La Rivista Popolare - anno II - n. 14 - 1 agosto 1894

LARIVISTAPOPOLARE POLITICA-ECONOMICAS-CIENTIFICAL-ETTERARIA-ARTISTICA ANNO II. 1° Agosto 1894 FASC. XIV. GLIORIZZONTDIELSOCIALISMO II. Profezie, eresie, utopie. Abbiamo f~tto nel primo capitolo· un cenno sul moto ascendente e generale delle classi del lavoro in • questi ultirni anni. Il recente grandioso e terribile sciopero americano avverte quel che avverrà, e non solo negli Stati Uniti, fra pochi anni. Alla vigilia della Rivoluzione francese eran molte le ire soffocate, i1nmensi i dolori e le miserie, fra le ultime ruine dei privilegi feudali, quando i nobili si lagnavano col re, vergognando, di diventare eguali ai figli dei ciabattini (i borghesi); molti erano i fre1niti e i propositi ·di vendetta; ma non v'erano le intelligenze e le corrispondenze intime e fraterne che preparano non i tumulti e le ribellioni, ma la rinnovazione di tutti i sistemi, di tutte le leggi e i costumi, non in un sol paese, di quanti vivono e soffrono nell'umanità, Di quanto sotto il sol palpita e piange. 1 ·Fu la protesta del diritto contro alle colp~ sociali e politiche di tanti. secoli; fu il grido della libertà più che della giustizia, fu la ribellione dell'io. 1 RAPISARDI, Lucifero. Biblioteca Gino· Bianco

LA RIVISTA POPOLARE Come? Parlare tanto di redénzione e non essere redenti mai I Sbugiardare il Cristo ad ogni ora, far divenire ogni ora il verbo suo un'illusione atroce! Sbugiardare i profeti che prima di lui aveYano tuonato con solenne parola folgorante la perenne iniquità del mondo. Isaia, Ezechia, Geremia, An1os vibrano parole che sembrano strali roventi: non più re, cantano nei loro versetti, non più la giustizia venale, non più le usurpazioni dei ricchi, non più il dolore e la miseria. Oggi, se rivivessero, sarebbero condannati senza pietà, come istigatori di delitti, o deportati nelle isole ove si prepara ai coatti, onesti o no, miti o fieri, a tutti gli incomodi avversari dell'ordine presente, una vita peggiore di quella dell'ergastolo. In ogni tempo però, anche fra le tenebre più fitte, la giustizia sociale ebbe qualche eroico interprete. In ogni tempo vi fu chi si ritrasse sdegnoso dal presente e in1maginò il disegno di una città ideale. r Nella parte critica tutti i socialisti dell'antichità si danno la mano. Senza conoscer la formula della lotta di classe, veggono i pochi, talora uno solo, schiacciare imperiosamente i più, e si ribellano al pensiero di tante e continue iniquità. Non odiano classi, non odiano alcuno, amano il vero e il giusto, e cercano una società nuova, nuovi principì e nuove leggi. Se un fariseo li giudicasse, li chian1erebbe sobillatori e pervertitori; se li giudica un uomo che semplicemente in modo u111anopensi, li chian1erà buoni, generosi, santi. Un pretoriano dannerà Spartaco come ribelle feroce alla morte : un uo1no, che sia semplicemente uomo, vedrà nello schiavo, che tenta redimersi, un Cristo in arme. t1 1 Vedi l'Histoire des riformateurs di. L. REYBAUD, l'Histoire du comunisme del SUDRE, l' H-istoire du socialisme del MALON, il FER· RAZ, ecc. BibliotecaGino Bianco

LA RIVISTA .POPOLARE Fra quelli che si dicon sognatori, primeggiano i comunisti che diremo classici. Siano essi poeti o 1natematici, siano essi n1istici o materialisti, tutti condannano la . ' . . . . . . . . soc1eta 1ng1usta 1n cui v1vono, 1mmag1nano tutti un nuovo ordine di cose. Platone, sovra tutti, disegna nella sua Repubblica, con belle estetiche forme una vera opera di arte. Moro la riprodusse nella sua Utopia. Campanella fu comunista più ancora: giungesi nel suo concetto sociale anche a regolare la promiscuità dei sessi. Morelly fu anche più assoluto. La libertà in tutti questi sistemi più o meno esula: la suprema autorità provvede a tutto e a tutti. Però Platone· tempera l'autorità con le leggi, e v' ha differenza grandissima fra lui e Babeuf che non vede altro che la forza. Quegli fa distinzioni o categorie nella sua Repu bl>lica (questo è l'eterno nome sì travisa tn o abbandonato, l'eterno simµatico nome che i grnncii riforn1atori dall'antichità sino ad oggi non ri nnegaron mai per alcun fantasma della loro mente nè pt'r timore di equivoco), questi, cioè Babeuf, livella tutto e tutti. Platone spazia per le sfere della filosofia e della poesia, e leva le menti su per l'azzurro e non pensa soltanto alle n1aterialità della vita, Babeuf se ne ·sta solo per i campi della realtà. VÌ fu anche chi te11tò -di costituire lo stato sociale fantasticato: Owen, esempio di potente energia, a tanto si consacrò, e diè gran parte della propria vita e l'intelletto· e le sostanze per effettuare il sogno della fervida appassiqnata immaginazione. Invano: il senso della libertà spezzò la disciplina, e la sognata società non potè attuarsi. :M;anon solo ·filosofi e· profeti e poeti riassunsero le proteste sociali o in un siste1na o in un versetto biblico, ma anche •intere compagnie· e associazioni potenti, o sèttecostituite a gQis~ di ordini 1nonacali, come gli Esseniani• . Biblioteca Gin0 Bianco ' ~ . ,. I

420 LA RIVISTA POPOLARE e i Fratelli Moravi, o bande che parvero eserciti, fieri e terribili, come i J acq ues in Francia, i Lollards in Inghilterra, gli Anabattisti in Germania. Riassu1nevano nel loro furore le parole dei profeti. Riassumevano secolari dolori e sventure. Gridavano la guerra ai castelli, come già negli antichi salmi, co1ne in una strofe della Marsigliese: Guerre aux chàteaux, paix aux chaumières. E di quando in quando qualche riformatore gittava all'aria, talora tra le fian1me del rogo, un grido innovatore. Il motto di Giovanni Huss - La tazza per tutti - si ripetè per lunghi anni, e fu divisa di guerra. Immaginava egli gli uo1nini liberi ed eguali, tutti alla tavola ro-, tonda, in convito fraterno, a suggellar fra loro l'amicizia e la giustizia per tutti. E, solo a farne cenno, si proseguirebbe per 1nolte pagine sino a Saint-Sin1on, che immaginò il papa politico e sociale in una gran fa1niglia di eguali, sino al Fourier che i1nmaginò di poter rendere utili nel suo Falenstero tutte le passioni un1ane oggi o mal con1presse o indirizzate al 1nale, poi, i 1ninori, come Cabet e Blanc e Leroux, che immaginavano la famiglia senza ereditieri, la patria senza sudditi, la proprietà senza padroni. Dei più moderni, ·di -Lassalle, di Marx, di Engels, di altri, parlere1no in altri capitoli, più avanti, succintamente e chiaramente, per quanto ce lo concedono le sì scarse cognizioni, sebbene i socialisti moderni non si possano confondere cogli antichi con1unisti. I loro sistemi conciliano più o n1eno i vari elementi ond'è formata la natura umana. Di simili studi storici e sociali deve fornirsi l' istruzione moderna ad evitare gravi errori, a prevenire ingiustizie e colpe. Quando i liberali dissero di concedere, BibliotecaGino Bianco

