LA RIVISTA POPOLARE la classe soggetta; parlarono lingua di classici alla popolazione delle università e lingua di popolo alla popolazione delle officine; mentre trattavano, per virtù di 1nente, con le potenze da pari a pari, trovarono la parola per la donna e pel fanciullo; presentirono la Giovine Italia nella Giovine Europa, l'esercizio della libertà nella indipendenza del lavoro, la rimozione delle frontiere nella federazione internazionale, la dignità della mente nella 1noralità del carattere. E giungendo al concetto di una letteratura universale e di una trasformazione nella lingua, non chiesero a voi la fede che trasporta le montagne, ma quella almeno che le trafora, per farvi cittadini del n1ondo. È finito davvero tutto questo? Non sono qua i gern1i da' quali noi dobbiamo• svolgere una modernità cosciente? Se questo è un mondo 1norto, e se non sono queste del1' ieri le promesse del do1nani, io non ho più diritto di entrare nella Camera. Ogni mia parola avrebbe la triste indiscutibilità di una affennazione in lingua ignota o arriverebbe come suono di quelle ca1npane sottomarine che per Momn1sen sono indizio di una città sepolta nelle acque. Invece io mi ostino a crederla voce viva e ad affermare che il nostro c6mpito è prefinito: noi dobbiamo siste1nare la 1nente di quelli e analizzarla nelle parti incompiute; e ciò dobbiamo fare' ne' libri, dalle cattedre, dalla tribuna, se no c'è sbalzo non evoluzione, moda non modernità, e cinguettio fiacco di scetticis1no non pensiero forte di fede. Tal è la ragione delle mie evocazioni per procedere innanzi: è fondata sulla eterna legge della storia. Ed ora che mi offre il presente? C'è in ogni tempo per tutti gli Stati un problema comune e q~asi universale, e per ciascuno una o più quiBibliotecaGino Bianco
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==