La Rivista Popolare - anno II - n. 12 - 1 luglio 1894

LARIVISTAPOPOLARE POLITICAE- CONOMIC- ASCIENTIFIC-i\LETTERARI-AARTISTICA ANNO II. 1° Luglio 1894 FAsc. XII. GLIORIZZONTI DEL SOCIALISMO PREFAZIONE. - Il campo è interminato e anche occhio d'aquila non ne vedrebbe i confini. E tu non hai mente limpida e profonda nè giovani! gagliardia, e nel tuo bagaglio di touriste manca il libro della scienza, manca il libro della pratica. Ritorna addietro, povero rapsodo folle che osi addentrarti nell'immenso campo sociale, ove di rado tra spine e sterpi trovi aiuole di fiori, ove spesso sei còlto da tempeste o da dense nebbie che ti fanno smarrire la via, ove ciò chepare possibile può essere lusinghiero espediente di un'ora, e ciò che pare - sublime e luminosopuò essere febbri! sogno della mente desiderosa. Ritorna addietro! - No! un'interna voce risponde, no! Non ho diritto io pure di andare in traccia del vero, non ho diritto di cam- ~inare io pure, qual vecchio bersagliere, verso la meta che si antivede come vago ideale che ia speranza avvicina e che diverrà realtà, se i popoli, rigettando il vecchio abito della servitù o la trista moda del delitto, alzeranno la fronte onestamente alteri? Se dicessi. a voi che meco porto la verità, che spargo intorno a me cose.nuove o rare come la pietra filosofale, eh' io sono un piccolo·Marx, eh' io solo so definire cosa sia socialis~o, che conoscoio solo i f armachi per le sanBioliotecaGi_noBianco

354 LA RIVISTA POPOLARE guinanti piaghe sociali, sarei un cerretano, e voi dovreste, glugnandomi in faccia, scacciarnzi comedemagogo volgarissimo. Sono uno degli ultimi ricercatori del vero, semplice milite di quell'esercito che va alla conquista della libertà e della eguaglianza insie1ne. Dirò, senza orgoglio, il 1niopensiero. .lnterroglzerò i grandi nzorti c/zenella storia lasciaronoprofonde traccie di sapienza, perocchè pensi grettamente colui il quale, innanzi all'univ;rsa idea sociale, limiti lo sguardo e 'lo studio a recente periodo di anni. E così pure colui che si affidi a un solo verbo, che si rinserri nel clziostro di un solo sistema, clze qui, sotto questo bel cielo, dimentico del genio nativo, inzporti istituti clte solo in gelide plaghe lontanepossono .fiorire e ingrandire agtvolnzente. Il mir probabilmente non germoglierebbe mai nel giardino d'Europa. Ed erra colui che pretenda il nzondo intero supporre ad unico ordinamento. E così quegli clzeper assicurar la materiale vita dell'umanità ne comprima la libera vita vzorale. In traccia di un'indefinibile armonia noi moviamo, fra contraddizioni, fra errori, fra eresie, anche talora fra bestenzmie di ogni specie; in traccia di un'ar1nonia sociale che cz affatica e ci tormenta. Per il bene di citi? Per il bene di tutti. Per rendere un dì felice e ricco un popolo e/te ora si dibatte, povero 1nartire e schiavo, nella miseria. E per renderlo pure libero davvero e altamente civile. Per formare la sognata famiglia degli umani, ove nessunoprema col piede nessun capo di servo, ove nessuno, forte o debole, leda per vendetta il fratello, ove si suggelli quella santa solidarietà che i vecchi nostri precursori e padri e' insegnavano nei giorni delle care illusioni, che Kant, e/te Augusto Conzte, che Feuerbaclz, che Fouillée, che altri sapienti 1noderni, idealisti o materialisti e positivisti rzjidi, de.finirono e raccomandarono con la càlda parola e con l'esempio. BibliotecaGino Bianco

LA RIVISTA POPOLARE 355 Nè io penso che si possa .giungere a tanto rinnovamento solo mercè l'inerme pensiero. Non io consigliereigiammai it concettoorientale, il concettopassivo, di cui scrittori russi e francesi ora profetizzano l'avvenimento con ardore mistico, con animo pensoso e sofferente. No! Contro il male, come contro qualsiasi genere di oppressione (ve ne sono tanti e sì diversi e sì mascherati da bugiarde forme!), è virtù la fierezza, la resistenza individuale è dovere. V' ha una lotta superiore a qualsiasi lotta di classe. - Ma che (i narrerai tu? Comegiungerai al fine dell'opera tua? Tu sei repubblicano, e non sei socialista scientifico. Tu andrai troppo cauto e troppo lento, e temerai di porre il piede in fallo. Tu non avrai l'audacia dell'anarchico, nè la sottile e acuta scienza del socialista. Tu ci parlerai di ideali soltanto. Tu ci narrerai, nella storia antica, le feste agrarie di Saturno, o ci parlerai dei Ciompi, e, poi ti fermerai alla Repubblica del 149. Lo spirito di parte ti lega i polsi. E per volare ci vogliono l' ale. - Io voglio soloprocedere. Volando,può l' ùnaginazione trovarsi nel vuoto. Voglio criticare gli istituti avversi al bene dei lavoratori. Voglio, in quest atmosfera ove s'ode un' eco continua di singhiozzi e di gemiti, voglio dire io pure una parola sui molti dolori dell' uman genere. Voglio interrogare i genii che ne studiarono e ne studia1w i rimedii. Voglio seguire cotesto gran movimento del!' idea sociale, che non a.ppar~ tiene ad alcun partito, ma all'umanità, e con l'umanità grandeggia: voglio -studiare i sistemi intorno la miglior forma avvenire di proprietà sociale. Voglio, come umile rapsodo, mentre altri creda presuntuosamente di" dir cose nuove, raccogliere qua e là ciò cheparmi giustJ e possibile. Un grande intelletto, stretto da lacci dommatici, è spento. Una microscopica mente, come la mia, può elevarsi se guardi il mondo attraverso lo spazio ed il tempo, e con avidità cerchi, wn il BibliotecaGino Bianco

LA RIVISTA POPOLARE plauso della folla, ma il vero. Voglio, .fidato alla scienza, camminare ali' avanguardia. Non vive con l'umanità chi abbandoni l'esercito che la difende, e si ponga oltre i termini del possibile. Nè lento, nè precipitato; nè rigido, nè violento. Carlyle diceva che è capitale errore chiamare forza la violenza o la rigidezza. A. FRATTI. PSICOLOGSIOACIALFEINDISECOLO IV. A ritroso. Il pensiero moderno, co1ne un fiume dal letto troppo stretto per la massa delle sue acque, si spezza alla foce della realtà in mille bocche. Da questo disperdersi delle forze intellettuali in tante e sì opposte direzioni nasce la lamentata impotenza del nostro concetto scientifico a darci un programma di condotta individuale e sociale capace di far riposare 11 umanità e di rasserenare gli animi in una credenza chiara e determinata, che di fede tenga luogo, o sia la fede essa stessa. Tutto è in discussione, tutto è controverso, tutto è in istato di provvisorietà oggidì. La politica è un labirinto: il socialista, l'individualista, il liberale, l'ultramontano, il repubblicano, il 1nonarchico, ciascuno vi offre il suo filo conduttore e ve lo decanta e la vuol fare da Arianna; l'etica fluttuante e irresoluta tra il libero arbitrio e il determinismo, tra la sanzione divina e l'utilità un1ana; la morale pratica, a cagione .dello stato di convulsione della teorica, "dal pervertin1ento delle funzioni precipita alla dissoluzione organica; la pedagogia, una rete stretta di metodi, BibliotecaGino Bianco