LA RIVISTA POPOLARE 421 mercè loro, la libertà intera o mezza al cittadino, non completarono la formula: mal vive libero chi manca del pane, chi spesso manca di tutt?. La libertà è peggio della servitù quando alla porta del libero bussa precoce la morte, quando al letto del libero è il dolore e nella sua coscienza la vergogna. Simili studi debbono farsi con pieno convincimento e con fede, quasi direi con religione. Religiosi o mistici furon quasi tutti i grandi comunisti. Sul labbro di chi sente e crede, il grido di Promoteo confitto alla rupe, o la marcia di Lucifero in cerca della libertà per il n1ondo, diventa inno che sale ai cieli, trasformasi nella più alta poesia che abbia suscitato l'anima dell'uomo a cose grandi; sul labbro di un demagogo che cerchi solo il vuoto rumore o di un animo tutto ingombro di odio e di fiele, e che si creda ei solo vendicatore dell'oltraggiato universo, diventa strido di sciacallo nella notte. Più che lotta di classe io vedo, fra errori e colpe, il graduale elevarsi dell' uman genere. Vedo spezzarsi gli stemmi o sbiadire; ad ogni stemma spezzato vedo innobilirsi una fronte l I Vedo concedersi diritti all'appressarsi delle ribellioni_; vedo ad ogni diritto concesso una paura svanita. Vedo che lo stesso timore, il quale dètta agli avversari nuove persecuzioni anche ai danni degli an1ici della libertà, col pretesto di punir qualche sicario, o qualche sparso gruppo di chi dissennato o tristo macchia la gran causa del proletariato e ritarda la rivoluzione che non dev'essere nè sarà mai la ridda di poche fantasie e coscienze sbrigliate, lo stesso timore de' nostri avversari ci dà la misura o l'indizio del gran 1noto sociale. _ 1 Già da vari secoli i nostri grandi poeti combatterono la cosidetta nobiltà del sangue. Dante ha contr' essa pagine sublimi nel Convito. Petrarca scriveva: verus nobilis non nascitur, sed jit. \Sibliofeca Gino Biarico

42 2 LA RIVISTA POPOLARE Non vedo il fine del moto in questo o in quel sistema che troppo raffreni o diminuisca la libertà; non lo vedo anzi in alcun sistema. Circoscrive il moto chi si lega le mani e i polsi coi lacci di una teoria unilaterale e ristrettiva. O chi non è inscritto nelle file di un partito socialista, non può egli essere socialista nell'ampio ed alto senso della parola? E la parte repubblicana, in c.1i n1ilito, non può essa completarsi ca1nrninando più ancora per la via dei moderni progressi sociali? Non lo deve essa? Perchè élla tentenna, e altri stoltamente non la vuole alleata? La via è comune. Nelle profezie, nelle eresie, nelle utopie v'è sovente qualche cosa di vero, tutto vi è di sacro. Oggi si ride di quello che ieri il genio pensò e che domani si realizzerà. (2uando l'idea diventa fatto, allora i' folli sono giudicati savi. E i servi del potere apµlaudono allora l'idea. Sen1pre COSÌ. Noi, fidenti. abbracda1no cotesta ampia idea sociale <. ~e vive e s' inalza nella storia. e cerca le armonie della libertà con la giustizia. Ma non affrettia1no i disegni della società avvenire; nè ci crediamo infallibili o intolleranti. Nè ci attacchiamo alle pagine di un solo libro. Nè viviamo solo in seno della nostra patria; non rinnegandola n1ai, anzi amandola sempre più (è maestro di sì nobili sensi, quando disinteressato ed alto, l'amor patrio), viviamo con l'umanità per onorarla e redimerla. Chi macchia e lacera questa grande bandiera è reietto dalle nostre file. E se si temprano gli anin1i, è solo per le ultime prove fatali, inizjate all'aperto, riassumenti l'universale coscienza dei traditi e dei calpesti che aspettano le albe dì ben 1nigliori giorni. A. FRATTI. BibliotecaGino Bianco

' ' . LA RIVISTA POPOLARE LE ESAGERAZIONI DEL MATERIALISMO ECONOMICO È canone della moderna sociologia che base della vita e dello sviluppo sociale sia l'interesse. Gian Battista Vico, già aveva detto che gli uomini attuano la giustizia per via della 'ricerca dell'utilità. E questa degnità della Scienza Nuova aveva portato gran luce nella ricerca delle leggi della storia; quando Carlo Marx concepì la storia stessa come una sequela di lotte e di ordinamenti economici, sulla base dell? sfruttamento dei pochi a danno dei più, e formulò quella teorica della lotta di classe, ornai tanto famosa, quanto spaventevole per i padroni del mondo. Oggi nessuno più dubita, che la schiavitù, la soggezione civile delle plebi, la servitù della gleba, il feudalismo, l'industrialismo coi privilegi e colle oppressioni pedisseque, siano tanti sisten1i di predominio e sfruttamento di classe, sistemi, che. pur rivelando un progressivo affrancamento, succedonsi attraverso i tempi. Ma per quanto si voglia essere materialisti, e per quanto s_iaccetti questo modo di intendere la storia (senza nemmeno concedere che si possano logicamente spiegare i fatti, anche dal punto di partenza delle idee e del pro-· gressivo sviluppo del pensiero e del sentimento morale e giuridico), non sarà mai possibile ammettere che questo movin1ento sociale, perchè imperniato sul fatto economico, ·' sia un movimento del tutto meccanico, nel quale gli uomini si agitano e agiscono come forze cieche e. inconscienti. Ciò sarebbe, non già una semplice esagerazione della storia, n1a un travisamento della verità ed un'assurda con-

LA RIVISTA POPOLARE traffazione dell'uomo e della società umana. Per quanto le cause dei fatti umani e sociali possano essere fatali, e per quanto si vogliano riportare all'ambiente naturale le origini di questi fatti, pure bisognerà ·riconoscere che gli uomini operano conforn1e alla loro natura, o, più esattamente, alla loro maniera di essere. L' uomo non solo 1nangia e si assimila il cibo, ma pensa, sente, ama, odia, si entusiasma, si avvilisce, si esalta, si sdegna. Esso per vivere ha bisogno certamente del pane, che in lui diviene sangue, forza, pensiero; non vive però di solo pane; e più la civiltà si innalza e più il lato intellettuale e morale della vita diviene i1nperioso. Il · benessere e la felicità dell'uomo civile non consiste certamente nel solo cibarsi, e la lotta per l'alimento fu unicamente la forma prima, rudimentale, della lotta per l'esistenza nello stato selvaggio. Nei periodi più avanzati dell' incivilimento, il fine dell'uomo non resta sì in basso, e i suoi desiderii si elevano e si idealizzano, sino al punto che le soddisfazioni dei bisogni materiali si concepiscono, come una condizione necessaria per la felicità e per godimenti di natura morale. Sotto questo punto di vista si potrebbe dire che la lotta econo1nica si con1plica, e che la questione sociale non è solo questione econoniica, ma questione complessa di benessere materiale e morale, e che in essa il lato morale va sempre più aumentando e prevalendo col crescere dell' incivilimento. E ciò ne sembra più vero che non sia la concezione del pretto materialismo economico, come base esclusiva della storia. * * * Ma la questione ha anche un altro aspetto, secondo il quale si giunge alle stesse conclusioni contrarie al senso Biblioteca Gino Bianco

