La Rivista Popolare - anno II - n. 2 - 1 febbraio 1894

~ LARIVISTAPOPOLARE POLITICA-ECONOMICA-SCIENTIFICA-LETTERARITAI-STICA ANNO II. 1° Febbraio 1894 FASC. II. PSICOLOGIS.AO.CIALEFINDI SECOLO 1 II. Il gran malfattore. · Lo storico che di qua a cent'anni si accingerà a com-. porre la storia del secolo xrx, prevedo che seriverà, come di Democrito si racconta, ridendo. C_hecosa. penserà egli, che cosa penseranno i suoi contemporanei delle nostre borie di grandezza, delle nostre orgogliose pretensioni di progresso non mai visto? Che cosa dirà delle idee- che hanno informata e guidata la nostra civiltà? Come giudicherà che ·abbiamo fornito il nostro c6mpito? Stimerà che una somma di beni reali abbiamo lasciata in retaggio al secolo soprastante, od opinerà piuttosto che tutto abbiamo interpretato a rovescio, legando ai posteri un caos inforrne, senza luce e_senz'aria, dal quale si debba sudar sangue a cavare un _mondo morale ed intellettuale nuovo? Arcane interrogazioni l Forse io son pessimista più del ~olito, quest'oggi; ma, non piacendomi nascondere, per far piacere ad altri, il mio pensiero, dico che una gran. bella figura il nostro secolo, di fronte ai passati ed ai futuri, non ci farà certamente. 1 V. fascicolo del 31 dicembre 1893. Biblioteca Gino Bianco

34 LA RIVISTA POPOLARE Io penso che noi sian10 corsi cent'anni dietro agli errori ed alle vanità, e per una che ne abbiamo i1nbroccata, dieci ne abbian10 sbagliate ; ci son n1ancate la logica e_la coerenza. La nostra età è vissuta di esaltazione mentale, e n1uore di deliriu1n tremens; con1e ubbriachi noi sian10 andati barcollando tra il vero e il falso, scusando la nostra colpevole e vile titubanza con vaniloquii cui pomposamente abbian10 dato il nome di séienza. Il nostro secolo, per me, è stato una lunga malattia dello spirito umano, al quale la scossa elettrica troppo forte del 1789 ha cagionato un'alterazione del sistema nervoso. L,umanità, adunque, ha bisogno di una, regolata cura idroterapica~ della doccia. Parrà forse un luogo comune, ma io 1ni ostino a ripetere che al secolo XIX è mancato il suo orientarnento; esso mi pare un bolide che cade nel vuoto per la legge di gravità, senza che una mano sapiente l'abbia indirizzato ad un segno visibile. - Neghi tu il progresso, sconfessi la legge di evoluzione? - Mai più! Poche verità sti1no stabilmente dimostrate; fra queste, la n1etamorfosi della sostanza e delle cose. Ma metto tra i fattori principali dell'evoluz(one l'azione dei singoli e dei n1ultipli, onde un evo può, provvisoria1nente, riuscire quasi un regresso esteriore rispetto agli altri che lo precedettero; dentro di esso frattanto fern1enta e n1atura lo spirito guidatore della civiltà. Tale giudico la nostra epoca. Spostati in un centro nuovo dalla rivoluzione del 17 89, noi aLbian10 creata una società civile nelle vene della quale circola il n1iglior sangue di quella, senza badare che quel grande avvenimento umano portava nel suo organismo il bacillo implacabile della tisi; non fu, co1ne nel pri1no bollore parve, una redenzione sociale, fu la sostituzione di uno stato ad un altro; con essa una classe fondò il suo imperio asservendo tutte le altre. BibliotecaGino Bianco