, LA RIVISTA POPOLARE 357 di teorie, di sistemi fondati su poche ampollosità più re'- , toriche che scientifiche che stanno sul mercato, dà, in effetto, i risultati didattici ed educativi che si sanno. Tutto, tutto, concorre ad aumentare la babele e la confusione. Manca, già lo dissi, .al nostro tempo unità di fine e con-· cordia di animi; e però questa rabbia di contraddizioni, questa voluttà di reazione all'azione rende quanto mai laboriosa e difficile la gestazione di questo nuovo programma sociale, che doni finalmente l'auspicata pace, o presso a poco, alla schiatta umana sfatta per istanchezza. L'irresoluzione e la discordia limano, adunque, sordamente la nostra civiltà. Il nostro tempo è più dubitoso che scettico. Scettico fu il secolo xvi, che, sorvolando su tutti i problemi umani e trascurando come inane la ricerca di un vero positivo che sia il perno di una civiltà, visse di emozioni in mez.zo ad una, del resto gloriosa, iperestesia estetica. Il secolo xix, che già sta per morire nel xx, invece copre, con la cenere di una corruttela, di una rilassa,tezza di costumi e di una insaziabilità di godimenti non mai viste, un foco vivo di aspirazione ad un ideale della vita che le azioni guidi e la coscienza conforti. A questa vivida fiamma dette alimento il risorgi1nento delle arti e il progresso delle scienze; di talchè ben si può dire che l'alba della nuova età spuntò con l'aurora del rinnovamento scientifico. Come le scienze naturali e filosofiche aprirono le ostilità contro la decrepita concezione metafisica del mondo cosmogonico e-sociale, così cominciò ad imbiancarsi l'oriente della nuova civiltà. È più di un secolo oramai che, se ferve ancora la battaglia, nòn è più in dubbio l'esito finale. L'umanità ha vagellato per tanti secoli servendo le varie religioni che se ne han conteso il dominio. Da esse Biblioteca Gino Bianco· ,f

LA RIVISTA POPOLARE invano l'uomo ha sperato ed atteso salute, pace, stabilità; e la giustizia stessa, il sentimento di solidarietà Ùmana che forma la base della dottrina etica del Cristo, è già fuori e di sopra alla 1netafisica delle religioni orientali e semitiche. Già il Cristianesimo, positivamente studiato, è un fenomeno più umano che trascendentale; ma poggiato esclusivamente su di un sentimento troppo rarefatto, invano promise la felicità agli uomini, che la cercano ancora in terra. Il sole della scienza soltanto poteva riscaldare gli spiriti intirizziti dalla lunga notte boreale~ vegliata tra gli affanni delle angoscie e dello sconforto. Intanto, da qualche tempo, dove più dove meno, or qua or là, fa capolino un fenomeno che sconcerta il pensatore e lo rigetta più indietro dello stesso scetticismo pirroniano. Si comincia a sussurrare e il sussurro, come un vento, passa sulle teste, sugli animi, sulle lettere, sulle arti, che le scienze non han restaurato la civiltà, 1na imbestialitala, e che forse n1iglior consiglio sarebbe riconoscere che si fa falsa rotta e ritornare a far penitenza nella Tebaide della vecchia fede. Vi è contraddizione, dicono. Se la religione non ha dato pace e felicità agli uomini, è colpa loro che han cercato questi beni fuori di essa; le scienze, d'altra parte, scotendo ogni fede, avvele_nando ogni fonte di vita con il criticismo e nulla sostituendo di positivo, tranne una negazione perpetuamente sterile, non solo han scavato un baratro nel quale la società civile è quasi attratta ed inabissare, ma si sono arrestate impotenti davanti al mistero delle cose, e limite alla loro conoscenza ed al loro potere han messo l'inconoscibile, cioè il mistero stesso. Tutto l'edificio sociale - si aggiunge - è in pericolo e il concetto mondiale, che dalle scienze s'informa·, come sconsigliato e smarrito, non sa trovare un puntello all' imminente rovina. La scienza, o il suo feticismo, ha fomenBibliotecaGino Bianco

LA RIVISTA POPOLARE 359 tato l'anarchia, l' ana·rchia è la riduzione all'assurdo di un pnnc1p10; e però non vi è ~peranza di salute che nel ri- ·vocare la fede nel petto degli uom1n1. * * * Questo sintomo di demenza· sociale si va mostrando specialmente nella letteratura. La ricerca della singolarità, la mania dell'affettazione e del raffinato, il simbolismo delle idee e della forma, l'assillo di ripercotere nell'opera d'arte la voce dell'infinito, provano che la letteratura si è messa sulla via della ragione. L'ideale di quest'arte fin di secolo è una Specie di misticismo naturale, una lenta, ma continua conversione al sentimentalismo ed al soprannaturale. Nell'ora presente, stante il dissidio con tutto il mondo circostante, essa ci si presenta sotto la forma patologica di degenerazione e d' isterismo. Il Maeterlink, il Verlaine, il Bourget, il D'Annunzio sono i gran Lama di quest'arte decadente. D: altra parte, una falange, formidabile per le armi terribili che il genio somministra, di pensatori e di filosofi - il Tolstoi alla testa - già ha inalberato il vessillo del neo-misticismo e si è messa a dare il contro-vapore alla, civiltà. La corrente del pensiero che dalla metafisica scese al concetto scientifico, ora risale a vista d'occhio .. * * * Dunque le scienze han tradite le speranze degli uo1nini? punque dovremo rialzare·nei cuori un altare a quel divino cui le menti non possono più credere? Dunque il soprannaturale ritornerà come una -necessità sociale dopo essere sparito come nece?sità cosmica? Gli uomini non possono rifarsi, a loro talento, una serginità artiti.ciale di coscienza, e se il t!ivino è uscito dall~ 81pliotecaGino Bianco