LA RIVISTA POPOLARE gretto, con cui da alcuni si spiega e si intende la teorica marxista, e se ne esagera il materialismo. Aminesso pure che il fatto economico sia fondamentale, e che la storia altro non sia che una lotta continua pel benessere, forse per questo deve l'uomo snaturarsi e considerarsi come automa 1neccanico? Perchè esso, vivendo in società, contenda, sia pure, ·per il pane, fa d'uopo che senta e pensi, poichè questo è il suo natural modo d'agire. Occorre che calcoli le sue forze e le altrui, che intenda a ordinare i mezzi della lotta, che si innalzi fino al concetto del diritto e capisca che questo, sebbene si appoggi sulla forza, pur non consiste nella forza. È necessario che egli, operando, si~ pure, per il benessere materiale, operi umanamente, ossia ponga in 1noto le forze umane, fra cui l'intelligenza primeggia. Si n1aterializzi quanto si vuole il mondo sociale-umano non si arriYerà n1ai a distruggerne il lato psichico-morale. I bisogni cosiddetti n1ateriali non lo sono mai tanto da escludere il sentimento. Nell'uomo il bisogno non è nemmeno concepibile, se non come una sensazione o un sentimento, o come un fenomeno organico che si traduce in un piacere o in un dolore, e diventa tendenza o repulsione, idea, desiderio, azione. E poichè i rapporti sociali complicano indefinitamente i bisogni, i sentimenti e le idee, ne consegue che le azioni non vengono determinate se non da un complesso di fenomeni psichici, di cui sono una risultante. Se il sentimento e il pensiero debbono necessariamente entrare nei fatti umani (a parte il concetto che i piaceri ideali e morali possono assumere per sè stessi importanza di finalità altissime) ~on sappiamo spiegarci il perchè della poca o nessuna importanza, che si dà ai fenomeni psichici da alcuni socialisti, i quali, esagerando il siste1na di Marx, seguono un materialismo assoluto. ' Biblioteca Gjno Bianco

LA RIVISTA POPOLARE Certo non si ha da tenere in onore quell'idealismo fantastico, che trasporta le l9tte umane e la storia nel inondo della metafisica, astraendo dal concreto e dal positivo; non crediamo però per questo che sia 1nen vero che nel concreto reale e nel positivo, anche la questione econon1ica si complichi colla questione religiosa, morale e politica. La differenza fra l' idealismo vacuo e il pensiero da noi espresso è la stessa differenza che passa fra lo spiritualismo 1netafisico ed il psicologisrno naturale o positivo. Anche i fenomeni psicologico-sociali, anche i concetti della 1norale e del diritto, occasionati, sia pure, dai bisogni n1ateriali e dal bisogno nrnano della felicità nella vita di relazione, sono fenon1eni positivi. L'idea, per quanto astratta, si Lasa sui fatti del senso ed origina naturalmente sul fondo della sensazione, si allarga sulla via della induzione e si evolve. Ma ciò non toglie che il sentimento e l'idea ci siano e che siano indispensabili, perchè le cose piglino un valore umano, e si forn1i negli uomini la coscienza della convenienza o disconvenienza della giustizia o ingiustizia delle cose stesse. Inoltre, il sentimento e l'idea sono comunicabili e si partecipano da un uomo all'altro e non ci è nemmeno bisogno di soffrire direttamente un male per intenderlo, e per riconoscerne la ingiustizia. Onde certe idee del giusto e de11'ingiusto si fanno strada anche fra gli uomini, che non provano gli effetti immediati dell'oppressione e spesso accade che le rivendicazioni sociali siano predicate e sostenute da persone che non soffrono i11dividualmente i n1ali che deplorano, mentre gli oppressi talvolta sopportano invece pazientemente e con supina rassegnazione l' ingiustizia, di cui non sono giunti ad avere coscienza. La storia è là per comprovare questo fenomeno, dal quale potrebbe trarsi (se n.on fosse troppo ardita) la conBiblioteca Gino Bianco

• LA RIVISTA POPOLARE seguenza chè se il giusto si fa strada per via della ricercél: dell' utilé, e se il n1ale degli oppressi è la leva delle rivendicazioni sociali, avviene però che l'utile e- il giusto si concepiscono idealmente nell'interesse della società, anche in vista del bene generale umano e per virtù del sentin1ento altruistico. Così si spiegano i grandi apostoli delle t rivendicazioni umane, usciti talvolta dagli strati superiori, e così la lotta di classe può assumere l'importanza e l'aspetto d'una lotta sostenuta nell'interesse dell'umanità e per gli ideali della giustizia obiettivamente considerata. 1 Che poi necessiti che il principio penetri nella coscienza degli oppressi, e si traduca in bisogno ed azione collettiva della grande n1assa, acciocchè possa il nuovo ideale prevalere e concretarsi acconciamente, ciò è indiscutibile. Generalmente parlando è giusto il n1otto che la redenzione del proleta- . riato dev'essere opera del proletariato. Ma tuttociò è anche una riprova che la propaganda delle idee è necessaria, e che la stessa oppres~ione non basta di per sè sola a produrre le rivoluzioni, se non è sentimento e se non è giudicata ingiusta ed iniqua. In sociolo~~ia come in natura i problemi di causalità sono inesplicabili. Per rnodo che il bisogno suppone l'idea e l'idea il bisogno, come il seme suppone la pianta e la pianta il seme. Sopprimere nella spiegazione della storia naturale, cosmica o sociale, uno dei due termini a benefizio dell' altr.o, non è positivismo, è, come dic~ G. Ferrari, il vizio più caratteristico della metafisica. (Continua) • FRANCESCO BUDASSI. · 1 Con ciò non s'intende di escludere il fatto storico della lotta di classe. Le classi, come tali, conservano il loro tipo. e i loro interessi collettivi, rispettivamente antagonistici. Gli individui possono sposare la causa· della classe cui non appartengono; onde si ha il fenomeno da noi co11siderato, fo11omeno non tra..;curabile nella <lefiniz111nedella f{}tta di classe, e nella tattica dei partiti rispetti vameu te agli altri partiti af• finì e agli individui. H0teca Gino Bianco

