La Rivista Popolare - anno II - n. 8 - 1 maggio 1894

LARIVISTAPOPOLARE POLITICA-ECONOMICA-SCIENTIFICLAE-TTERARIAA- RTISTICA ANNO II. FASC. VIII. LAVOCEDEI CAMPI Le vive sofferenze che travagliano presentemente il paese, hanno la loro precipua origine nel falso indirizzo impresso all'attività nazionale da uomini, i quali, dimentichi delle condizioni e delle tradizioni nostre, invertirono i termini del problen1a economico italiano. Di un paese, a cui la clemenza del cielo e la varietà del clima consentiva tutte le più svariate culture che sono possibili dal circolo polare ai limiti dei tropici - a cui la speciale attitudine e la rara sobrietà delle sue classi rurali apriva l'adito a fare delle industrie agricole, largamente rimuneratrici, la base incrollabile della propria prosperità - a cui il Mediterraneo si schiudeva innanzi, promettitore di larghi e sicuri scambi con tutte le nazioni del inondo; di questo sventurato paese, così favorito dalla natura, ma così tormentato dagli uomini, si è voluto fare un paese a prevalenza industriale, malgrado gli facciano difetto le due grandi elementari risorse dei paesi manifatturieri: il ferro e il carbone. Questa forzata deviazione dell'attività nazionale - costretta a svolgersi con calori di stufa in ambienti artificiali - mentre i germi latenti della sua ricchezza si schiudono rachitici, o restano del tutto inoperosi - ci ha condotti inesorabilmente a questa lenta, progressiva anemia di tutto il nostro organismo economico, a questo Biblioteca Gino Bianco

226 LA RIVISTA POPOLARE generale disagio che come acuto cilizio macera i fianchi dell'intero paese. Nè poteva essere altrimenti. Allontanando i capitali dall'agricoltura, per attirarli in imprese fittizie o aleatorie, nei giuochi di borsa, nelle speculazioni edilizie, nelle società anonime; allettando i proprietari a lasciare le occupazioni dei can1pi, per cullarsi nel dolce far niente o per dissipare la propria fortuna, travolti nel turbine della vita cittadina; cacciando i contadini dalla terra che dianzi fecondavano col loro sudore, per sospingerli verso lidi ignoti in cerca di pane e di lavoro; disseccando man mano le fonti naturali dell'operosità e della ricchezza nazionale, con1e potevamo, infiacchiti moralmente e materialmente, non descrivere la curva fatale della decadenza? Li1nitati gli sbocchi commerciali, e colpita al cuore la esportazione delle nostre derrate agrarie - causa una politica doganale 1niope ed immemore dei nostri più vitali interessi - le industrie, che dalle alte tariffe aspetta~ vano la manna promessa - un maggior lucro cioè pel capitale e una più alta misura per le mercedi - videro succedere a poco a poco un'atonia cronica alla rifioritura transitoria del primo momento. Perocchè, ~ssendosi naturalmente, causa la miseria, affievoliti i costumi della classe agricola - che forma il nerbo della nazione - esse non trovarono nel mercato interno le sognate risorse, e si videro invece trascinate anch'esse nella terribile crisi che ora avvolge, tutti indistintamente, protetti e reietti. Sotto il pungolo delle crescenti sofferenze - stimolati dagli apostoli impenitenti di una politica doganale che ha fatto così misera prova, ma di cui vorrebbero prolungare l'esistenza assicurandosi la solidarietà morale di coloro ai quali piì1 nuoce - anche una parte degli agricoltori si pasce oggi della illusione che i dazii protettori possano BibliotecaGino Bianco

LA RIVISTA POPOLARE rialzare le condizioni della produzione agraria e quelle dei lavoratori del suolo. E tuttavia, indipendentemente da quei principii di equità sociale che il tormento dell'ora fuggevole fa purtroppo obliare a molti, quel che è già successo nel campo industriale dovrebbe servir loro di ammonimento. Che se realmente le classi agricole vogliono assorgere a più lieti destini, devono attingere a ben altre fonti gli elementi della loro riscossa. Se si fosse dedicata alla rigenerazione agricola italiana una decima parte soltanto dei milioni che sono stati profusi, per indebite ingerenze parlan1entari, in linee ferroviarie ' infruttifere, o sperperati per cattiva an1ministrazione in appalti aleatorii e in disastrose concessioni di lavori pubblici; se si fosse aiutato efficacemente lo sviluppo delle industrie agricole e del lavoro cooperativo nelle campagne, ciò che avrebbe fatto penetrare un soffio di vita nuova fin nell'ultimo tugurio campestre; se in can1bio delle legioni di parassiti che viaggiano per favore sulle ferrovie, si fosse facilitato, al minimo prezzo possibile, lo scambio delle merci e il movin1ento dei lavoratori da un capo all'altro d'Italia; se una trasformazione tributaria, razionale ed umana, sottraendo all'imposta il necessario alla vita, e cor- ' reggendo inique sperequazioni, avesse chiamato a contribuire alle pubbliche spese, con graduale progressione, quella ricchezza vera e reale, che ora o è insufficienten1ente tassata, o sfugge completamente al fisco, così nei ·campi con1e nelle città; e avesse contemporaneamente alleggerito i gravami e le asprezze fisca)i, che più pesano sulla diretta pro- - . duziorie, e del lavoro inceppano le energie migliori; se invece di 'sacrificare gli sbocchi internazion~li delle nostre derrate allo sviluppo fittizio di attività non rispondenti alle nostre naturali risorse, si fossero invece allargati i confini della nostra espansio~e commerciale; se in cambio di lasciare ' -Bibliote~a GiAo Bianco

228 LA RIVISTA POPOLARE la proprietà rurale sotto il_ peso <li un debito ipotecario schiacciante, si fosse pensato con opportuni provvedin1enti ad agevolarne la trasformazione in debito an11nortizzabile; se invece di far servire il credito fondiario a beneficio dell'agricoltura, non lo si fosse adoperato a favorire lo sperpero delle fortune private, e ad aiutare la migrazione dei proprietari del suolo verso i grandi centri ; se la legge sul credito agrario, lungi dal rimanere una sen1plice formula legislativa, 1nonca ed inefficace, fosse venuta realmente in ausilio all'agricoltura, sòtto la duplice fonna del credito reale e del credito personale, facendo convergere il capitale verso la terra, n1ettendolo alla portata dei più modesti ed umili agricoltori, sottraendoli alla usura più losca e den1oralizzante; se si fosse a costo di qualunque sacrificio messo l'agricoltore italiano in condizioni di poter restaurare le deficienti energie del suolo, n1ercè i sali chimici a buon mercato, e alla portata di tutti; se infine, dinanzi alla crescente emigrazione, e a tanta distesa di lande deserte e di sterili latifondi, che in questa magna parens frugum ci fanno arrossire di collera e di vergogna, si fosse inteso il supremo dovere d'iniziare ardita1nente la colonì'zzazione intern_a, la redenzione sacra della Saturnia tellus; se tutto questo, o parte soltanto di questo si fosse fatto, oggi 1: Italia non si dibatterebbe nelle strette del più duro bisogno, n1a dai lieti campi, ricch_i di pascoli, di messi, di vendemmie, verrebbero fuori, non già i fremiti e i gemiti dei diseredati, 111ai canti festosi di un popolo di lavoratori, conscio della propria forza, fiero dell'opera. propria, alla cui voce avrebbe fatto eco la voce fraterna delle officine dove gli operai, nelle risorte condizioni dell'attività e del consumo nazionale, avrebbero trovato una viva ed inesauribile sorgente di lavoro e di- progresso. Bisogna tornare sui propri passi, rifare la via, e riguadagnare il tempo perduto. BibliotecaGino Bianco

