·LARIVISTAPOPOLARE POLITICA- ECONOMIC- ASCIENTIFIC-ALETTERARI-AARTISTICA ANNO II. 15 Giugno 1894 LA RIFORMAAGRARIA ALLA CAMERA ITALIANA FASC. XI. Non la violenza dal basso, ma l'esperienza dei pericoli che minacciano i capitali nel sistema della concorrenza capitalistica, guadagnerà gli odierni possidenti alla causa delle riforme storicamente mature. SCHAFFLE. Un nuovo, alto, insistente grido di dolore si leva da ogni parte delle campagne italiane; ma, pur troppo, non c' è chi lo ascolti e si faccia vindice degli oppressi. Strillano i miseri contadini, affamati, logori dagli stenti, dalle fatiche e dai n1alanni, sprovvisti di lavoro, che invano implorano nella loro patria, e che vanno, invece, raminghi, spesso reietti, ad offrire in estranie contrade. Non è punto esagerazione rettorica affern1are che i contadini giornalieri stavano meglio nella antichità e nel medio evo, quando erano servi della gleba. Erano, anche allora, oppressi e soggetti alla autorità prepotente del sign.ore; ma erano almeno s_icuridi trovar sempre nella casa padronale assistenza, protezione e tanto da sfamarsi e vivere. Ora i contadini sono liberi, ma che razza di libertà· è cotesta? La libertà di morire di fame ! In una sola cosa il proletario n1oderno è superiore ai suoi antichi compagni di sventura: nella acquisita coscienza della dignità umana Biblioteca Gino Bianco
322 LA RIVISTA POPOLARE e dei diritti u1nani, che rendono ad esso tanto più intollerabile la sua presente miseria. È superfluo avvertire che il n1oderno proletariato agricolo è la più grave minaccia alla sicurezza della attuale società. E si può aggiungere che questa società può sperare la sua salvezza e tranquillità soltanto da una classe agiata di contadini, soddisfatti del loro stato. È un afo- . risma orn1ai vecchio che le rivoluzioni non si fanno o almeno non hanno probabilità di successo, se non sono appoggiate dalle popolazioni delle campagne. Ma non sono i soli contadini che strillano. Strillano ancora, e non meno forte, i piccoli proprietari, quelli che efficacemente sono stati chia1nati proprietari indigenti; tormentati dal fisco con le sue cento braccia~ •vinti dalle concorrenze straniere, sopraccarichi di debiti, minacciati perennemente dalla subasta, è dubbio se la loro condizione sia migliore di quella dei contadini giornalieri. Credo sia assai dannosa la sparizione della piccola proprietà coltivatrice; ma, pur troppo, nella organizzazione attuale della società, questo è il suo fato. Nella piccola proprietà, il lavoro e la proprietà individuale sono effettivan1ente collegate; il vero lavoratore è anche effettivo proprietario degli strun1enti di produzione e del prodotto ottenuto. È il rapporto economico meglio rispondente ai bisogni, agli istinti, ai desiderì dell'uomo. Orbene, questa classe di piccoli possidenti, che sarebbe necessario mantenere, rafforzare, moltiplicare, perchè potesse servire, come diceva il De Laveleye, quasi di parafulmine per allontanare dalla società pericoli, che altrimenti potrebbero condurre a catastrofi violente, - questa classe di piccoli possidenti noi invece la lasciamo sparire. E sollecitian10 coi nostri atti il momento, in cui da una BibliotecaGino Bianco
LA RIVISTA POPOLARE parte staranno alcuni pochi grandissi1ni propretari e dal1 'altra tutto il resto degli uomini, ridotti alla assoluta indigenza. Quella sarà l'ora estrema della attuale società e del suo ordinamento economico. Bisogna, dunque, provvedere e sollecitamente, se non si vuole essere colpiti sul terreno economico da grandi catastrofi. I moti di Sicilia sono stati un salutare avvertimento. Molti, che prima negavano l'esistenza di una questione sociale in Italia, ora hanno aperto gli occhi. Intenderanno il significato di quelle somn1osse coloro che sono alla direzione dello Stato? E saranno al caso di provvedere? E cosa fanno ora, mentre nuove proteste· vengono di là, e s' odono già le ~esolanti minaccie del1a fame? Cosa fanno, fuorchè reprimere severissimamente?' Quali provvedimenti sociali studiano? Noi confessiamo di avere in ciò ben poca speranza; co1ne non abbiamo alcuna fiducia nel Governo e nel Parlan1ento. I quali, evidentemente, vivono in un ambiente, al di fuori della vita vera del paese; e il paese, divenuto ormai scettico, guarda con indifferenza e con disprezzo quanto si agita in quel microcosmo; la fiducia nelle isti- _tuzioni parlamentari svanisce. Il pubblico è ormai persuaso di assistere ad una più o meno interessante commedia. * * * Se il Parlamento è una mala bestia, ciò non vuol dire che in esso non si trovino dei boni viri, i quali, con intelligenza ed a1nore, si occupano delle nostre popolazioni e cercano di. provvedere ad esse, tanto per l' interesse e la simpatia che le disgrazie di quegli infelici inspirano, quanto per allontanare dalla società gravi tempeste, che su di essa si addensano. E sono, quindi, maggiormente B•bliotecaGino Bianco I
LA RIVISTA POPOLARE da lodare gli onorevoli deputati Rinaldi, Tittoni, Guelpa, Pandolfi ed altri, che, a più riprese, non lasciandosi spaventare dalle indifferenze, dalle ironie e dalla disattenzione dei colleghi, fiduciosi nella bontà della loro causa, osarono portare alla Camera, ciascuno per conto proprio, diverse proposte, tendenti a migliorare le condizioni dei proletari . agricoli, e a ridare allo Stato la pace e la tranquillità. Per oggi, mi limiterò a riferire le linee principali del disegno di legge sui Provvedimenti agrari, presentato dall'on. Antonio Rinaldi, riservandomi di tornare a parlare più minutamente di questo e di altri progetti di legge che stanno dinanzi al Parlamento. Il progetto dell' on. Rinaldi ha tre scopi principalmente: ricostituire la proprietà collettiva in ciascun comune del Regno, colonizzare le terre non necessarie ai bisogni delle classi povere locali, bonificare le terre malsane. Il dominio collettivo, di uso esclusivo delle classi povere campagnole, si dovrebbe formare di tutti i beni rustici appartenenti ai Con1uni, alle Opere pie, allo Stato, e delle terre che i privati spontaneamente dichiarassero di voler concedere alla Associazione agricola del Co1nune, costituita in ente morale, e della quale entrerebbero a far parte i poveri del Comune. Questo patrimonio collettivo verrebbe attribuito alla Associazione e non indiYidualmente ai co1nponenti di essa. L'assegnazione delle terre dovrebbe essere temporanea, per u~ tempo non eccedente i 1 2 anni, e alla scadenza del turno, si dovrebbe fare un nuovo sorteggio e una nuova ripartizione delle terre. · Ogni socio ha il diritto di migliorate la quota toccatagli in godimento, con piantagioni, costruzioni e opere, dichiarate preventivamente al Consiglio am1ninistrativo della Associazione e da esso approvate. Allo scadere del BibliotecaGino Biànco