LA RIVISTA POPOLARE LELEGGEI CCEZIOALNI l)i fronte alle leggi eccezionali si deve n1utare tattica? Ecco il problema che si pone la Critica Sociale. La Critica con austere parole risponde di no; uno ilei suoi principali collaboratori, Jlfercurio, risponde di sì. Noi, per quello che riguarda i nostri a1nici, siamo del . . pr11no a VVISO. Anzi diamo un semplice consiglio, senza dilungarci in prolissi articoli: allaccian<lo di piL1 fra loro le file trnppo rallentate, dando maggior vita al p:irtito che talora pare anemico, organizzandoci e ama ndoci (talvolta le differenze lievi come solchi ci sembrano abissi, e l'uno pare dall'altro nemico, e ringhiamo per nulla), e accrescendo gli studì e i passi per la via del movimento sociale. Il partito repubblicano dispieghi tutta la sua bandiera, tenga conto dei tempi, e onestamente ma arditamente proceda. Se a<l altri non piacciano le sue idee, peggio per gli altri. La raccomandazione di Mèrcurio è un po' troppo somn1essa. Attenersi al puro movimento cooperativo è ben poco. Si corre il rischio di trovarsi senza volerlo a braccetto con Gigione Luzzatti. Dicesi che le nuove leggi sono fatte per gli anarchici. Il nostro pensiero è noto : qualsiasi legge eccezionale di sin1il genere ci è odiosa anche se non colpisca alcuno dei nostri intimi, degli amici e dei fratelli cui tormenta lo stesso ideale. Quando simili leggi sono per essere applicate, anche i cretini della Val d'Aosta possono prevedere come lo saranno. L'esperimento fu già fatto. Ove il sospetto do1nina, domina l'ingiustizia. BibliotecaGino Bianco

LA RIVISTA POPOLARE So di magistrati che confondono repubblica con anarchia, e anarchia con socialismo. Alcuni implorano il prete per l'educazione e il carnefice per la giustizia. Pochissimi certamente hanno letto Platone. Quanti hanno un'idea sola del socialismo germanico ? Hanno forse il tempo di tener dietro al movimento sociale? E ne hanno la volontà? E se i magistrati sono sì ignari e anche timidi, immaginiamo (e già lo sappiamo per esperienza) cosa penseranno i funzionari della questura. Vedre1no le vendette delle camarille siciliane per le elezioni, per riaver le gioie della sovranità locale l Vedren10 anche iniquità di ogni genere, fatalmente. L'onnipotente che ha trasportato l'Olimpo governativo in cima del colle Quirinale, alla Consulta, non ha gli occhi d'Argo. Vedremo i tribunali sed,ere in permane?za. La libertà, senza l'educazione e la giustizia e il pane, ha dato frutti velenosi, ma la reazione è la vecchia madre di tutte le ribellioni, dalle aperte alle nascoste. Talora ella è causa di un'organizzazione seria, vasta, potente, universale, come in Germania, che sale ogni dì come marea. Bismarck con le leggi eccezionali servì involontariamente la causa del socialis1no. Questo assunse forma scientifica e divenne più vasto e più rispettato. E .da allora cominciò la solidarietà di tutti: il partito democratico sociale svestì le spoglie di settario e divenne popolo. Non rappresaglie, non vendette, non proteste più o men vane, più o men -fatali, di qualsiasi specie: una maggiore solidarietà, ecco la,. risposta. Così solennemente dovrebbe dirsi all'avversario: - Ieri fummo divisi, anche per parole, indegnamente, oggi. suggelliamo con animo sereno la fraternità dei liberi, siano o no le nuove.leggi a' nostri danni. Bib.lioteaaGino Bianco

43° LA RIVISTA POPOLARE Non indietreggia1no. Se ci si col pisce, non ci lan1enteremo. Più ancora che colpa nel ne1nico sarebbe errore. Egli sa che pensiamo solo cose oneste e giuste, che vediamo solo nell'ansiosa mente un'età di liberi, di buoni, di felici. Non giovano leggi eccezionali nè violenze per ai:restare il moto. Dieci o cento pugnalatori non sono gli araldi dell'avvenire, anzi lo allontanano. Chi scrisse, in Francia nel '48, sui pilastri delle Tuileries il famoso n1otto : Hospice des invalides civils, non furono due o tre sicarì, 1na un intero popolo stanco. Non furono due o tre sicarì quelli che fecero il falò a' piedi della colonna di Luglio. STENIO. GLISGRASSTAORIDEICENCI (Vedi numero antecedente) Un altro. È un omiciattolo mingherlino, alto pochi palmi, che, per darsi un tono purchessia, porla la barba intera, a punta. Tutti lo chiamano l' .lntoccatore, nomignolo derivato dal rullo del tamburo, eh' ei suona con passione, la sola delizia forse, dopo il denaro, della sua· esistenza. Sa leggere e scrivere per quello che fa la piazza; e sebbene scriva ca con l' h, purtuttavia spula frasi d'un latino profumato con una prosopopea di dottore enciclopedico. - Chi bene bibit, bene dormit I - ecco il sµo cavallo di battaglia. Del resto bisogna vederlo a tavolino con gli occhiali inforcati, la penna in mano, innanzi un grnn foglio di carta palomba . .Poichè egli stenie da sè stesso le lunghe, interminabili dichiarazioni di debito dei suoi cìisgraz1ati clienti, i quali non hanno che la pena di sentirsele leggere e di sotto~criverle o di sottocrocesegnarle alla presenza di due testimoni nel primo caso, di quattro nel secondo, Sono veri capolavori di ..• precauzione. BibliotecaGino Bianco

LA RIVISTA POPOLARE 43 1 Le intesta in nome di Dio e del re; ripete sette od otto volte il suo nome e la cosa prestata da restituirsi in moneta corrente, suonante, avente corso legale oppure in grano concio, pulito, macinabile, di ottima qualità; premette la qualifica di legittimo a debitore, obbligandolo nella persona, negli eredi, azioni e vacazioni, in questo mondo e nell'altro. Naturalmente mette a conto del convenuto la carta, l'inchiostro, il tempo impiegato nella scrittura. In quei momenti piagnucola di continuo lamentando la tassa di ricchezza mobile che gli hanno imposta, e che riparte - con iscrupolo assicura - ~u tutti i suoi debitori. - Non si può più rendere un servigio ai propri simili che bisogna subito pagarci anche una tassa. Ti sembra giusto che paghi io il piacere che ti faccio ? Ti conosco per un galantuomo e so che non lo permetteresti certamente. L'infelice non può fare altro che chinare il capo e tacere. Quel silenzio è una protesta, ma. il nostro sgrassatore afferma che chi tace acconsente. Alla scadenza mostra di finire d'accontentarsi a stento del rimborso delle spese vive, degli interessi maturati e di qualche regaluccio; ma rinnovando il titolo d'obbligazione, poichè per nessuna cosa al mondo rinuncierebbe al piacere di ripetere i suoi capolavori. Un cruccio continuo però lo tormenta: quello di non essere arrivato mai a farsi nominare consigliere comunale, per la diretta intenzione di giovare al bene pubblico, diminuendo - sono cortesie che fra consiglieri s1 usano - diminuendo la sua tangente d' imposta-fuocatico. Del resto se ne consola col tamburo. Questo strumento si potrebbe chiamare la causa occasionale delle sue grandi risorse. Poichè è nella sua qualità di tamburino che lo chiamano in qualche villaggio circonvicino nei giorni di feste solenni ; ed egli vi si reca immancabilmente sino dalla vigilia, accompagnato - a d_istanzadi due passi indietro - dalla sua dolce metà, alta quattro palmi più di lui, creatura scipita e melensa. Guadagna due lire e le vettovaglie; del che si profitta per prendere gratis le più famose sbornie della sua usuraia carriera. Infatti, al ritorno, voi lo vedete camminare a sghimbescio, col tamburo alle spalle e la solita moglie dietro, BtblioteèaGJno Bia~co