LA RIVISTAPOPOLARE 229 L' impresa è ardua, ma doverosa. Sulla via seminata di macerie, di delusioni, di scetticismo, brilla ancora, come faro che addita il porto ai naviganti dispersi dalla tempesta, la viva luce delle nostre più splendide tradizioni. Il risorgimento nazionale fu dovuto agli ardimenti e alle felici intuizioni di una o due generazioni, conscie degli ostacoli che dovevano superare, con l'occhio sempre rivolto alla meta da raggiungere. Coloro che ignari o dimentichi delle nostre origini, fidenti o inconscienti del domani, hanno dissipato allegran1ente il patrimonio morale e materiale della nazione, ci hanno ricacciato in una servitì1 peggiore anche della pòlitica: la servitù economica. Per emanciparci, per affrontare e compiere degnamente quest'altro risorgimento, bisogna tornare all'antico: alle nobili audacie, agli sforzi generosi, alla molteplice ed inesauribile genialità dello spirito italiano. _ È soltanto in quell'orizzonte che possono spuntare per gli agricoltori italiani i rosei albori del Prin10 Maggio I Dott. EDOARDOPANTANO. I r · Biblioteca Gino Bjanco -. 1,

230 LA RIVISTA POPOLARE PER IL 1° MAGGIO. 1 (CONTRASTO) La zappa e l'aratro. Per noz di bionda clzioma, Gioia del mietitor, si covre il piano; Per noi di rosee poma S'ar,ricclzisce il frutteto; E su l'aprica collinetta alligna La generosa vigna, Madre del divò umore, De la vita mortal ristoratore. La n1estola. Io son che al contadino L'umil tugurio appresto; zo e/te l'uo1n trassi Da le natie caverne, a le fastose Moli di bianco marmo e travertino; Clze di città famose Seminai gli emisferi, Onde, pien di baldanza Nova, già l'uom s'avanza Di civiltà negli ultimi sentieri. 1 Anche in queste numero pubblichiamo una splendidissima poesia del prof. Lanzalone, insegnante letteratura italiana nel Liceo di Salerno, e abbiamo l'onore d' inscrivere il nome del giovine illustre poeta nel numero dei nostri collaboratori. (N. d. D.). BibliotecaGino Bianco

------=---~---::----;----,--,--:------:------;------.,......---------. LA RIVISTA POPOLARE La spada. Vili strumenti! Io sono Che a l'uom la destra armaz Contro le belve; io clte il furor di gloria, Io che il valor creai; Per me, de la vittoria Ebbro, cade il guerriero, o si circonda Il polveroso crzn d'eterna fronda. Il cannone e la bomba. Nulla dinanzi a noz Resiste; e intere cadono · Le schiere degli eroi; Dietro al nemico che disperso fugge Vola zl nostro furor; di sa7lgue arrossa I campi e i fiumi, e le città distrugge. E sol che il nostro tuon lungi si senta, I popoli spaventa ! La zappa, l'aratro e la mestola. Per voi cade mietuto Il fior dei buoni, e sopravvive il peggio: E la peste e la fame e la rapina, Ingorde furie, suore de la guerra, Corrono, in volo trzonfal, la terra. O genitori orbati, O spose e madri derelitte, o infanti Orfani abbandonati, Ditelo voi, qual frutto È questa gloria che si pasce in. pianti E in infinito lutto ! BibliotecpGino Bianco 23 I ·

232 LA RIVISTA POPOLARE Il cannone. Non poco onor fu il mio, Quando, il castello feudal caduto, E tacciar degli usberglzi infranto e domo, Si redense da bruto Il servo de la gleba e divfnn'uomo; E sopra la ruina Del terribzl barone Surse il comune altero e il gonfalone. La bomba. E a me compir si spetta La social vendetta : Ai pasciuti borghesi io son terrore; Quando orrenda scoppian_do Lor botteghe e lor ville Con fumo e con faville E lor pance onorate in arza mando ! Util terrore, elle a la stirpe umana Le dure vie de la giustizia appiana! Gli strumenti di pace. Orridi arnesi! Avanzi De l'antica barbarie! a voz concesso Saria spingere innanzi Il carro trionfante del progresso? D'orror sarete solo E di riso ai nepoti; iv.I a noi, crescente infaticato stuolo, Con operar benefico, fecondo, Trasformeremo il mondo. BibliotecaGino Bianco

LA RIVISTA POPOLARE Stolto chi sparge inti1rno Di vzolenza zl seme, Perchè ne sorga un giorno L'albero de l'amore, Che a l'ombra immensa de le ricche foglie Tutti i popoli accoglie, Gregge beato senz'alcun pastore! Sangue altro sangue clziede! Non l'ira e la vendetta L'impero di giustizia In su la terra affretta; Ma l' indomita fede, · Ma la pietà, l'amor, schiaran l'oscuro Cammino del futuro. Una rete d'amore Stringa le genti., E quale Porge il frate/ maggiore Pronta al minor la mano, Così a l' i'IJ,fermoil sano, Il civile al selvaggio, Al misero il felice appresti aita. Così, fa miglia unita, Si mova incontro al venturoso maggio De l'av?Jenir, quando la guerra orrenda Fra gli uomini parrà vana leggenda; Ma pugneran le braccia, Ma pugnerà il pensiero, Sol di natura a conquistar l'impero; E la terra, feconda, * } BibliotecaGino Bianco 233

2 34 LA RIVISTA POPOLARE Giusta de' suoi nutrice, Agli astri manderà l'inno sonoro De la festa gioconda Del vasto uman lavoro! Salerno, aprile '94. G. LANZALONE. LAFESTADELLAVORO Due anni fa, a Milano, il Comitato direttivo del partito socialista aveva suggerito che gli amici della causa operaia mettessero, la sera del .1 ° maggio, qualche lu1ne alle loro finestre. Io aveva, allora, un apparta1nentino sul Corso Venezia, e con grande piacere feci un po' d' illu1ninazione. Ma vi prego di credere che fui solo, assolutan1ente solo, in tutto quel bel quartiere, e dovetti trovare del coraggio dentro me stesso per affrontare, manifestando le n1ie simpatie per i lavoratori, il biasimo e le beffe di quelli sopratutto che non lavorano. Nem1neno l'obolo di un po' di simpatia, che non costerebbe nulla, si vuol dare. E poi si pretende che gli operai non parlino di lotta di classe l Ho visto diversi paesi a questo mondo, non uno però dove, co1ne in Italia, insieme con tante chiacchiere sentimentali, ci fosse un così pronunciato disdegno della povera gente da parte delle classi così dette dirigenti, - questi nuovi don Rodrigo che promettono ogni bene a Lucia purchè si venga a mettere sotto la loro protezione. BibliotecaGino Bianco

