L.ARIVISTAPOPOLARE POLITICA-ECONOMICA-SCIENTIFICA -LETTERARIA-ARTISTICA ANNO II. FASC. IV. IL PENSIERODI MAZZINI Fra pochi giorni i liguri deporranno ghirlande sul bianco avello di Staglieno: portino essi i voti di quanti dalle vette dell' Alpi sino agi i estremi lidi di Sicilia non sono ingrati e . . 1111memon. Dalla granitica tomba severa si levano rimproveri mentre nella coscienza di noi tutti s'agitano rimorsi. Egli dalle nordiche contrade cento volte chiamò ·alla riscossa, divinando la vita latente nel popolo, e invano. Egli alla frontier1, immerso dì e notte nelle cospirazioni sante, vegliava parato sempre a scendere ove fervesse. la · lotta, e invano. Egli venne sovente fra noi, di soppiatto, co1ne un bandito o come un ladro, secondo la nota frase di Metternich; egli, che lo Swinburne quasi divinizza in un'ode i1nmortale, egli, che fu ammirato da tutti i sovrani del pensiero e perseguitato da tutti i sovrani della forza, egli venne sovente fra noi, incuorandoci con l_a parola ardente, con l'esempio, e· invano. Pensamn10 a formare, appena in parte e male, l'unità, infliggendo l'anchilosi a ogni singola parte della nazio1-1e; dimenticam1n_o di assicurarn~ la libertà. Dimenticammo .il diritto di ciascuno e di tutti, dimenticammo il dovete. Passavano le sue parole ardenti come sof:fii del simoon per il deserto; noi nascondemn10 sovente il capo sotto la B~bUotecaGino Bianco \
LA RIVISTA POPOLARE rena, trepidanti e aspettanti. Aspettanti l'oasi beata di una repubblica che doveva germogliare dinanzi, dopo la traversata, alle vagabonde carovane. E ci sbandammo. La bandiera che tutti ci copriva un dì, fu tagliuzzata in mille pezzi, e ognuno prese il suo e ne fe' particolare vessillo; e c' inna1norammo di parole, dimenticando i gemiti della povera gente macerata e torturata dalla crescente miseria, dimenticando insien1e quel progressivo movimento di idee a cui il veggente di Staglieno nella sua età te~ne fede. Questi, paurosi del n1oto sociale, mentre sarebbe stato dovere e onore per un partito n1ilitante procedere come suo araldo, fra i primi, ardita1nente, pur baciando il lembo della bandiera antica di cui l'entusiasmo e la fede avrebbero dovuto ravvivare il colore - quelli, ribelli ai consigli del sapiente che davvero amò le plebi senza adularle mai un istante, ribelli a lui, ogni sua idea gittarono come cosa vecchia e vieta, indegnan1ente. Eppure, se anche noi avessimo delle cose u1nane più largo il concetto, se più acuta fosse in noi la visione del futuro, almeno non dovremmo dimenticare mai il sacrificio perenne dell'animo di un uomo che die' alla patria tutto, dal pri1110 fiore di sua giovinezza n1esta sino al sospiro estren10, che die' alla patria il genio e il cuore, ed ebbe per premio la nostalgia del perpetuo esilio, la calunnia e l'oblio. Se anche noi fossimo più di lui violenti, cioè non volessimo solo l'azione leale del combattente che tenta di rovesciare un ostacolo, non mai di compiere per ma]o animo vendette e stragi, se anche volessimo non la trasforn1azione di tutti gli istituti sociali, per la civiltà, ma la loro livellatrice abolizione, se aspirassimo al caos e non a costituire BibliotecaGino Bianco
LA RIVISTA POPOLARE .99 un migliore stato civile per leggi e costumi, dovremmo tutti contemplare ammirando quella figura monumentale di cospiratore che pensa in mille modi a predicar le sue idee, che coteste idee riassume dalla storia civile di tutti i popoli, dalla voce potente di tutti i genì, che lancia nella tenebrosa atmosfera della patria dormente scritti che paiono frecce arroventate, che prepara armi, che fa piani, che diffonde procla1ni, che sflda tiranni, che chiama, incita, sprona, e che non parla o scrive soltanto, ma osa. E se anche l'animo di molti sceglie vie diverse da quelle battute da lui per dieci lustri, se anche scintillano alla mente ansiosa di n1olti nuovi sistemi e si delineano nuovi progetti di sociali edificì, non saremo noi quelli che imprecheranno all'eresia. Duolci che l'uno si volga al nord e l'altro al sud, che l'uno miri lo zenit e l'altro il nadir, chè dovremmo tutti avviarci per lo stesso calle, anche se la coscienza di questo è più -ardita, o la 1nente di quello più vasti concetti comprenda; ma pure, tanto siamo della libertà amanti, non condanneremmo n1ai chi anche per le azzurre vie dei sogni si elevasse, purchè il nemico non si perdesse d'occhio mai, purchè la meta fosse sempre quella, purchè fosse comune il concetto morale. Siamo divisi e dispersi e ribelli a noi stessi, sovente ribelli al fine. Erria1no come figliuoli prodighi che non sentono più la voce del padre. Ci chiudiamo nel tempio delle nostre adorazioni, spesso vuote~ e non ascoltiamo le voci che vengono dalla vita di fuori. O le ascoltiamo tutte, ad una ad una, senza indirizzo, a caso. E avremmo dovuto formare, secondo il pensiero suo, la grande unità sociale in erribrion~ l Avremmo dovuto essere una famiglia di tribuni e di militi! E la nostra parola o si per'de nella monotonia, o si sbizzarrisce in mille contraddizioni. Dovremmo costituire la fratellanza umana e ci guarBiblioteca Gìr:10 Bi<?nco
100 LA RIVISTA POPOLARE diamo tutti in cagnesco. Se si parla d'unirci, ci si dice: è una colpa! Se si parla di dividerci~ ci si dice: è un delitto! Se si accenna ad azione, ci si dice ch'è immatura; se si accenna ad organizzazione, ci si dice: è troppo tardi! Abbiamo smarrita la via; eppure nuovi tempi di gravissime prove si appressano. Trattiamo guardinghi e trepidi le questioni sociali, e ogni dì cento intricati problemi ci si offrono. Parliamo di atti materiali soltanto o di positivismo, mentre il nodo della questione generale che urge è il concetto morale. Tale concetto dovrebbe esser superiore a qualsiasi sistema, superiore a qualsiasi divisione di parte. Un popolo I che sentisse davvero scaccere t be da sè ogni spirito di fazione. E andrebbe innanzi, spoglio di odio, in nome della civiltà, sino ai giorni della vittoria. PenserebLe ad una rivoluzione nelle cosdenze, intima, a1npia, profonda, altri1nenti se per prodigi.o potessero insie111e rinascere Platone, Campanella e Moro, e fabbricare la città delle loro sapienti visioni, senza quell'intima rivoluzione morale l'edificio cadrebbe in frantumi. È necessario che un popolo guardi non solo all'ora presente, ma all'avvenire. E lo studii. È necessario che cerchi di fondare una nuova legge: solo una Costituente libera e sovrana potrà dettare il patto della nuova vita. Ma prima e poi e sempre, è necessaria, per chi combatte non per sè o per la propria parte, ìa coscienza d1 un rinnova1nento morale da cima a fondo, e dovunque. Il rinnovamento sociale non si otterrà che a tal patto. A1nici e avversari interroghino adunque, ora e sen1pre, Staglieno, e udranno l'eco della loro coscienza se davvero sentano il gran pensiero moderno. Il viaggiatore che penetra nelle foreste vergini dell' America, in quel prodigioso allacciamento di alberi e di BibliotecaGino Bianco
