La Rivista Popolare - anno II - n. 6 - 1 aprile 1894

• 162 LA RIVISTA POPOLARE oscuri - in un grande avvenire italiano, ma derivandolo dalle tradizioni che ricomposero J1unità del paese. Chi non ha vive innanzi alla mente le tradizioni. del nostro pensiero e delle nostre istorie, improvvisa leggi, discorsi, istituti, alleanze, non come uomo di Stato nè come legislatore, bensì come esploratore di qualche isola sfuggita alla civiltà. Perciò, n1entre da una parte nessuna innovazione sostanziale io respinsi sino al giorno che proposi la revisione della legge fonda1nen tale, dall, al tra evocai, in ogni occasione, tutte le tradizioni che da sei secoli dànno indirizzo al no-=>tropensiero, al nostro genio, alla nostra vita nazio?ale, e fuori delle quali, imbastardito il paese, non sarebbe più l'Italia. Che pre1ne se la gente frivola sorrida? Importa che il paese dove fa le leggi non ignori sè stesso. Se c1è nella Camera il diplomatizzante che approva i patti ignoti delle alle~nze, e I1 equilibrista che disegna il pareggio co1 cent<?otto modi di spogliare noverati dal Bruccioli, e il quietista che chiama ordine le offese alla libertà, e il costante· che con pari devozione mette il voto a piè di tutti i ministri, e il necroforo che saluta di un calcio • i ministri caduti, se c1è peggio ancora, lasciate pure che ci sia qualcuno che simuli il delirio, chia.n1ando gli obliviosi a quistioni che paiono morte e sono più vive di dieci parlamenti. La quistione sociale è ardente più che viva, n1a la politita ecclesiastica non è morta se non per i troppo cauti o troppo ciechi; la politica internazionale aspetta imn1inente la più ampia discussione; e sin la scuola è per noi una qu_istione politica di pri1no ordine. Quando io entrai nella Camera queste discussioni si facevano ancora; il dialogo era alto; e da una parte udivo Biblioteca Gino Bianco

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