LA RIVISTA POPOLARE • 2 35 Non importa. La marcia è fatale senza di essi, contro di essi. Se essi lo detestano il 1 ° maggio, è una ragione di più perchè i veri repubblicani lo amino ed onorino. È il giorno sacro dei lavora tori. Tutti dobbia1110 vederlo con si111patia.Nessuno di .noi deve chiedergli il passaporto. Esso raffigura - ben meglio di un reclarno o di una protesta in nome del soverchio lavoro imposto a tanta parte degli uomini - una parola d'ordine che riunisce in • un pensiero di redenzione, da tutte le parti del n1ondo, gli oppressi di tutto il mondo, i quali prima d'ora non s'erano in tesi mai. DARIO PAPA. ORIGINE CARATTEREDELPRIMOMAGGIO 1 II. Tessemmo con brevi parole la genesi del primo 111aggio, e soltanto ne delinea111mo l' inti1110significato, però che sia difficile determinare in precisi termini quel che si confonde con vaghe e alte aspirazioni. Non prescrive quella festa un dato sistema definito da formule esatte, non rinchiude i partiti nel dedalo di questa o di quella te_oria, noi~ traccia una via sola o una via stretta alla marcia del proletariato. Il suo significato è e dev'essere ampio come la· voce che emana dal petto dell'affaticata e stanca umanità, come il grido dei miseri soffocato speSf\O dal dolore o dalla inedia o dalla repressione brutale. Il suo significato non è sempre la voce 1 Vedi fascicolo precedente . .Biblioteca Gin Biariço .

LA RIVISTA POPOLARE della scienza : la scienza talora erra qua e là, senza che il con<:::ettodi un ideale la diriga: la scienza manda soventi mille voci discordi. Udi1nmo spesso, ad esempio, la parola della scienza, pomposan1ente atteggiantesi a giudice intorno a cotesta questione delle otto ore. Leggen1n10, due anni or sono, un articolo della Revue des Deux Mondes, che pareva scritto con la punta di uno stilo gelato, e tentava di impri1nere nella mente il dubbio sull, intrinseca bontà della riforn1a. Ma le plebi, che gli pseudo-letterati e gli pseudo-scienziati (i quali talora hanno nell, intelletto caliginoso appena una favilla dell, eterno ~ole eh, è il vero) dileggiano come materia bruta, le plebi hanno insistito nell, idea - e più insisteranno in avvenire per altre e maggiori riforme, anzi per 1, universale riforma, poichè tutto è a trasformarsi nell'ambiente sociale, tutto, dalle idee prime sino ai più un1ili atti di giustizia - le plebi hanno insistito, e qua e là hanno già vinto. I piccoli bottegai gracchiano tuttora contro tanta eresia, accennando a cotesta strana e rovinosa rid11zion di ore, mentre i grandi industriali inglesi hanno din1ostrato a quei paurosi, che i vecchi pregiudizi economici rendono gretti, come sia dovere o necessità, o 1, uno e l'altro insieme, piegare ai tempi e alle esigenze nuove. Così a poco a poco (pur troppo i progressi economici sono lentì) si matura e si compie quel gran movimento che oggi impaura, mentre i prudenti e i savi dovrebbero affrettarlo, se pur sia vero che abbiano in ·cima del pensiero la sorridente pace e la civiltà che deve in mezzo ad essa fiorire. Noi affretteremo, non con i soli voti, quel movimento. È Len giusto che si esamini, che si discuta, che si critichi, che si temano le esagerazior1i di questo o di quel BibliotecaGino Bianco

LA RIVISTA POPOLARE 2 37 I sistema, che si dubiti di chi foggia un eguale abito sociale per tutte le nazioni ; n1a non per ciò dobbian10 rimanere lungi dal moto, co1ne spettatori stranieri, capaci solo di osservare o di criticare, in atteggia1nento di avversari o di indifferenti. Bisogna entrare con animo fidente e con gagliarda fibra in mezzo al moto. Se vi sono errori o esagerazioni, si dissiperanno: il ten1po modifica studii e giudizi, imprin1e peculiari caratteri e dà indirizzi nuovi ai partiti, avvicina e addolcisce i dissidenti. A che tanti dissidii, gridano i sofferenti dai loro abituri che paiono antri di belve e sono vere tombe, ove è tutta la nera poesia del dolore; a che tanti dissidii, al conspetto di tanti secreti martirii, di tanti interessi santi, come la vita e l'onore dei lavoratori alla ventura abbandonati, a che tanti dissidi i? No, non ho più l'antica intolleranza, non ho più le esclusive affezioni di parte: ov' è un animo che lotti per l' u1nan genere, ov' è una coscienza che s'elevi sull'altre, I che senta i dolori dei più, che studii non per vanità o per 1nero diletto, che operi rettamente più che chiacchierare con reboante facondia invano, che senta, sovra i dolori di questa n1eravigliosa terra che ci fu culla, i dolori di tutti, i dolori del mondo, e parte dell'anima del mondo immedesimi in sè; e sogni pure, ma quando v'è a provvedere agli urgenti bisogni dei reietti non sogni più, e provveda, come coscienza ed esperienza dettano, come il genio nativo indica, come il senso profondo 'della giustizia inspua, IVI è l' animo mio. Mazzini non fu mai sì splen- ~ido nei concetti della sua gran mente come quando pensava alla fine di tutti i partiti e le chiese e le sette e le · fazioni e i gruppi (che Dio li benedica I), e sognava una sola democrazia. È una grande idea l'unione internazionale dei lavoratori; più grande ancora è l'unione dei popoli. Il con- · Biqf1oteca Gin Bianco ·