LA RIVISTA POPOLAJ{E IOI liane e di mille diverse piante bizzarre, abitate da belve, è tentato· di ritornare addietro nel deserto stesso. Ma poi va innanzi, fidente, guardando in alto, cercando tra le fitte piante un lembo di cielo. Così dovremmo fare noi in mezzo a questa selva di iniquità, fra tante bestie divoratrici. Guardare in alto ; unire l'audacia alla bontà e alla tolleranza. Anche chi è umile lo può. Chatillon solo, povero proto di tipografia, difese eroicamente Servet e iniziò un'era. Un nuovo n1ondo di umanità e di simpatia universale deve iniziarsi fra le battaglie, è vero, ma non può e non deve iniziarsi che con l'eroismo accoppiato alla bontà. LA DIREZIONE. -DUALISMGOERMANICO Fra le nazioni splendono tre grandi Stati confederati, conglomerati di elementi diversi anche eterogenei: gli Stati Uniti dell'America co1nprendenti ora sessantacinque milioni d'abitanti, l'impero germanico con cinquanta milioni, l'impero austro-ungarico con quarantatre r.oilioni. La co11gerie degli Stati Uniti riordinata dalla guerra di secessione del 186 5 si annonizza mediante l'alterna vicenda di due grandi partiti: il democratico ed il repubblicano. Ma il governo dei due iroperi féderali europei vuole grande abilità e disinvoltura nei gerarchi e nei loro ministri ad impedire secessioni e guerre civili. All'Austria non basta più il dualis1no, ovvero la concessione dell'autonomia all'Ungheria, la quale ora vorrebbe anche la separazione militare e l'abolizione della lingua tedesca nelle cose militari. Insorge la Boemia _nuova pretendente colla Moravia di ... BibliotecaGino Bianco
102 LA RIVISTA POPOLARE erigere una terza autonomia, la tcheca. Onde il ritiro avYenuto del ministro Taaffe intimo dell'imperatore e che per dieci anni avea corretto con grande successo il variopinto impero. Il profondo patriottisn10 germanico rivelato nella riscossa contro le- prepotenze del primo Napoleone ed esaltato dalla scienza, si fuse repente nella unità politica sotto la guida abilissima di Moltke e di Bisn1arck per salvarsi· dalla minaccia dell'impero francese, ed affrettatamente, senza costituente alla guisa dell'Italia, si strinse intorno al regno di Prussia e proclamò l' in1pero della Germania con Guglielmo I. Impero comprendente elementi diversi male conciliabili. Quali i ferventi cattolici della Baviera, i protestanti della Prussia, gli agricoltori della Baviera, del Baden, del Wiirtemberg, e gli industrianti della Slesia, della Pomerania, della Prussia. Che hanno idee ed interessi in conflitto che spesso si 1nanifestano nel Bundesrath e nel Reichstag. Il principe di Bismarck coll'abile minaccia della rivincita francese, seppe tenere insieme l'informe compagine federale e farle tollerare l'eccesso degli armamenti e delle imposte corrispondenti, ma il di lui. successore Caprivi ora non può giocare con eguale successo con quella 1ninaccia, onde i socialisti, e specialmente gli agricoltori n1eridionali rìgettarono le proposte di balzelli sul vino e sul tabacco che doveano' concorrere a raccogliere i cento milioni di ' marchi necessari alle spese per la nuova legge militare. Il dualismo germanico fra agricoltori ed industriali manifestasi ora più vivacemente per l'approvazione nel Reichst~g del trattato di commercio russo-germanico. Quel trattato che segna un passo notevole verso la libertà commerciale e verso la pace e la federazione delle nazioni e dei popoli, minaccia di scaricare nella Germania molta copia della segale, del frumento, dell'avena della Russia meridionale, dandole in compenso agevolezze per la esporBiblioteca Gino Bianco
LA RIVISTA POPOLARE 103 tazione di ferro, di acciaio, di macchine, di chincaglierie, di tessuti dalla Germania nella Russia. Onde se ne allarmano gli agricoltori della Germania meridionale già danneggiati per la introduzione di prodotti dell'Ungheria e della Rumania pei recenti trattati, e se ne consolano gli industrianti settentrionali preveggenti maggiore rìcerca dei loro prodotti, ed abbassamento del· prezzo delle sostanze alimentari onde freno all'aumento delle n1ercedi degli operai. Da questo dualismo d'interessi originarono profonde discussioni degli economisti e dei produttori. Brentano sostenne che dal r 860 la Germania cessò di essere prevalentemente Stato agrario per entrare gradatamente nella sfera degli Stati industriali cbe devono quindi applaudire al trattato colla Russia. La popolazione della Germania ora aumenta quasi di mezzo milione all'anno, e dal r 87 o aumentò di otto milioni. Onde la Germania che già dal r 87 2 dovea importare settanta milioni di quintali di segala e sessanta di frumento sempre più avrà bisogno di grano estero, ad onta de' suoi mirabili progressi nella intensità della coltura. Che le concessero di limitare gli spazi di coltivazione a cereali, per estendere la coltivazione delle rape zuccherine tanto che ora ne cava un valore di duecento cinquanta ·milioni di • franchi di zuccaro, e quella dei luppoli per la birra della quale ne produce cinquanta milioni di ettolitri. Aumentò anche notevolmente i prodotti di mele, di patate, d1 legumi, di bestiami lattiferi e di latticini. Perciò l'invasione dei cereali russi non offenderà tanto quanto immaginano gli agricoltori tedeschi, ed alla fine il trattato germano-russo verrà accettato dalla maggioranza del Reichstag, e sarà un pnmo passo verso la sosta negli armamenti e verso quel disarmo che ora è diventato una necessità imperiosa.. G. RosA. B bliotecQ Gino Bianco
104 LA RIVISTA POPOLARE UNALETTERAD_lENGELS I Ci duole di non poter riprodurre integralmente la lettera del vecchio illustre compagno di Marx, ma ne daremo un preciso riassunto. In essa egli descrive la situazione in Italia: descrive ciò che la borghesia ha fatto di male, e ciò che non ha saputo o voluto fare, dopo i sacrifici in nome dell'unità nazionale; descrive le condizioni del popolo lavoratore, che, oltre ai mali dell'epoca presente, deve sopportare una lunga serie di inali ereditari. Onde la crise che ci conduce all'ignoto. Il partito socialista, egli dice, è troppo giovine, e non può sperare nella vittoria immediata delle sue idee; quindi, a suo avviso, o un Ministero in mano di radicali o repubblicani, o, in caso di rivoluzione, una repubblica borghese. « Dal '4 8 in poi, la tattica che ha portato i maggiori successi ai socialisti fu quella del Manifesto dei comunisti: « I socialisti, nei vari stadii attraversati dalla lotta fra pro- « letariato e borghesia, difendono sempre l'interesse del « movimento generale ... : .lottano bensì per raggiungere t scopi _i1nmediati nell'interesse delle classi lavoratrici, ma ~ nel moto presente rappresentano eziandio l'avvenire del « movimento ». - Essi pigliano dunque parte attiva in ciascuna delle fasi evolutive della lotta delle due classi, senza mai perder di vista che queste fasi non sono che altrettante tappe conducenti alla prima grande meta: la 1 Vedi la Critica sociale, 1° febbraio 1894. BibliotecaGino Bianco •