43 2 LA RIVISTA POPOLARE Quasi sempre, dopo pochi chilometri, vinto dai fumi del vmo, s1 tira da un lato della strada, si sdraia col capo sul tamburo, chiude gli occhi e borbotta: - Chi bene bibit, bene dormit . .. La moglie nel frattempo monta la sentinella. * * * Un altro ancora. Meglio che oste, è dilettante d'osteria. Porta fieramente il nome di Lollo il Trentino, non perchè sia irredento, ma perchè impresta alla ragione del trenta per cento. Grasso e grosso, tondo davanti e tondo di dietro, con due occhietti da faina e la testa pelata, siede per solito fuori della porta di casa con una lunga pipetta di coccio in bocca. Pensa di continuo a come potere non amare il prossimo. Le sue operazioni di credito si sono allargate oltre i confini del natìo villaggio, e dappertutto, per il contado, conta numerosi debitori, debitamente ... avvallati. Quando questi per i loro interessi vengono a lui, son costretti a mangiare del suo pane e a bere del suo vino, il cui prezzo è sempre qualcosa di piì1 che in altri spacci. Se pagano subito, bene; se non pagano, meglio; in tal caso basta un breve rigo di memoria, dietro la rispettiva cedola d'obbligazione, per l' importo della colazione o della merenda, da pagarsi all'agosto con qualche semplice soldo d' aumento - si sottintende - per la compiacenza dell' oste. Seconda edizione, riveduta e corretta, del re Mida, egli cambia in denaro tutto ciò che gli capita tra mano. Bastano alcuni episodi. Un giorno gli arriva un povero diavolaccio di venditore ambulante di immagini sacre, che, non sapendo come pagare lo scotto, intimorito dalle minaccie dello sgrassatore, lascia la merce e fugge via. Che cosa mai poteva farsene di tutti quei santi! È presto trovata: a coloro che venivano a domandargli denaro in prestito, concede la somma al patto però di liquidare una lira almeno in immagini, e il nostro uomo le ebbe così smerciate tutte, e in poco tempo. Un'altra volta gli muoiono per malattia dei suini grassi, ma non si perde d'animo; spezza, sala, ripone, e a tempo opportuno fa il BibliotecaGino Bianco

L.\ RIVISTA POPOLARE 433 medesimo giuochetto, correggendo solo la quantità - mezzo chilo di carne ogni dieci lire. Un'altra volta ancora una botte di vmo accenna a male. Niente paura: due litri di vino ogni due scudi; ed è così che· le disgrazie in sua mano diventano fortune. ' E pieno del santo timor di Dio; non manca mai ad una funzione di chiesa; dà ogni domenica il suo soldino per le anime del purgatorio, e conosce a menadito tutte le vigilie comandate e di devozione. Ciò gli giova per far ingollare a' suoi forzati avventori delle salacche avariate che compra a poco prezzo. Non ammette dilazioni di sorta alla scadenza; riconcede magari il giorno dopo il prestito, ma esige che si saldino i debiti puntualmente ed al completo. Altrimenti entro le ventiquattr'ore la citazione è sicura. Un povero contadino chiedeva ancora del tempo, e si offriva a pagare intanto gli interessi maturati. Col cappello in mano, con la persona curva, con una voce incerta, pregava e scongiurava: Due altri mesi, sor Lollo mio ... - Dimmi Trentinaccio, ma pagami subito. È una risposta famosa. * * * Ne avremmo molti altri ancora nel nostro repertorio storico - poichè si prega il benigno lettore a credere che i tipi presentati fra gli sgrassatori dei cenci son vivi e verdi - ma crediamo che basti. Certo stringe il cuore yedere come uomini nati di famiglie operaie, che dei lavoratori hanno provato tutti i travagli e tutte le angustie, si facciano martirizzatori dei loro vecchi compagni, smungendo il più possibile le aride mammelle della miseria. Ma pur troppo, negli scambievoli rapporti degli uomini fra di l0ro, noi riscontriamo ognora in oggi questa rigida spietata applicazione di una massima egoistica: il tuo bisogno fa la mia occasione. Ecco perchè si rende dolorosamente vera l'epigrafe apposta a queste pagme. Ciò non è che l'effetto deplorato d'una causa deplorevole : la lotta per l'esistenza è talmente acuita, date le difficili ed innaturali circostanze del 'vivere civile, che il· consorzio umano è divenuto una congrega di lupi famelici, fra cui la gara per il boccone quotidiano ha improntato d'un carattere di disperazione anche i sentimenti più teneri. - La vita oggimai scrive lo Stuart Mill, e la testimonianza BiQliotecaGino 6ianco

434 LA RIVISTA POPOLARE non è sospetta la vita oggimai è una mischja disgustosa, in cui c1 s1 mganna, c1 s1 calpesta, c1 s1 schiaccia, e si sale l'uno sul1' altro. La colpa non è degli uomini - essi sono molto migliori della loro fama -- ma degli artificiosi sistemi economici, che fatalmente si sono venuti creando nella società, su un assurdo convenzionalismo di criteri, di consuetudini e di leggi, nate dai detriti di tutti i Governi. Essi debbono, essi possono correggersi. L'uomo giusto, superiore a tanti pregiudizi sociali, l'uomo di cuore, disgustato di questo spettacolo miserando di viltà, di truffe, di frodi e di prepotenze, non può tacere l' augurio di tempi migliori. Ed io scrivo: Adventum festina ! CETEGO. PER UN PROVERBIO I « Chi non sa fingere « non sa regnare ! » Ecco un proverbio da cancellare! Finger significa dar con certezza prova chiarissima di debolezza. Or non chi è debole , \ e vincitore, ma chi fra gli uomini gagliardo ha il cuore. In sè un cadavere dee seppellire chi deve fingere cioè mentire. Putrefacendosi, questa carogna gli inquina t anima di sua vergogna,- e invano ei, tumulo vivo, nel mondo 'l'orrà rifingere d'esser giocondo . ... che avrà, da luridi vermi bacata, ogni sua opera breve durata I Cantar pittoria potrà un momento,· ma, poscia, struggerlo dovrà il tormento I D4l volurne Versi politici popolari di prossima pubblicazione, BibliotecaGino Bianco