LA RIVISTA POPOLARE cetto degli Stati Uniti d'Europa, anzi del mondo intero, 1 la supera. Ma noi ben poco facciamo per proseguire quei concetto, che poteva e doveva compenetrare in sè non le sole rivendicazioni politiche. In ogni n1odo·, giorno verrà, se pure io non farnetico, in cui questa unità, che deve più innanzi compiersi in I seno al mondo civile, si andrà a mano a mano compiendo 111seno ai diversi partiti. Chiedi ad essi cosa vogliono, e tutti risponderanno che vogliono fonnare l' umana famiglia: parla ad essi di patria o di regime o di comune, e vedrai che i più ora ti parleranno di un1anità. Ma poi spesso si costruiscono un caldo nido, e in esso ~i ritirano, covando le idee del futuro. E l'umanità li perde di vista, com' essi hanno perduto di vista l' un1anità. È d'uopo con essa camn1inare, con essa pensare e agire, per essa sempre, non a scopo di raggiungere certi nostri fini speciali, ma di raggiungere i suoi, non di sfogare le nostre speciali ire e vendette, 1na di riassumere in grandi e generose opere i secolari suoi sdegni e i dolori. Passano nel calendimaggio, per la mente che affretta l'avvenire, le strofe dei poeti 1nessaggieri delle buone novelle, precursori delle forti prove: dalle strofe dello Shelley a quelle di Hugo, di Withn1an, di Rapisardi. Passano lasciando traccie di fuoco nelle ani1ne. E illun1inano il n1ondo. E la voce della poesia, come quella della scienza, ap- . partiene a tutti e a ciascuno. Verrà giorno in cui quello 1 Vietar Hugo dice che l' umanità, nazione definitiva, è sin da ora intraveduta dai pensatori, da codesti contemplatori delle penombre; ma ciò cui assiste il XIX secolo è la formazione dell'Europa . . ' BibliotecaGino Bianco

I ' ( • LA RIVISTA POPOLARE 2 39 che ora sembra il fior del pensiero in poche anime privilegiate, sarà, spoglio da errori, universale coscienza. Le idee odiate oggi saranno amate domani. Ma chi oggi leva alto il vessillo sociale, gli alfieri di questa lotta fatale che ferve da per tutto, debbono aver l' anin10 pari all'immenso concetto che seguono e svolgono con la con1movente parola. La soci~tà più o .meno civile è stanca di questa· povera vita che trascina fra le colpe e i vizi, nella corruzione, nella menzogna. Pochi, ben pochi sorridono alla vita: i felici del mondo s' immergono in false gioie materiali, dimenticano fra le ricolme tazze la propria miseria morale, e fra i finti profu1ni non sentono il lezzo che emana all'intorno. Non odono i pianti dei proletari, nè le loro maledizioni. Dai cieli nessuno porge l'orecchio, e l'egoismo regnante sulla terra è sordo. Ah! contro tutto cotesto disprezzo della miseria e della sventura, contro cotesta usura tratta sul sudore, sul pianto, sul sangue della povera gente, contro coteste speculazioni 1 spietate, contro cotesta libertà bugiarda che dà la vittoria al forte e al ricco, e che è mortale nen1ica all'eguaglianza civile, contro lo sfrontato ozio che luccica di oro vero e di virtù falsa, contro questi verniciati ruderi de11'antica feudalità sfidanti la luce che 'la scienza spande dovunque, contro tutte queste varie iniquità e ipocrisie religiose, politiche, sociali; noi, in nome della civiltà, .unanin1i gittiamo in faccia la protesta dei volenti che hanno un nuovo concetto della vita, e ad esso consacrano pensieri ed atti! Così il significato del 'primo 111aggio,mentre suggella 1 Proudhon diceva che colla parola speculazione intendonsi tutti i mezzi, non previsti dalla legge e non punibili dalla giustizia, atti a carpire la proprietà altrui. BibliotecaGinoBi?tnco \

LA RIVISTA POPOLARE questa o quella riforma sociale, si eleva a concetti d' ordine più alto e più ampio. Quel significato si universalizza. Chiedere solo la riduzione delle ore di lavoro è poco; chiedere il diritto al voto è poco ancora ; chiedere la nazione armata è sempre poco ; n1a chiedere tutto ciò, e innalzarsi al concetto dell' umana associazione, e vaticinare, con la viva speranza, la redenzione di quanti hanno ancora la fronte a terra, e anche una sola macchia di servaggio nell'anima, ecco il tei·mine complesso a cui volgonsi anelanti le volontà di tutti i liberi o i ribelli, di qualsiasi ceto. Onde due concetti, uno pratico e l'altro ideale; uno eh' è una prima tappa sulla via, l'altro eh' è tutta la via ed è tutta la meta. Onde una sola affennazione dovunque : i lavoratori di ogni terra, i lavoratori dei monti e quelli del 1nare, tutti < sono un solo cuore, una sola anima, una sola nazione, un solo esercito. » 1 Nè è necessario chia1narsi socialisti per dire così. Basta essere semplice1nerìte uomini. V' hanno idee così chiare e giuste, e anche così antiche, che forse, per effetto del loro intimo ricco splender morale, paiono sempre nuove. Nè dovrebbe esser necessario chiamarsi socialisti per ammonirci nel solenne anniversario: - lunga è la via da percorrersi ed ardua, molti i ne1nici, come gli ostacoli ; esser necessario intendersi, esser parati a tutto, dallo studio assiduo all'estremo sacrificio ; ironia e scherno volgare sarebbe intonare canti in una festa solenne, e poi, dopo la festa, riposare come sognatori imbelli; sarebbe delitto provocare stragi o repressioni con atti indegni della pura bandiera del lavoro: unica e gloriosa macchia sua il sangue delle vittin1e, 1norte benedicendola. 1 Guglielmo Liebknecht. BibliotecaGino Bianco

LA RIVISTA POPOLARE No, non crediamo che il delitto contaminerà la memoria di questo giorno. Non saranno qui liete le ore del primo maggio, come a Londra o a Bruxelles, ma certo non saranno funebri. Un solo proposito degno e serio, un pensiero solo di maggior concordia, vale ben più di tutte le minaccie possibili. Non il terrore, ma, in questo giorno, la speranza; la speranza che presto la candida dea della Giustizia si avanzi, gittate al vento le pagine dei vecchi codici, con1battente contro gli dei, 1nalgrado i loro anatemi, contro i potenti, malgrado le loro armi, e tocchi con le bianche dita, in segno di liberazione, le pallide fronti degli umili che ql:Jesta falsa libertà incatena. Ma, intanto, la trepidazione s'impossessa degli animi, e si veggono già nell'agitata mente sommosse e stragi. Si vede, come già scrisse il De Amicis, « in mezzo a pochi cittadini sospettosi, p·assar la minaccia armata dello Stato » • E pure, col geniale scrittore, pensiamo pur noi che il dì verrà in cui tutti scenderanno dalle case, « uomini e donn·e d'ogni classe, coi bambini per mano e con le rose di n1aggio sul petto ... Le case saranno vermiglie di bandiere, per le strade scorrerà una fiumana vivente, le fronti e. le grida s'alzeranno libere al cielo ... » . Così do~rebbe essere, così in avvenire sarà. Dovrebbero tutti benedire la festa del mondo. Non repressiopi, in alto; non provocazioni, in basso. Le grandi manifestazioni della civiltà hanno da essere civili. Unà festa solenne, come il pensiero della u1nana redenzi9ne, non può nè dev'essere turbata da maleficio alcuno. S'avanza nella sua calma leonina, amato e rispet~ato più' assai che temuto, il lavoratore; a lui la società deve molto, da lui essa ha vita: egli è il sovrano dell'avvenire. A. FRATTI. f . ·Bib.ljoteca Gino Bianco , '- j