LA RIVISTA POPOLARE 105 conquista del potere politic·o da parte del proletariato, come mezzo di riorganizzazione sociale » • I socialisti devono co1nbattere per i vantaggi in1mediati nell'interesse della classe operaia, devono accettarli come acconti. ( Perciò essi considerano ogni movimento rivoluzionario o progressivo come un passo nella direzione del loro proprio cammino; è loro missione speciale di spingere avanti gli altri partiti rivoluzionari_; e, quando uno di questi trionfasse, di salvàguardare gli interessi del proletariato » • Questa tattica non perde mai di vista il gran fine, e risparmia disillusioni ai repubblicani o ai socialisti sentimentali. Avvenga un cambiamento nell'indirizzo del Governo in senso liberale, o una repubblica borghese, che Marx chiamò la sola forma politica nella quale la lotta fra proletariato e borghesia può avere una soluzione, la nostra sfera d'azione, l' Engels scrive, sarebbe ampliata, e così la nostra libertà. Saremmo collocati in un ambiente favorevole. E noi, repubblicani, non borghesi affatto, ma ritenuti t_ali dall'altrui spirito di parte, pensiamo in questo come l' Engels. E gli faremmo torto se citassimo anche alcuni brani di seri tti del borghese Mazzini, che affermava chiaramente non augurar repubbliche borghesi all'Italia. Come sono strani i giudizi degli uomini! Mazzini, gridato bor- . ghese ai quattro venti, non vuol saperne di repubbliche borghesi, ed Engels assicura ch'esse sono per i socialisti un ambiente assai favorevole, e cita a proposito l'autorità dello stesso Marx. Ma con l'illustre socialista però andiamo d'accordo quando egli reputa che il più grande degli errori è l'astenersi del partito socialista nel movimento rivoluzionario, e il limitarsi, rispetto ai partiti affini, ad una critica puraBiblioteca Gino Bianco
106 LA RIVISTA POPOLARE mente negativa. « Potrà arrivare il n1on1ento, egli afferma, nel quale sia dover nostro cooperare con essi in modo positivo » • È una giusta e franca risposta al partito dei lavoratori italiani, che, anche recentemente da parte di un centro importante ripeteva ch'essi aspirano all'unione e all'organizzazione, ma solo del partito stesso; è una giusta risposta all'atteggiamento riluttante a concordia del partito socialista; è una rettificazione saggia delle deplorevoli' dichiarazioni esclusiviste fatte al Congresso di Reggio. Ma l' Engels continua, è vero, diffidando dell'opera e e delle promesse dei repubblicani; e in questo egli giudica troppo assolutamente. Vi hanno repubblicani e repubblicani, in Italia e fuori; in Italia, più assai che in Francia e in Ispagna, v' hanno repubblicani che nelle idee e negli atti sono per lo meno atditi quanto i socialisti. Non bisogna certamente, guardando le cose da Londra, giudicare solo il manipolo parlamentare dell'Estrema Sinistra, nel quale alcuni fluttuano soventi, e non si sono ancora staccati dagli ultimi baci della Circe monarchica. I repubblicani 'd'Italia hanno innanzi a sè il tipo onde eran foggiati i repubblicani del '49 in Rorna. L' Engels avverte che i socialisti sono tenuti a sostenere ogni 1novimento popolare reale., a non sacrificare invano il loro nucleo appena forn1ato, e a non lasciarsi decimare in isterili sommosse locali . .Ma se il movimento è nazionale, egli dice, i socialisti non staranno nascosti, e parteciperanno, come partito indipendente, alleato per il monzento ai radicali e repubblicani, , ma da essi distinto. Non sarà per essi che una tappa guadagnata, una nuova base di operazione per conquiste ulteriori. E così sarà, illustre uomo, anche per i repubblicani che la pensano come noi, e non sono pochi e vieppiù BibliotecaGino Bianco
LA RIVISTA POPOLARE 107 ne aumenta il numero, chè tutti move e sprona la necessità presente, la scienza che sempre· cammina, e il doloroso gemito infinito delle innun1eri vittime della miseria. Dopo la vittoria, dice l' Engels, i socialisti formeranno la nuova opposizione progressiva, che aspirerà e spingerà a nuove conquiste. Noi pure, repubblicani, ascriveremo ad onore d'essere inscritti nelle file di quella opposizione. Egli dice che il pericolo maggiore pei socialisti, con1e già fecero Ledru Rollin, Louis Blanc ed altri, sarebbe quello di condividere la responsabilità del Governo, e quindi, come nel '48, condividere la responsabilità di tutte le infamie e i tradimenj, di fronte alla classe operaia, com-. messi dai più fra i repubblicani puri (?). E noi anche in ciò siamo con lui. Anzi diciamo che i socialisti, cominciando da Louis Blanc, non un giorno solo avrebbero dovuto condividere quella trista responsabilità. Noi abbandoneremmo qualsiasi dei nostri amici che un dì potesse essere complice di simili iniquità. Che cale a noi che ondeggi ai venti la bandiera repubblicana, quando all' ombra sua si rinnovino i misfatti di governi assoluti o falsi? L' Engels, l' uo1no che sa delle cose italiane più di quanto rnolti di noi ne sappiano, il più illustre rappresentante del socialisn10 scientifico nel mond9 dalla morte ~i Marx, ha dunque risposto così a chi lo interrogava sul contegno del partito socialista. La Critica sociale crede che abbia risposto in modo esauriente, e crede pure d'essere in accordo con lui. Ma lo è stata ella sempre? Lo è davvero oggi il partito socialista? Se lo è, lo dimostri; anzi, con l'esempio, lo provi. C'è un campo comune ove lottare. Altrimenti si corre il rischio d'essere tagliati fuori del movimento, isolati e disorientati. Una recente corrispondenza di Zolfanello alla Critica sociale cosi avverte; confessa che la condotta dei I Bibt1oteoa Gino Bianco