LA RIVISTA POPOLARE turno e, quindi, al nuovo sorteggio, il socio ha diritto al rimborso, dovuto dalla Associazione, del 1neno tra lo speso e il migliorato. Non essendovi somma disponibile, il Consiglio an1ministrativo può imporre a tutti gli associati una tassa per eseguire il pagamento. Ovvero anche lo stesso Consiglio può consentire che, nella nuova ripartizione del godimento, la quota aumentata di valore rimanga allo stesso autore dei miglioramenti, per il suo valore originario, ossia senza tener conto, nello stabilire il canone che ciascun associato deve pagare, del maggior valore acquisito dalla quota per i n1iglioran1enti fattivi. A provvedere alle spese necessarie al dominio collettivo, per il primo anno della sua costituzione, si dovrà distaccare dalla massa delle terre riunite insieme, prima della loro assegnazione, una zona che possa rappresentare il capit.ale necessario per la coltivazione del prin10 anno, secondo la qualità del suolo. Questa zona di terra dovrà vendersi; e la son1ma ricavatane sarà ripartita fra i coltivatori, secondo i bisogni della coltivazione ed a misura che progrediscono i lavori. Queste somme, ricevute in anticipazione da ciascun coltivatore, debbono restituirsi alla cassa sociale senza interesse, per impiegarsi successivamente con le stesse norme nelle ulteriori possibili antici- . . paz1on1. I poveri chiamati a far parte della Associazione sono tutti i cittadini n1aggiori di età o minori emancipati, qualunque mestiere essi esercitino, e che non abbiano alcun reddito · mobiliare ed imn10biliare superi ore a lire 5 o o. La preferenza Ìlell' am1nissione, qualora non vi siano terre sufficienti, è determinata sempre dalla maggior povertà; ' a parità di condizioni, dal numero dei figli, e, in ultimo, dalla sorte. A ciascun contadino associato dovrà essere assegnata . . , B}blioteca Gino Bianco }
LA RIVISTA POPOLARE una quota di un valore capitale di lire cinquecento, netta dal tributo fondiario. Venian10 alla colonizzazione. Soddisfatti i bisogni della classe povera in ogni Co1nune, i beni patrimoniali delle Opere e dello Stato, che risultassero non assegnati, verranno destinati alla colonizzazione in favore di tutti i poveri del Regno, purchè dichiarino di coltivarli o dirigere personaln1ente la coltura. La concessione sarà fatta, quando la quantità di terre disponibili sia sufficiente a costituire un'altra Associazione, che si chiamerà colonia agricola. Essa si regolerà con le norme indicate per l'Associazione agricola. E così arriviamo alle terre da bonificarsi. Si dichiara obbligatorio i 1 bonificamento agrario delle terre malsane. I proprietari debbono fare le proposte di miglioramento; se non le fanno, vengono redatte d'ufficio. Se il proprietario non accetta di eseguire i n1igliora1nenti prescritti o non li cominci nel termine prescritto, sono ammessi i privati capitalisti o le Società costituite ad acquistare le terre in questione, pagando un canone in ragione del 5 % del valore dei beni, secondo il loro stato prima del bonificamento, e, naturahnente, obbligandosi ad eseguire i miglioramenti. Il proprietario potrà pretendere, in luogo del canone, una quantità di terreno bonificato, corrispondente al capitale del canone stesso. Queste sono le linee essenziali del progetto Rinaldi. Ho tralasçiato infiniti particolari che l'onorevole deputato, profondo conoscitore della materia, ha avuto cura d' introdurvi, perchè la legge riuscisse in ogni sua parte completa. Io vorrei farvi qualche osservazione, 1na ormai l 'articolo è abbastanza lungo; ripeto che vi ritornerò sopra quanto prima. Biblioteca Gino Bianco
LA RIVISTA POPOLARE È per rne una vera soddisfazione vedere sostenute dal1' on. Rinaldi idee che da 1nolto tempo anch'io sostengo, e che presto o tardi dovranno finire per essere accolte. L'on. Crispi, nella recente discussione del bilancio del1' interno, rispondendo all'on. L. Ferrari, che accennò, anche lui, alla necessità di costituire Associazioni rurali cooperative del tipo sopra indicato, diceva incirca che simili riforme agrarie sono incompatibili con la monarchia. Quelle espressioni, in caso, sarebbero una prova che gli uon1ini, i quali dirigono lo Stato, non intendono il • significato delle proposte del genere di quelle dell' on. Rinaldi. Perchè esse, invece, sono il risultato di un esame conscienzioso della questione sociale nelle campagne, e tendono precisamente ad evitare perturbamenti, nei quali anche una monarchia che per ventura avesse tradizioni e intenti popolari, difficilmente potrebbe consolidarsi. Roma, giugno. ALBERTO CENCELLI • .I POETIDEI POVERI I II. Il poeta dei poveri non è colui che canta i loro dolori una o due volte all'anno, o in qualche numero unico. L'opera sua è intimamente collegata colle agitazioni popolari e con tutte le sventure e le lotte aperte o segrete di chi nell'oscurità soffre e geme. t Continuazione e fine, vedi numero prec~dente. Biblioteca Gino Bianco