,\ 360 LA RIVISTA POPOLARE cose per le vie della ragione, non ritornerà nella ragione per le vie dei sentimenti e dei bisogni sociali. Ma se anche ciò non fosse un'aberrazione di dementi, che cosa guadagnerebbe la civiltà? Nulla, perchè si sarà riadagiata nelle angustie di quel· letto di Procuste, donde si mosse sospinta dal destino di ca1nminar sempre. Gli è che la civiltà è uscita ora1nai dall'orbita del vecchio concetto religioso e corre su di una linea sempre più eccentrica da quella; è che gli uomini sopraffatti dalla pressione troppo forte dell'ambiente circostante piegano sotto il pondo delle loro stesse conoscenze e il disquilibrio delle forze sociali si manifesta da pri1na come debolezza di coscienza. C'è un ran10 di pazzia nel nostro tempo. Più che la nevrosi degli organismi, c'è la nevrosi storica. Ed in vero, non una sola esperienza ha fatto l'uomo delle religioni; non una sola incarnazione ha avuto il soprannaturalismo. Centinaia di secoli ha gemuto sotto il giogo della metafisica. Il terreno geologico è composto delle ossa e del cenere dei nostri delusi e infelici antenati; chè, di girone in girone, portando sulle spalle il fardello della propria anima gemente, la schiatta umana è salita all'altopiano donde si scorge la vetta del colle della nuova civiltà. Quale strano perturbamento di spirito ci fa adunque maledire il nostro fatale andare? La contraddizione è dentro di noi, figli del secolo xix, non nelle cose. A quali eventi la scienza ha 1nancato? Quale felicità aveva essa promessa ai suoi fedeli? Ci ha tolta la cateratta dagli occhi e ci ha fatto vedere il vero, e perchè il vero diventi il bene deve filtrarsi a traverso tutte le impurità ataviche della coscienza. Sotto la corteccia del presente scorre ancora la linfa del passato; il mondo moderno, co1ne concezione etico-sociale, è ancora al grado di negazione del passato. Si demolisce anBibliotecaGino Bianco

LÀ RIVISTA POPOLARE cora e sono i ruderi che i1npediscono i nostri passi. È la polvere che da essi si leva che ci toglie la vista e ci fa deviare. Abbiamo pazienza, lascian10 che la civiltà, uscendo da 1nezzo agli scogli del passato intorno ai quali qualche volta si frange gorgogliando e spumeggiando, esca al largo di una concreta concezione della vita sociale. Abbiamo pazienza, lasciamo eh' essa distrugga l'incantato labirinto dove per tanti secoli l'umanità ha errato ululando; diamole il tempo per formulare il nuovo verbo. Fin allora , c'incombe di non affrettare i giudizi e di non guastare il lavoro con le nostre intemperanze e le nostre smanie, o d'intralciarlo con questa --specie di eretisn10 intellettuale. La malattia che ci fa delirare è la sospensione d'animo. Il dubbio e l'ambiguità della coscienza sono le conseguenze delle contraddizioni esistenti tra il vecchio ed il nuovo. Noi siamo ancora ereditariamente vecchi e il mondo si rinnovella d'intorno a noi. La primavera viene, ma le nostre anime tremanti per vecchiezza tardano a riscaldarsi. La prospettiva scientifica del nuovo evo è troppo larga per la retina dei nostri occhi che ci si devono lentamente · adattare. Sono le reliquie degli antichi sentin1enti, appiattati nei nascondigli della nostra coscienza, che, assaltano ora la scienza e le don1andano, ciò eh' essa non ha mai detto di possedere, il segreto di lacerare il mistero che involge il perchè delle cose, o la potenza di scalare l' inJi,nito. Il guaio è che qnesto inevitabile dissidio noi lo inaspriamo con la 1nancanza di convinzioni e di consapevolezza di noi stessi e dei nostri fini, -eon la mezza fede e la mezza scienza, con lo s1doppiamento del nostro individuo. Meglio di questo ermafroditisn10 dello spirito la fede religiosa cieca e fanatica; ma se alla luce che ci piove dalla scienza oramai i nostri occhi non possono rinunziare, at- .,

LA RIVISTA POPOLARE tendian10 ch'essa sviluppi normalmente la potenza psichica e sociale con l'educazione e l'adattamento. Concentriamo le forze e le volontà e non torciamo più indietro lo sguardo. Excelsior l c. A. ALEMAGNA. LESCUOLDEEIGESUITI Il signor Luciano Greize (che, se non erro, è ufficiale dell'esercito francese) ha pubblicato una descrizione del modo che seguono i gesuiti nell'impartire l'insegnamento a coloro che debbono difendere la patria. Il signor Greize non critica la storia dell' Ordine, e non ne discute le teorie; egli se1nplicen1ente racconta. I gesuiti in Francia (come pure in Italia, ove, special111entein questo supremo centro della cattolicità, si estendono ogni giorno più) sono gli educatori dei figli dei nobili e dei grassi ·borghesi, e, come principale intento, debbono conservare nel petto degli allievi lo spirito di classe e l'avversione al libero pensiero. Impadronirsi dell'anima loro quand' è in en1brione: impadronirsene con ogni genere di fascino, dalle melodie che carezzano l'udito sino ai misteri che spaventano l' imginazione, fra 1nille luci, nelle peno1nbre delle chiese, ·ove si prega e si minaccia, distribuendo in dono ai fanciulli quanto la minuteria cattolica inventò. Impadronirsi dell'anima mercè le preghiere e i canti: la propria salvezza, ecco la gran<le unica meta: onde le letture mistiche, le 1neditazioni, i sermoni, le litanie, e i motti oscuri e gl' inni aerei della liturgia. BibliotecaGino Bianco

LA RIVISTA POPOLARE E quando l'allievo ricordando i cantici del padre Pontano sogna la bellezza del seno di Maria e la dolcezza del suo latte, e più ancora, e già pregusta le gioie immense dei cieli, ecco il n1aestro gesuita che lo toglie dalla sognata beatitudine, e gli narra i terrori dell' inferno, e, perchè si faccia un' idea di tante pene, consiglia all'allievo di bruciarsi le punta delle dita alla fiamma di una candela. Però i gesuiti fanno presto a pareggiare le partite con Dio: il padre Grisel si vantava già di accon1odarsi col diavolo stesso, in n1eno di un quarto d'ora, al confessionale. Luciano Greize narra con1e i gesuiti raccon:tino la cronaca dei partiti liberali. I massoni, secondo essi, celebrano nudi i loro mistici riti, e predicano e perpetrano l'assassinio. Ma se fosse vero, non seguirebbero essi le famose dottrine di Esco bar? Il Greize narra che il latino è l'unico insegnamento che si dia largamente: per esso è un amore sfrenato, un vero c:ulto. Ma in quanto a materie scientifiche, poco o nulla. Certamente e.on l' istruzione che là si dà; non sorgerà più dall' Ordine un padre Secchi. E perchè? Perchè ten1ono le scienze esatte, temono, cioè, le .tendenze posi ti ve e critiche che quelle fanno nascere nello spirito. Si deve ragionare, n1a scolasticamente, cioè si deve seguire l'antico metodo della rationatio, e del celebre distinguo di cui l' Ordine fece sempre sì grande uso. La storia ch'essi insegnano è I' Histoire de France du Père Gazeau - A. M. D. G. Vi si parla delle Crociate, della Riforma, della $trage degli Ugonotti, della revoca dell'Editto qi Nantes, della Rivoluzione, come potrebbe parlare un rigidissi1no legittimista della Vandea foderato doppiamente coll'ani1na di un prete pauroso e falso. Leggete co~e si parla della Rivoluzione: Si videro, in questi giorni d'orrore, gli assçi,ssznza cantare e a ballare