LA RIVISTA POPOLARE 435 di veder sorgere più forte il vinto e vincer, ultimo, chi non 1ia finto/ L' Arti e le Lettere porgon di certo lampante esempio di questo asserto. Scuole e Accademie hanno un bel fare I • .• Gli ing·enui giungono sempre a regnare I Nella politica il volgo crede che forza è il fingere, mancar di fede. Ma il volgo è stupido, caso ordinario I Poichè la Storia dice il contrario. Infatti, assidua, essa ci prova che cogli ingenui lottar non giova I Enormi macchine, architettate da volpi esimie ma trico late, sfidando i secoli . sur ser talora .... e non poterono durare un'ora! San Giovanni (Lecco). BioHoteca GinoBianco ; Chè si sfascim-ono a rompicollo quando un ingenuo lor diede il crollo e, sovra i ruderi della bugia, ridendo, i posteri passaron via I Voi che repubbliche fondm- volete non coli' astuzia le fimderete I In sen cadaveri', (badate bene I) amici, chiudervi non vi conviene I Il lezzo i popoli ne sentiranno e, al punto topico, vi grideranno: « Noi, che dei deboli « siam le coorti, _« per legge storica « stiam coi più forti! « Sicchè, se fingere « vi garba, allora e< con quei che regnano « staremo ancora .. .. « Poichè, nel!' ambito « del!' esser scaltri, «-sono, per pratica, « più forti gli altri! » F. FONTANA,

436 LA RIVISTA POPOLARE LA TRASFORMAZIONE DELL'ENERGIA ELETTRICA IN LAVORO MECCANICO (Continuazione, V. fase. XIII, p. 402) Una volta formatosi un concetto ben determinato sull'insieme che m generale costituisce una macchina elettrica - una dinamo - conviene intenderci sulla natura della corrente che essa può generare. Invero, dalla speciale corrente generata, le dinamo voglionsi distinguere: a corrente diretta ed a corrente alternata. La corrente diretta delle dinamo è identica a quella che si ottiene colle pile; ha due polarità: positiva e negativa e scorre dall'una all'altra. Come indica la sua denominazione essa non varia col tempo; si propaga, cioè, come un proiettile che nel suo cammino si mantenesse alla stessa altezza dall'orizzonte. Ha proprietà caratteristiche: magnetizza il ferro in determinate direzioni, scompone nei suoi elementi i composti chimici, come per es.: l'acqua, trasformandola in idrogeno ed ossigeno. La corrente alternata non ha poli, varia col tempo sempre con lo stesso ritmo, cosicchè per formarcene un'idea bisogna ricorrere a qualche fenomeno più complesso di quello c~e abbiamo di sopra indicato per rappresentare la corrente diretta. Immaginiamo di avere innanzi a noi un pen<lolo. Quando esso trovasi m nposo, ovvero nella direzione della verticale, possiede una accelerazione eguale a zero; ma nppena lo si sposti per es., a destra, quest'accelerazione, oppure la forza che tende a farlo ritornare alla sua posizione di riposo, assume un certo valore che cresce coll'angolo di spostamento, o, come si dice, coll'ampiezza di oscillazione del pendolo. Quest'accelerazione che ba avuto un periodo di continuo aumento, una volta che il pendolo è lasciato libero di cadere diminuisce gradatamente, e si riduce a zero quando esso ritorna nella sua posizione di riposo. Ciò che è avvenuto spostando il pendolo a destra, si ripete identicamente spostandolo a sinistra; si hanno dunque due effetti identici in senso contrario. Per distinguere le azioni che si sviluppano in sensi diversi i matematici adoperano i simboli più e meno ( + e -), i geometri, quando le azioni sono rappresentabili in un piano, tirano una lineà retta sul BibliotecaGino Bianco

LA RIVISTA POPOLARE 437 piano stesso, così da dividerlo in due parti, e fanno la seguente convenzione. Ogni azione che si compie in un dato senso, a destra, per es., si rappresenta con un punto dalla parte superiore clel piano e tanto piì1 distante dalla retta di separazione quanto maggiore è l'azione stessa; le azioni nulle sono rappresentate dalla retta di separazione ; quelle a sinistra con punti della parte mreriore del piano. In allora, avendo voluto geometricamente rappresentare il moto di un pendolo in funzione del tempo, ci risulta una curva on'dulata, della quale la porzione O P MQ N .indica il moto a destra ed a sinistra del pendolo, ovvero una sua oscillazione completa. Esaminiamo per un momento l'archetto OP M della figura 2 a: esso parte Ja zero, cresce fino ad un massimo, e poi decresce per ridursi a zero. Questo è precisamente identico a quello che, come abbiamo veduto, accade per l'accelerazione sul pendolo, quando si sposta a. destra. L'archetto inferiore MQ N esprime lo stesso feno- - meno ·quando l'azione si svolge a sinistra. Per di più la figura 2a co_mpre~de due linee curve, una maggiormente schiacciata dell'altra, che s'intrecciano, diciamo così, come un serpe lungo la retta O t; esse, come s'è dimostrato, rappresentano la variazione col tempo del moto di un pendolo, ma esse sono altresì la rappresentazione geometrica di due correnti alternate. BioHotecaGino Biar,co

LA RIVISTA POPOLARE Una corrente alternata è di tale natura che non parla allo spirito così facilmente da poterne <li primo acchito afferrare il concetto; essa è d'altra parte quella destinata ad invadere il campo di ogni applicazione· elettrica. Considerando il suo stato a misura che passa il tempo, questo stato è variabile ritmicamente, è una specie di onda che scorre lungo una corda, è come uno zig-zag che, luminoso, vediamo disegnato nel cielo nella scarica di un fulmine. Ancora un'ultima osservazione sulla fig. 2a. La curva OP' MQ' N che indica una corrente alternata di ampiezza minore dell'altra OP MQ N, va con questa di pari passo, e cioè i suoi valori massimi ed i suoi annullamenti si verificano agli stessi istanti; le due correnti si dicono allorn sine1·one. F'ig. 3". La fig. 3 a rappresenta mvece due correnti alternate che sono una 111 anticipo dell'altra. * * * Stabiliti i precedenti concetti fondamentali, si può senz'altro venire ad esaminare il problema della trasformazione dell'energia elettrica in lavoro meccanico. Abbiasi una dinamo a corrente diretta che, animata da una motrice qualsiasi, sviluppa corrente. Questa può essere impiegata in mille guise, a produrre luce e calore, a disgregare le particelle dei corpi ed è suscettibile di un'altra applicazione, che, se non si presenta così facile alla mente,· è nondimeno la più meravigliosa delle applicazioni della elettricità. Questa corrente può essere cioè lanciata entro una dinamo simile a quella che l'ha prodotta, dando luogo al seguente fatto. La dinamo che riceve corrente - e perciò chiamata ricettrice, al contrario di quella che la genera che si chiama generatrice - sviluppa al suo asse un movimento di torsione, si mette cioè a ruotare, restituendo un lavoro che, se non esistessero perdite, sarebbe eguale ~l lavoro che si spende per mantenere il moto alla prima dinamo, alla generatrice. Vedemmo già come con un determinato lavoro si pro_duca della corrente elettrica, o più propriamente dell'energia elettrica, abbiamo BibliotecaGino Bianco