LA RIVISTA POPOLARE La poesia dei poveri si appalesa in forma 1norale e filosofica prin1a d'essere politica; essa è serena e mite prima di scendere sulle pubbliche piazze agitando gli animi. Crabbe, ad esempio, non discese nel mondo della realtà sociale. Il povero di Crabbe non s' imn1ischia in cose politiche, è modesto e tranquillo, piange sui propri mali e muore in silenzio. Egli tende la 1nano umiln1ente, n1a però si 1nostra. Non attribuisce ai ricchi la propria n1iseria, 111a però rivela il proprio orrido stato. Non è ancora nulla nelle leggi, nulla nella società, ma ha già un posto nella letteratura. E la poesia dei poveri continuò il suo ca1n1nino. La povertà cominciò a sentii-e la grande forza di cui dispone: ella scese all'aperto, nè più n1endicò, Le sue grida e i suoi canti non furono ognora rivoluzionari, ma ella non fu più la rassegnata un1ile e taciturna. . L'artista aveva fatto una statua bella, 111afredda e inanimata; la statua discese dal piedistallo e assunse vita e gagliardia. Ed ecco gli strazianti lamenti e le eloquenti canzoni di Hood. Non tutti i poveri allora furon ribelli e fieri, ma tutti per lo n1eno si diedero alle agitazioni per i loro diritti. La n1iseria non fu più per essi la dura fatalità inesorabile. Non 111 inacciaronsi i ricchi, ma severa1ne1Ìte accusaronsi coloro che si eran fatti tiranni del lavoro e arbitri della vita dei poveri. Non odio fra le classi, ma odio all'egoismo di chi sovra le classi o nelle classi forma la casta degli spoglia tori. L'esercito dei proletari è una temibile potenza quando e·ssa è organizzata: Hood difese la causa di quell'esercito disperso come si difende la causa dei vinti. Nella rotta del cartismo, egli portò parole di pace e di amore, e prese a proteggere i caduti, i feriti, i reietti, a vendicare le ol- . traggiate mernorie dei morti. BibliotecaGino Bianco
LA RIVISTA POPOLARE Egli soffriva, come eretico alla tortura, vedendo tanti cenc1os1 agitarsi per le vie di Londra fra tante ricchezze. Qua i banchetti luculliani in pala1:zi principeschi, là la fame e la sete in tane buie e fredde. Egli ascoltò per l'aria triste i fremiti, i pianti, le grida delle vittime, i soffocati appelli alla giustizia. Quella folla oscura cercava e cerca avidamente il posto che la società avara deve farle domani. Il grido di Huss si rinnova in mille forme. Mutati ogni ora a capriccio i sistemi, il grido è sempre uno, una è sempre la 1neta. Quella folla gemente, uscita dalle oscure valli della povertà, ove nessuno la n1irava mai, si fa innanzi, chiede lavoro, chiede giustizia. Il poeta la segue con l'anima melanconicamente innamorata, n1a si arresta innanzi alle porte della politica e del socialisn10 : Hood non volle chiudersi entro i confini di un par'tito. Ed ecco Bamford ed Elliot: nelle loro poesie il povero si trasfonna in milite della parte radicale, del socialismo o del cartismo. I radicali volevano conciliar le classi e toglier fra loro ogni differenza e dissidio : i cartisti le volevano sopprimere, e dove era l' intervallo talora scavavano un abisso. Ma gli uni e gli altri tendevano concordi ad una società senza gerarchia. Il povero cantato da questi due poeti non è più il servo rassegnato che piange, n1a il forte e altero che si caccia nelle 1nischie politiche, o cospira nei santuari abband_onati, o dà convegno a' propri fratelli nelle lande, o parla ad alta voce, ascolta discorsi, legge articoli, canta inni. Egli acquista importanza: anche, o meglio anzi, perseguitato e temuto, arrestato e condannato. Egli continua la via. I poeti gli insegnano il culto della libertà e gli ricordano le angoscie della faine, ma più non lo avviliscono. Non più il pezzente, ma il cittadino, essi cantano. *
33° LA RIVISTA POPOLARE Ed egli pensa alle glorie degli avi, dei baroni di re Giovanni, degli eroi della repubblica, dei martiri della libertà. Il francheggiamento del povero non ha più nulla di servile. Egli canta l' inno dell'unione, egli invoca la grande era della libertà é dell'onore: la giustizia sociale n' è la natural conseguenza .. Ba1nford però, egli pure, è troppo mite e troppo fidente in Dio, sebbene il suo vero scopo sia non quello di far credenti, 111a quello di portare alla luce i tonnenti dei poveri. Egli parla de' fanciulli erranti per le vie con accenti strazianti; parla, col pianto nell'anima, de' vecchi che tremano e vacillano, intirizziti già dai brividi della morte v1c1na. Elliot fu energico e costante, e, gagliardo come chi sorge dalle officine, sostenne intorno alle famose leggi dei cereali una lotta piena di fatiche e dolori im1nensi, ignoti a noi, ignoti a tanti poeti nostrani che cantano senza indirizzo e scopo, per puro diletto. L' ingegno suo non era vasto nè vario, 1na egli, come apostolo, cantava. Era monotono, e diceva: « che importa? se queste idee son necessarie e se non so trovarne di migliori? » I Ma le sue strofe agitavano i cuori di n1igliaia e migliaia di operai, e smantellavano le rocch/e dell' aristocrazia. I poeti dei poveri strinsero così la poesia alla politica, all'economia, a tutta la questione sociale, co1ne fa l'edera intòrno ai grandi e robusti tronchi d'alberi. Elliot combattè una battaglia assidua per anni interi contro le femose leggi dei cereali: abolite le leggi, le sue poesie perdettero valore, ma restarono come ese1npio spendido di popolare agitazione mercè il sentimento e la fantasia. « Vuoi tu strisciare a terra sotto le minaccie de' tuoi nemici? Non hai tu nascendo ricevuta un'anim_a? I cani BibliotecaGino Bianco
LA RIVISTA POPOLARE 331 mangiano, sono scudisciati e urlano, e tu, cane, tu n1uon di fame e sei scudisciato l » Questa è una di tante sue strofe consacrate ai proletari. Alcune sono anche più violenti, e si cantavano in Inghilterra sull'aria delle più celebri canzoni, senza che vi fosse intervento di polizia. Se si cantassero da noi, si inizierebbero subito processi per le solite istigazioni e le solite apologie. Uno de' suoi inni più bello è dedicato alla libertà di sta1npa, alla santa luce che penetra le nostre anime . ... Pallida povertà! doloroso lavoro! guardate, noi portiamo la seconda arca, la stampa, la stampa, la stampa! I poveri dell' Inghilterra contano sulla potenza della parola parlata o scritta, più che qualsiasi altro popolo. La parola non basta talora.; cotesto entusiasmo per una libertà astratta perdesi spesso nelle regioni della metafisica; e pure tanta convinzione onora quel popolo forte che non indietreggia mai, e, benchè lento, prepara le basi granitiche del proprio . avvenire. La poesia dei poveri continuò l'ufficio suo alto e solenne, poesia utile, pratica, feconda di agitazioni sante. Il risvegliarsi dei lavoratori, che tuttora, specialmente fra noi, pare agli occhi di molti delitto e iattura immensa, è 1noto giusto e provvidenziale che i posteri, ben più delle presenti giovani generazioni, benediranno. La poesia italiana diserti la reggia, diserti le chiese, le alcove o i bordelli, e scenda per i campi, per i trivì, per gli antri ove il lavoro ferve, ove si piange e si muore senza alcun conforto di- amore, ed ivi pianti la propria bandiera liberatrice l A. FRATTI.