LA RIVISTA POPOLARE intorno alle loro vittime palpitanti, strapparne le viscere, berne zl sangue, arrostirne le carni sulle piazze pubbliche e mangiarne .fino alla sazietà! Assassini del vero! Assassini della patria voi, neri n1ostri che ne uccidete o ne contaminate le vergini anime de' figli suoi! E continuasi: Valmy fu una vittoria per accidente, anzi per una convenzionesecreta, patteggiata fra I(ellerman e il re di Prussia, che promise di ritirarsi. E i vandeani furono eroi che non avendo contatto coi vicini preservaronsi dai grandi errori e dai delitti propagati in Francia da mezzo secolo, mediante ii iniqua forza 1norale della civilizzazione. Così là, come qua da noi, si foggiano le giovani menti de' fanciulli, co1ne vasi di creta tutti dello stesso 1nodello, come fantocci vili i quali poi sarà ben difficile mutare in uomini che abbiano virilità e dignità, coscienza e an1ore di giustizia, coscienza e an1ore di patria. Ora, mentre la n1ala pianta del gesuitismo ufficiale propaga le sue avvelenate radici nel mondo, papa Pecci, giunto al termine di sua vita, chiama i popoli all'unità della fede, per la pace e per la sociale giustizia. Prima di scriver tali encicliche, bisognerebbe aver l'anima dolce e gagliarda di papa Ganganelli, e scrivere almeno un breve di soppressione simile a quello famoso Dontinus ac Redanptor noster. 1 Non bastano le vaghe eteree encicliche che pretendono di sciogliere i tremendi problemi sociali, portandone la discussione nei freddi cieli, coi soli ricordi delle balsamiche parole del vangelo, da tutti i preti della terra in realtà dimenticato. 1 Fra gli ultimi cardinali eletti ve ne ha uno appartenente alla Compagnia di Gesù. BibliotecaGino Bianco

. LA RIVISTA POPOLARE Mentre il papa scrh·e da letterato le ultime speciose encicliche, il gesuitismo, da lui protetto, come lo protesse papa Rezzonico, qui e per il mondo si espande. Sopprimerlo oggi, n1entre è sì abbarbicato alla Chiesa, più che musco a vecchia rocca, è come sopprimere la Chiesa stessa. E dice bene Huber: « L' Ordine è nato dallo spirito c)Je anima la Chiesa, e ne è pieno; finchè essa non sarà tutta rigenerata, esciranno dal suo seno creazioni simili, n1ascherate sotto altri nomi » • Il papa sparge per il mondo parole che pai~no tutte una rugiada di pace e d'amore. I gesuiti, al fianco suo, preparano intanto le guerre e gli odi. I gesuiti cospirano ferocemente, in apparenza educatori miti e soavi, contro la civiltà. Ma i nostri cari scettici o indifferenti o ignavi ci dicono: Lasciate fare I In Fra11ciaJ i più grandi eretici da Descartes a Molière e a Voltaire, escirono tutti dalle scuole dei gesuiti. Così anche in Italia. Ciò non vuol dire che lo splendore di quei nomi si debba all'educazione gesuitica: il genio era tanto in quei grandi intelletti che si sarebbe elevato senza quella educazione e malgrado essa brillò. Ma nessuno sa il numero infinito di coloro ai quali fu troncato nell'inizio il germogliare dell' intelletto, e spento mercè la mortifera pedagogia dell'Ordine di Gesù. Il papa bianco nella sua grande e universale opera di pace, di giustizia e di amore ha per alleato il papa nero. E v' 11anno tuttavia interi popoli ingannati che genuflessi sperano, guardando in alto I STENIO. BiPlioteea Gino Bi 9nco

LA RIVISTA POPOLARE LETTERAD'UNARECLUTA I Illustrissimo Direttore. Giacchè ella troppo gentilmente ha voluto stampare il mio povero nome fra quelli di tanti valentuomini che adornano dei loro scritti la simpatica Rivista Popolare, forse non giudicherà nemmeno inopportuno che io dichiari a lei e agli altri collaboratori, no11chè ai lettori, in che senso io sia socialista. Di uno che entra nuovo m una compagrna, è giusto che gli altri sappiano come la pensi, e che egli voglia farlo sapere. Or dunque, per non perder tempo, e per non far perdere tempo e spazio a lei, le dico subito che io non credo possa mai vemre un tempo in cui L' univers ..... sera bouleversé, On ne verra plus rien qui ressemble au passé ; Les riches seront gueux et !es nobles infames, N os maux seront des biens, ]es hommes seront femmes, E le femmes seront ..... tout ce qu'elles voudront. Nè credo poi che la rana, gonfiandosi, possa raggiungere la grandezza del bue, nè il Monte Bianco abbassarsi al livello dei sette colli, nè lo scemo Gervaso, saltando, pareggiarsi a Federico Borromeo. La natura ha fatto le cose disuguali e diverse, e questa è la prima fonte delle sue infinite bellezze e del meraviglioso ordine universale. Diverse voci fanno dolci note; Così diversi scanni in nostra vita Rendon dolce armonia tra queste ruote. Ciò però non vuol dire che le voci e le note e gli scanni e l' armonia debbano essere sempre quelli, perchè la m1tura ha fatto le cose varie e disuguali non solo nello spazio, ma anche nel tempo. Per me dunque il socialismo serio, il socialismo pratico, vuol dire miglioramento ed elevamento graduale delle classi lavoratrici e diseredate. A mio modo di vedere, i socialisti da senno, per essere pratici, dovrebbero far convergere tutti i loro sforzi ad ottenere principalmente questi scopi: 1 Noi ci sforzeremo di rispondere in altro numero al chiarissimo nostro collaboratore. Il campo è aperto alla discussione, senza limite. Ma, assai meglio di noi, altri collaboratori risponderanno alla recluta. N. d. D. BibliotecaGino Bianco

LA ·RIVISTA POPOLARE I° Che si stabilisse un massimo per le ore di lavoro, e un minimo per i salarii. Questo scopo è già. determinato nella ~oscienza di tutti quasi i lavoratori. 2° Che si stabilisse o si restringesse, entro angusti limiti, il diritto di eredità. - Io ho lavorato, e col mio lavoro, unito all' intelligenza, ho accumulalo due milioni: è giusto che me li goda. Ma non è giusto che se li goda mio figlio, che non ci ha nessun merito, e che forse senza quella ricchezza potrebbe riuscire più utile a sè e agli altri. A mio figlio potrebbero bastare, per esempio, solo 50 mila lire. Ai collaterali, ai consanguinei, nulla. Quest_o radicale provvedimento ne renderebbe forse necessario un. altro, che limitasse anche il diritto di donazione. . 3° Che della ricchezza che per tale via rifluirebbe allo Stato, questo si servisse per diffundere la piccola proprietà, rendendola, entro certi limiti, inalienabile e non soggetta ad ipoteche nè a sequestro nè a tasse. È superfluo enumerare i benefici di questa riforma: gli operai non si affollerebbero tanto alle città, e tutti troverebbero lavoro, diminuirebbe il vagabondaggio coi vizii e i delitti che ne derivano, le campagne sarebbero meglio popolate e coltivate e rese salubri, la prosperità pubblica crescerebbe insieme colla morale e l'ordine pubblico, e verrebbe forse in onore una maggior semplicità di vita. Io ho letto e sentito parlare sempre di socialismo, e molto ci ho pensato, perchè ogni ideale di giustizia mi attrae e mi riscalda; ma, insomma, mi confesso un socialista ignorante (forse a molti non sembrerò neppure un socialista). Ma un ignorante può talora avere con- . vinzioni profonde quanto un dotto; e le mie sono profonde e sincere. Sarei però gratissimo a lei, e a qualcuno dei suoi illustri collaboratori, se .si compiacessero d'illuminarmi sul valore di queste idee, non certo originali, ma pratiche. E il discuterne sulla Rivista Popolare non mi 'parrebbe inopportuno, perchè se essa è scritta per il populo, nòn deve spaziare sulle nubi dell'utopia, ma mirare a. diffondere fra il popolo buoni semi d' idee sane e concrete. Con altissima stima mi dico Suo devotissimo G. LANZALQNE.