LA RIVISTA POPOLARE 35 Forse, d'altra parte, non ha tutti i torti chi pensa che nelle visceri delle cose viva e si agiti un eterno, un i1nmutabile umano, che è follia sforzare o indurre a secondare i nostri sogni affannosi: forse esso ci ghigna sul muso e ci schiaccia contro il suolo quando credian10 di poter salire alle stelle, ammonendoci che ai piccoli esseri imperfetti che formicolano, pieni di presunzione, sulla terra, fu conteso dalla natura conoscere il proprio genitore: l 'infinito materiale, intellettuale, morale! Come che sia, pur riconoscendo i grandi parziali progressi delle scienze nel tutto insieme, con1e realtà efficaci e benefiche della vita, credo che il secolo abbia fatto due .• passi avanti e quattro indietro. Manca al nostro tempo l'indirizzo mentale, manca l'ideale. Abbondano le aspirazioni trascendentali, ·scoppiettano, con1e sale al fuoco, le utopie, ma, appunto per questo difetto di relativa unità di pensiero, sostengo che manca un vero ideale sociale. * * * Quali cadute! Quanti pentimenti! Quali risurrezioni! Il lievito della confusione, cresciuto nella discordia delle n1enti e nel ribollimento delle passioni, mescola e gonfia tutte le cose. I nostri padri credettero, e la fede battezzarono col proprio sangue, che l'indipendenza e l1unità dovessero ~ssere la salute d'Italia; e la felicità degl'Italiani e la saldezza di quelle commisero al Governo costituzionale, l'ultima distillazione, a quel tempo, di una pseudo-scienza politica rivoluzionaria e don1matica, che razze, popoli, clima, etnicismo · conf4se ed adeguò ad un solo sistema, panacea. generale. e miratolosa. Ebbene~ un quarto di secolo è passato appena, e tutto ciò è maledetto fer_ocemente dai loro figliuoli, e da tergo a quegli ideali già spunta l'alba delle Biblioteca Gino Bianco

LA RIVISTA POPOLAREriabilitazioni storiche.: Gli antichi despoti, -abbattuti a furia d'inni~ di romanzi e di sangue, gi·à trovano chi apparecchia l'escusazione dei ten1pi per este:nderla poi· ad essi. Per Dio l Mostriamoci alnìeno capaci di guardare in faccia al vero senza trasalire ; confes:sian10 viriln1ente il :no~ stro pensiero: peggiori mali. non potrvano capitare ·agl'·italiani, ed in molti cuori .fiorisce, non ingiustamente, il rivtpianto del passato. Questo rimpianto è la condanna deH' Italia del 1860 ! Dopo tanti sagrifizii, dopo tante vantate speranze, ecco èhe l'ultima dissoluzione aspetta una civiltà rinnegata dall~ 1nenti e. decaduta dai cuori! Chi è stato l'Epi1neteo triste che ha rabbiosamente deviato il fiu.me torbido della sfiducia e del disinganno su i nostri ardori di patria e di libertà? Forse cagioni interiori e profonde ·dei nostri malan11i sono state l'aver son1messo il proble1na morale al prohlen1a politico~ l'aver trascurato di soffermarsi al pensiero· eh~ niente è socialmente duraturo che non sia edificato sul granito delle coscienze salde nel vero, l'aver affrettato precipitòsamente, a benefizio di particolari interessi, una con1posizione artificiale politica che andava preparata e prece., duta da un'intelligente ed avveduta ricognizione delle indoli e dei 1Jisogni regionali; ma, senza dubbio, causa in appatenza efficiente e diretta è stato il parlame'ntarismo, il fulcro della forma politica costituzionale. · Ecco il gran malfattore l Il parlamentarismo è stato il tarlo roditore dello Stato; .. il suffragio per la delegazione legislativa ed a1nministrativa ha seminato l'ortica della corruzione in tutte ]e terre d' I..: talia, e di là le punture, il n1alcontento, la sfiducia, la disperazione, il disgregamento molecolare di ·uno stato sociale. Altri scrittori hanno già anatomizzato il costituzionalismo e giudicatolo un aborto, una mostruosità; io mi <:.onBiblioteca Gino Bianco •

LA RIVISTA POPOLARE 37 tenterò di dire soltanto, sperando dì sintetizzare in ut-i'idea tutta la critica varia e n1inuta, che manca ad esso la base etico-giuridica. Maggioranza non indica e implica precisa1nente i concetti di giustizia, di equità, di ragio~e; la delegazione per suffragio del potere sovrano del popolo, dato il determinismo psicologico, scivola facilmente nella degenerazione; e però un sistema fondato su di una contradictio i"nad.fecto non può possedere efficada positiva, ed è destinato~ per sua natura, a tramutarsi in palude che amn1urbi l'aria e n1ortifichi la vita dintorno a sè. In Italia il danno si- è accresciuto per condizioni peculiari e coesistenti: la scarsa preparazione intellettuale ad un regime complicato, lo sterile terreno morale nel quale il sistema doveva profondare. le sue radici. Che cosa è stato il parlamentarismo in Italia? Una teocrazia sociale. Ai fan1igerati settè tiranni si son sostituiti, salvo le onorate eccezioni, 5 08 tirannelli, che, nell'orgia sfrenata del potere quasi illimitato, non hanno mai temuto che ir regno di Cuccagna potesse una volta finire sotto 'l'indignazione del pop.alo. Che cosa un deputato J.'!On può in Italia? In quali cose non si mescola? Non cade foglia -ch'egli non .abbia scossa, e giammai l'amor del bene lo muove. Le amministrazioni locali, i contratti, i concorsi, ' gli impieghi, gli appalti, le banche, tutto sta sotto la soppressa del potere dei deputati. E sarebbe pur poco se non fossero gli untori della corruzione nella quale affoghiamo. Il deputato, per essere eletto, deve scendere a patti con gli elettori, e, quasi_sempre, comprarne le coscienze ed i voti; e_g~ia s~a volta si dà al _Governo per soddisfa.re le avidità dei suoi clienti; il Governo, per mantenersi in piedi, civetta con lui e gli profonde favori che sono sanguinose ingiustizie; gli. elettori, che tutto vedono e sanno, capito. il latin.ù, .secondano il gioco e prostituiscono se stessi a BibliotecaGino Bianco