LA RIVISTA POPOLARE PROTEZIONISMAOGRARIOE INTELLETTUALE (DA UN CO GRESSO A UN ALTRO) Il mese di aprile ha avuto i suoi due congressi: il congresso agrario di Roma e il carnevale universitario di Torino. Entran1bi sono venuti veramente a proposito per rinfrescare la 1nernoria di chi avesse dimenticato la massima di Stuart Mill che ogni classe non pensa che ai proprii interessi, massima che Malon formulò ancor meglio colle parole: « i partiti politici non agiscono che in vista di garantire i loro privilegi ai possidenti » e della quale il nostro Loria diede la dimostrazione scientifica. Mentre i padri a Ro1na proclan1avano « il diritto alla rendita » , i figli a Torino reclamavano per sè « il monopolio dell'educazione· e dell'istruzione ». Non è questa una coincidenza fortuita, bensì è la manifestazione naturale, spontanea, inevitabile di quell'interesse egoistico di classe, di quelle antitesi, con1e le diceva Gioberti, che si potranno bandire dal dizionario ma non dalla storia. Ora sono gli agrarii i quali senza reticenze e senza veli negano ogni principio di solidarietà economica, affern1ano che il loro interesse di classe non può stare in armonia con quello delle altre classi e non si preoccupano che di difenderlo e rafforzarlo anche se danno debta venirne alle altre classi. ·r padri vogliono assicurarsi l'entrata mediante un dazio sui cereali che giunga sino oltre al 45 per cento del prezzo, i figli non vogliono farsi largo nel mondo coll'onesto studio e il lavoro assiduo, 111avogliono restringere la concorrenza, essere in pochi e divenire necessarii, fare insomma della istruzione superiore e delle professioni un privilegio della lo_ro classe. Sentendo di perdere terreno, la borghesia rinnega i suoi antichi ideali, i principii pei quali era sorta a partito politico: Cobden è trattato come un'anticaglia, la universalizzazione della scienza è riguardata come una follia pericolosa. Questa febbre calda di protezionismo che ha colpito gli agrarii di Francia, di Gennania e d' Italia, è un fenoBibliotecaGino Bianco

LA RIVISTA POPOLARE 2 43 1neno patologico che suscita 1n0lte e varie considerazioni. D'improvviso i proprietari i di rendita fondiaria vogliono ricondurre il n1ondo economico a quello che era sessanta anni sono. Essi non parlano che delle loro « sofferenze » e dei 3 13 milioni annui che gravano direttan1ente la proprietà rurale in Italia, dove veramente il tributo fondiario è triplo che in Francia, quadruplo che in Germania, sestuplo che in Inghilterra, decuplo che in !svizzera e r 5 volte di più che negli Stati Uniti; e non sentono le più. gravi sofferenze dei veri lavoratori, dei quali i lan1enti pietosi si levano da tutti i campi d'Italia. Essi chiedono che sia sgravata la terra dai pesi intollerabili, ma non intendono che si tocchino nei bilanci le spese improduttive, perchè a soddisfare la megalomania si può provvedere con ulteriori inacerbin1enti delle imposte indirette. E così 111entre cresce la pellagra e la fame serpeggia in Sicilia, s' incariscono i grani; n1entre si invoca una legislazione sociale si inaspriscono i dazii; mentre la Germania mitiga i dazii sui cereali e sancisce l'assicurazione coattiva deg'ii operai, l'Inghilterra introduce il libero scambio e leggi sulle fabbriche e Gladstone esenta dai tributi i consmni dei poveri, l'Italia si riserva l'obbrobrio di una politica economica inumana, che minaccia il benessere e la vitalità. stessa del lavoratore, di una politica contro la quale si possono ripetere le celebri censure di Cobden, di Bastiat e di tutta l'illustre schiera dei liberisti italiani. Se la proprietà soffre, se il debito ipotecario fruttifero aun1enta, se in meno di 20 anni più di 66,365 furono i proprietarii espropriati dal Governo, si dovrebbe invocare che l'Italia cessasse di spendere r 3 lire per abitante 11J;:l servizio dei bilanci militari, mentre spende appena 2 5 centesimi per quello àell'agricoltura. Gli agrarii non vogliono entrare in questa materia, essi non hanno che una preoccupazione, allontanare dalle loro labbra il calice delle imposte e girarlo alle altre classi dei cittadini. È la stessa cosa che hanno anche fatto in Germania i nobili agrarii: vòtarono tutte le spese militari; poi ora sono v_enuti innanzi con questo progetto: la compera e la vendita. dei cereali ,esteri, destinati al consumo nel territorio doganale, · Biblioteca Gino Bianco •

244 LA RIVISTA POPOLARE avvenga esclusivamente per conto dell' in1pero; i prezzi di vendita siano fissati al minimo in una tariffa speciale. Ossia lo Stato cresca pure i suoi bilanci, ma assicuri a beneficio esclusivo dei proprietarii di terre e a spese della nazione una rendita fissa. E allora viene spontanea la don1anda: perchè non si deve anche assicurare agli operai il n1inimo del salario e un lavoro certo? Perchè solo il proprietario di grani dovrà essere protetto contro la concorrenza, e lo Stato non assicurerà l'operaio dalle crisi e dalle riduzioni 'di salario? Perchè quello che voi invocate come una misura necessaria per la vostra esistenza o prosperità, diventa rivoluzionario quando è domandato dal lavoratore? Quest'aberrazione non è stata sostenuta soltanto in un congresso accademico, 1na è propugnata da oltre 2 60 deputati appartenenti a tutti i partiti politici, ma tutti rappresentanti del reddito fondiario e tutti concordi nel program1na di vendere i prodotti agrarii a maggior prezzo per elevare la rendita. Essi hanno voluto dimostrare che il Parlamento non solo è, 1na anzi deve essere rappresentanza degli interessi della loro classe, con1e ben dice il Nitti, il quale così efficacemente ha definiti gli agrarii: « Essi credono che l'interesse di ogni singola classe sia in antitesi necessaria con quello delle altre e si proclamano rappresentanti e tutori di un piccolo numero, vogliono non già il grande processo d'integrazione, cui tendono i collettivisti e i socialisti rivoluzionari, ma uno sfruttamento cieco e crudele dell'infinita moltitudine a benefizio di pochi.... Il gruppo degli agrari è socialn1ente la negazione più evidente del principio di solidarietà e più ancora del1' attuale ordine di cose, i suoi principii 111enano per conseguenza necessaria a principii che sono in antitesi con tutta la s"ocietà presente ». (Riforma sociale, fase. 3°, aprile i 894). Ma intanto non resta che a constatare che la maggioranza del Parlamento, in Francia come in Italia, è già nelle mani degli agrarii; sono essi che devono preparare la riforma della legislazione e la trasformazione dei tributi. Scrive il Rogers: « In politica si dice generalmente che BibliotecaGino Bianco