368 LA RIVISTA POPOLARE IL RIBELLE I V. L'umanità s1 svolge: passò il periodo luminoso dell'impero cinese, quello fantastico e poetico dei Veda; giacciono al suolo, testimoni impotenti di una civiltà che fu, gli obeli~chi egiziani, mentre la sfinge silenziosa ascolta il mormorio delle acque del Nilo. E sfolgora grandiosa la corruttela e la potenza di Roma; passano nel nembo di luce e di profumi gli idoli sacri e le divine figure di Nerone ed Eliogagabalo; per le strade ricche di marmi, di oro, di fiori, di luce, passa il trionfo di Messalina: il poeta non può cantare un ribelle, un ribelle che stonerebbe in quell'ambiente effeminato e corrotto, un ribelle che nuocerebbe alla potenza imperiale, poichè presentare il mito di Prometeo o dei Titani all'occhio, a] pensiero del popolo, sarebbe come eccitarlo a1la ribellione, al sangue, alla libertà; e un popolo che s1 solleva è un popolo che vince: ora il popolo deve essere schiavo. E quando alla schiavitlt dei corpi succede la schiavitù degli spiriti, a maggior ragione devono tacere i miti di Prometeo e dei Titani e di Satana: il cristianesimo soffoca tutto ciò; egli non ammette la ribellione, la scienza, il pensiero; no, egli vuole l'amore, la placida quiete, immersa nella pace snervante del dogma: il cristianesimo rimane orientale ed impone l'annegamento del finito nell'infinito, del1' uomo in dio. 1 La forza nello snervamento non esiste, non deve esistere; la forza deve essere annientata; tutto si deve inchinare dinanzi alla figura di Gesù, che è luce, salvezza, scienza; tutto rifuggire con orrore dalla figura di Satana, che è tenebre e morte; in quel1o annegar.;i delle coscienze nelle ebrezze mistiche, nelle contemplazioni ascetiche, dove hanno vita i muscoli? Dove i tendini e le ossa? Dov'è la forza? Tutto, tutto è fiaccato, la ribellione e morta: Prometeo e i Titani dormono, Satana è coperto di obbrobrì e di maledizioni, poichè la ribellione dell'umanità che pensa fu intesa come oltraggio a quel Gesì1 che stava in tutti i cuon e 111 tutti i pensieri. Solamente un'anima sdegnosa che sente e freme, quasi inconscia di quel che fa, getta un urlo di rivolta nella rima della affocata terzina: 1 Vedi fase. VII, anno II. 2 CARDUCCI, Lo svolgime11to della letteratura italiana, c. I. BibliotecaGino Bianco

LA RIVISTA POPOLARE è Capaneo che s1 rivolta nella sabbia ardente . . . Quel grido non è uscito dalla bocca di Dante, rassicuratevi; egli solamente lo riporta, ma sembra uno sfo~o inconscio, subitaneo, di quell'anima fiera. Ma dopo la notte spunta il sole, il bel sole fiammante, app,ç>rtatore di luce e di colori, di profumi e di canti, e la contemplazione del classicismo scuote la scolastica e la cristallizzazione degli animi: ecco l'umanesimo del Quattrocento che fa svaporare l'ascetismo. Il papato è perduto con lo scisma e gli scandali del Concilio di Costanza; dell'impero non se ne parla. Petrarca, l'uomo che tolse il secolo dalle fascie della scolastica, ha adesso il suo pieno meriggio; e Leonzio Pilato e Crisolora introducono la rigorosa corrente del classicismo greco; e Leonardo Bruni e Poggio Bracciolini e Francesco Filelfo risuscitano le geniali fioriture del pensiero latino; dai codici polverosi, nascosti nelle tenebre dei conventi, dei monasteri, sorge una nuova luce; Lorenzo Valla attacca direttamente la Chiesa di Roma: le ombre dei ribelli possono ben risuscitare, perchè il pensiero dell'umanità si è finalmente svincolato dai legami ascetici; esso è tornato libero e ardito, Cecco d'Ascoli ha già salito il rogo, e Lutero tra poco farà meravigliare il mondo bruciando a Wittemberga la bolla pontificia. I diritti del cielo sono abbattuti e sostituiti da quelli della terra; perfino l'arte risente il nuovo e potente alito, e i pittori scancellano il misticismo dalle tele, gli scultori dalle loro plasmazioni: ecco, genia! fioritura, Brunelleschi e Ghiberti, Donatello e Luca della Robbia. E in mezzo a tanto risorgere di vita e di pensieri, in mezzo a tanto rinnovellarsi del pensiero laico rigoglioso e forte, si sveglia Prometeo dal lungo sonno. , VI. E il pnmo risvegliarsi è un esplicarsi di energia incerta e ancora assonnata: le nebbie medioevali non sono ancora sfumate, e Pietro ' Calderon, il celebre spagnuolo, ci :µresenta un Prometeo che troppo risente della tetraggine ascetica, un Prometeo che non è un eroe, perchè non ha ìa forza e la generosità del grande ribelle; bisogna che una novella aura spiri, che un novello fremito di vita corra a destar fiorenti il moto e la forza nella generazione anelante la libertà e la rivoluzione ... In Voltaire noi ritroviamo il nostro eroe quale già lo trovammo nel pensiero di Eschilo; anzi, fatto più ardito, egli sente e predice la grande rigenerazione del genere umano; egli anela allo spezzar di quei vincoli che allora inceppavano, sotto l' orpello dell'oro e dell'altare, gli uomini e i pensieri. E nel poemetto del grande Biblioteca Gino Bianco