LA RIVISTA POPOLARE questo mostruoso feticismo di bassi interessi. Questo non è dunque un potere legislativo, ma una immane spirale di corruttela che sale fino alla sommità del sistema, avvolgendo e stringendo anche gli onesti ed i buoni. Nè utili riforme e benefiche leggi sono da sperare dal Parlamento: vi predominano i rappresentanti di una classe interessata direttamente a mantenere le disuguaglianze sociali e gli sfruttamenti, vi spadroneggiano gl'interessi personali e collegiali; onde domandare ai deputati di pensare un poco al paese, significa desiderare che non pensino a se stessi. Vi par possibile eh' essi decretino il loro suicidio in massa? Dunque? Dunque finchè vi sarà un Parlamento, finchè a cinquecento persone sarà commesso, senza responsabilità legale, di provvedere al benessere di trenta milioni, finchè quell'accademia seguiterà ad essere il fomite della corruzione, finchè alla delegazione, alla rappresentanza non subentrerà la legislatura diretta del popolo, il plebiscitarismo, finchè gl'intermedii fra Governo e popolo non saranno soppressi, non sperate bene <l'Italia. Vigila con i mille occhi il gran malfattore, e, come quello della leggenda, tutto ciò che tocca diventa polvere. c. A. ALEMAGNA. I SULL'ALIMENTAZIODNELPROLETARIO IN ITALIA 1 Per dimostrare l' importanza di così pietoso argo1nento ogni parola suonerebbe vana pei lettori di questa Rivi1 Ringraziamo il dotto e valente on. prof. Celli del suo importantissimo scritto. Nessuno qui meglio di lui, che con tanta dottrina insegna igiene nella nostra Università, poteva trattar l'argomento. (N. d. D.). Biblioteca Gino Bianco

LA RIVISTA POPOLARE 39 sta, ai quali chiedo scusa perchè, lungi dal trattarlo come in mezzo a tanta ipocrisia di civiltà lo meriterebbe, non posso buttar giù che alcuni brevissimi cenni. Chiunque voglia dell'alimentazione de' proletari, che per tremenda ingiustizia sociale sono la più gran massa dei lavoratori, farsi un' idea scientificamente precisa, deve partire dagli studi posi tivi diretti che i fisiologi han fatto primiera1nente in Germania, pesando e analizzando il cibo ingerito e quello assimilato da operai in condizioni normali di salute e di lavoro, fissando così la razione alimentare media, vale a dire quanti grarnn1i di sostanze nutritive albuminoidi (carne, legumi, ecc.), grasse e amidacee necessitano giornalmente a chi faccia un lavoro 1noderato, e analoga1nente quanti ne abbisognino a chi faccia un lavoro faticoso, e quanti a chi esegua un lavoro ecces- . SlVO. Sull'esempio di queste ricerche, le quali hanno dato risultati assai interessanti anche per la sociologia, recentemente in Italia il De Giaxa tra i contadini del Veneto, il Manfredi tra i poveri di Napoli hanno studiata l'alimentazione, costituita da due tipi differenti: nei primi cìoè fatta essenzialmente di polenta e fagiuoli, nei secondi principalmente di maccheroni. Purtroppo nelle classi più misere del nostro proletariato,. specialmente rurale, si hanno per molti e lunghi mesi, talora per sempre; anche peggiori modi di alimentazione, ad esempio, con granturco, castagne, patate, erbaggi o frutta, e, incredibile a dirsi, anche con ghiande. Per la storia dei nostri martiri della gleba saranno utili glÌ studi speciali già iniziati su questi più infelici tipi' di alimentazione più scarsa. Intanto vediamo come si nutrono; secondo gli ultimi n1enzionati studi, le due sopradette categorie di proletari italiani. B1bliotf3cGa ino Bianco

