LA RIVISTA POPOLARE J aurès alla Camera francese, innanzi anche ai conservatori attoniti, difende la libertà dell' insegna1nento con eloquenza che sa di solenne: Sudern1ànn scrive commedie che fanno fren1ere; si conspira all'aperto; si invadono senza ritegno i Parlamenti ove il privilegio tresca. Per noi è dovere, per altri sarà pecessità, lasciar passare le plebi che si avanzano co1ne torrenti. Che se qualcuno parla di misfatti, o parla di tu1nulti incomposti e di aspirazioni espresse in termini strani, dite a lui che in quei delitti o in quelle delittuose parole non ha sua causa o suo termine il moto. Forse quei misfatti possono essergli di ostacolo: gli stolti confondono l' audacia di un popolano coll'ardimento giusto e santo dei mille che vanno chiedendo, con oneste parole e con dignitoso atteggiamento, pane, lavoro, libertà, giustizia. E se qualcuno dice che male qui si può parlare di sociale ~mancipazione, però che manchi la grande industria, dite a lui che è pure industria l'agricoltura, e che è qui la grande miseria come e più che in altre plaghe, ove già l'idea sociale si fa strada e tende a signoreggiare. Dite a lui che qui pure la razza egoistica, che mira solo all'interesse, fa gran guerra alla razza simpatica, che vorrebbe solo l'equità ne' rapporti sociali. Dite che qui, nella terra cantata da tanti poeti, ove è tanto sorriso di sole, ove è. tanta natural bellezza, è un fuggir continuo di operai maledieenti alla vita o a quest'ozio forzato che pare vita ed è stento, a questa permanente sciagura della I miseria che affligge le belle terre ove viviamo, attristati dall'infame spettacolo che vien di continuo dall'alto, donde più o meno scendono alternamente la violenza e la corruzione, Questa nostra terra è divenuta· a poco a poco indifferente, e sembra sia rassegnata a soffrire e a servire. Ella Biblioteca Gino Bianco
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