3 7 ° LA RIVISTA POPOLARE incredulo è anche esposta la battaglia dei Titani, che, pieni di ardire e di forza, dànno la scalata al cielo, cantando : Courons aux armes Contre ces Dieux cruels, Repandons !es alarmes Dans !es ccenrs immortels l È il Prometeo che ambisce la rivoluzione, che rivendica gli offesi diritti dell'uomo, sono i Titani che combattono l'Olimpo di quegli Dei che Voltaire aveva schernito col suo sorriso: si respira già il soffio della grande rivoluzione. E c'era un poeta che aveva pianto e sofferto, un povero martire della sventura e della sofferenza: dal povero cuore piagato sbocciavano fioriture sanguigne e velenose, nel cervello addolorato passavano visioni ammaliatrici di morte; ma quel poeta scrisse e trasfuse nell'elegia piena di appassionata dispernzione lo strazio dell'anima, scrisse .e nei dolori del giovane Werther dipinse ed incarnò i dolori della sua giovane anima; e quando ebbe così sfogo. la sua passione, alzò il capo, e vide che intorno a sè c'era un'umanità che soffriva, si aòdolorava; sentì che c'era qualche cosa di superiore all'amore, alla disperazione di un'anima; c'erano i dolori degli uomini, dell'umanità inticra, e bella e forte gli sgorgò allora dal cuore una nuova canzone: e fu questa il Prometeo. Grandiosa ed austera spicca nella vasta tela del dramma la figura· dell'eroe; Giove, trascorsi innumerabili secoli, lo vuol liberare, vuole scioglier dai ceppi il Titano incatenato alla rupe, ma l'eroe non si china dinanzi al perdono; egli non conosce umiliazioni, e aspetterà calmo, ribelle indomabile, sulla tagliente roccia l'ora in cui il Dio ' morra. Il Prometeo di Voltaire ambisce la riv~luzione, è l'umanità che solleva il capo e spezza i legami della servitù; il Prometeo di Goethe ambisce la libertà, là libertà sconfinata, amica dell'uomo. È l'ideale, la lena affannosa dell' umanità, tendente desiosa alla luce della gran rivoluzione, che si incarna nel pensiero dei due grandi: ribellione e libertà. E ribellione e libertà verranno, è imminente l'alba del messidoro! Ma al sole di Francia, ridente, gaio, sulla ghigliottina di Marat e di Robespierre, all'inno della vittoria levantesi su dalle t1,ube affannose, lacere, scalze, su al cielo nel tripudio della gioia, m~ntre ondeggiano al vento le bandiere tricolori, succede la reazione e il dispotismo di Metternich; insieme alla libertà sono soffocate le due grandi ombre dei ribelli: Prometeo torna ad ·essere incatenato alla roccia del BibliotecaGinoBianco

. LA RIVISTA POPOLARE suo Caucaso gelido e fosco, Satana ripiomba negli abissi, mentre De Maistre inneggia alla tirannide e si curva ammirato dinanzi al boia, a cui innalza inni servili, e Chateaubriand in mistiche ebrezze canta il paradiso di Cristo, quel paradiso che i filosofi del secolo decimottavo avevano fatto sfumare come nebbia al sorriso del sole ; Pe1lico, diipenticata, la visione incantevole della sua. Italia gloriosa, nella tetraggine dell'ascetismo martorizza la sua povera anima, e alla contemplazione del grande ideale fa succedere il servaggio alla Chiesa di Roma; Alessandro Manzoni, il buon Manzoni, raccomanda la rassegnazione e la pietà, e non predica la lotta, la ribellione, contro quell'invader di tenebre, contro la tirannia dei cuori e delle menti, ma dice : umiliatevi, piegate, il cielo è la vostra patria, le cose terrestri non meritano la vostra cura, la giustizia cercata quaggiù è un sogno. Alla reazione politica succede quella della letteratura, alla tirannia dei corpi quella degli spiriti: le ombre dei due ribelli stanno per morire in un mare di fango. Ma quando il fuoco covante 'sotto la brace di vampa, e giù tra i due mari la fiorente Sicilia rinnovella l'epopea dei Vespri, e nell' ultimo canto e nell'ultimo singulto, piega il capo tra il sangue degli uccisi e la forza delle baionette reazioniarie, il segnale del grande risorgimento è dato; cadrà più tardi in Francia il dispotismo di Carlo X, e nelle ,Romagne e a Modena e nelle Marche e nell'Umbria si desteranno i moti rivoluzionari: Prometeo e Satana possono ben risorgere nella poesia, in quella poesia che conta tra i suoi seguaci fiori di artisti e di eroi - Byron, che in olocausto alla dea Libertà procomberà nella lotta per l'indipendenza greca, Béranger e Shelley, Michievicz e Korner e Petofi, l'eroe del verso e della pugna. E Giorgio Byron, il genio che Southey paragonava a Satana, innalza alla ribelJione il suo canto, estrinseca nell'inno ardito quell'intimo sentimento di rivolta e di sdegno che gli agitava l'animo fremente. ( Continua) ALFREDO NICEFORO. CRISTOALLAFESTADI PURIM Leggemmo negl~ ultimi del" maggio un articolo del signor V. Pennetti nella Tavola Rotonda in cui si parla delle scene bibliche di Bovio, che l'intolleranza critica e censura aspramente, e che il libero pensiero applaude con entusiasmo . •

372 LA RIVISTA POPOLARE Cristo non s1 vede nella sua gran figura tra le penombre dei grigi chiostri, nè si sente nelle lunghe note gregoriane, negli atti di propaganda fede, negli spropositi delle gazzette guelfe. Lasciate che passi, dice lo scrittore, per le sue terre libero e grande, pallido e pensoso, e gli si din per fondo il paes~ggio morelliano, che il pittore intuì dalla Bibbia. Lasciate che s'avanzi su per le scene. Da Schleiermacher a Renan tutti i grandi critici biblici hanno umanizzata la sua grande figura. Nessuno, quanto Bovio, l'avea mai interrogata con mezzi sì semplici, gittandola fra il cozzo di tutte le dottrine del mondo antico, e servendosi d'una forma artistica sì rappresentativa come la drammatica. Il Cristo dello Strauss è troppo freddo e troppo filosoficamente cristiano. Il Cristo di Renan, delineato nella stupenda Vita, è una simpaticissima romantica figura; ma ad essa manca l'acuta critica dello Strauss. Pit1 nuovo, più vero è questo Gesù alla festa di Purim. Piì1 nuova, pit1 vera è pure la figura di Giuda di Cheriot che rappresenta l'idea giudaica, la quale voleva per sè « il solco, il seme, la spiga e il diritto » • Maria di Magdala è la fede cieca che crede e non tentenna. E tutti questi tipi, descritti in modo sì elevato e conciso, tutta questa rapida sintetica riproduzione del mondo antico ha avuto meritamente un successo immenso. Chi voglia cercare la vera ragione dell'aspra guerra di certe gazzette clericali, legga le profonde scene scritte dal Bovio. Vi troverà che Giuda di Cheriot dice a Maria cli Magdala: « ••• Il di qua sarà distrutto per noi. Se lo terranno i trafficatori del nome suo. Il venditore di Cristo non sono io: verrà I » Così, incirca, malamente riassunto da noi, è l'articolo del signor Pennetti, al quale Giovanni Bovio ha testè risposto nello stesso periodico con la seguente lettera: Egregio amico, Tra le critiche cortesi e le tiepide invettive clze accompagnano questo Cristo, a nze pareva unica risposta degna la pubblicazione delle altre parti della trilogia. E da questo proposito non recedo. Voglio notare soltanto due cose: se non avessi diclziarato zo stesso, nella prefazione alla prùna edizione, che io parlava BibliotecaGino Bianco