LA RIVISTA POPOLARE 245 le leggi devono essere, e sono stat~ fatte, dai proprietari del suolo » • Il reddito fondiario ha nel passato in Inghilterra, e per molti secoli, diretta la politica e formata la legislazione; sembrava ridotta la sua azione nel continente, dopo che furono abolite in Inghilterra le leggi sui cereali e dopo che il libero scambio trionfò nei paesi latini. Ora esso ri - torna per riprendere le sue posizioni contro il reddito industriale, ed inoltre rinnova le sue .armi per meglio combattere il proletariato ed impedirne le sue rivendicazioni. Le alterne vicende tra il dominio del reddito fondiario e del reddito industriale sono tutte scritte nella storia inglese di questo secolo e ·sono documento di grande istruzione per le classi lavoratrici. I due redditi rinnovano le lotte che ebbero per arena il Parlamento inglese nella prima metà del secolo, quelle lotte da cui uscì la legislazione sopra i cereali e quella sulle fabbriche, a seconda che prevaleva o l'uno o l'altro reddito .. Servirà questa nuova· lotta in Italia, se pure si avrà, poichè il reddito industriale è così limitato, ad attenuare la degradazione economica del salariato, agricolo o industriale, a seconda dei casi e ad agire, ·pei futuri destini di esso, come agì in Inghilterra? Ecco quello che ci chiediamo come storici e spettatori di questo movimento protezionista. (ConNnua) G. SALVIOLI. LEOTTOORE In una serie di articoli pubblicati or sono due anni nella Critica Sociale, riassunsi una pubblicazione del Boilley, 1 che può ben dirsi un'acuta, minuziosa e severa critica della riduzione della giornata di lavoro. · I precedenti storici dell'agitazione su tale riforma erano già noti ; note le vecchie proposte di Owen e di Ward, vicepre'~identedegli Stati Uniti, e le più recenti di Kantsky, del colonnello Frey, della repubblica Svizzera, dell'imperatore Guglielmo II (il quale poi se ne di-· menticò: la..passione per i viaggi, per le· feste, per il culto della bel1 BoILLEV, La législation international du travail. Bit>lioteca ç;imo' Bianco . ' . _j

LA RIVISTA POPOLARE lezza femminea, ha sostituito in lui la fugace passione per la equita sociale). Ritornando al signor Boilley, socialista temperato, che scrisse talvolta anche nella Revue socialiste del Malon, diciamo com'egli negasse l'utilità della riforma e la possibilità della sua realizzazione.' Gli fecero eco altre riviste che van per la maggiore. Impossibile, egli scrisse, di stabilire una giornata di lavoro di ugual dur~ta in tutti i climi e per tutte le industrie. Poi sarebbe ingiusta, se ristretta all'industria soltanto. Gli agricoltori ne soffrirebbero. Di più, la diminuzione di un terzo della giornata, per non diminuire la produzione, esigerebbe l'aumento di un terzo di lavoratori. Ora c'è questa riserva disponibile di lavoratori disoccupati? Marx risponde di sì, ma nessuno lo prova con cifre. Delahaye e Rouanet eliminarono radicalmente ì'obiezione del Boilley, dimostrando che il lavoro di otto ore è pi11 intenso di quello di una giornata di dodici, dà produzione eguale, se pure non la dà magg10re. Ma Boilley, nonostante le poderose critiche dei socialisti, riaffermava che la loro agitazione non rappresentava che un fascio di paradossi: paradosso la scelta della cifra di otto ore, che non si può giustificare seriamente; paradosso il minùnum di salario; paradosso la soppressione dello chomage (ozio forzato); paradosso l'aumento di produzione proveniente dalla riduzione della durata del lavoro; paradosso il pretendere di generalizzare l'intensità del lavoro egualmente per tutte le industrie; paradosso promulgare una legge facilmente violabile; paradosso il surmenage, cioè l' esaurimento che vuolsi inerente all'opificio, mentre è proprio della piccola industria; paradosso la degenerazione attribuita alla lunghezza del lavoro, senza menzionare altre cause ; paradosso la speranza di una legge unica internazionale; paradosso la legge bronzea dei salari; paradosso il credere che le otto ore modifichino la condizione servile del proletariato; paradosso il dare all'operaio del tempo, quando egli non ha bisogno che di danaro. Ne volete di più? Vi può essere qualcosa di vero in ciò, ma certamente m mm1ma dose. Altri sociologhi risposero, altri se ne occupano tuttora; una r'icca letteratura è già da tempo apparsa intorno all~ simpatica questione. Professori di atenei suggellarono con la parola dello scienziato i voti che il buon senso o l'istinto suggeriva al lavoratore. E già gli scienziati avevano ,na molti anni parlato. Il De Molinari sin dal 1846 aveva condannato la lunghezza del lavoro nelle officine, e dimostrato che il suo eccesso distrugge l'intelligenza e il corpo stesso del lavoratore. BibliotecaGino Bianco

LA RIVISTA POPOLARE 2 47 Ciò è molto semplice; però nessuno prima ne parlava. Ma intorno all'efficacia della riforma, varie osservazioni e riserve furono fatte; ne esposi io stesso nel Cuore e critica del I 890. Il Brousse I tentò dimostrare che l'uguaglianza della giornata di lavoro è irrazionale e dannosa, anche nei confini di una sola nazione; il De Paepe, sino dal I 8801 riconobbe impossibile una giornata di lavoro internazionalmente uguale, tante· sono le differenze tra nazione e nazione; vVebb e Cox dissero esser limitatissimo lo scopo dell'agitazione: si tratta di ottenere un po' più di tempo per lo ·sviluppo materiale e morale, e per il godimento della vita . . Tenendo conto di tali riserve e della limitata efficienza assegnata da vari socialisti a tal riforma, ben si vede che le obbiezioni degli avversari sono superflue e vane. Essi combattono fugaci fantasmi. Chi dubita del buon impiego che gli operai· farebbero del ·maggior tempo a loro disposizione, fu smentito dall'attestazione anche di .ortodossi economisti. Basterebbe ripetere quello che scrisse il Rae su quanto avvenne a Melbourne, dopo la riduzione della giornata di lavoro: i pit1 accaniti avversari, che protestarono e sbraitarono, furono gli osti. L'esperimento rovescia anche le più belle ragioni. Ora, coloro che dissero problematica quella riforma, cominciando dal Bolley, si ricrederanno, ora che man mano viene applicata. Ma si osa dire: però il dissidio fra operai e padroni permane! Questo dimostra, rispondiamo, non che la riforma sia inutile, ma che essa certo non basta. Altro, e ben piì1, ci vuole. E il primo maggio, appunto, non è soltanto l'aspirazione a questa o a quella parziale riforma. Nessuno pensò mai di dire che la sognata giustizia si sarebbe raggiunta colle otto ore,- il lavoro vi cerca anzi un'arme per combatter meglio. II. Come dissi, le otto ore furono denunziate come una delle tante utopie irrealizzabili. Si comincia sempre così, cioè collo spaventarsi anche delle stesse ombre, col dire a tutti i paurosi e a tutti gli asini che la luce è un genio devastatore, poi lo spavento si muta in ghigno irridente, poi si comincia a far progetti pratici appunto su quei principii e quelle idee1 poi si onora coloro che le propagarono 1 e si volge· la mente 1 dopo le solite vicende e i mutamenti 1 ~d altre riforme. · Oggi 1 come già la Rivista ha annunziato giorni fa nel Movimento politico-sociale, rubrica fatta nella sua brevità con grande coscienza 1 oggi 1 dico, si riconosce che può ridursi la giornata di lavoro ad otto ore senza che venga il finimondo, con soddisfazione grande degli industriali e dei lavoratori, dopo lo splendido esperimento di sir Mather, il grande industriale inglese 1 che ebbe l'approvazione dello stesso Times: già avverso alla riforma. Si noti qui che il Times, il quale già avversò tanto le Trades- Unions, ora ne riconosce i diritti, il retto contegno 1 1 La 111anifestatio1i du ;er mtJi, Paris, 1892. ·BibliotecaGino Bianco