LA RIVISTA POPOLARE Confrontando le loro razioni con quelle dell' operàio medio nonnale studiato dal Voit, abbia1no la Razione giornaliera nonnale in grammi di sostanze nutritive Nel proletario napoletano . :K e! contadino veneto. . . Nell'operaio medio normale albuminose grasse amidacee 70.2 117.6 u8.o 31.9 .368.9 64.4 619.6 56.0 500.0 Risulta da queste cifre evidente che il proletario di Napoli ingerisce di albumina, di grasso, di amidacei molto meno dell'operaio adulto in condizioni normali, mentre il contadino del Veneto ingerisce la quantità ordinariamente necessaria di albumina e un po' più di amidacei e di . grassi. Senonchè questi grezzi numeri devono essere n1eglio analizzati, e in genere per giudicare dell'alin1entaz•ione così di un individuo, con1e di una classe di persone, occorre di rivolger lo studio a questi vari fattori d'ogni buona nutrizione, che sono: Assi1nilazione, ossia quanto di quel che si ingerisce viene digerito ; Valore nutritivo, specialn1ente messo in rapporto con la robustezza e vigoria del corpo ; Fonna e volu111edel cibo; Preparazione e di visione dei pasti ; Prezzo. E quando avremo breven1ente analizzato i dati che si riferiscono a queste cirique condizioni principali, potre1no accennare a qualche provvedimento che urge per n1igliorare col cibo le forze più vive della popolazione. Or bene, incon1inciando <lall' assimilazione del vitto, se si analizza quanto se ne va, perchè indigesto, colle feci BibliotecaGino Bianco

,. LA RIVISTA POPOLARE 41 (questa perdita appunto rappresenta la incompiuta assimilazione) troviamo che su r oo parti di cibo se ne perde: Nel proletario napoletano . . . . 6.8 Nell'alimentazione mista in genere 8-12.0 1el contadino veneto . . . . . 18.4 Sicchè il povero di Napoli perde poco e quindi assimila molto del cibo ingerito, e ciò lo deve a un alimento cosi facile ad assimilare come sono i maccheroni. For- ... tuna I altrimenti la già scarsa razione diventerebbe anche più insufficiente. Viceversa il contadino veneto, che in esuberanza ingerisce, assimila poco, perchè molto ne perde a causa della difficile digeribilità di quel che mangia, e così la sua reale alimentazione diventa abitualmente scarsa, e più scarsa ancora si fa quando pei n1ali di stomaco e di intestino, che quel cibo indigesto produce, l'assorbimento de' materiali nutritivi riesce più difettoso. E allora più terribile si avanza la pellagra, questa dolorosissima piaga del proletariato rurale, specialmente nel Veneto· e nella Lombardia. Quanto al valore nutritivo del cibo, si può innanzi tutto domandare se è lo stesso per tutte le sostanze nutritive, \ cioè per le· albuminoidi, come per le grasse e le amidacee. Che il grasso possa sostituire l'an1ido, o lo zuccaro che ne deriva e viceversa, oramai è fuori dubbio, com'è pur certo che l'albu1nina non può nè dall'uno nè dall'altro venir sostituita. Questa è l'alimento più importante per la costituzione vigorosa dell'organismo, e disgraziatan1ente è pure il più costoso, specialmente nella forma più assimilabile di albumina animale (carne, uova, latte). Vediamo dunque quanto di questa e delle altre sostanze nutritive ne assimila il proletario delle due già dette regioni d' IBiblioteca Gino Bianco