332 LA RIVISTA POPOLARE L'ULTIMASENTENZA Car il n 'y a point de plus cruelle tyrannie que celle que I 'on exerce à l'ombre des lois, et avec les couleurs de la justice ... MONTESQUIEU. Sopprimo, col consenso del direttore, l'articolo che già scrissi e che doveva essere pubblicato alla vigilia della sentenza. Resti solo l'epigrafe, chè è troppo vera. Resti anche l' epilogo : fra poche ore una sevenss1ma condanna, ingiusta o meglio iniqua, scenderà sul capo di giovani pieni di vita, di energia, di fede; fra poche ore un popolo intero riassumerà i suoi giudizi su certi tribunali creati per le vendette del parteggiamento, in onta della legge e della _comune coscienza. Era facile il far da indovino. Facile era il presagire che da un estremo all'altro della penisola si sarebbe estesa l'agitazione a favore dei condannati di Palermo, come striscia di polvere che pigli fuoco. Anche i giornali ufficiosi, anche questi venali valletti del potere, che già invocarono con tanto ardore il regno della forza, che già inneggiarono alla ferrea dittatura militare, ora lamentansi che la condanna sia stata troppo severa. Si sarebbero appagati forse di qualche anno di meno : bisogna esser discreti nelle repressioni : uccidere p. e. venti contadini e non trenta, applicare dieci anni e non quindici. Ci vuole un po' di misura nel reprimere. Ma allora, o gazzettieri, dovete combatterle coteste istituzioni di magistrature in uniforme. I soldati, in genere, BibliotecaGino Bianco
LA RIVISTA POPOLARE 333 non giudicano, eseguiscono. È lor costun1e ed abitudine tradizionale. Quando li invocate dovete subire, nel silenzio, \ ogni conseguenza sinistra o trista, A la guerre comme à la guerre. Sotto il regime della forza, nessun diritto può essere guarentito. Quando voi comandate chi non sa di legge per il più alto e il più santo degli uffici dello Stato, per la più grande opera morale che interessi gli un1ani destini, dovete soggiacere a quello che può e sa fare la spada: ciecan1ente colpire. La disciplina costringe fra le sue spire, soffoca e atrofizza anche le più miti coscienze e i più dolci sensi di umanità. Oh belle le parole, benchè gittate all'aria invano, dei poveri ufficiali che tentavano di difendere la piccola falange di gagliardi destinati alla vendetta della ragion di Stato ! Erano pur belle quelle semplici e serene difese del libero• pensiero! Avranno detto temendo gli avvocati fiscali : - Cotesti processi spargono semi di ribellione I Forse qualche ufficiale avrà susurrato : - Perchè metterci in questa condizione? Se si pensa come i difensori, si è ribelli; se si pensa come il· fisco, si diventa odiosi. Terribile bivio. Non dirò parola, e non certo per timore di sequestro, ' contro l'esercito, eh' è tanta parte della patria: sarebbe delitto aggiungere anche un rancore solo al triste strascico di sentimenti diversi che dalla istituzione de' tribunali eccezionali lo. segue, come mormorio di- protesta. Ne ha la responsabilità, anzi tutto, il Governo. Ma il ricordo di tutto questo fatale periodo della politica italiana sì abbietta e sì lorda di fango, tutte coteste arti partigiane per costruire un processo enorme quanto i delitti della politica e ·quanto gli egoismi della società, Biblioteca Gino Bianco
334 LA RIVISTA POPOLARE cotesto disprezzo del rito eh' è guarentigia supren1a dei giudizi penali, coteste n1editate traine di tutte le polizie locali, di tutte le locali camarille rivoltatesi con1e vipere contro i Fasci, dopo averne da prima usufruita l'opera, dopo avere eccitato a fondarli e ad ampliarli, q_uando Giolitti era al potere e si voleva il potere per sè, cotesto scherno della libertà, comn1esso in tutti i modi, e della giustizia che solo nella libertà fiorisce, addolora più l'animo che la notizia di sì enorn1i condanne. Non 1nvochiarr10 noi amnistie; non le invocam1no mai. Non ci piace la doppia politica di certi governanti, che oggi si fanno belli coi paurosi chiamandosi salvatori delle istituzioni e il dì appresso si fanno belli coi generosi chiamandosi distributori di grazie. Invochia1no una giustizia con1une, una reale coscienza del diritto che impedisca per sempre simili enormità, e non ci lasci in preda a cotesta eterna vicenda di persecuzioni e di ripieghi, a cotesti ricorsi di 111ezza tirannide e di mezza libertà, date secondo gli umori dei politicastri ufficiali. Altri tempi verranno. Forse ci faranno dimenticare i ten1pi presenti. E sarà bene : potrebbero le nostre cittadinanze, ribattezzate alla nuova religione civile, ricordarsi che per anni interi fu abbarbicato al Governo e nelle Banche un gran polipaio di ladri, e che mentre la sublime voce di Barbato e degli a1nici suoi spegnevasi entro una cella, i barattieri della nuova Italia parlavano liberan1ente alla Can1era o attendevano, fra gli augurii di ex-eccellenze, le assoluzioni della giurìa. BibliotecaGino Bianco
LA RIVISTA POPOLARE 335 PROTEGGIAMO I FANCIULLI La bontà e la simpatia di una causa rende arditi anche coluro che m difetto di sapere dovrebbero restan:ene nell'ombra. Non c'è causa più buona e più simpatica di quella che studia il « problema dell'infanzia ». Ed io mi sento sì ardita da parlarne e rinnovare un appello alle donne italiane, appello che altri già fece con assai maggiore autorità, in favore dei bimbi che la miseria o la m~lvagità altrui costringe ad errare soli, seminudi e sudici per le vie, abbandonati a sè stessi e sovente ai loro pravi· istinti. È necessario che una Società per la protezione dell'infanzia abbia simpatie ed aiuti per fondarsi, estendersi, fortificarsi e dar mano efficacemente all'opera. La nostra noncuranza, ogni nostro ritardo, ogni lentezza nostra aumentano sempre pitt il sacrificio d' innocenti che hanno diritto a essere protetti. Migliaia e migliaia di bimbi muoiono ogni anno· per mancanza di cure ; migliaia e migliaia fatti adulti traggono una vita piena di acciacchi e di, pene, o - muoiono nella prima giovinezza, appunto per essere stati abbandonati o trascurati nell'infanzia. Tempo fa lessi che l'illustre prof. A. Lori a, insegnante e~onomia nell'ateneo di Padova, in una conferenza popolare pronunciò queste parole : cc È orrendo solo il pensare . . . che, mentre la mortaii tà dei bambini ricchi è del 4 % , quella dei bambini poveri è del 30 °/ 0 ». E le ultime statistiche ci insegnano che in Italia i fanciulli indigenti, al di sotto dei nove anni, e appartenenti alla classe povera, sono 3,753,342 ! Molti fra quelli che rimangono, per ventura, forti e robusti, si danno al vizio e al delitto. Spesso vediamo che i delinquenti sono uomini cui nqn sorrise alcuna parola d'amore, che nol'i ebbero nè una mamma che li baciasse, nè un educa tor gentile che h,ro indicasse la retta via. Non è difficile vedere tra i delinquenti, più celebri di lor trista fama, dei trovatelli già abbandonati sui gradini di una chiesa o deposti alla ruota, Acl esempio, Vaillant era un trovatello, 'bliotecaGinoB1~nco
