella quale spiegava a suo modo il regime parlamentare o oanta,·a la mannite iiarlementaire, cho, per mezzo di una comvatta maggioranza gli p1·ocacciava milioni. Un bel giorno la incirmittç scoppiò e Carlo X prese la ria dell'e~ilio.
24 RIVISTA DI POLITI CA E SCIENZE SOCIALI Lo scoppio può deplol'al'si e può essere contrario alla sana economia Ji nn popolo; ma, di chi la colpa ,;e tanti gas furono accumulati nella 111armitta da mand,ula in frantumi? D1•. Ì'ÌAPOLEONE CoLAJANNJ. CARATTERE E la brnmosia del secolo, è l'a,;pi,·azione di tuUi gli uomini, anche dei degenerati, il caratle1·e, pet·chr da tutti si sente, quando anche non si possegg,1, che il cal'attere è una delle pit't eminenti qualifa umane, su cui riposa la rispettabiliUt indiYiduale, la coerenza nelle azioni, l'immutabilifa dei propositi, la dit·ittura dei fini, I'immancabilità nelle p1·Omesse; pe1·chè si sa, anche dai deboli, che il carattere è il distintiYO più p1·ofondodella pe1·:-ona_ lità, la gua,·entigia più sicura dell'onestà, ò la fo1·- tezza inespugnabile dell'indipendenza e della dignità umana. La storia ci registra come tipi e~1inenti gli uomini forti per carattere, ci dimostra che la grandezza d'una na7.ione e d'un popolo è nata e si è conserYata per un sol uomo, qualche YOlta, che avesse arnto la superio1·ità.del carattere: l'eroe è un carattere. Mal1srado la per:;ecu7.ioneche fa più resistente i caratteri umani, per la Yigliaccheria dei molti che s'inchinano ai potenti, anche i nemici" ammirano il carattere superio,·e, quando lo rndono inflessibile che sfida tutto e tutti soccombendo alla prepotenza della Yile 1110ti1tudine. Quando 1)iÌ1manca e diYicne rrn·o il ca,·attcrc, si 1·icerca con ansia; ma quando 111a11<e.:aYi sia un sol uomo che lo po,;sicde, perche co,;lui è conti·o tutti, benchè innocente, bcnchè solita,·io, ma e un giudice seYe1·Oe terribile di Lutla un'epoca, di tutto un popolo dotto o ignorante, la pc1·sccuzionc e te1·- 1·ibile: si 1·impiange quando e Yiltima. 1 caratteri sono semprn nu·i, ma c,-,;i c1·ca11Oe con,;crnrno il caraUc1·e nel popolo, ment1·0 i degenerati crnano i degenerati e annullano il semimento rlell'indiYidualità. \on è la scienza o l'arte che c1·ea il carattere negli uomini; scienza e_ca1·attei·c .·ono due fatti distinti, come :-cicnza e morale. Sono esempio doloroso, oggi, in Italia due uomini d'ingegno supcrio1·e, due uomini che poternno csse1·edue guide, e pc1·un momento lo so11O ,;lati, del popolo e dell'altezza dei pl'Oposili; questi due uomini hanno ceduto alla co1·rcntc Y01·tico~a della dcgeneraz10Hc del carattere, non sono or che due Yinti della decadenza incliYiduale che annnlla il carattere e col caeatlcrc l'indipendenza. E cont1·0 a. cotesti sapienti decaduti trorcrai ritto, infle:;sibilc, come farinata forse un analfabeta che . fida la miseria e la persecuzione, ma non cede a chi c01rompe o percuote. h i fa p1·opaganda di co1Tuzione specialmente pe1· mezzo della stampa giornaliera, Yenduta a clii domina, doro ;:;isc,•iye spesso come scri,·erebbero Socrate e Platone, mentre· è ipocrisia pagata a lunghezza ed a Hume,·o di linee, dorn si pl'edica la ,·esa a disc,•czione all'uomo, non ai p1'incipi ideali, non alla patria, perchè l'uomo paga, la patt-ia ò una pa1·ola.a:;tratla. E ogHi sc1·ibadi,·enta un .Mai·- cello e s'innalza a legislato1·e mangiando delle mi- ~e1·eent1·ate pubbliche, estorte fe1·ocemente a colui che appena l1a da rnangia1·e, ma che deYCpagal'C lautamente i co1·1·uttoripubblici del ca1·attere, ser_ Yitori, alla 101·0YOlta, infedeli, se il padrone è minacciato di 1·0Yi11a. Chi legge Tacito, trorn quanta co1·ruzio11edi caratte,·e egli desCl'ive sul caclc1·edella 1·epubblicae negli inizi dcll'impe1·0 l'omano; e chi ha appreso quanti ;:;fo1·zei sacrifizi i fondatori della gi-andezza ,·omana p1·odigarono. sente un rammarico