LA RIVISTA POi>OtARÈ castello signorile, che sorgeva nel centro a1 questo stato o feudo, le contribuzioni che prima pagavano alle autorità governative o al fisco, e che in processo di tempo sempre più crebbero, vessandoli e tosandoli quanto più questi baroni rafforzarono il loro dominio, quanto più debole si fece sentire il potere centrale, quanto più essi furono alla mercè degli ufficiali che i feudatarii creavano per l'amministrazione del loro territorio. Crebbero i censi e i terraggi, le decin1e e le prestazioni, le angherie e i servizi: sempre più limitata fu la parte che foccò al colono, all\1suario; ma questi restò sempre sul suolo che era suo, nè il feudatario I1avrebbe potuto cacciare per istabi- · lirvi il suo esclusivo diritto di proprietà. Anche essi avevano un diritto, i buoni statuti, che la nequizia degli uomini alterò presto, con pesi gravissimi, con limitazioni progressivamente dure, e con un crescendo di maggiori servizi personali e reali e di altre simili gravezze eh~ avevano diritto in forza delle sovrane concessioni di ripetere i si- .. gnori dai loro vassalli. Passarono i Norrnanni, gli Angioini e gli Aragonesi, ma sempre così spartito restò il diritto sulla terra, tra il barone che ne aveva il dominio eminente e i coltivatori che vi esercitavano diritti di semina, di legna, di pascolo o di ghianda, diritti che le leggi riconoscevano, le consuetudini regolavano. Nè il succeders~ del_le dinastie e il mutarsi delle dominazioni modificarono questo stato di cose, cioè questa associazione, generalmente poco pacifica, di due diritti diversi sopra lo stesso suolo: e quando la Costituzione siciliana del 18 1 2 aboliva il feudalis,ino, i diritti di uso dei coloni s' intrecciavano con quelli di dominio diretto dei signori n'on altrimenti che nei primi tempi dell'occupazione normanna. Questa veramente non è solo storia siciliana; perchè la stessa promiscuità di diBibHoteca·GinoBianco
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