LA RIVISTA POPOLARE La protezione dell'infanzia dev' essere qualche cosa di pratico, di utile, di complesso. Con la sola elemosina non si fa nulla; non si educa, non si rileva, non si formano gagliardi e onesti cittadini alla patria mercè l'obolo di un giorno. Bisogna stringerci davvero in una lega di filantropi, che si occupi di tutto il problema nella sua estens10ne. Altri faccia buone leggi, altri immagini o studì nuovi sistemi sociali, altri predichi esclusivamente i precetti dell'antica morale; noi dobbiamo fare opera più umile ma forse pitt necessaria. Non basta idealizzare il bambino e simboleggiarlo ne' diversi culti: Lisogna far qualche cosa di più; un buon letto e de' buoni consigli valgono assai più, per le tenere creaturine sofferenti, che tutti i possibili alti ideali. A Londra, a Manchester, a Glascow esisteva un' industria infame e orrenda, nota sotto il nome di Baby farming, che s'incaricava semplicemente, mercè un salario, di far morire un fanciullo in un dato tempo. Una Società medica protestò fieramente contro tali misfatti. E nel I 872 si votò una legge per la protezione de' fanciulli (the infa.nt !ife protection act), che non fu un'ironia o una larva qualsiasi come il recente progetto apparso per un'ora, invano, alla nostra Camera dei deputati. E insieme colà si votò una Società che ogni anno aumenta: esempio ammirabile I 1 E tutti sanno quanto m Francia sia stata l'indignazione contro le f aiseuses d' anges, che perpetravano sui bimbi l'omicidio per inanizione. Da noi, se non si giunge a simili eccessi, si hanno però talora identici effetti. Volontariamente o no, sia per delitto o per colpa, commettonsi simili omicidi. Se oggi non si rivelano sì spesso certe atrocità selvaggie di maltrattamenti ai fanciulli, lo si deve al difetto di una legge che protegga i fanciulli, lo si deve anche alla nostra inerzia e anche un po' alla nostra pusillanimità. Chi svela un misfatto commesso sul corpo di qualche fanciullo dovrebbe essere protetto da tutti noi, come un amico, come un benefattore. Egli compie un atto umano, anzi un atto santo. Io non ne ho l'autorità, ma vorrei proporre che tutti i maltrattamenti fatti subire ai i Non posso a meno di notare come già nelle principali città d'Italia, e specialmente qui in Roma, molte gentili signore e signorine si occupano da vari anni attivamente ed efficacemente dei fanciulli poveri,· e sono certa che una Società di protezione avrebbe la gran ventura di guadagnarle prime alleate e compagne. BibliotecaGino Bianco
LA RIVISTA POPOLARE 337 fanciulli, e che vengono provati, fossero pubblicati in apposito bollettino della ideata nostra Società, con la responsabilità di tutta la Società stessa. Basterebbe forse il solo pensiero di vedere il proprio nome nelle colonne di un giornale, per trattenere qualcuno dall'inveire contro innocenti creature. Dobbiamo tutti vigilare. Il fine è così santo, che è lecito anche, all'uopo, oltrepassare con l'occhio la soglia delle case private. Il bimbo appartiene, pit1 assai che l'adulto, all'umanità. Quando è affidato, non a uomini, ma a vere bestie dal solo sembiante umano, che lo calpestano e lo trattano male, egli sta peggio che quando è solo. Se gli abbandonati si debbono raccogliere, i maltrattati si debbono difendere. Ma vi sono molti diversi modi di maltrattamento. Anche in tanti ospizi e brefotrofi si maltrattano o si trascurano i fanciulli ; ed un atto solo di trascuranza talora è la morte. Il Villermé diceva molti anni fa: « Il a eu raison celui qui a osé dire qu'on pouvait mettre au dessus de ces maisons (les ospices) : lei on fait mourir les enfants, aux frais du public ". E avrebbe, in buona parte, ragione anche oggi. Bisognerebbe che Commissioni di dame e Sottocomitati nostri vigilassero continuamente e dovunque sulla cura e il trattamento degli esposti. Poveri bimbi I In alcuni paesi sono quasi avvelenati dalla bevanda che si dà loro invece del latte. In altri paesi non appena si r.accolgono, sono portati in campagna, talora mentre arde il solleone, talora mentre il gelo assidera. Ne ho visti una volta in un' canestro, sopra una vecchia diligenza, ballottati, i po~erini, in modo da far pietà. Sembra eh' essi debbano scontare i falli altrui ! Un economista francese dice: « Perchè affliggersi di tal ·mortalità? Il destino di questi pupilli delle nostre amministrazioni è forse tanto invidiato ? Non affrettiamoci a compiangerli; la vita che loro si prepara sarà sì dura ! » Ma se anche la loro vita fosse durissima, fosse come una continua tortura, non dobbiamo però uccidere o permettere che si uccida. Ma il male è troppo vasto, si dice; ebbene, tentiamo di limitarlo. Ma la miseria è troppo grande; ebbene, tentiamo di sollevare chi ne soffre, aiutandolo materialmente e moralmente finchè non abbia raggiunto uno stato migliore. Se ognuno di noi potesse sollevare un bimbo solo, o guarirlo da qualche male, o preservarlo da qualche pericolo, o arricchirne l'animo di qualche virtì1, potrebbe dire d'aver vissuto per un'alta m1ss10ne. Biblioteca.:GinoBianco
LA RIVISTA POPOLARE In Francia muoiono ogni anno più di 200,000 bimbi per faute de soins ! 1 Quanti ne muoiono da noi ? Quanti ne muoiono, solo perchè non si seguono anche i più elementari e pit1 facili metodi d'igiene ? Non dico che una Società di protezione possa far lutto e su tutto vegliare. Ma ogni cosa è relativa, e la salvezza anche di soli cento fanciulli sarebbe già molto. I problemi sociali non sono mai risoluti nel senso letterale della parola; essi non comportano che miglioramenti a gradi. Essi non chiedono all'iniziativa privata che un po' di scienza, di esperienza e di sacrificio; e chiedono su tutto costanza di propositi e di continui progressi. Le nostre Associazioni debbono avanzare ed essere eminentemente pratiche. Non dobbiamo ignorare che il pit1 grande onore e la vera gloria dei tempi nostri è quella di far del bene in ragione diretta delle . . . immense miserie. E il bene più caro è quello che si opera per le creature che non hanno ricovero, che non hanno pane, che non hanno affetti nè consigli, nulla, fuorchè il disprezzo o l'indifferenza de' passeggieri. Vi sono bimbi ·c11e paiono nati e vissuti nel fango, e quasi di fango plasmati. I libri delle Società di protezione inglesi pubblicano delle fototipie rappresentanti de' fanciulli