La Rivista Popolare - anno II - n. 2 - 1 febbraio 1894

LA RIVISTA POPOLARE non vorremmo stragi e vendette feroci o incendii e rovine, vorren1mo aHzi alto il concetto della giustizia anche nelle prove più dure e della umana dignità, profondo il senso e l'a111or religioso della libertà. Però che solo fra simili grandi e cari sentimenti possa germogliare la giustizia. Ma qui, specialmente ora, il silenzio e la rassegnazione alla Tolstoi non ci sen1brano degni di liberi che non hanno più un sol raggio dell'antica fede. E quando tutti que' sentimenti si calpestano e la giustizia non vede primavera, e tutto decade, dalla morale alla finanza, cessate le cruenti repressioni, sotto l'apparente pace si preparano più fiere proteste. E non le preparian10 noi, chè siamo troppo cavallerescan1ente miti, se . . non 1gnav1. È inesorabile necessità di eventi. I destini, fra le maledizioni e i pianti, maturano; mentre i principi europei vanno a caccia e i ministri, che regnano, s1 fregano le mani, ridendo. ANTONIO FRATTI. GEREMIADI SOBILLATORI Popo il notissimo articolo del Villari, gli scritti sull'ufficio del principe si sono ripetuti. E il concetto inspiratore è il seguente. Il re non deve solo regnare, ma governare anche, e, specialmente nei momenti critici, deve sentire in sè maggiore autorità e nassumere maggior potere. Questo incirca il suggerimento. Il Bonghi, nella Nuova Antologia del 15 mese scorso, dice che oggi al_principe non resta altro ufficio che di leggere su un quadrante d'orologio l'ora che l'ago mostra, se anche il quadrante è iconquassato e l'ago oscilla. Biblioteca e·.,,., Bianco

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