108 LA RIVISTA POPOLARE socialisti sin qui è stata in gran parte sbagliata; fa voti per l'alleanza coi partiti affini; consiglia di liberarsi da ogni dommatismo. Ma la Critica sociale sostiene non essere cosa sensata il disinteressarsi della «repubblica» ; però non crede, a giustificazione del proprio atteggiamento claustrale, che si possa fare alleanza coi partiti repubblicani, ora, in Italia, mentre i radicali danno esempio di flaccidezza e di decadimento. Ma, aggiunge la Critica, in astratto possiamo figurarci alleanze possibili ed anche ne- · cessarie. Liebknecht disse a Zurigo che « nella tattica non v'è nulla di assoluto: tutto è mutabile colle circostanze» . Allora, se domani, non solo i repubblicani, che non hanno vincoli se non col progresso e coll'avvenire, ma tutti i radicali stessi, sciolti dai lacci parlamentari, pronti a propositi virili e arditi, pronti a formar davvero quel fascio di resistenze e di iniziative rivendicatrici della sovranità nazionale, come si deliberò nella riunione tenuta qui il 18 del mese corrente, ampliando il numero degli adepti, con ancora più larghi concetti riguardo agli uomini e alle idee, procedessero ancora più direttamente alla costituzione di quello Stato che non deve rappresentar più o meno questa o quella parte, ma il diritto popolare nella sua estensione e integrità, noi potremmo vedere in realtà quell'alleanza cui accenna l'illustre uon10. Non ci move all'augurio il desiderio della confusione delle idee o il desiderio di una vana popolarità. Sovra la parte è la patria, è sovra tutto l'umanità che ogni patria in grembo accoglie. È il pensiero delle miserie sociali che . c1 move. Nell'accennata riunione udendo alcune parole del socialista professor Labriola, acutissimo ingegno, noi assentimmo ben volontieri alle sue riflessioni intorno ad un'enunBiblioteca Gino Bianco
LA RIVISTA POPOLARE ciazione della inutile filastrocca delle piccole riforme sociali; e, pure riservando il nostro giudizio sull'apologia da lui fatta del « partito socialista », approvammo quando egli disse di non appartenere al numero di quei socialisti di cartapesta, oggi però diminuiti assai, che parlano con disprezzo della politica e aguzzano gli strali contro la repubblica, anche quando questa non c'è, come in Italia. Egli aggiunse che aveva ferma persuasione che il partito socialistico italiano si trasformerà in tal senso. La sua voce pareva l' eco della voce di Engels. E quando accennò alla repubblica, disse: non dubito che qui segga nessun democratico che non sia per lo meno repubblicano. La riunione tacitamente assentì. Gli altri socialisti presenti e i repubblicani. trovaronsi uniti nello stesso concetto. La buona volontà dei più farà il resto, _farà quello che la piccola riunione iniziò: le circostanze sempre più gravi dell'oggi sproneranno alla concordia degli intenti come a dovere supremo, e faranno superare i limiti che ad alcuni sembra possa aver posti alla comune azione l'ordine del giorno approvato. A. FRATTI. LENUOVEIMPOSTE Il programma finanziario ~sposto con freddezza e con franchezza dall' on. Sonnino è già stato giudicato dagli stessi amici suoi, dagli organi ufficz'osi, dagli organi avversari, da tutti, da radicali e da moderati, come un triste sogno passato per la mente di un preteso finanziere. Un giornale di Napoli scrive: « Niuna idea organica gli ha illuminato lo spirito. Dopo tanti anni di alchimia, questo misantropo non ha saputo offrire che una spaventosa collezione di vescicanti». Un Biblioteca Gino Bianco
I I O LA· RIVISTA POPOLARE altro giornale, pure dì Napoli, che sa di ufficioso, assomiglia l' on. Sonnino a un medico che prescrive una cura che uccide l'infermo. Nel paese serpeggia la protesta e lo sdegno. Già si promove, spontanea, un'agitazione. Già essa sorge anche dal seno di Consigli comunali. Nè si può arguire quando e come finirà. Povero nostro paese! Dopo essere stato maltrattato in mille modi, dopo essere stato derubato e disonorato, forse s'illudeva che non avessero avuto l'audacia anche di togliergli le estreme risorse. Gl' ingenui ridicevano le promesse di certo discorso reale, rammentavano le parole di ministri, di senatori, di deputati. Avevano sentito a dire che la trasformazione dei tributi era condizione di sociale equità, che iì paese essendo stremato bisognava far sosta nell'aggravarlo, che il gettito delle imposte vieppiù diminuiva, che era duopo limitarsi a falciare nel campo delle economie. Anche gli ingenui non crederanno più ad alcuno. Si fanno elogi della rude franchezza dell'on. Sonnino. Forse è stato questo il solo merito suo, sebbene il pessimismo finanziario, che è in voga, non aggiunga nulla, anzi tolga qualche cosa al <leficiente credito dello Stato, e faccia sospettare che si sia ampliato lo spettro del disavanzo per evitare probabilmente alcune economie, ad esempio, quelle poche e scarse sul bilancio della guerra, cui si è appena osato dare un lieve colpo di scure. Del resto, l' on. Sonnino ha seguito, modificando ben poco e aggiungendo molto e male, il sistema già seguito dall' on. Perazzi. La sua preoccupazione sola e continua è stata per il pareggio del bilancio dello Stato, senza la minima preoccupazione del bilancio na- ·zionale. S'egli ha accennato all' e'senzione delle quote mm1me dai nuovi inasprimenti, ciò indica soltanto un salutare timore, rapido come un attimo, di far sì che gli si sollevi contro l'irrefrenabile onda del malccntento popolare. Ma però, poco dopo, egli accennò all'odioso e dannoso aumento della tassa sul sale. Non hanno dunque valso nulla nè i discorsi dei dotti fuori e dentro la Camera, nè i consigli della scienza, nè le antiche popolari proteste contro l' iniqua tassa. L' on. Sonnino ha dimostrato chiaramente che non si escirà dal vecchio solco della proporzionalità, che è un progresso m senso inverso, nell'applicare nuove imposte. Alle economie egli ha domandato una quota assai scarsa, e, può dirsi, addirittura irrisoria quella eh' egli ha proposto sul bilancio m1BibliotecaGino Bianco
