Rivista di politica e scienze sociali - anno I - n. 1 - 15 luglio 1895

RlVlSTA I)[ POLIT[ 1)A E SCIENZE SOC[ALI 13 nostra agricoltur:i deve consistere non gi:ì precis:1mc11':c nel cavare dal suolo d'Italia tutto il grano che occorre al consumo de' suoi abitanti, bensì nel ca\':\rne il massimo possibile, cd al maggior buon mercato, d:1 quel tanto di suolo nazion:ile in cui !:i colth·:izione di esso può dare un profitto m:1ggiorc, a parit:\ di superficie, che non altre colture preziose, le quali ci sono consentite dalle condizioni eccezionali del nostro clim:1. » Fermiamoci un momento su questo punto, il quale sembra aver dato l'indirizzo a tutta la nostra politica economica degli ultimi anni, cd è una prova di più di quel fatale contrasto che vediamo verificarsi troppo spesso tra il principio fondamentalmente vero della teoria e l'assurdo che regok le manifestazioni dell:1 vita reale. Anzitutto, fino a che i pessimisti - come li chiama la Giunta ufficiale - si limitano :1dire che il nostro paese 11011p1·od11ce abbastanza grano per i bisogni nazionali non fanno che constatare un fatto ineccepibile ( r ). Sarebbero in errore, e meriterebqero allora l'accusa di pessimisti, se affermassero che il nostro paese è impotente :1 produrre la quantità di grano sufficiente al bisogno nostro. Ma è sull'osserv:izione che, « a scanso di equivoci », serve di commento all'accusa mal fondata, che noi vogliamo richi:imare l'attenzione dei lettori. Nessuno h:1 mai posto in dubbio che l'ideale economico di uno st:ito non sia quello di ricavare da una parte del territorio il massimo di produzione del frumento per poterlo dare, sia dirl!ttamente sil col mezzo dello scambio, al minor buon mercato :1 tutti i consunlltori nazionali ; ed è quindi perfctt:11nente giustificato il consiglio di utilizzare in altre parti le nostre preziose condizioni di suolo e di clim:1 per ottenere prodotti che in altri stati non crescono, e facilitare, cosi, le feconde correnti del commercio intcrnazion:1\e. M:1 qu:ile applicazione ha trovato da noi questo principio di sana economia, che la commissione per l'inchiesta ha fatto suo? Noi paghiamo sui nostri mercati il frumento a piu di venti lire al quintale, e ten- (1) Tolgo dalla Tavola _Sù1otti_ca_dei_p1:i1t.ipali elemmti statistici compresi 11ell'A1w11anoslt1!1sttc~,ta/u1'.to (Roma, IO maggio 1895, pp. 8S-89) i. seguenti datt, che c1 rappresentano la situazione di un decenmo. Frumento - 'Produzione, fo1port11,io11e,Esport"zioue, t::ousu.1110. rodu- \ Importazione uintali 2 3,894.900 2, IG!l.5401 ISSI 3 18S5 1886 1887 i 3 ,s,sj 3o 1889 29 1890 3G 2.930,0-(1) 4.69ì,5201 ,eG4,000 ,944,980 ,, Ji?<J,600 zione Qui, t Il 3 --- ò,') 10,980 !:t.102,itO 9.,:,,:5,480 !l,2Si oso G,GaG.220 S,5S!?,210 4,924,G:lO ' , 884 i.GOi 4,174,960 1,798,260 10.044,500 1891138 1892 3 1893 3·,.li0,120 1 5,ì28,440 I Esporrn:1.ionP Quintali 4 --- !?~7,100 92,320 GS,G,O 3r.,120. 8,240 4.HtO 4,000 i,750 I ;";,140 5.660 Quantità Qu~rntità rimasta I per i_l Co~n~umo occol'rente Media I per lo se- Quintali (0' (2t3)- per abit. 1 mina col !J+:,)) 1(~1·. 5 3,9GG,730 35,6<12.030 IZ3 3,!lOG jj() 3G,2l•l,IEO 124 3,006,i O 3S.480,100 131 3 %G.i O 39,981.730 135 Il 3,!lGG,i50 i 32,945,230 lii 3,116G,ì50, 34,5:;5,WO 115 3,'!66.750 ! 