42 LA RIVISTA POPOLARE talia, in confronto col proletario giapponese e coll'operaio normale del Voit: Grammi di sostanze nutritive assitnilate. Proletario giapponese • Proletario napoletano Contadino veneto. Operaio normale . . albuminoidi grasse amidacee 53.o II.O 396.0 56.6 28.0 308.0 87.6 64.4 561.4 105.0 Guardando il consumo dell'albumina, si nota subito quanto poca ne assimilino i nostri due proletari e quello giapponese, in confronto coll'operaio normale. Ma proprio ad un adulto che moderata1nente lavori occorre tanta quantità di I o 5 gran1mi di albumina digeribile? Per rispondere a questa domanda vennero in questi ulti1ni tempi intrapresi nu1nerosi esperin:ienti, ed egoisticamente, quasi per legittimare col suggello immacolato della scienza le ingiustizie sociali, si volle provare che l'albumina voluta dal Voit era troppa, e che con poco più di una diecina soltanto di grammi di albumina, e il resto di soli amidacei e grassi, ogni lavoratore può stare benissimo: l'alin1entazione quindi delle classi povere, anche delle nostre, sarebbe più che bastevole. A quei che a pancia piena e ben pasciuta così ragionano dell'alimentazione del proletario, rispondano i fatti e le cifre. Prendiamo, co1ne ha fatto il Manfredi, due gruppi di individui ugualn1ente adulti, ma diversamente nutriti e vigorosi, e vedian10 quanta albun1ina gli uni e gli altri ogni giorno consun1ano, desumendola dall'esame delle urine: In adulti robusti e ben nutriti. Operaio medio . . 11 robusto >1 svedese Benestante . . Biblioteca Gino Bianco albumina consumata gr. 105 108 101 100

LA RIVISTA POPOLARE In adulti deboli e mal nutriti. Operaio giapponese ,. napoletano ,. sassone. • Carcerato . . . . gr. 40 55 56 65 43 Queste ultime cifre dimostrano come la povera gente possa, ciò che purtroppo accade, anelar la prigione per meglio nutrirsi. E poi se si confrontano i due gruppi di cifre, la sproporzione nel consumo dell'albumina è evidente e stridente; e il grande difetto che se ne rileva in questo ultimo gruppo di miseri proletari si 1nanifesta poi inesorabilmente dai tristi e persistenti danni della abituale media di albumina che sono l'aspetto scarno e macilento, lo scarso sviluppo muscolare, la mancanza di forza e di energia, la predisposizione alle malattie infettive, con tutti i danni che agli individui, alle famiglie, all'economia sociale ne derivano, specialmente in un paese come il nostro, dove la mortalità per le malattie infettive è così alta, e così breve è la v~ta media e quindi il tempo utile per la produzione. Come sarebbe dunque necessario aumentare l'albumina digeribile nell'alimentazione dei lavoratori I E invece? (Continua). A. CELLI. Biblioteca Gino Bianco

44 • LA RIVlSTA POPOLARE LIBERTÀE REAZIONE Avec la liberté, les factions deviennent des partis, dont les nobles luttes sont 1'honneur, 1'éclat et la gioire des pays. (DE LAVELEYE, Du gottverneme1tt dans la Démocratie). Combattuti anche nel supremo de' loro diritti, eh' è / la libertà del pensiero, i partiti diverranno fazioni. Le lotte che cercano avidamente il sole cercheranno le vie nascoste. Non si discuterà più, si assalirà. La penna si muterà in arme aguzza. La serenità del dire si muterà in acre fierezza; la libera critica in satira sanguinosa. Se fossimo, non entusiasti amatori della libertà, ma ribelli assetati di rappresaglie e di vendette, augureremmo al nostro paese tempi anche più tristi de' presenti, ove la reazione soffiasse, con1e bufera, dovunque. Però non è zefiro quello che oggi spira. Da per tutto è una strage di periodici. Quello che è lecito in provincia non è lecito alla capitale; si colpisce un articolo per impedire la propalazione di un altro; si sequestra un giornale anche se discuta soltanto il modo di governare. E poi, ·per soprassello, si calpesta il rito che ne' procedimenti penali è il vero guardiano delle libertà civili. Non basta che la legge della stampa sia già stata giudicata, anche da. magistrati insigni, fra i quali il Vigliani che pensava di proporne la soppressione, come quella che non risponde alle moderne esigenze del diritto: essa viene applicata rigidissimamente. Il magistrato, che dovrebbe, in mezzo al caos delle passioni politiche, assidersi imparziale, Biblioteca Gino Bianco