LA RIVISTA POPOLARE I I I litare. Al re, perchè ceda qualche milione sulla lista civile, nulla si è chiesto. Il paese ha già preso nota di tutto. L'operazione sui capitali del fondo culto ripete in altra forma quello che fece il Ministero passato con la Cassa depositi e prestiti a proposito delle pensioni, e che il nuovo Ministero aggrava con la consolidazione delle somme sborsate allo Stato in conto corrente, da restituirsi nel lungo periodo di cinquant'anni. Si tratta degli ultimi organi'smi che avevano resistito al saccheggio e che oggi si apparecchiano alla completa liquiàazione, creando così una maggior probabilità di disastri al paese. Come la Cassa depositi e prestiti non dispone che di somme di terzi, così il fondo culti non rl}ppresenta da un lato che gravi impegni assunti dal Parlamento, ai quali non si dovrebbe venir meno, e dall'altro capitali spettanti ai Comuni, ai quali è devoluta la liquidazione completa. Gravissima poi è la proposta (e in sè racchiude un'incognita) del1'operazione dei biglietti di Stato a corso forzoso, da servire anche come fondo di riserva alle Banche in equivalenza dell'oro che manca. La speranza che alla trasformazione tributaria si debba provvedere soltanto quando sarà accresciuto il gettito delle imposte, è una· vera ironia, è un dileggio, mentre i nuovi aggravii, indebolendo tanto pitt la complessione economica del paese, anzi intisichendola, potranno affrettare la discesa, non mai la ripresa degli introiti erariali. L' on. Sonnino ha annunziato che propone i due decimi sulla fondiaria in compenso del dazio doganale sui grani. Si avrà un minimo bene fo~se da parte dei proprietari agricoli, che però non ricompenserà certo il danno assai più grave. Ma poi i proprietari· di vigneti, di uliveti, di boschi, di prati, ecc., pagheranno più caro il grano e insieme la fondiaria. La tassa sull'entrata sarebbe buona in sè, ma non ci sembra che ella porti anzitutto il carattere della vera progressività, e non esclude il timore eh' ella sia un rincrudimento di valori già da altre imposte colpiti, n:i,entre il criterio da ·cui la si vorrebbe desumere lascia aperti i cancelli affinchè molta parte dei grossi redditi sfuggano ad un'equa e proporzionale contribuzione. Questo ed altro si potrebbe dire, anche sei:i-zabramosia di criticaré, poichè conosciamo troppo le tristi condizioni presenti a cui ci han ridotto i nostri signori, e vorremmo pur 1101 che al povero stato della naz10ne si provvedesse . .Er b11oteca G. o 1anco
\ I 1 2 LA RIVISTA POPOLARE Invece così si spegnerà l'ultima speranza del risorgimento economico, si renderà più odiosa la tirannia del fisco, si prepar~ranno altri giorni di dolore alla patria. L' on. Sonnino finì la sua esposizione gridando: Dio salvi la patria I come gl' Inglesi gridano: God savt the Queen I È come il solito appello al vecchio stellone che tramonta. Se Dio vorrà incaricarsi delle misere cose nostre, ne avrà per molto tempo, solo indagando gli scandali bancarii e tutta la circostante corruzione e giudicandone, prima di accingersi al minuto e intricato lavoro della contabilità e della finanza. Ma poveri, ben poveri quegli uomini di Stato e quei popoli che ricorrono a Dio dopo lunghi anni di sciopero e di sperpero! Uno solo dev'essere il grido: l'Italia salvi l'Italia I TESSALO. LEFONTIDELL'ANARCHIA I Non sono settario. Non appartenni, ne apparterrò mai, a società pubblica o segreta qualsivoglia, non già perchè io non intenda i vantaggi che il principio di associazione può recare alla diffusione di una idea buona o creduta buona; ma perchè, massimamente in Italia, le associazioni tutte quante, e in particolar modo le politiche, quelle rare volte che trovansene in buona fede, hanno fati infelicissimi. Tutte, dal più al meno, sono viziate, spesso al primo nascere, dal baco della vanità e dell'interesse personale, dalla tarma della chiesuola e del campanile, dall' afidio dell'accademia e della rettorica, dal cisticerco del domma lentamente e fatalmente inoculantesi sulle pitt ampie e ardite dichiarazioni di libero esame. Le quali finiscono col far posto compiacente a restrizioni ed eccezioni d' indole affatto contraria, in nome, già si sa, della conciliazione . e della pit1 rapida propaganda. Si comincia giacobini, in somma, e bel bello si finisce preti. Non e' è ombra di esagerazione in quello che scrivo. Chiunque segua imparzialmente e attento i progressi di un istituto qualsiasi, 1 Accogliamo ben volontieri questo arguto e brillantissimo articolo del va• lente nostro collaboratore, pure non convenendo in alcuno de' suoi giudizi i. (N. d. D.) BibliotecaGino Bianco '
LA RIVISTA POPOLARE 113 purchè organato a sodalizio nelle forme solite, m1 darà necessariamente ragione. Ciò vediamo avvenire in un giornale politico, in una società scientifica, in un istituto_ magari di beneficenza, che sono focolari di azioni e di idee non certo soverchiamente estesi nè vivaci: figurarsi, poi, in un dicastero, in una parte politica, in un municipio, nel Parlamento intero, nel sancta sanctorum di un governo! Al che, subito, si obbietterà : - .Badate, è colpa degli uc,mini, è destino di tutte le cose umane. - Come se ci fossero angeli, e come se ci fossero cose divine. No: la colpa sta nel sistema, già decrepito, e però tanto vezzeggiato, delle rappresentanze- e della delegazione. Siamo pieni, così da averne piene le tasche, di parlamentini. Ora, quelle brave persone dei signori rappresentanti si trovano bene, quegli ottimi diavoli di delegati stanno benone: quelli che stanno maluccio sono i poveri rappresentati, i deleganti tre volte buoni e, diciamo pur sempre tutta la santa verità, tre volte pigri e tre volte ignoranti. Io non nego che, a' tempi andati, le società, specie segrete (compresa vi quella del G. A. D. U.), facessero buona e vigorosa opera di rinnovamento e di rivendicazione: questo nego, che la possano fare ancora. La prova migliore di quanto affermo è lecito a tutti di scorgerla nella decadenza, nella degenerazione fatale di codesti istituti, colossi da' piè di creta, veri sepolcri imbiancati, cui i governi e i preti fingono di temere orribilmente, molto più che· gli aggregati hanno la debolezza di credersi sul serio diversi affatto dagli altri llOmini. Tanta è la possanza del rituale, e tanta parte è questo di tut~i gl' istituti politici e religiosi, anzichè sociali, onde fu sino a' dì nostri funestata .l' umanità! Una poi tra le ragioni principali, perchè tutti i centri di deposito autoritario, e pubblici e segreti, se ne vanno come gli antichi Dei, è da cercarsi nelle mutate proporzioni, sia di quantità, sia di qualità, de' partecipi. Oligarchici ed aristocratici, questi istituti, dominare con la forza poterono : democratici, se non ancora oclocratici, ed universali, ecco si sfasciano, non bastando con l' inganno a smrreggersi; sparisce il fiume nel mare, nè a lungo potranno rimanere distinte le acque. Cadono i riti, buffoneggiano i simboli, si squinternano gli statuti, fan crepe le leggi, i regolamenti fanno alzar le spalle, i codici fanno pietà : il popolo, eterna anima vile su la quale voglionsi fare sperimenti (s'intende, a fin di bene), st~epita impaziente negl'ipogei BiblioteGa Gino Bianco