. LA RIVISTA POPOLARE 373 del Cristo uomo, nessuno., e il prete meno di tutti, se ne sarebbe accorto; questa è la prima, e l'altra è che la critica doveva indagare la ragione recondita onde il pubblico accoglie nell'anima questa favilla e la cresce in fiamma. Ma gli avve1·sari hanno voluto parlare a me di lingua, di stile,. di arte, che essi conoscono come Calandrinu conosceva Talete! Il monsignor tale, il teologo e professore tal altro e gl' incliti parrocchetti che predicano contro me alle femminette in cento chiese, mettendo il piede fuori della dom1natica e civettando di altre cose, si chiariscpno cattolicamente conservatori e grammaticalmente anarchici. Vogliono bene a Cristo? Lo lascino in croce: è così grande che non chiede la loro difesa. Nel difenderlo è il sacrilegio. Grazie, frattanto, del vostro articolo, ed una stretta di mano. Vostro GIOVANNI Bov10. L'onorevole Bovio si è già recato a Firenze per dare lettura alla compagnia Zaccone del suo San Paolo. Y. GLISCRITTDI I CARLOCATTANEO 1 Bisogna leggere queste pagme d'oro, leggerle con tutta la volontà e la passione: fanno ricordare e pensare, ammoniscono e educano. E di educazione v' ha gran bisogno in mezzo alle presenti generazioni, che, se debbono abbattere, debbono pur costruire un edificio sociale degno della patria che i precursori sapienti, senza egoismo e senza paura, adorarono fra gli studii e le prodezze. Negli Scritti e n~ll' Epistolario si rivela più ancora la grande e l CARLO CATTANEO, Scritti politici ed epistolario, pubblicati da Gabriele Rosa e Jessie Whitc Mario, voi. ii 0 (Firenze, Barbèra, 1894). BibliotecaGinoBianco

374 LA RIVISTA POPOLARE pura coscienza dell'antico repubblicano. Si rivela il forte e potente intelletto suo, la sua bramosa ricerca del vero, la sua rettitudine, la sua fierezza e insieme la sua modestia. Lo chiamano a' sommi onori, ed egli risponde che accetta l'invi lo della patria solo nei giorni del pericolo e della battaglia. Scrive al Restelli nel '49: « •.• Per natura rifuggo da ogni posizione troppo cospicua, dove le transazioni sono inevitabili, eccetto un momento di assoluta necessità, come furono i cinque giorni di marzo. Io posso farmi utile alla causa quando mi si lasci lavorare nel mio angolo e a modo mio . . . ». Chiamato a Roma, pure nel '49, perchè accettasse il posto di ministro delle finanze, risponde che non ne sa di tale materia, e ricusa, mentre nel Politecnico aveva dimostralo a chiare note quanto egli sapesse e di finanza e di economia e di amministrazione in genere. Eletto deputato, risponde che male starebbe nell'ufficio suo, alla Camera,• contro centinaia di individui che in tutto non avrebbero pensato come lui. Egli si estolleva dalle bassezze di ieri e di oggi; l'altero capo ergeva sulle mediocri teste della folla che segue e serve. E, insieme a tanta modestia, aveva costante e potentissimo il senso della libertà. Cotesti uomini che han formalo cotesto Governo, ora rig_ido, ora fiacco, perfido sempre, il quale ha accumulato l' edificio materiale e barocco della presente unità, mossero guerra iniqua al federalista. Fra lui e Mazzini poteva benissimo esser maggiore la concordia, esser più grande .l'amore, dissi patì gli equivoci. Nell' articolo di Mazzini, intitolato Dell'unità italiana, sembra che spiri il concetto di Cattaneo nella sua integrità, almeno in gran parte; salvo il pensiero nazionale, si descrive in quell'articolo il disegno di una federazione, non solo amministrativa, de' Comuni italiani. Questa d'oggi non è unità: è accentramento greve, mostruoso, funesto alla vita della nazione, dannata così ad un' anchilosi cronica. Forse, se si p~tesse tornare addietro, forse si farebbe gran parte, anche dai più rigidi e austeri unitari repubblicani, al concetto che moveva l'anima retta e fiera di Carlo Cattaneo. L'esperienza ci ammonisce ogni dì: ogni dì si vede quanto la nazione soffra mercè questo accentrar tutta la direzione della cosa publi_ca nelle mani di chi cerca e vede solo il potere, nè si cura dei mali e dei danni che le provincie, specialmente le lontane, soffrono. E allora quel suo grido continuo, quelle sue lettere al Bertani e agli amici tutti, ove egli scrive sempre quanto sia necessario fondare e organizzare la. libertà, e come sia fatale un' irrazionale fusione. BibliotecaGino Bianco

LA RIVISTA POPOLARE 375 Quindi l'aborrimento suo da certi rigidi concetti di piemontesi che guardavano ben più alla saldezza della monarchia che al bene della patria. E le parole di ripugnanza e di schifo, pensando alla dedizione, o, meglio, al tradimento di Milano; la condanna dell'azione negativa e nefasta di Carlo Alberto; i rirn.proveri pit1 che giusti alle fazioni moderate piemoi1tesi, che si vendicarono di lui bassamente, giungendo perfino a trattarlo peggio di quello che l'Austria aveva fatto rovinando la sua modesta casa e l'orto paterno, e togliendo a lui, che viveva di lavoro, molti::;simi abbonamenti al suo Politecnico. Egli, amando più ancora la patria, si vendicò; si vendicò con nobili e generosi sdegni, con altissimi sensi; si vendica ora, l' immortal pensatore, lasciando ai presenti e ai posteri in questi Scritti sublimi una ricca miniera di pensieri belli, grandi, potenti, fecondi, che dalle miserie passate e presenti ci elevano nei cieli della scienza e dell'amore, e sono' viva e vera espressione delle più alte idee civili. FEDE I Passano gli evi. Supplicanti in vano a i templi ancor le pie donne conduce, terrifico mistero, il dio cristiano,- morta è l'antica luce. Non più il coro del popolo superbo de l'umana eguaglianza in faccz'a a Dio prega e canta, laudando, il mite verbo cui giovinetto anch'io cantava a i cenni de la madre. Lenta in dolce atto chinava il bianco viso la Vergine,· ne l'ombra sonnolenta il suo divin sorriso A. F. 1 Ci si è fatto talora rimprovero di non accogliere scritti di giovani. Il rimprovero è ingiusto, ed ecc~ne la ~rova. Questa poesia è di uno de' più distinti studenti del Liceo di Bologna, che poniamo ben volontieri fra i nostri collaboratori. Invitiamo anzi i giovani a scrivere di argomenti serii, in bella forma. Pubblicheremo sempre i loro scritti, a preferenza 0 di altri. Ma non ci mandino solo delle promesse. (N. d. D.) } jno Bf'atl · r , •