indescribibilc a Yedc,·e la roYina e lo sfacelo di tanta grandezza per cor1•uzionee degene1·azione del ca,·attere. La degenerazione del camtterc così largamente estesa è indizio della caduta delle nazioni, come d'un proccs. o morboso ignoto, quasi incosciente, finchè la crisi sia giunta al suo stato acuto. La nazione co,-ì 11011può YiYere, come un uomo non può continuare a Yivere in uno stato mo1·boso acuto. L'Italia è in questo stato di crisi graYe; noi siamo ai giorni in cui tutti gli uomini che axernno (;01\ sagrifizi fatto l'unità della patria, sono spa.l'iti, e sono succeduti loro quelli che sfruitano questa pat,·ia, ipocritamente trm·cstiti di amol' pakio, ma così poco t,·a,·cstiti da lasciarn \'isibilc la 101·0,·e1·a natura. l"na generazione non è ancora passala, cd agli eroi seguono come discendenti i degcncmti nel ca,·attcrc e nella personalità, ai cai·atte,·i inelipendenti ccl alteri seguono i scrYili e i grega,·i più inco,;cicnti. l~ un fenomeno nuo,·o quello che og-\ìiè arrenuto nc•llc elezioni politiche, nelle quali i candidati non hanno a":-unlo un carattere politico, come do,·eyano, ma uno pcesonalc; non si presentarono come conscnato1·i o prog,·essisti, ma come 1,iiniste1·iali, come seguaci. cioè, della politica personale di un mi11ist1·0.Se questo ministro cadrà, quale pai-tito politico scgui1·anno i 1,iùiislel'iali? Fot·se quello d'un altro mi11isl1•0;e ,;e caclrit questo secondo? E"si, come i prcto1·iani d'un impc1·ato1·c 1·omano, soslc1·1·annoil. nuorn. \oi comprendiamo i soste11ito1·idella monarchia, ma 1101c1omprendiamo i sostcnilo1·i d'un ministl'o; comp1·endinmoclic 111(1;011s01·rnl01·oe un progrn,;- sisla so,;lenga un mini,;tl'o, se ci-ede opportuno, ma t1•oyiamo inesplicabile che un candiòato politico ab-
RIVISTA DI POLITICA E SCIENZE SOCIALI 25 bia per programma la persona del ministro, sia pure Hi,:mark o CaYOur, o Gladstone. Questa non soltanto è decadenza politica, ma decadenza del carattere, cessione della per onalità, della libertà di scelta, dell'indipendenza indiYiduale. Si è Yeduto come spettacolo, fra ridicolo e mo st1·uosò, candidati ministeriali battersi fra loro per un collegio, e il goYemo prender partito per uno di loro e combatter l'altro; il quale, se fosse riesci to, sarebbe stato egualmen le gregario del mini- ;;t1·0 che lo combattern. Miseria di carattere degli uomini, che, per ambizione di servire, rinunziano alla loro indipendenza! Ho conosciuto uomini eminenti per altri titoli, i quali, pur riconoscendo la carie che rode il ministero attuale, si sono prost1·ati per essere sostenuti nella lotta apparentemente politica, facendo avanti tempo dedizione della lot·o Yolontà a chi estimano poco degno. Non è questa una degenerazione che non risparmia nessuna individualità nella crisi che si attraversa? Chi ci guarirà? Forse la scuola? É un' illusione il pensa1\lo; l'insegnamento della Yit'ttt è una semplice astrazione, la quale è impotente a vincere o a resistere all'esempio giornaliero della corruzione in tutLi i fatti sociali, in tutta la vita pubblica. Nella lotta disperata per la vita, nel desiderio acuto di pl'imeggiare, nella vanità cieca di fa1,si superiorn o potente, ognuno Yede che i mezzi e le vie normali non set·vono allo scopo, Yede anzi che vincono tutti colol'O che camminano per le Yie anormali e sì an-erte quindi, che fare il Catone non giorn, ma nuoce; conserrnre la propria digniti1 e il proprio cal'attere 1101s1olo è iugenuifa, ma porla al disprezzo o alla persecuzione e alla miseria. Chi è cosi fol'lc· a 1·esislerc a lauto disasko? Come i pl'Ccetti rno1·ali che si diurno alla scuola po:,sono esser dighe al dilagare della co1n1zio11e co11 esempi apcl'ti e numerosi? Come in tulle le epoche di decadenza dei cat·altet·i, espressione della decadenza della dignita umana, ecco sorgere il misticismo, un nuoYO rifugio delle anime deboli e paurose, che è indice della maggiore impotenza umana. Chi non trorn dentro di sè la resistenza, la in\'Oca dal di fuori, da un essere supcriot'e che possa re ·istc1·e peL" lui. Così l'umana fiacchezza, divenuta co ·cienle, giunge al suo massimo gL"ado, e Yi succede l'abbandono. Degenerazione del c,watlerc e misticismo, anche oggi, sono due alleati che agg1·ayano la c1·i.