LA RIVISTA POPOLARE Veramente noi dovremmo lasciare che le altre riviste letterarie discorressero dell'opera del nostro amico·; ma poichè abbiamo la coscienza di aver dato qualche esempio d'imparzialità e forse di severità nel criticare i .lavori di coloro che con noi hanno comunione di idee e di aspirazioni, e ci proponiamo di non deviare, ci assiste la I speranza di non essere dai benevoli appuntati d'indelicatezza. Il Nabuco è, dunque, un poema drammatico. Le mie idee personali, in proposito, m' inducono a ritenere che il poema drammatico non sia pit1 acconcio a ricevere il pensiero moderno. Bisogna pei;suadersi di questa verità, che ogni tempo ha le forme letterarie proprie, e il nostro, raffinato a segno da ritorcersi ad una specie di misticismo scientifico, travagliato da tanti dubbi, affannato da tante cure, perplesso della sua stessa esistenza sociale, non può fare il miracolo di ridar anima e vita alla forma letteraria delle aurore storiche. Noi siamo in un tramonto caliginoso, e la lirica, il romanzo, la comedia, sono l'eco delle voci della natura in quest'ora: ogni altro tentativo nesce uno scavo archeologico. In seconda, io, per disposizione naturale del mio intelletto, penso che una letteratura che si mette a servizio d'intenti sociali, non sia più l'arte, ma il mestiere di lucidare il bene ed il vero, che non hanno che fare col bello artistico, il quale in un certo senso soltanto è la trasfigurazione di quelli; e però provo una ripugnanza istintiva, infrenabile, per le opere che si propongono tutt'altro fine che non sia il puro godimento estetico. La letteratura, così detta, civile, non è altro per me che una schiera di tesi vestite di abiti sfarzosi non tagliati per il loro dosso. Però può darsi che, del resto, io abbia torto. 1 Premesse queste osservazioni, è chiaro, in gran parte, il seguito. Io infatti non sono entusiasta di questo lavoro del Fontana, perchè mi pare ch'egli, volendo fare un'opera d'arte e combattere insieme una battaglia civile, non abbia potuto raggiungere il duplice intento. Però la fama dell'autore non è intaccaia da quest'opera, anzi egli la rafferma. Concepisce arditamente e svolge con la rapidità e la briosità concesse alle menti sicure. Belle scene quella dell'Ebreo e di Nabuco nel secondo atto, quella della torre nel terzo e l'idillio finale. Compiuto carattere quello di Zala, forse un po' arbitrario nello sviluppo psicologico quello di Nabuco. Peccato che l'autore, pensoso del contenuto, non abbia sempre curato la forma! 1 Rispettiamo altamente ma non dividiamo, in questo e in altro, i concetti el valente nostro collaboratore. (N. d. D.) BiblioteeaGino Biancò
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