La Rivista Popolare - anno II - n. 11 - 15 giugno 1894

LA RIVISTA POPOLARE Egli soffriva, come eretico alla tortura, vedendo tanti cenc1os1 agitarsi per le vie di Londra fra tante ricchezze. Qua i banchetti luculliani in pala1:zi principeschi, là la fame e la sete in tane buie e fredde. Egli ascoltò per l'aria triste i fremiti, i pianti, le grida delle vittime, i soffocati appelli alla giustizia. Quella folla oscura cercava e cerca avidamente il posto che la società avara deve farle domani. Il grido di Huss si rinnova in mille forme. Mutati ogni ora a capriccio i sistemi, il grido è sempre uno, una è sempre la 1neta. Quella folla gemente, uscita dalle oscure valli della povertà, ove nessuno la n1irava mai, si fa innanzi, chiede lavoro, chiede giustizia. Il poeta la segue con l'anima melanconicamente innamorata, n1a si arresta innanzi alle porte della politica e del socialisn10 : Hood non volle chiudersi entro i confini di un par'tito. Ed ecco Bamford ed Elliot: nelle loro poesie il povero si trasfonna in milite della parte radicale, del socialismo o del cartismo. I radicali volevano conciliar le classi e toglier fra loro ogni differenza e dissidio : i cartisti le volevano sopprimere, e dove era l' intervallo talora scavavano un abisso. Ma gli uni e gli altri tendevano concordi ad una società senza gerarchia. Il povero cantato da questi due poeti non è più il servo rassegnato che piange, n1a il forte e altero che si caccia nelle 1nischie politiche, o cospira nei santuari abband_onati, o dà convegno a' propri fratelli nelle lande, o parla ad alta voce, ascolta discorsi, legge articoli, canta inni. Egli acquista importanza: anche, o meglio anzi, perseguitato e temuto, arrestato e condannato. Egli continua la via. I poeti gli insegnano il culto della libertà e gli ricordano le angoscie della faine, ma più non lo avviliscono. Non più il pezzente, ma il cittadino, essi cantano. *

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