LA RIVISTA POPOLARE l'utilità effettiva e la grande autorità morale. Così la cooperazione, che gia il pazzo Owen profetizzò, è ora, agli occhi dei ritardatarii, elemento di ordine e di progresso. O che sia vero che i conservatori non sono altro che uomini lenti, rimasti addietro come soldati spedati, nella gran marcia dell'umanità? Resipiscenze ne vediamo e ne vedremo molte; le ubbìe dei fanatici diverranno a poco a poco convinzioni delle menti più calme e sì amanti del quieto vivere. Non ritornerò qui sull'esperimento fatto da sir Mather, che ha destato tanto interesse, essendo egli, oltre che un grandissimo industriale, un uomo politico eminente e un fervido gladstoniano. Ma debho esprimere qui la mia meraviglia, pensando a quanto ne ha scritto l' on. Boccardo vari giorni fa nella Riforma. L'illustre economista, accennando all'esperimento di sir Mather, dice che esso prova (per quanto può UN SOLO esperimento provare) clte è possibile appagare uno dei desiderii delle classi lavoratrici, senza andare incontro alle disastrose conseguenze, che se ne paventa7<ano. Non mi posso persuadere che un erudito dica tali cose! E tanto solo l' esperimento di sir Mather che da vari anni parecchi degli Stati dell'Unione Americana hanno adottato le otto ore con soddisfazione generale; è tanto solo che il ministro della guerra in Inghilterra le ha adottate nelle governative fabbriche d'armi; è tanto solo che di recente il borgomastro di Berlino lo ha. adottato per i vari salariati del municipio. E come sono efficaci e benefici gli esempi dell' America, della Svizzera, dell'Australia, della Nuova Zelanda, lo hanno detto in lavori dottissimi il Pleuer, il Rae, lo Schuler, citati già dal professor Cossa nel Giornale degli Economi'sti due anni h, l' Albertini in questo anno nella stessa Rivista, e il prof. Della Volta in una sua pub bli cazione del '9 I. La tendenza alla riduzione della giornata di lavoro è generale, e vieppiù fiacca è la resistenza dei trepidanti conservatori che hanno bisogno di vedere l'esperimento piì1 che generalizzato prima di dare il loro grave assenso. Che guadagneranno i lavoratori con tale riduzione? V' ha chi non la vuole, perchè la. ritiene impossibile come legge internazionale, e, se possibile, inutile! Però cominciano ad essere rari oggi costoro l Anche l' anarchieo Merlino non la cred~ desiderabile e scrisse che la giornata di lavoro si allungherà col progresso il quale fa sorgere una sempre maggior quantità di bisogni 1 • Secondo ·il mio avviso hanno torto gli oppositori che la reputano dannosa, o almeno inutile, come, d'altronde, hanno torto quelli che con le otto ore veggono un mutamento economico rapidissimo e profondo. La riduzione della giornata di lavoro avrà resultati diretti dal punto di vista intellettuale e morale, che alla loro volta in modo indiretto e col tempo pr?vocheranno un aumento dei salarii. 1 Bases et nécessité d'une entente. BibliotecaGino Bianco

• I LA RIVISTA POPOLARE 249 Per capire l' importanza di tal risultato, che a taluni parrà lieve, bisogna pensare ai danni enormi del surmenage, eh' è ora più pericoloso con la sorveglianza delle macchine di quello che lo fosse ll:11 tempo col lavoro manuale, surmenage che tra i lavoratori è tanto pii1 facile quanto più insufficiente è la loro alimentazione. La riduzione della giornata di lavoro renderà possibile o men difficile la cultura degli operai, la loro morale educazione: lo riconosce lo stesso Leroy-Beaulieu, dottissimo avversario dei socialisti. l'er l' igiene, per la giustizia, per la moralità, per gli interessi della civiltà stessa, bisogna affrettare dovunque tale riduzione. I fatti ora ci dànno ragione piena. Bisogna ripeterlo, unanimi, per la solidarietà che lega tutti i proletari nel mondo. · Fra pochi giorni ricorre il Primo Maggio, che nacque appunto dalla agitazione per la riduzione della giornata di lavoro, e perciò, anzi tutto, nel programma speciale del proletariato, mira a riaffermare annualmente quella riforma che a poco a poco va conquistando le menti anche dei piì1 riottosi. Essa· non deve suscitare nè soverchie speranze fra gli uomini che il lavoro curva a terra come bestie, nè ingiustificate paure fra i proprietari. È una delle tante note necessarie e simpatiche dell'armonia sociale che già prelude all'avvento della giustizia nel mondo. Dott. NAPOLEONE COLAJANNI. NINNA-NANNA La misera - le avean morto· il marito il Primo Maggio - il jì,Rliol suo cullava, un povero bambin,o ischeletrito, clze da due giorni latte non pigliava, poi ch'esauste le poppe avea la madre, priva ella pur di nutrimento. Al muro pendean gli abiti ancor del morto padre, tinti di sangue; e · a quei volgea lo scuro volto la derelitta. Il bambinello gramo piangea, dibattendosi; e al tristo suo lagno rispondea, da presso, quello di un can, che il tozzo non avea più visto l y

LA RIVISTA POPOLARE da giorni e giorni. . . Calava la notte, intanto; e al .figlio questa ninna-nanna cantò la mesta, con voci aspre e rotte, mentre tremava, al freddo, come canna: - Dormi, o .figlio di nessuno, dormi, e smetti di gridar; lo so anc!t'io che sei digiuno, 111ache mai ci posso far? Babbo tuo l'hanno ammazzato, ed il pan mamma non lza. .. Se così .finora è stato, così sempre non sarà. Dormi, e .fida... non ùt Dio, c!tè pei poveri non c' è ; sappi ben, piccino mio, sperar dei, ma solo in te! Hai due braccia, crescerai, come il babbo, ardito e .fier; babbo tuo vendiclzerai, questo, o bimbo, è il tuo dover. Dormi, e cresci, o demonietto, cresci libero, o .figliol; ed il mondo io ti prornetto, poi che il mondo è di chi vuol! - Dorme il bambino; indi a poco la nzadre chiuse al sonno ella pur gli occhi dolenti, e il can russa. Silenzio. Di leggiadre larve piena è la stanza de i tormenti. GOLIARDO II. BibliotecaGino Bianco