-i come nei tempi più fune:sti. G. SJ<:RGI. Si prega vivamente tutti color-oche hanno delle schede cli associazione a volei-le mandare al più pi·esto, pei· evitare un ritardo nell'invio della Rivista. ILPROBLEMA AGRARIO IN TALIA (Contin«a;ione eflne - Vecli Num.precedente). 2. Che cosa abbiamo fatto noi, appena risorti a dignità di nazione libera, per scoprire l'i11cog11ilrt che l'inchiesta agraria lamenta? La nostra intensa preoccupazione e stata quella di salire alle vette eccelse della grande nazione, e siccome l'apparenza governa la vi1a dei popoli come quella degli individui, noi ci siamo abbandonati al lusso; lusso in tutte le manifestazioni della nostra vita politica ed economica: il lusso dell'alleanza coi due imperi dell'Europa centr:ile, contrastando anche a tendenze etniche; il lusso d'un esercito numeroso con tutto il corredo di munizioni e corazzate ; il lusso di un immenso palazzo per il ministero della Finanze, che è tutta un'irrisione; il lusso costoso e fatale di strade ferrate elettorali: il lusso pazzesco di trasformare un paese naturalmente agricolo in un paese forzatamente industriale. E quindi, tutto uno spostamento di capitali dalle sorgenti perenni della vita ai torrenti impetuosi del godimento momentaneo. E lo stato, che ha dato questo movimento alla circolazione della ricchezza, che finisce in un vero gaspillage (I) , ha portato nella mente e nel cuore di tutti i cittadini una vera perturbazione dei concetti economici. Si è giunti a questo stato di parossismo psichico, a questa rivoluzione fisiologica, che non si chiede nemmeno più, come i romani della decadenza, pauem et circeuses, ma s'invocano soltanto i circenses. E le popolazioni chiedono, a mezzo dei loro rappresentanti, e ottengono dai comuni, dalle provincie, dallo stato, dotazioni per spettacoli teatrali, dotazioni per esposizioni artistiche, dotazioni per corse di cavalli e di velocipedi, dotazioni per incoraggiare la pittura o la musica; mentre otto milioni di villani (2) stentano a condire la poca polenta col sale, di cui si sopporta in pace t·aumento del prezzo. Il belletto che copre la nostra miseria avvelena pure la nostra coscie!!za. Che cosa ha fatto il governo per illuminare, se 11011 per iscoprire, l'incognita agricola? La relazione della grande Inchiesta risponde a questa domanda, e a p. 13 dice proprio cosi: « Le classi dirigenti, il Parlamento, il governo della nuon Italia, sebbene sieno usciti dalle citt:\, anzichi: dalle campagne, non possono essere accusati di avere sconosciuta, in massima, l'importanza degli interessi rurali. Fecero anzi di più. Crearono, fin dal giorno dell'inaugurazione del regno, un ministero speciale per l'agricoltura, per l'industria e per il commercio, con '.ln titolare che e membro del Consiglio della Corona. » Ris11111 /euealis ! Il Ministero d'Agricoltura, industria e commercio, che dovrebb'essere davvero il più importante in un paese che conoscesse le basi della propria floridezza, e il più trascurato, il più frivolo dei ministeri nostri: i: tenuto spesso ad in/trim da qualche altro ministro o vi si mette a capo il primo uomo politico che si ha ( 1) li Dr Pantano nell,1 Rivista popolcire ( 1. nrnggio '9-1), ha brillantemente messo in evidenza questi errori fatali. (2) li Censimento del 188r ha rilevato 8,173,382 agricoltori; dei quali soltanto 1,325,879 coltivavano terreni proprii.
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==