raccolti sul lastrico o ne' tuguri, fra la miseria e la fame. Quei bimbi-scheletri dopo alcune assidue cure divennero bimbi sorridenti alla vita, sì che in altre apposite fototipie, ove essi sono ritratti risanati e ringagliarditi, non si riconoscono più. Ho già accennato alla mortalità dei bimLi, forte presso altre nazioni europee, e presso noi anche più forte. In quelle la mortalità è del 10 o del I 5 ; nella nostra è del 20 o del 30 %- Vegliare continuamente perchè i bimbi non siano percossi, diffondere libri popolari d'igiene, istituire asili per i lattanti (la Francia ha 200 di queste creches, noi in tutta la penisola 2 I), istituire asili propriamente detti (ne mancano la Sicilia e la Calabria, pochissimi ne ha la Sardegna, la Basili~ata, gli Abruzzi; qui ne abbiamo otto, ma sono pochi, e molte domande restano inesaudite), tendere a riformare gli as.ili stessi che talora sono la negazione dell 1 igiene e della pedagogia, e alcuni perfino della moralità e della tenerezza materna ; fondare ospizì marini, vegliare sui brefotrofi, per i quali si spende molto e dai quali si hanno sì scarsi benefi.c'Ì. Chi sorveglia costankmente sui bam1 EI\IILE LAURENT, De l'état actuel de la question des e11:fa11tsassistés e1t ordre du jrojet de loi sur la jrotection des enfants. Paris (Orlèans), 1876. BibliotecçiGino Bianco
LA RIVISTA POPOLARE 339 bini contro le possibili infezioni della nutrice ? Contro pregiudizi che la circondano? Contro tutti i pericoli dell'allattamento mercenario, contro i mali e le lesioni stesse che talora si infliggono ai fanciulli? Bisoguerebbe poi fondare ospedali di bamqini, come ve n' ha qualcuno qua e là, uno nella nostra Roma, uno a Napoli, uno a Genova, istituiti da benefiche signore, ed altri 6 o 7 in altre città d'Italia fondati da egregi filantropi. Finalmente bisognerebbe obbligare in ogni istituto, come in ogni scuola, l'insegnamento della pediatria. Alla Società cui alludo dovrebbero spettare tutte queste iniziative benefiche e sante che furono già svolte con tanta competenza e tanto cuore.dal prof. Blasi al secondo Congresso pediatrico tenuto in Napoli nell'ottobre del I 8921 ed al quale ebbi l'onore di assistere. Ricordo gli applausi ch'egli ebbe, quando terminò il suo di::;corso pronunciato con vera fede nella riuscita del suo progetto. Ma i grandi applausi non bastano. Ricordo ch'egli osservava come qualcuno opponesse le difficoltà • economiche. Rispondeva egli che la crescente miseria doveva anzi far riconoscere più opportuna e pitl urgente questa vera opera di salvataggio. Rispondeva che dovunque si spende in conforti e in piaceri, che dovunque si spende per feste, monumenti e commemorazioni: quale conforto più caro, qual festa maggiore di quella che si sente nell'animo concorrendo a dar l'obolo e il consiglio per l'infanzia dere~ litta, nuda, torturata ? Per quale missione, di questa pitl alta e piÌl ideale, potremmo mai spendere i nostri mezzi materiali e morali? Quale altra via potremmo battere più favorevole al comune perfezionamento? E non sono i bimbi ch_e abbelliscono di fiori il campo sì spesso arido della vita? E non è sui loro volti leggiadri che si rivela il sorriso divino? All'opera dunque e presto ! Ricordo le belle e vere parole di Krummaker: « Chi non ama 1 fanciulli non ha nè gioia, nè candore nell'anima: per lui splende invano l'a.rmonia de' mondi ». All'opera dunque, o gentili e pietose; soccorriamo praticamente questo piccolo mondo, nè ci sia distrazione alcuna che ci faccia ignorare i tristissimi progressivi effetti della nostra lentezza. Altrimenti daremo ragione all' on. B~nghi che mesi fa scriveva in Francia esser da noi assai basso il livello delle classi agiate. La Società fondata in Francia da Giorgio Bonjean presentò nel suo primo anno di vita un attivo di 4000 franchi, e dopo cinque anni il suo bilancio salì a 3331000. Ora sorpassa il mezzo milione! 8 blioteGaGino B1anc0 I
34° LA RIVISTA POPOLARE E non dovremmo riuscir noi a qualche cosa di simile? Non aiuteremmo noi una Società, non la diffonderemmo rendendola simpatica a tutti, senza distinzione di partiti o di classi, facendone una Società nazìonale vera e propria ? La Congregazione di carità di Roma ci diede già l'esempio di una benefica iniziativa che desidereremmo proseguita e ampliata: una comune azione indirizzata al nobilissimo scopo avrebbe efficaci risultati pratici. Il nostro socialismo deve essere anzi tutto esercitato per mezzo della bontà. Fra le schiere de' fanciulli deformi, degli storpi, dei rachitici, è necessaria una dolce parola che non li faccia maledire la vita, come maledicono l'avversa fortuna. Agli abbandonati ed ai reietti è necessaria una mano che li raccolga e guidi. Se no, dato che scampino alla morte, non iscamperanno agli abissi del delitto. E non hanno torto quelli che dicono di molti delitti esser colpevole la società matrigna. Leggevo di questi <lì un bel libro del signor Bencivenni sui fanciulli infelici, un simpatico e facile libro, scritto con fine sentimento e senza pretensione. Leggevo in esso le miracolose trasformazioni che • si possono ottenere anche nell'anima pervertita de' piccoli delinquenti. È noto alle mie lettrici l'opera ass.idua del prof. Garaventa di Genova veramente benemerito della società. È un'opera complessa quella che ci proponiamo ; non è solo un atto di soccorso materiale. Essa si collega a tutte le questioni morali e sociali, e quindi deve avere un intento amplissimo, umano. I poveri bambini che· dovrebbero essere angeli e benedire il loro paese e amarlo e amarci tutti, essi che dovranno un dì far parte della famiglia nazionale, come cittadini onesti e buoni, non come ladri o sicari, debbono essere protetti e soccorsi da noi amorosamente. La questione sociale è acuta ed aspra, ma con l'amare i poveri, non di solo amor sentimentale, si può render meno aspra ed acuta. Noi donne che siamo fuori della politica militante possiamo e dobbiamo interessarci di queste cose che a parer mio hanno immenso valore. ' ' SINITE PARVULOS VENIRE AD ME ! E il grido di Cristo. E grido umano, dimenticato per lungo tempo da molti, ma che oggi riecheggia con più forza. Anche gli uomini gravi e seri si occupano già della questione, sotto altri aspetti; ne sia prova la maggior cura che ora si ha rispetto al lavoro dei fanciulli, o per lo meno allo studio di tale problema, per quanto la legge che lo riguarda sia incompleta e inefficace, e, secondo quel che si dice, non applicata che in minima parte. BibliotecaGino Bianco