114 LA RIVISTA POPOLARE dove ancora è tenuto « con affetto cli padre », abbatte porte e cancelli, atterra altari, e affacciandosi minaccioso, con lo scherno che in bocca famelica diventa crudele, chiede a' patrizi venerandi, a' secolari custodi, a' depositari del potere da troppo tempo irresponsabili: - Signori, a che giuoco si giuoca? - Brutalmente (libero all'onesto e arguto borghese di barzellettar sin che gli pare su questo avverbio), la questione sociale dell'oggi sta tutta lì. E qual' è mai l' imbecille che possa dar torto al popolo ? Ahimè, molti, pur troppo. Gli clànno torto quanti costituiscono le così dette « classi dirigenti», goffa denominazione di cosa anco più goffa e odiosa. Perocchè, con tutto l' infinito numero di franchigie e di libertà d'ogni razza e d'ogni colore, che, dicono, noi abbiamo; nonostante tutte quelle variazioni che si ricamano con sì amena sfacciataggine, 0gni giorno, su le coloni1e delle gazzette borghesi (e quale non è ?), come dentro le aule parlamentari, intorno alla libertà di parola, di riunione, di stampa e di credenze, intorno alla ripartizione coscienziosa degli oneri, intorno alla eguaglianza dei diritti dell' uomo, e chi più n' ha più ne metta; la verità notoria e palmare è, che la legge, notisi bene, la legge, per quanto lo far.eia di straforo, indirettamente, come vergognandosene, e qua e là contraddicendosi, ricorrendo alla perifrasi, alla reticenza, imp2ppinandosi a volte peggio di una collegiale, la legge, dicevo, riconosce e sancisce la differenza delle << classi sociali », soprattutto là dove maternamente non vorrebbe (e paternamente, intanto, punisce) che si odiassero tra loro. Tal quale, come nel pit1 bel fiorire del medio evo, che i libri di testo insegnano a' nostri ragazzi finito e sepolto da un pezzo. Ma, se non altro, le << classi dirigenti .. di allora non aveva.no l' ipocrisia di atteggiarsi a liberali. Si dicevano quel che erano: la forza. Stat pro rationt voluntas. A codesta patina farisaica di liberalismo, in realtà, si è venuta riducendo a mano a mano pressochè tutta l'opera della massima tra le ·rivoluzioni sociali, cioè la francese : ed è molto edificante il seguire via via il processo di elegante e fiorita diffamazione intentato a' fatti e agli uomini di quella rivoluzione da' << ben pensanti » del secolo che sta per morire. Gli << uomini d'ordine» del secolo XIX hanno un po' trattato la Rivoluzione Francese, come i gesuiti papa Ganganelli e l'Austria il duchino di Reichstadt. Sta bene, dice J acques Bonhomme; ne faremo un' altra. BibliotecaGino Bianco
LA RIVISTA POPOLARE 115 E l'ora pare che sia venuta. Io comprendo perfettamente che ciò possa recare un dispiacere grandissimo a più di un'egregia persona, la quale non dimanderebbe altro se non di continuare a papparsi in santa pace le opime rendite che nè a lei, nè al padre, nè al nonno e neppure al bisnonno costarono un giorno solo di sudore o di pensiero; o il lauto stipendio, tanto più lauto (ma vedete un po' che « luoghi comuni» !) quanto minore è il lavoro utile di chi lo intasca. Comprendo benissimo, che l' impronta, economicamente e socialmente più estesa e più radicale a gran pezza, della rivoluzione che si fa innanzi a dispetto di tutti i tribunali militari e di tutte le ghigliot~ine del mondo, spaventi a dirittura le vittime designate, e faccia perdere la testa, non solo a' Ravachol e a' Vaillant, ma e a quella miserevole accozzaglia di agenti che noi, al solito, deleghiamo perchè ci salvino ... le istituzioni. Ma che farci? Do stielat; Quel facinoroso di popolo, di popolaccio, di gregge plebeo, la « vile moltitudine » in somma, sente, in tutta Europa e persino in America, il naturale, onesto, umano, legittimo desiderio di cominciare a governarsi un pochino da sè. Nè questo è desiderio poi tanto strano, o tanto nuovo, che possa far credere a qualche sottoprefetto in buona fede di trovarsi in conspetto di una commissione di petrolieri senza più. Niccolò Machiavelli, i cui libri saranno proibiti dalla congregazione dell' Indice, ma non sono ancora dal Regio Governo, vagheggiava sin da' suoi tempi un reggimento, sul quale potessè il popolo avere lt mani,- il che non vuol già dire rubare, come disgraziatamente par che •facciano que' « ben pensanti », quelle « teste equilibrate », que' ~ cervelli organici » de' nostri onorandi commendatori e gran cordoni ; ma sì, non lasciarsi rubare. Dico bene, signori « uomini d'ordine » ? Ora in questo desiderio, che, in fine, nessuna forza al mondo può . ; loro contendere, se non quella della loro ignoranza o della loro ignavia., i popoli d' Europa, con varietà di atti e di metodi imputabUe a quella delle civiltà e delle condizioni politiche ed etnografiche, sono ornai concordi e affratellati per modo, che a' governi è fatta urgente necessità d' intendersi e di unirsi palesemente, e con palese paura; proprio come i bissonti e i serpenti e gli altri animali delle praterie americane, ct,1i il fuoco si va cacciando avanti oblio.si, fin che dura il pericolo, di recarsi danno. Tuttavia, questa concordia e questa fraternità de'· popoli sono, chi bene osservi, molto più apparenti che non reali, molto più decantate Bblioteça Gin9 Bianco
rr6 LA RIVISTA POPOLARE su per le gazzette ingenue e pe' libri e opuscoli di parte, che non affermate co' fatti: anzi, su questo reale disaccordo, onde spesso originano vere contraddizioni e antinomie che paiono inesplicabili, ma nel quale vuolsi riconoscere il segno distintivo, sebbene le piìi volte inconscio, di tutta l'opera anarchica, non mancano i conservatori borghesi di fare, tra un' insolenza e l'altra, lor grandi gazzarre. Nè la ragione è da credersi stia tutta nella vecchia e spaventevole elefantiasi del pregiudizio patriottico, inoculata dal giure romano, sfruttata con mirabile sagacia da monarchi e governi, e inciprignita vuoi dalla concorrenza tra i nomadi schiavi moderni, vuoi dal sempre crescente (perchè in _fi"neveloci01-) militarismo. Sì bene, e in gran parte, risiede in quella profonda e logica persuasione, maturata nel pianto e tra miserie che non han nome, produttrice però inesorabile e fatale di pianto, la quale si è venuta da non molti anni impossessando del cervello degli oppressi meno- ignoranti, meno paurosi e pit1 riflessivi: occorrere assolutamente, cioè, alla buona riuscita di ogni sociale rivendicazione, al trionfo di ogni sociale riforma, due condizioni, che sono per verità dolorose e terribili, che agli evoluzionisti in buona fede, a' conservatori onesti (e ve n' ha) propensi a « concedere qualche cosa», parranno l'abominazione delinquente della desolazione mattoide : - lo sporadismo e il terrore. ( Continua). PAPILIUNCUL US. PREGANO I BIMBI Dice la mamma buona: - Ft'gli mzez, · prima d'andare a letto, Iddio pregate,· - e i bimbi s'inginocchiano, devoti~ intorno a !et', le man giunte, le bionde testoline inclinate, e pregan, con la madre, a bassa voct: - Dio di giustizia e di bontà, che il Figlio tuo mandasti fra noi, che permettesti in croce morisse - egli, il Divino! -per trarci da l'artiglio BibliotecaGino Bianco