LA RIVISTA POPOLARE 439 veduto ora come questa energia elettrica si possa trasformare in lavoro meccanico. Dopo la constatazione di un tale principio si affollano aila mente migliaia di domande, e la mente spazia in un mondo infinito di nuove applicazioni. Chi intuì questo principio? Il Pacinotti da Pisa nella breve de scrizione che nel 1865 pubblicò nel Nuovo lì.mento della prima dinamo elettrica eh' egli ideò e costruì, osservava che il suo piccolo apparecchio mentre era capace di sviluppare corrente, si poneva in moto da sè, se della corrente gli era lanciata dentro. Ed il Pacinotti consigliava la sua dinamo non solo per avere un mezzo semplice ed economico di prodursi l'energia elettrica, ma la consigliava anche come motore, adatto ad imprimere il movimen_to alle piccole trasmissioni che sono adoperate nei laboratori di fisica. In allora però l'elettricità era bambina, e L,rgomento principale della costruzione della prima dinamo, assorbiva già l'attività intera dei dotti che indirizzavano i loro studt nel campo della nuova scienza. ~el 1,883 nei locali dell'Esposizione internazionale di elettricità tenutasi a Vienna, ove. le dinamo avevano già assunto una grande importanza costruttiva, un operaio, commettendo 11n errore nella commutazione di certi attacchi, mandò la· corrente di una dinamo che funzipnava in un'altra dinamo che stava ferma. Quest'ultima si mise . da sè in rapido movimento ; da quel giorno la trasformazione della energia elettrica in lavoro meccanico divenne un fatto compiuto. ( Continua) Dott. A. BANTC. I LIBRI NUOVI Rassegna letteraria della quindicina_. XII. SOMMARIO. - A BELLUSO, Sicilia, (sonetti), N. Giannotta, Catania - G. A. Cll:SAREO, La poesia siciliana sotto gli Svevi, N. Gian- .notta,. Catania - T. HUXLEY, .Evoluzione ed etica, traduzione di Carolina Ruata e Laura de Fabeck S. Lapi, Città di Castello - F. GUARDIONE, Lettere inedite deifratelli Bandiera, N. Giannotta, Catania - Notizie. Coloriti, caldi, vibranti di sentimento sono i sonetti che Alfio Belluso ha dedicati alla nativa Sicilia. Tutte le provincie della fiera • Biblioteca Gjno S1anco

440 LA RIVISTA POPOLARE isola sono descritte nei loro monumenti, nei loro ricordi storici, nella vaghezza del paesaggio. Tra tutti, bellissimi i sonetti su Caltanissetta, nei quali il poeta alza di un tono le sue corde, e arditamente fa fremere le passioni umane. Sentite: Sul poggio solo ed arso una capanna Sporgesi in mezzo a due canuti ulivi ; Accoccolati i bimbi su la scranna, Aspettan che lo stanco padre arrivi. Lo stanco padre invan suda e s'affanna Sul duro solco, fra' calori estivi, D'anno in anno la ria speme l'inganna ... Del pan son sempre i figlioletti privi. A spezzar rocce e alimentare zolle, Assiduo passa I 'aspre sue giornate, Fra un pezzo di pan bigio e due cipolle. li plumbeo stagno un 'aria triste emana ... Preslo gli spezzerà le travagliate Ossa il briviJo e 'I gel della terzana. * * * G. A. Cesareo, poeta, critico, filologo, erudito dei pitl simpatici e valorosi che lavorino e producano, oggidì, in Italia, pubblica, per i tipi del Giannotta, un importante volume sulla « Poesia siciliana sotto gli Svevi ». Per i cultori della storia della letteratura patria, questo è un argomento d'importanza capitale e di attuazione irresistibile. Si tratta di stabilire in qual regione sia cominciata prima la coesione in lingua italiana letteraria dei varii elementi dialettali. Il Cesareo, in questo poderoso lavoro di critica e di ricostruzione, avvalendosi e giovandosi, per quanto acutezza di umano ingegno comporti, dei non larghi ed esaurienti triLuti dei codici, rinforza potentemente l'opinione che la scuola sièiliana abbia precorsa ]a bolognese, e che il volgare eloquio di notar Jacopo, di Ruggiero d' Amiei e degli altri sia in dialetto, nel quale già cominciavano a scorrere i varii ruscelli della parlata italiana, che1 qua e là, da per tutto quasi nella penisola, s1 andava organizzJ.ndo. Io che partecipo interamente alle idee del Cesareo, mi augur<? che il volume trovi presso gli studiosi quella fortuna che merita. * * * Un opuscolo di poche pagine « Evoluzione ed etica » dell' illustre Huxley, egregiamente tradotto da due signore e pubblicato dal Lapi, mi è stato cagione di un'ora di vero diletto spirituale. BibliotecaGino Bianco

LA RIVISTA POPOLARE 441 Con la chiarezza di esposizione ch'è la prerogativa delle menti superiori, con spigliatezza, con freschezza e vivacità <li forma, l'illustre autore dà un rapido ma penetrante sguardo alla morale evoluzionista. Egli, con profondità di osservazione, fa notare quanto sia grande e fecondo di conseguenze pratiche l'errore teorico di quegli scienziati che mettono a base dell'etica la legge cosmica della lotta per l' esistenza con la sopravvivenza del più adatto. Per lui il processo morale, invece, dev'essere in antinomia col processo cosmico. Quanto più si eleva e si purifica l'ambiente morale, tanto piì1 indietreggia e si nasconde la lotta naturale per la vita. Veramente io oso discordare alquanto, nelle sue conclusioni, dal1' illustre maestro. Io non intendo bene questa rivalità tra il macrocosmo e il microcosmo, . e penso che tra il processo cosmico ed il processo etico non sia discrepanza assoluta, ma vicendevole integra- . . z1one e compensazione. Del resto le poche pagine del grande filosofo e naturalista vanno lungamente meditate. * * * Il signor Guardione pubblica poche lettere inedite dei fratelli Bandiera, quasi tutte indirizzate alla loro madre. Le lettere veramente non hanno nessuna importanza, nè storica, nè biografica, nè politica e sono scritte in lingua non pura; ma come memorie di due dei piì1 eroici martiri dell'idea italiana e della libertà, non sarà inutile, credo, la loro pubblicazione in questo periodo di letargo della coscienza nazionale. * * * Fra pochi giorni la Casa editrice Lapi di Città di Castello pubblicherà, in elegante volume rilegato in tela e oro al prezzo di lire 3, gli Uccelli di Aristofane, traduzione di Augusto Franchetti con introduzione e note dell'illustre Domenico Comparetti. Il volume è aspettato con impazienza e curiosità. * * * È annunziata la pubblicazione, presso 1 fratelli Dumolard di Mir lano, di un'importantissima opera del prof. Sergi: Dolore e piacere. Sarà una storia naturale dei sentimenti. Fisciano, (Salerno), li 22 di luglio del 1894. C. A. ALEMAGNA. BibliotecaG(noBianco ·

