322 LA RIVISTA POPOLARE e dei diritti u1nani, che rendono ad esso tanto più intollerabile la sua presente miseria. È superfluo avvertire che il n1oderno proletariato agricolo è la più grave minaccia alla sicurezza della attuale società. E si può aggiungere che questa società può sperare la sua salvezza e tranquillità soltanto da una classe agiata di contadini, soddisfatti del loro stato. È un afo- . risma orn1ai vecchio che le rivoluzioni non si fanno o almeno non hanno probabilità di successo, se non sono appoggiate dalle popolazioni delle campagne. Ma non sono i soli contadini che strillano. Strillano ancora, e non meno forte, i piccoli proprietari, quelli che efficacemente sono stati chia1nati proprietari indigenti; tormentati dal fisco con le sue cento braccia~ •vinti dalle concorrenze straniere, sopraccarichi di debiti, minacciati perennemente dalla subasta, è dubbio se la loro condizione sia migliore di quella dei contadini giornalieri. Credo sia assai dannosa la sparizione della piccola proprietà coltivatrice; ma, pur troppo, nella organizzazione attuale della società, questo è il suo fato. Nella piccola proprietà, il lavoro e la proprietà individuale sono effettivan1ente collegate; il vero lavoratore è anche effettivo proprietario degli strun1enti di produzione e del prodotto ottenuto. È il rapporto economico meglio rispondente ai bisogni, agli istinti, ai desiderì dell'uomo. Orbene, questa classe di piccoli possidenti, che sarebbe necessario mantenere, rafforzare, moltiplicare, perchè potesse servire, come diceva il De Laveleye, quasi di parafulmine per allontanare dalla società pericoli, che altrimenti potrebbero condurre a catastrofi violente, - questa classe di piccoli possidenti noi invece la lasciamo sparire. E sollecitian10 coi nostri atti il momento, in cui da una BibliotecaGino Bianco
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