376 LA RIVISTA POPOLAR E radiava e come un'armonia leggera, come sospiro d' anùne affannate, a le vòlte saliva attediate de la chiostra severa. Ma non udiva il dio. Ne l'agitante vita ond' è triste il secol moribondo ei non sostenta i miseri; le sante preci del vecchio 1nondo non esaudisce, e la giustizia in terra nega a l'umana gente ~ngiovanita, nè più conforta a la perenne guerra ond' è santa la vita. Tutto s'innova. E i supplicanti ancora con niuta fede a' rinnovati altari /ere già il raggio de la nova aurora alta sui nostri niari. Salgono gl' inni de la nova prole a l'umana alleanza ed al lavoro. Cantano: << Sorgi, o folgorante sole, sovra le messi d'oro, sovra le plebi libere; sorridi a' trionfi dell'arte, a la speranza de la pace perenne in tutti i lidi, a la santa eguaglianza. » È sogno? E forse inutili morremo? Forse eterna nel mondo è la nequizia? Triste l'ora del dubbio. E non vedremo il dì de la giustizia ? Pur, come gli occhi del morente in guerra estranea cercan des·iando il sole e l'aura e i campi de la patria terra, . e mistiche parole a lui membrano il dì che l'infantile mano tendeva lieto a la carezza materna, o prometteagli una gentile vita la giovinezza; BibliotecaGir10Bianco

LA RIVISTA POPOLARE così noi chiederemo avidamente il raggio de. la fede al non domato spirto e sarà promessa che non mente di un mondo rinnovato. Aht~ ma quanti anzi tempo ai cimiteri /uggtr posando il capo infastidito de li eterni insolubili misteri: Bologna, giugno '94. l'istante e l' in.finito! P10 SCHINE_TTI. MOV!MENTOPOLITICO-SOCIALE 377 Proteste per l'assassinio di Carnot. - Il senso d'orrore per l'assassinio di Carnot è stato universalé in tutta Italia. Anche gli stessi avversari della Repubblica francese, quelli che ne temono il solo nome, o quelli che ne biasimano gli errori e le colpe, e la vorrebbero migliore assai per i progressi della comune civiltà, protestarono concordi con tutta l'anima contro tanto misfatto. Anche coloro che vedevano in Carnot una figura rigida e inflessibile, non attenuano per ciò i loro sdegni e le loro proteste. Ov'è luce di libertà, ove l'assolutismo non impera, ove il diritto ha altre vie per vincere, ove il suffragio è nelle mani del popolo stesso, la vendetta è una sola: opporre alla coscienza altrui la propria, usare apertamente del proprio diritto, e, se questo sia conteso, lottare, in caso, con la nobile audacia di Desmoulins o di Danton, non mai con l' arme del sicario. La democrazia, e qualsiasi partito che viva nel suo seno, sia forte e ardita sempre, ma sempre onesta, se cerchi la vittoria, se voglia , che i più ne accolgano un dì, fidenti, i~ verbo. · Il Circo!tJ Mazzini di Roma e 1noltissimealtre associazioni, repubblicane o socialiste, in Rolf~a e nelle provincie, hanno esposto le proprie bandiere in lutto. 81 lioteca Gino Bianco

LA RIVISTA POPOLARE Chi ha lacerato il petto di Carnot ha fatto sanguinare anche il petto di due nazioni. Esse risponderanno alla cruenta provoca~ione, non cerrando vendette e rappresaglie ignobili, ma risuggellando l'intima alleanza che già indissolubilmente le stringe. E il misfatto è stato atroce quanto inutile e dannoso. Il nuovo presidente è già eletto. E gli effetti del delitto sono e saranno funesti alla libertà. Perier, caduto per la questione dei sindacati, risorge, e, con esso, la reazione dei conservatori: le pubbliche libertà dimezzate: i poveri operai italiani, sfuggiti al saccheggio e alla morte, ritornano in patria, cioè nella mzserza. * * * ' La vittoria della democrazia 1nilanese. E un avviso, ed è un avviso solenne. È un inizio non lieve. Anche un manipolo solo di repubblicani vittoriosi, nelle lotte amministrative in un centro sì importante, fra i privilegi e i pregiudizi attuali, prelude a ben maggiori vittorie per il domani. I nemici ne sono tuttora sorpresi, e,· dirò, quasi impauriti. La parte repubblicana deve ridestarsi, marciare e lottare. Questo esempio è uno splendore. Noi ce ne congratuliamo cogli amici milanesi. * * * Agitazioni in Italia.~ - Contro la proroga inattesa delle elezioni amministrative sorgono dovunque proteste. In talune città è lo stesso Consiglio comunale che condanna l'arbitrio governativo suggerito dalla paura. Le agitazioni per i condannati si ripetono qua e l_à; e così pure per protestare contro la volgare ingiuria lanciata dal Crispi a De Felice. L'ambiente è acceso. V'hanno pure agitazioni contro la Camera 1 per l'aumentò della tassa sul sale. Il Comitato permanente del Congresso dei sindaci ha protestato contro il Governo che buffonescamente, nella pérsona dell' on. Crispi, accolse la Commissione dell'ultimo Congresso, promise, e . . . mantenne i provvedimenti finanziari tali quali li aveva presentati, rispetto a quanto graverà sui Comuni. BibliotecaGino Bjanco

. LA RIVISTA POPOLARE * * * 379 Le condizioni economie/te della Sicilia. - Si annunziano nuovi scioperi di zolfatarL Il malcontento serpeggia vieppiti ogni- giorno nel1' isola. Le zolfare si chiudono: 100,000 zolfatari, colle rispettive famiglie, sono minacciati d·alla fame. La situazione è terribile. E il generale Morra va a visitare qua e là, inviso vagabondo, i monumenti e le fortezze. Anche la cns1 agrumaria e la frumentaria si fanno più acute; così pure l'enologica. E la miseria è generale, mentre i signori che padroneggiano al Governo non hanno che una sola soluzione dei gravissimi problemi economici: lo stato d'assedio con il codazzo delle sue stragi e delle sue iniquità. * * * Congresso repubblicano a Forl2. - Ricevemmo una circolare dalla direzione della Consociazione romagnola che ci comunica l'ordine del giorno per il Congresso regionale delle Società repubblicane, per il 24 del mese corrente. Nell'ordine del giorno si accenna a riforme nell'ordinamento della Consociazione - al progetto di un periodico repubblicano regionale - a provvedimenti per ricostituire il partito - alla co,ndotta da osservarsi dal partito stesso rispetto ai pubblici poteri e a' suoi rapporti coi partiti affini. * * * Conferenze repubbli'cane e socialiste. - Dario Papa a Milano tenne il I 7 corr. un'applauditissima conferenza sulle elezioni amministrative, che fu degno preludio della gran vittoria. - Edoardo De Amicis, pure il I 7, parlò acclamato ai ferrovieri, a Torino, dimostrando il dovere di partecipare alla vita civile della nazione, e accennando ai progressi ~ell' idea sociale. - Guglielmo Ferrero, il 24, pure a Torino, dimostrò in una conferenza la necessità di un governo popolare. * * * Il- progetto del diritto al lavoro. - Il progetto ·sottoposto testè al referendum del popolo svizzero e respinto con 293,000 voti contro 75,000 era così concepito: I « Il diritto al lavòro sufficìentemente retribuito ·è riconosciuto a ciascun cittadino svizzero. La legislazione federale, quella dei cantoni e dei comuni devono rendere questo diritto effettivo con· tutti i mezzi possibili ». BiblìotecàGino Bianco

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