3ì 083,4-«) 123 I 4,0jl ,S00 39,000,270 129 4,0iG,2:,0 37,iG1,370 124 1.261,a~6 38,628,474 126 Per il 1894 le cifre approssimative, non accertate, sareb: bero: per la produzione Quintali 33,79'?,740: per la importazione 4,868,460; per l'esportazione 5740. La tavola dimostra chiaramente che il nostro paese è sempre tributario dell'estero in genere di frumento. tiamo di arrestare con provn:dimenti fiscali il grano straniero che giunge alle porte di casa nostra a poco più di dicci lire. Che cos:1 rimane, dunque, della teorici accolta con tanta compiacenz:1 dalla commissione governativa? La premessa non .:: punto mantenuta, perchè noi siamo beri lungi dal cavare dal suolo il m:issimo di grano al maggior buon mercato, mentre abbiamo favorito la produ. zione di altre piante che potevano trovare uno sfogo nell'industria e nel commercio. Cioc:, la nostra politica economica si è preoccupata soltanto del secondo ammonimento delb commissione, senza avvedersi che la base, su cui esso doveva solidamente poggiare, sgretolava miseramente; ceco l'errore m:111ifesto, ecco la ragione vera della crisi che noi attraversiamo. Meglio attenersi ad un programma piu modesto. La diYisione territoriale del lavoro agricolo e, quindi, la colturl di materie lucrose e voluttuarie, dev'essere subordinata ad un estremo perfezionamento nella coltura delle materie alimentari di prima necessita. Quando l'uomo avrà soddisfatto i bisogni dello stomaco, ricavando dal proprio suolo la quantità sufficiente di plne, allora potd pensare ad altre produzioni ( r). Perchè i teorici dell'economia agraria dimenticano troppo facilmente che le coltivazioni arboree, che sono appunto le più lucrose, richiedono forti anticipazioni di capitali e un tempo abbastanza lungo per poter compensare il frutto di tali anticip:izioni; mentre il frumento è la colti,·azione più economica e più immediatamente rimunerativa, senza pensare che e: assolutamente indispensabile. « Il fout !'.:tre agriculteur en chambre pour conseiller dc remplacer d'une façon gt'.:111:rnle l:i culture du bi.'.: par la culture industrielle » ha scritto il Gerdolle (2), un ispettore forestale, e le sue parole si applicano esattameute ai commissari della nostra Inchiesta. È certo interessante sapere che in qualche punto della Sicilia si affitta l'ettare di terreno :id orto per oltre 3000 lire e che un rosaio della Liguria occidentale arriva qualche volta a dare un benefizio netto di circa 5000 lire per ettare; (3) ma non si pensa all'accumulazione enorme di capitali spesi nella coltivazione, vorremmo dire nell'cduc:izione, di quei terreni prima di portarli a quel grado di utilità economica; non si pensa r.he a quei terreni speciali sono applicati i sistemi della grande industria; e si finge d'ignorare che noi manteniamo ancora l'agricoltura a cercali allo stato rozzo e primitivo di arte. (1) Il est possible :\ un pays d'0tre tributairc dc l'étranger pour !es choscs supertlues; pour le nécessairc, jamais ! ,, H. GERDOI.LE, La crise agri.;o/ee/ /es sociilù d'11gric11//11re. Leipzig, 86, p. 5 I. (2) Op. cit, 49. (3) Aflìnchè i lettori si possano orientare nei confronti e valutare il peso delle cifre dat.: nel testo, è bene r:unmentare che « un'ettare di vigneto, sccon:lo i dati dell'inchiesta agr,tria, si calcolava potesse dare un reddito lordo di L. 62 7; un agrumeto si calcolava potesse dare in media L. 3600 di prodotto lordo per ettart:. li reddito lordo ddl'olive:o veniva stabilito in L. 1 275 all'ettare » (G. V ALE:-.T1, li Lalifo1tdo e la sua possibile lrasfor111azio11e, Roma, '95, p. 18 nota). Invece nei te ·reni a cereali sembra favoloso il reddito lordo della Bassa Lombardia, dove gli aflìttuarii, pur guadagnando, pagano da 200 a 450 lire di fitto per ettare e 111 alcuni casi eccezionali fino a 700 lire. (Cfr. G. V Al.E:-.TJ, La campag11aro'.11a1111, nel « Giornale degli Economisti, » febbraio '93 , p. 11 ç}.

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