LA RIVISTA POPOLARE del Male, per redimerci da l'onta del servaggio e guidarci a libertà, odi la voce nostra, che dal cuore s'impronta, e che è voce di tutta l' aiflitta umanità: odi, o Dio, Padre nostro,- odi: lo spirto del Male ha trionfato anche una volta,· vedilo: ne gli artigli suoi tiene il mondo, ed irto s'erge su i nostri corpi sfracellati e la stolta sua Legge impone.... Vedi, come è fatta un inferno 1-la terra,· non giustizia pei poveri, non pane per la plebe disfatta da la fatica enorme,- ma nequizia, nequizia dovunque. I ricchi si prendono tutto, tutto è pei ricchi, pei ricchi che cuore non han verso i fratelli, verso i grami che il lutto portano di lor sorte ne l'anima e l'orrore. Chieggon pane e giustizia i derelitti, ed han catene, ed hanno piombo, ed hanno, ahimè I la morte.... Cadono te invocando, t trafitti, te, Dio santo, Dio giusto, che negare non sanno I Tu li ascolta I Pietà pei padri nostri, e le madri, per noi, pei sofferenti. Tu ci salva, ci libera tu dal Male, da i mostri ehe ne le nostre misere carni affondano i denti .... Rimanda in terra il Figliuol tuo, rimanda tra noi Gesù,· che venga U Redentore I - Questo i bimbi domandano a Dio, questo domanda a Dio la mamma buona: che venga il Redentore I I I 7 GOLIARDO Il. BibliotecaGino Bianco
11S LA RIVISTA POPOLARE ILLAVORODEIFANCIULLI I Siamo lieti di scn vere alcune parole sull'opera del nostro gioavne amico dott. Brizi, della quale già facemmo un cenno prima che fosse data alle stampe. L'argomento ch'egli ha trattato. per tes.i di laurea è della più grande importanza, specialmente in una terra come la nostra, nella quale vivono a stento, fra mille e mille durezze e privazioni, circa quattro milioni di fanciulli indigenti inferiori ai nove anm, e dove molti di essi sono trattati peggio che le bestie. Non vi hannoJarusi soltanto in Sicilia. Il giovane scrittore ha svolto l'arduo tema con animo libero, non mai impacciato da pastoie scolastiche, ed ha espresso i propri concetti politici e sociali senza alcuna esitazione, con onesto e vivace ardire. ' E cotesto un bell' esempio dato alla gioventù dei nostri Atenei. Un giovine ventenne che non posa un istante, assetato di scienza, invaghito del suo soggetto, soddisfatto della schietta approvazione degli amici ben pii.1 che di speciali onori, s'accinge all'opera e non s'arresta sino a che non abbia pubblicato con molta cura in elegante e nitida edizione il suo primo studio giovanile. E subito appresso egli pensa ad altra simile opera per quel che riguarda il lavoro delle donne: esempio ai giovani che non bisogna fermarsi e riposarsi non appena si sia ottenuta la laurea, come se questa fosse la meta. Il lavoro del nostro amico è scritto in forma popolare. Vi potrà essere qua e là qualche menda nello stile: talora egli sarà abbondante e sup_erfluo invece d'essere preciso e conciso, ma nello insieme il suo volume è importante e utilissimo, sì che può dirsi una vera e propna monografia. Egli tratta della questione sociale anzitutto, e non si limita solo a criticare le leggi sul lavoro dei fanciulli. Tratta a lungo delle mac1 Dott. LUIGI BR1z1, Sociolo~ia - Il lavoro dei .fanciulli. Perugia, tipografia Umbra, 1893. BibliotecaGino Bianco
LA RIVISTA POPOLARE 119 chine, nassume i dati statistici delle malattie e delle morti, considera la questione sotto i vari punti di vista dell' igiene, dell'economia, del1' industria, della politica, del diritto, dell'educazione; analizza le legislazioni estere, tesse rapidamente la storia della nostra, e critica, a ragione, la legge italiana del I 886, che pare fatta da un industriale egoista e da un industriale applicata e vigilata. ~ Raccomandiamo l'utile opera ai nostri amici, che con modica spesa possono farne acquisto. L'argomento è di una grande attualità dolorosa. Fra l'inerzia del Gov~rno e l' indiffe.renza nei più, è ovunque un fatale abbandono dei poveri bimbi alla ventura. Molti periscono infranti fra le macchine; molti, asfissiati nelle miniere. Non vi hanno in queste e negli opifici strumenti di tortura, ma il lungo lavoro e la mancanza d'aria, di luce, di moto, .schianta in quelle solitudini le costituzioni più sane e ca- . . giona la morte o malattie gravissime. Dovrebbero essere quei piccoli operai un dì gagliardi difensori della giustizia umana, e invece sono mietuti dalla morte precocemente, o vivono a stento, rachitici, storti,' esili, malaticci. ' Il Loria testè diceva che tra i fanciulli ricchi. la mortalità era del 4 per_ cento, e tra i poveri del 28 per cento; fatto ben doloroso e triste. Il nostro giovine autore tratta con grande corredo di citazioni il pietoso argomento; egli ha studiato più di cento opere sulla soggetta materia. Con grande energia confuta le pretese ragioni degli industriali che temono per i loro guadagni, e condanna il Governo per la sua continua trascuratezza. È bello che i giovani studenti italiani veglino per i molti che ' dormono e vegetano. E bella cotesta nova primavera degli intelletti. È bello il trarsi. dalle vaghe astrazi~ni e scender nel campo delle leggi e dei costùm_i, pensando ai possibili istituti del domani. Il giovine nostro amico ha scritto un'opera davvero· buona ed utile. Gli saranno assai grati i socialisti compagni suoi, come i repubblicani, de' quali egli è, più che alleato, amico, anzi tutti gli uomini che hanno cuore e senso di giustizia. A. F. Biljlioteca Gino Biancq