LA RIVISTA POPOLARE 34 1 Tutte le questioni umane, anche se per un tempo abbandonate, ritornano sul tappeto, si discutono, chiedono soluzioni pratiche. Se davvero tutti ci accingessimo a far qualche cosa di bene, a organizzare la beneficenza materiale e la morale anzi tutto, a organizzarla come un esercito, anche la violenza avrebbe l'armi spuntate, e gli odii di classe che sorgono all'orizzonte non avrebbero ragion d'essere. Chi non ha la disgrazia di appartenere al numero delle vittime del mondo sociale, aiuti, almeno in parte, chi soffre e può morir domani o perdersi causa l' indifferenza nostra. Il pensiero dominante della società, che desidereremmo già fondata, dev'essere la salute morale e materiale dell'infanzia per il bene comune. La protezione de' fanciulli deve nascere dall'amore. Sollevando le pallide fronti, educando le anime deserte d'affetti, consolando i cuori de' fanciulli appena questi ne sentano l'affannoso battito, continueremo l'ufficio di un'alta pietà ci~ile. Stringiamoci dunque d'intorno ai piccoli martiri. Lavorando per la beneficenza, lavoreremo per la giustizia e insieme per l'ordine vero. Dovremmo fare serenamente una vera rivoluzione nell'igiene e nella morale, nella beneficenza e nella giustizia, una rivoluzione altamente civile e umana che mutasse le lagrime in sorrisi. BICE CASTELLANI. L'ITALIA.' Spento -è ogni raggio d'ideale in noi Pigmei nepoti di Fabrizii e Gracchi; Tace onestà; trionfano i vigliacchi; Ne divorano i gufi e gli avoltoi. O dei martiri sogno e degli eroi, Quale, Italia, sei tu! ... . E ancor tu grac(/u' Di grandezza e di gloria? Indegni efiacclzi Tornan riso a le genti i figli tuoi. , , BibliotecçGi ~n~)3Lanço
34 2 LA RIVISTA POPOLARE A l'armi, estranee genti! Ottima è l'ora l Tornate a disertare il nostro suolo, Ove già langue ogni ragion di 7.Jtla. Al ridestarsi de l'antico duolo, Fia clte si svegli la virtù sopita, O sarem degni di servirvi ancora! PER UNA FORCA CON SE R V A T A IN U 1\r Jlf U SFO Questa marcl1i11aorrenda o!t quale 0/1quanta Srlziera d'eroi gentili a morte pose, Cl1epii gettaro a l'avvenir la santa Semenza di lor z1ite n/rogliose! Indi fiorì la gloriosa pianta Di libertade, e al ciel suoi frutti espose; Alti d'un popol di brucki oggi s'ammanta C/1e !'ampie foglie e le radici lza rose.' O forca, sacra a tirannia, costoro C!te il nobile ed7:fiziodegli eroi Hanno con71ersoin pesti/ente f{Jgna, Stringili tra i feroci abbracci tuoi! Espierai così la tua vergogna E nostra, e avrai dai liberi l'alloro! G. LANZAI.ONE. BibliotecaGino Bianco
LA RIVISTA POPOLARE 343 SCUOLA RURALE 1 Fra le quistioni più importanti che si dibattono da gran tempo in Italia intorno ai nostri istituti scolastici, ,primeggia certamente quella delle scuole rurali, sia per l'influenza educativa che esse dovrebbero esercitare sulle numerose e ormai battagliere popolazioni campagnuole, sia per la grande insufficienza del proprio ordinamento; talchè i frutti che se ne raccolgono sono, in generale, scarsi, stentati e malaticci. Questo volumetto del cav. Sempronio, che è poi invece il professore Luigi Roggero, regio ispettore scolastico di Rimini (perchè non si dovrebbe dire, giacchè gli torna ad onore?), stampato con schietta eleganza tipografica a Marciano di Romagna, è una nuova protesta della dottrina, del buon senso e della sagace esperienza contro/ la nostra scuola rurale qual è; è una nuova e valida argomentazipne in pro della scuola rurale quale dovrebbe essere. Il libro si legge dalla prima pagina all'ultima con desiderio e con piacere, giacchè il contrapposto tra l'ideale e il reale informa qui tutta la trama della narrazione, e si svolge incessantemente con riflessi cli luce e con opportuni ombreggiamenti sotto la mano dello scrittore, che si palesa nello stesso tempo pedagogista convinto e artista geniale, due cose non sempre facili a trovarsi in fratellevole armonia nelle pubblicazioni cl' indole pedagogica e morale. L' ideale della buona educazione rurale si personifica nella maestra di_un paesello alpestre, nel suo alto sentimento delle cose buone e gentili, nel suo intenso amore per gli scolari affidati alle sue cure, nell'acume sereno e perspicace delle migliori applicazioni pedagogiche e -didattiche, nello indefesso zelo e nelle indllstrie sagaci colle quali rivolge tutti i suoi insegnamenti all'utilità pratica d~ chi li riceve e li deve poi tradurre nei bisogni della vita sociale; si personifica nel sapere e nella prudenza dell'ispettore, che giùdica con bontà e con giustizia, che sorregge, consiglia; conforta, difende. Il reale sono un sindaco e un sopraintendente, ~be nel comunella ove la maestra insegna, ordiscono una trama contro di lei e tentano di sbarazzarsene per mezzo del Consiglio comunale, all'intento d_iporre in sua vece o 1 Opuscolo del cav. Sempronio. Morciano (Romagna), 1894. •
344 LA RIVISTA POPOLARE la parente o l'amica. Queste due macchiette mi pa10no ritratte con iscorci felici, e pitt ancora quella del segretario, un Guicciardini in quarantesimo, che pure, vedendo il meglio, tira innanzi come può, ossequiando in pubblico i suoi superiori e sberteggiandoli in privato. L'azione immaginata dal Sempronio è semplicissima; non è un racconto, e molto meno un romanzo; è un episodio della vita di una maestra, al quale felicemente lo scrittore venne innestando le cose pit1 essenziali che toccano il migliore ordinamento della scuola in campagna e il modo pit1 atto a renderne fruttuosi gli insegnamenti. La difficoltà dell'innesto era non piccola; ma il Sempronio seppe superarla facendo della maestra la protagonista delle proprie idee, e infondendo nella creatura sua il calore dei convincimenti profondi che egli nutre sulla necessità di rinnovare l'edifizio della nostra scuola rurale. E qui specialmente fece opera da artista. Me ne rallegro sinceramente con lui. SOMMARIO. molard, molard, Milano. Milano. G. FANTI. I LIBRI NUOVI Rassegna letteraria della quindicina. X. - C. BURATTI, La religione e la niorale scientifica. Du Milano. - R. QUAGLINO, Studi e fenomeni sociali.·. DuMilano. - FUSCALDO, L'odissea di Gesù. Dumolard, A. PANZINI, L'evoluzione di Gi·osuè Carducci. Galli, Segno dei tempi. Pullulano gli scritti intorno alla morale ed a11a parte che in essa ha o può avere la religione. In tutti è un solo pensiero: uscire dalle strette del presente stato di negazione. Pochi di questi scritti sono studii originali; i più sono volgarizzamenti di lavori dei più insigni pensatori viventi. Sì in questi che in quelli, però, si osservano una certa dubitazione ed un tal quale timore di essere o parere poco concilianti o prudenti. È che circola nell'aria, da qualche tempo, una vaga aspirazione a qualche cosa che delle cadute speranze nella civiltà ne consoli. E pure in nessun altro fatto come m questo della morale noi avremmo bisogno di fondarci su idee ben chiare e determinate. O riI BibliotecaGino-Bianco