442 LA RIVISTA POPOLARE LIBRIRICEVUTIIN DONO VERNON LEE, ll settecento in ItaHa, - Dumolard. Milano, I 882. MAX NORDAU, Le menzogne convenrionali della nostra civiltà, - Dumolard. Milano, I 88 S. A. SCHOPENHAUER, Aforismi sulla saggezza nella vita, versione del dott. Oscar Chilisotti, 2n. ediz. - Dumolard, Milano, I 892. - Il mondo come volontà e come rappresentazione, versione del dott. Oscar Chilisotti, - Dumolard, Milano, I 888. F. GUARDIONE, Lettere inedite dei fratelli Bandiera, - N. Giannotta, Catania, I 894. VINCENZO Russo, Pensieri politici, preceduti dalle ricerche sulla vita del Russo di B. Peluso e da uno studio sulla mente del Russo di E. de Marinis, 4a ediz. - De Angelis e Belisario, Napoli, I 894. T. BRUNO, La condizione g-iun'dica della donna nella legi'slazione italiana. - G. Barbèra, Firenze, 1 894. G. L. PASSORINI, Collezione di « Opuscoli Danteschi» - M. Caetani di Sermoneta. - Tre chiese della divina Commedia. - S. Lapi, Città di Castello, I 894. G. MANTICA, Rime Gaie. (Roma, Voghera, I 894). Rime Gaie I Il titolo, certamente è appetitoso, oggi che quasi tutti scrivono versi tetri, versi ne' quali cercheremmo invano un briciolo di buo11 umore ... Io non vado a indagare se i nostri tempi si prestino di più al riso od al pianto, all'elegia o al capitolo giocoso. Io osservo solo che la poesia, oggi, ha preso una intonazione triste fino alla morte, e perciò monotona, in sommo grado monotona. E quindi i versi del Mantica mi giungono come nuovi, come dissimili in tutto e per tutto da quelli che scrivono i più; e questa novità, questa dissomiglianza, mi piace, sia giustificata o no àai tempi che corrono. Mi piace, anche, perchè mi ricorda l'antica nostra poesia, la illustre nostra poesia giocosa, stata così cara ai nostri nonni e ai nostri babbi. _ Ben vengano, dunq·1e, i versi di Giuseppe Mantica, così spigliati, così sobrii, così scoppiettanti di brio, così intimamente buoni, anche se, a volte, sono un po' birichini. Ben vengano! e facciamo loro le accoglienze piì1 oneste e più liete, poichè ci distraggono la mente dalle BibliotecaGino Bianco

LA RIVISTA POPOLARE 443 ingrate cure dell'oggi, ci spianano qualche ruga sulla fronte e, quel che pit1 importa, nel cuore, e ci fanno passare un'oretta allegra. E che? do,vremmo sospirare e piangere sempre? o, pure, dovremmo star sempre con la maledizione sulle labbra? Oibò! Ricordiamoci il detto del reverendo Sterne, che il riso aggiunge un filo di più alla trama della vita, e siamo grati a coloro che, come Peppino Mantica, ci fanno fare un po' di buon sangue ... Rimi: Gaie, oltre ad essere un libro pensato con giovialità, è anche un libro scritto con arte finissima, sia pure che questo non appaia a prima vista. A scrivere semplicemente, popolarmente, non si richierle minor fatica che a scriver pettorutamente, cattedraticamente. Anzi, direi, lo scriver facile e popolare richiede più studio che non lo scriver pett11ruto e cattedratico, beninteso quando si voglia fare . opera d'arte. E ciò perchè lo scrittore è maggiormente esp ..sto al pericolo di cadere nello sciatto e nello sguaiat,,, di modo che <leve usare di una circospezione somma. Vedete; il Giusti, che pure è scrittor popolare per eccellenza, sudava una camicia e mezzo (come suol dirsi) a imbastire una strofe, e, imbastita che l'aveva, la rifaceva e rifaceva poi, tempest:rndo il foglio di correziunì sopra correzioni. Lo stesso, o press' a poco, faceva Antonio Guadagnoli, quel Guadagnali pel quale alcuni ostentano un disprezzo olimpico, mentre avrebbero dicatti di imparare da lui a scriver cinque righe ... E chi lo crederebbe, leggendo le poesie dei due Toscani, poesie che paiono scntte in quattro e quattr' otto, senza nessuna preoccupazione? Eppure è così! Facili e piani sono i versi del Mantica, specialmente le terzine e le sestine, ne' quali metri riesce meglio che negli altri; ma non per questo sono versi buttati giù come venivano venivano. Esaminateli un po', e noterete in essi uno studio grande della forma. Ad una prima lettura, i versi del Mantica paiono un po' leggieri; ma rileggiamoli una seconda volta, e_ ci avvedremo come questa leggierezza non sia che apparente. « Sotto il velame delli versi strani » (se così posso esprimermi) si nasconde spesso un'idea arguta, anche un'idea profonda; e, scovata che la si abbia, fa pensare. E in ciò appunto consiste uno dei canoni principali dell'arte degli umoristi, cui il Mantica appart.iene: far pensare senza darsi l'aria del mentore. G. ST. Biblioteca Gino Bianco

444 LA RIVISTA POPOLARE MOVIMENTPO LITICO-SOCIALE I repubblicani alle Cortes. - A Madrid si chiusero, nel g10rno 11 corrente le Cortes con un incidente abbastanza caratteristico. Non appena il presidente del Gabinetto, signor Sagasta, ebbe dato lettura, dalla tribuna, del decreto reale che dichiarava ~ospese le sedute parlamentari, i deputati monarchici proruppero nel grido: Viva il re I A questo risposero i deputati carlisti con un timido grido di: Viva Carlo V.III! Ma subito dopo i deputati repubblicani proruppero, a1la loro volta, in un urlo assordante, interminabile di Viva la repubblica! In preda ad un'indicibile agitazione, i monarchici - capitanati dal ministro dell'interno, signor Aguilera - si diressero allora verso i banchi dei repubblicani inneggiando nuovamente al re, ed intimando loro, minacciosamente, d'uscire dall'aula. I repubblicani però non si lasciarono intimidire; e, mentre l'ex-presidente della Repubblica, deputato Salmeron, proseguiva, gridando con tutta la forza dei suoi potentissimi polmoni : Viva la repubblica! I deputati, suoi correligionari, non cessarono dall'accogliere tale grido con dei frenetici evviva! I monarchici cominciarono quindi a percuotere furiosamente, coi pugni e coi bastoni, i banchi dei repubblicani; ma, neppur per questo il signor Salmeron ed i suoi amici si davano per vinti; e - approfittando d'ogni istante di tregua dei loro avversari - continuavano, come nulla fosse, ad acclamare alla repubblica con entusiasmo vieppiù crescente. I monarchici finirono allora per lasciarsi addirittura acciecare dallo sdegno: Traditori spergiuri, sleali! urlavano ai repubblicani. « Siamo nel nostro diritto ! Siete voi che ci avete_ provocati! Sì: Viva la repubblica I » - ribatterono i repubblicani - « Non siamo servitori delle dinastie 1 noi! - aggiungeva il Salmeron; - e nessuno griderà innanzi a me: Viva il re, senza ch'io gli• replichi: Viva la rt!• pubblica I » La scena continuò fino a quando non uscirono tutti i deputati. * * * La situazione in Sicilia. - Da Favara giungono gravi notizie: Colle molte miniere chiuse, coi lavori sospesi, la condizione di più che 4000 operai è divenuta critica, allar~ante. Gli zolfatai disoccupati BibliotecaGino Bianco

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