120 LA RIVISTA POPOLARE GIUDIZDI IUNACCADEMICO SULLA STAMPA PARIGINA A Parigi, il signor Brunetière, eletto di recente membro dell' Accademia e nuovo direttore della Rtvut dts deux Mondes, ha fatto un discorso che è uscito fuori dalle solite banalità. Egli, dovendo fare l'elogio del suo predecessore signor Lemoine, che fu distinto giornalista, fece una critica acerbissima dei giornali. Si può bene immaginare il chiasso sollevato in un paese dove la ' stampa è tutto. E scoppiato da tutte le parti un coro di anatemi contro contro chi ardì ribellarsi alla padrona dell'opinione pubblica.; soltanto i Débats lodano l'oratore. Il signor Brunetière non è vecchio, ma egli non seguì le evoluzioni della stampa negli ultimi tempi. Egli vorrebbe, come nei Débats, articoli lunghi e notizie brevi, con dommatico stile e lingua classica. Ma invece ora tutto è cambiato. Il pubblico vuole articoli brevi e notizie molte, minute, commoventi e sorprendenti, anche se false. La moda venne dagli. Stati Uniti; fu subito seguita dal Matin e dall' Éclair, che scalzarono subito le tradizioni patriarcali dei vecchi giÒrnali. Poi ad essi seguirono Rochefort e Cassagnac. Non più cortesia, ma stile veemente, tutto incisi, tutto ingiurie, tutto sale e pepe. I vecchi francesi, attaccati alle tradizioni, non ci si raccapezzano piì1 in questi neologismi, in queste forme rigide e imperiose, con le quali si punge, si sferza, si flagella a dritta e a manca. Il pubblico preferisce lo stile di Cassagnac, che ogni dì chiama ladri e assassini degni della galera quelli che non hanno le sue op1mom. Dieci anni fa le notizie arnvavano una volta al giorno, calme e meditate. Ora si danno prima che i fatti avvengano; i giornali, parlo dei più rumorosi, cominciano con la seconda edizione, seguita subito dalla settima ed ottava. La prima nessuno la vede mai. Le notizie più goffe si dicono date da un filo speciale o telefonate; per esempio un'aggressione italiana, uno sbarco a Tunisi, una imminente invasione di Tripoli. Unico scopo il fare effetto. Biblioteca Gino Bianco
f LA RIVISTA POPOLARE 121 Il sistema delle interviste è di gran moda. Molti giornalisti non avendo così idee proprie, se le fanno prestare. Vi sono però giornali che sanno accoppiare il metodo nuovo al vecchio; per esempio in America il New York Herald, eccellente esempio del nuovo sistema applicato con le forme corrette del- 'antico. Brunetière, uomo rigido, di temperamento aggressivo, di classici studi, tratta i giornali come Luigi XIV trattò il Parlamento. Nessuno osò mai trattare con tanto disprezzo la stampa parigina; egli però così seppe trarre la nota funzione per l'iniziazione all'Accademia dalla soporifera solennità che la caratterizzò sempre. V. I LIBRI NUOVI Rassegna letteraria della quindicina. IV. SOMMARIO. - CESCA. La reliKione della morale, I vol., Drucker, Verona - SCICHILONE. Educazione patriottica, I vol., R. Sandron, Palermo. La religione della morale, un libro di un centinaio di pagine del chiaro prof. Cesca, meriterebbe, per l'importanza dell'argomento e per i .pregi dell'esposizione, di essere lungamente meditato non solo dagli uomini di scienza, ma ancora da tutti quelli che son pensosi dell'avvenire della società civile, dai politici e dai sociologi non meno che dai filosofi. I passionati, in verità, cioè gli aprioristi impenitenti, per i quali basta applicare i sistemi e le forme simmetriche escogitate dai loro cervelli saturi di dommi, per vedere i fiumi scorrere lattemele, nulla troverebbero da apprendere; gli altri, cioè gli intelletti positivi, per i quali ogni riforma sociale deve iniziarsi dal di dentro dell'Essere e che non isperano la perfezione assoluta, ma un progresso relativo, acquisterebbero, con lo studio di questa operetta, I'ubi consistam per far leva all'umanità. L'autore, dopo un rapido cennp sulla formazione storica delle religioni, constata, analizzandone la J1atura, che tutte contengono un fattore metafisico, la teologia, ed un fattore essenzialmente umano, la morale. La teologia, dopo le rotte patite da tre secoli a questa parte, dalle scoverte delle scienze naturali e dalle innovazioni nei metodi di ricérca filosofica, non si regge più in piedi, e fra poco rientrerà nelle categorie del mito; il fattore emozionale, la morale, invece, è destiBibliotecaGino Bianco
122 LA RIVISTA POPOLARE nato ad estendersi tanto da formare da sè solo il contenuto di ogni religione futura. Nè i tentativi del neo-cristianesimo, tendenti a conciliare la scienza con la rivelazione, possono indurre un riavvicinamento fra la morale umana e la teologia, poichè il Cesca inconfutabilmente lo prova, ogni teologia deve necessariamente trasportare fuori della natura la base di quella, abbarbicandola ad una sanzione divina, mortificatrice di' ogni feconda iniziativa umana e rafforzatrice di un egoismo utilitario e malefico. Resta adunque, sciolta da ogni ceppo, la morale positiva ad incarnare il verbo della nova religione. Certo la salute della società civile sta tutta nella palingenesi della coscienza etica. Senza questo fondamento, tutti i sistemi, tutte le utopie non porterebbero altro frutto che quello di far retrocedere la civiltà ' verso la barbarie. E di là, dal di dentro, dalla conscienza, che deve principiare la riforma. Su questo punto calc:à\ l'autore ed argomenta, dall'instaurazione della morale positiva, una ragionevole e possibile risoluzione della questione sociale. . Non mi piace, a dir vero, e forse ho torto, la conservazione che egli intende fare delle forme esteriori di culto. Il Cesca non crede che la morale, spogliata in tutto da ogni abito prettamente religioso e ridotta allo stato di atmosfera, possa mantenere i caratteri di popolarità; e questa sua opinione, secondo me, è una pericolosa concessione a quel misticismo del quale non ci siamo ancora perfettamente guariti. Se il culto è la manifestazione di un sentimento mistico, se, per sua natura, è inchinevole a degenerare in ipocrisia, in formalismo, non so capire perchè si voglia conservarlo sforzando un altro contenuto d'idee a ripararvici sotto. Per me, volendo evitare la rigerminazione con altre foglie del materialismo religioso, bisogna aver il .coraggio di seguire intrepidamente i consigli della logica: o tutto ciò che si connette a quel morbo dello spirito è falso e pericoloso, e non se ne può tagliare un membro e serbarlo come ancora utile, senza che esso porti con sè la virtù di ricostruire il corpo dal quale fu scerpato, ed allora via tutto, spirito e corpo: o il fenomeno religioso conserva tuttora qualche parte di umanamente vero e vivo, ed in questo caso è utile non guastare dimezzando e tagliuzzando. Al tempio della perfetta redenzione delle coscienze non si perviene per sentieri, ma per vie larghe e diritte! Ben venga il sole della morale umana a riscaldare i nostri spiriti intirizziti dal domma, ma badiamo di esiliare questo in una plaga donde non possa più ritornare a noi con le vesti di amico! * * * . Intorno al difficilissimo problema dell'educazione nazionale, il professor Scichilone, provveditore agli studii in Ravenna, proietta, con questa sua opera, fasci di luce. Se il marasmo dello spirito non tenesse gli Italiani, essi dovrebbero meditare questo libro ch'esce dalla falsariga delle pubblicazioni del genere. Tutto vi è studiato con sì sicura conoscenza degli argomenti, con sì esemplare indipendenza di opm10m, con un piglio così simpatico di magnanimo disprezzo delle BibliotecaGino Bianco 1
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