LA RIVISTA POPOLARE 345 tornare alla fede nel soprannaturale con tutta la sua mistica corte: il disprezzo dei beni terreni, la schiavittt del corpo all'anima, il sillabo, il sant' uffizio; o inoltrarci risolutamente nella via della morale scien• tifica, quale ci è data dalla concezione materialistica del mondo. Affannarsi perchè la religione e la scienza s'incontrino e si diano la mano in una specie d'intervallo, di terreno neutrale, che dovrebbe essere il substrato di una nuova teoria etica, mi pare voler sforzare la natura dei due fatti. Il recente lavoro del giovane professore Carlo Buratti è _ispirato a punto, benchè non voglia troppo parere, a idee di conciliazione. La su~ opera, certo, fa onore alla letteratura scientifica italiana. Vi è grande chiarezza d_i espm,izione, conoscenza perfetta dell'argomento ed un colorito vivace di originalità, che mostra come l'autore abbia saputo sciogliersi dalla rete che spesso sulle giovani menti gettano i metodi ed i sistemi. Lodando quindi il lavoro ed additandolo agli studiosi, non posso però accettarne le conseguenze implicite. Egli dà alle religioni un'importanza benefica che la storia rifiuta; e però il pensiero suggestivo che la condotta non possa ancora liberarsi dalla tutela di esse è perfettamente in disaccordo con le tendenze dello spirito dei nuovi tempi. Il Buratti ancora esalta l'influenza che, secondo lui, ha avuto nell'incivilimento il cristianesimo, ed è ben giusto quindi che non veda con troppo piacere il suo tramonto. Ma io vorrei domandargli se gli è passato mai dinanzi alla mente lo sviluppo organico del paganesimo senza che il cristianesimo avesse deviato a quel punto il corso della civiltà. Poso l'interrogazione, perchè non ho spazio per rispondervi per conto mio. Un'altra cosa non posso approvare, ed è la poco felice idea che con l'aver trasportato in cielo l'egoismo umano il cristianesimo abbia fatto realmente dare un lungo passo alla morale. Penso proprio il contrario. Tutta la decadenza presente, tutta l'azione deleteria del cattolicesimo io la fo ricadere sull'errore di aver spostata l' utilità della morale dalla terra al cielo. Insomma, per me, il lavoro del Buratti merita di essere conosciuto ed apprezzato; .ma non avrà, èome avrei desiderato, peso nel determinarsi delle coscienze per una morale religiosa o per una morale scientifica. Non è più stagione di restare nel limbo.
LA RIVISTA POPOLARE * * * Gli Studi e fenomeni sociali del signor Quaglino si riducono a guardare ed a studiare il socialismo da vari aspetti e punti di vista. Non si può negare una larga preparazione all'autore in studi di sociologia, ed io lo proporrei a modello e ad esempio a tutti quelli che si accostano impreparati ad un argomento; ma nessun contributo nuovo egli porta nella questione. Si sa che io, personalmente, non partecipo alle sue convinzioni; e però mi piace di evitare una inutile discussione. Non posso tenermi, solo, dal notare che il Quaglino mostra di possedere un campo visivo molto limitato quando restringe tutta la complicata funzione della civiltà ad un sol fenomeno. Come che sia, trovo soltanto da lamentare, nella parte formale di quest'opera, un' e_ccessiva, un'opprimente prolissità. Più concisione avrebbe prodotta maggiore efficacia. Spesso vi è la chiacchiera, non la trattazione scientifica. * * * L'Odissea di Gesù, me lo perdoni il signor Fuscaldo, è stata una vera temerità per lui. Egli lo sa,. e mostra di essere capace d'intenderlo; l'argomento che l'ha tentato farebbe diventar timido il più grande poeta del mondo. L'Odissea del Cristo è l'Iliade di due civiltà, di due evi. A quest'altezza vertiginosa appena il genio può toccare. Ora, viceversa, al signor Fuscaldo manca anche la virtualità di fare bei versi. Dunque I? ••• * * * . Con il suo libro il dottor Panzini mira a scagionare il suo illustre maestro, il Carducci, dall'accusa di defezione politica che a questi fu fatta anni fa. Il Panzini è un giovane di gran valore, e si vede anche dal fatto eh' egli, prendendo argomento dal suo tema e come si present-a l' occasione, qua e là fa cadere una quantità dì pensieri arguti, e talora profondi, su tutte le pit1 grandi questioni presenti; a lui quindi, senza ambagi, si deve dire la verità. Egli non è riuscito nel suo intento. Vuol dimostrare che il Carducci è stato sempre quel eh' è stato, e che forse, se uno si è mosso, questo è stato l'ambiente, e non l'uomo. Ciò è troppo sottile, egregio Panzini, anzi è quasi sofistico. Certi fatti sono troppo semplici per loro Biblioteca Gino Bianco
LA RIVISTA POPOLARE 347 natura µer prestarsi con risultalo all'adulterazione. Il cavillo non· vale che a metterli in luce pit1 chiara. Non giudico le azioni del Carducci, per il quale ho la riverenza che deve avere ]o scolaro per il maestro; fo qualche osservazione sul libro del Panzini, che non mi è parso opportuno, perchè non riuscito. Ognuno è padrone di orientare, come meglio crede, la sua coscienza, e la sana morale ci consiglia di rispettare anche ]e oneste e disinteressate conversioni; ma il sostenere che si possa essere repubblicano rigido oggi e monarchico sfegatato domani, senza sostanzialmente mutare di opinioni e di carattere, è un sofisma, ecco, niente altro che un sofisma. E gli scritti a base di sofismi non sono utili al certo. Fisciano, li 11 di giugno del 1894. C. A. ALEMAGNA. LIBRIRICEVUTIN DONO C. BURATTI. La religione e la morale scientifica. - Dumolard. Milano, 1894. R. QUAGLINO. Studi e fenomeni sociali. - Dumolard, Mila1~0, 1894. A. CONTENTO. La teoria del salario. -. Dumolard, Milano, I 894. A. FUSCALD0. L'odissea di Gesù. - Dumolard, Milano, 1894. G. L. PASSERINI. Collezione di « Opuscoli danteschi» vol. 9°: G. GAI.- VAN[. Saggio di alcune postille al/t.:r, « Divina Co11unedia ». - S. Lapi, Città di Castello. MOVIMENTOPOLITICO-SOCIALE Per i condannati di Palermo. - L'agitazione continua. Repubblicani e socialisti sono unanimi nel protestare contro la sentenza di giudici condannati a 11011tener conto delle risultanze processuali! Gli studenti delle università acclamano i nomi dei condannati. Si preparano già le candidature di questi per le elezioni politiche, quando ne sia il caso, e per le amministrative. La severità delle condanne è biasimata dalla· generalità del popolo italiano, e così gli errori di fatto e di diritto commessi da giudici che servirono il Governo, non la giustizia. Biblioteca GiAo s·anco
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