. ' .... LA RIVISTA POPOLARE MOVIMENTPO LITICO-SOCIALE Il I 0 maggio in Italia. - Ci scrivono dalle provincie che la data solenne sarà festeggiata da per tutto tranquillamente. I provocatori divieti dell'autorità, almeno si spera, non turberanno l'ordine e la calma. Da per tutto, repubblicani e socialisti sono concordi nell'astenersi , dal lavoro; si terranno conferenz.e in tutte le principali città; si pnbblicheranno molti numed unici, ecc. ' Noi, di gran cuore, ci associamo a quanti civilmente festeggiano la gran data solenne. * * * La Federazione americana del lavoro. - Essa si è costituita sulle rovine della grande Associazione « I Cavalieri del lavoro )> eh' era sorta come prutesta contro ai cavalieri dell'ozio. La Federazione comprende oramai pii1 di un milione di soci. Essa in una parte del suo programma contiene la limitazione dei dividendi delle Società anonime. · Il signor Billy, ingegnere capo nelle miniere di Saint-Étienne, ha scritto un importante· opuscolo, in cui descrive come è orgaiiizzata la Federazione ,e come all>bia a capo uomini assai pratici e molto capaci, eònoscitori dei veri interessi degli operai e delle varie industrie. Egli assicura che, in tutto, si tratta meglio assai con gli operai associati che con gli operai isolati. * * * Le Trades-Unions. - Il numero dei membri della Società operaie inglesi è di I, 109 10 i 41 che pagano in totale circa 4 3 milioni di lire . .Questi milioni vanno in gran parte agli .scioperanti, ai disoccupati e ai malati.· , ·L'importanza di° tali So~ietà aumenta ogni dì: verrà tempo eh' esse avranno immensa preponderanza n~lla vita politica ed economica inglese. * . * * Albergo operaio. - Il Consiglio municipale di Londra, sotto l' inspirazione del deputato J ohn Burns, ha edificato nel quartiere popoloso di Drury Lane un grande. albergo per 400 persone, che è costato mezzo milione di lire. Si è pensato su tutto all'igiene, cioè al calorç, alla luce, ecc. Vi ·so~o sale di ricreazione, biblioteca con mille volumi e molti giornali. Vi è· una piccola orchestra ove ogni sabato cantori e artisti dilettano i loro compagni di sventura. · Vi è un grandissimo refettorio. L'uso degli utensili da cucina e gratuito. Le bevande alcooliche sono proibite. Vi sono molte sale da bagno, e una gran sala per disinfettare le vesti. • j

LA RIVISTA POPOLARE Ogni camera è riscaldata e v' è tutto il possibile comfort. Il prezzo è solo di cent. 50 al giorno! L'albergo è sempre pieno. Fra poco in Londra sorgerà altro simile albergo, anche più grande, esclusivamente per le donne. * * * Il movimento .Professionale. - I sindacati professionali guadagnano gran terreno in Danimarca. I vi esistono già circa 400 sindacati con 35,000 membri. Copenaghen ne conta 89 con 22 1000 membri; gli altri sono sparsi per le provincie. Le spese per sostenere· gli sciopen nel periodo I 888-90 raggiungono le L. I 00,000. * * * Regolamentazione internazionale del lavoro. - Il Comitato della Federazione operaia svizzera già invita al Congresso che si terrà in agosto a Zurigo, per gittar le basi di una regolamentazione internazionale del lavoro. Il Consiglio Federale appoggia l'iniziativa e ha già disposto L. 3000 per il Comitato. Non vi sarà distinzione di opinioni religiose, politiche e sociali. Si tratterà della durata del lavoro, del lavoro dei fanciulli e delle donne, del salario, ecc. * / * * La marcia dei Ioo,ooo disoccupati verso Washington continua. Il Senato ha respinto con 9 voti di maggioranza la proposta di una Commissione per ricevere le domande dei disoccupati. Il governo ha deliberato di arrestare quanti di essi entreranno in Washington. I democratici però li sostengono e li difenderanno. Forse arriveranno a Washington per il 1° maggio; essi debbono percorrere 6000 chilometri: sono liberi di marciare; saranno pure liberi di manifestare i loro bisogni, purchè non commettano disordini. Vi è stato un generale degli Stati Uniti che ha detto esser la loro causa degna delle maggiori simpatie. * * * Le otto ore nelle 1niniere inglesi. - La Camera dei Comuni ha approvato in seconda lettura il bill che fissa a otto ore la giornata di lavoro per gli operai delle mm1cre. * * * La lingua italiana nel Trentino. - Tutti i Consigli scolastici' locali della vallata latina hanno chiesto che venga soppress~ in quella valle la lingua tedesca quale lingua d' insegnamento, che come tale era in uso da I 8 anni. BibliotecaGino Bianco

I. \ . LA RIVISTA POPOLARE 2 53 A MAGGIO I (PICC<2LO INNO IN PROSA) Maggio, bel maggio, mese delle speranze e degli amori, che tu sia benedetto, che tu sia il benvenuto. l Tu dai germi fecondi sprigioni la vita; tu prepari e assecuri le vendemmie e le 1nessi; tu versi la gioia nel cuore angosciato dell'uomo. Per te si rasserena il cielo, per te si copre di .fiori la terra. . O Maggio! Il cuore dell' uÒmo è una coppapreziosa che non dee restar vuota. Versa in esso il nettare di una nuova gioia e di una nuo_vasperanza, af.finchè l'uomo assetato possa inebbriar si, bevendo al proprio suo cuore. O Maggio! Son pur nitidi e vaghi i .fiori novelli·, son pur dolci i frutti che nasceranno da essi! Ma la terra altri e nuovi ne chiede,perchè da lungi nuova giovinezza le arride. Or sii, più del!' usato, propizio e generoso. Tu scalda questi teneri germi che noi con pia mano e con animo acceso con.fidiamo alla terra, bagnata di lacrime. Tu svolgi da essi i .fiori della nuova primavera; tu raccomanda al placido autunno i frutti che debbon saziarci. Solo t'abbian nemico i germi onde nascono la menzogna e l'errore e l'amaro frutto della delusione. Tu, nella zolla che· li accoglie, li opprimi e li soffoca. O Maggio! penetra, riscalda, feconda, rinnova. ARTURO GRAF. VARIETÀ ' , Il lavoro dell' uomo. Il s'ignor Bezy ha cercato di fissare in cifre il lavoro che può produrre un uomo di forza m~dia senza compromettere l'integrità dei . . suoi orgam. E prima di tutto, l'uomo in marcia. 1 Da un vecchio numero unico. lbH0teca Gìt'lo Bianco ) l

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