LA RIVISTA POPOLARE 45 · indipe_ndente, sereno, e ricordare almeno il primo dei discorsi del D'Aguessau, tende l'orecchio alle voci che vengono dall'alto, e sovente non si accorge che la sua -toga severa si muta nella livrea del servo. Nè giovano i ripetuti moniti della giurìa. Cotesta istituzione ch'esser dovrebbe guarentigia della libertà civile, per quanto din1inuita di pregio e di valore, e ad arte ridotta e vagliata, è quasi sempre la grande ammonitrice e giudicatrice degli arbitd del Fisco. Ma questo però non si arrende e imperturbato continua la sua rotta. Se muta ministero, ei muta metodo e mezzi; se un po' di libertà per caso lampeggi all'orizzonte, allora egli, almeno per un istante, si fa liberale. Ma poi, dopo la bonaccia, infierisce più di prima. E il paese tace. Anzi, mentre vi dovrebbe essere stretta solidarietà nel seno stesso della grande famiglia de' pubblicisti e de' giornalisti, alcuni di questi schieransi dalla parte del Fisco. Reazionari oggi, mentre parevan sì liberali ieri, quando non era a capo del potere chi oggi loro concede favori e, in questa universal miseria, doni e sussidii pre- . . ZlOSI. Addosso ai sobillatori! È il loro grido. E li additano al Fisco. Ieri rivelavan le infamie de' banchieri e le iniquità di tanti proprietari di latifondi, o piangevano sulle torture in~itte ai fanciulli poveri e alle donne. Parevano filantropi per la gran pietà e poeti per la gran fantasia. Li avresti confusi con gli stessi so-cialisti. E scrittori filantropi portavano ad essi i frutti del'.proprio ingegno e . della propria dottrina, in omaggio. Ora non più. La violenza e la reazione oggi prediligono: riameranno poi la libertà nei tempi lieti. Ma quando verranno cotesti celebrati tempi, in cui la nostra povera BibliotecaGino Bianco

LA RIVISTA POPO~ARE nazione potrà sorridere di nuovo, senza delusione, a un bello avvenire? Chiediamo a quei signori: bisognerà dunque tacere dinanzi ai mali che i proletari soffrono? Chiediamo : quando i Sonnino, i Franchetti, i Villari, i Bonghi descrivono quei mali (sebbene essi si fermino a capo della via non appena comincino a parlar dei rimedi), perchè in nome della comune giustizia non chiamare essi pure sobillatori? Chiediamo: non credete che i veri sobjllatori siano gli egoisti che spremono il sangue stesso ai lavoratori, mentre ad essi arride una beata vita di ozio perenne? E la scienza sociale che ora si spande da per tutto, dalle cattedre stesse onde la gioventù si educa, non è <lessa la terribile sobjllatrice? Il nemico ha tutto in mano : il potere, la forza, le leggi, il danaro, gli onori; e noi, sentinelle della democrazia, abbiamo appena un'umile penna. C' è pure della pusillanimità nel combatter la stampa. Bisogna essere pigmei nell'animo, e dar così ragione al Beaumarchais quando diceva che gli uomini piccoli temono i piccoli scritti. Ma poi tutto è inutile. Le idee si comprimono, ma solo per un istante. Per un dato periodo avrete un~ stampa che parrà scritta da staffieri, che giustificherà tutto, dallo stato d'assedio alla proroga della sessione parlamentare, dagli arbitrì di polizia più stolidi sino agli espedienti di finanza più rovinosi, avrete una stampa che consiglierà anche dittature e coli-,i di Stato (il Fisco partigiano in tal /caso dormirà),- una vile stampa co1nposta dalle n10notone voci degli adulatori ; ma, passato il periodo del1' abbiezione degli animi, le idee compresse risorgeranno folgoranti in tutta la loro bellezza morale e sociale. Poichè è chiaro che oggi si tratta solo di prorogare la fine di un co1nplesso sistema che avvilisce e immiseBibliotecaGino Bianco

LA RIVISTA POPOLARE 47 risce l' intero paese, e addolora l'animo di quanti son cittadini onesti e buoni. La reazione contro la libertà del pensiero ha questo scopo. I nostri politicanti, che dominano, sanno bene che siamo alle ultime scene della tragicomr-nedia. Oggi, mentre le cose vanno di male in peggio, 1nentre si vorrebbe tutto accentrare. nelle mani del potere esecutivo, pretendere che gli atti del Governo siano chiari e aperti, e vengano discussi alla luce del sole, è per la stampa ufficiosa un delitto. Cotesto controllo annoia. Cotesto potere che hanno i giornali e che aumenta sempre, bisogna diminuirlo. Il Tocqueville dice che agli Stati Uniti è a,ssioma della scienza politica, che il solo 11!ezzodi neutralizzare gli effetti dei giornali è quello di moltiplicarne il numero. Qui invece i compiacenti magistrati tentano, con fior di senno, .fare il contrario. E testè una circolare del guardasigilli li incoraggiava ai sequestri. Arrogi alle violazioni della libertà del pensiero le violazioni delle altre libertà civili. Mentre Rapisardi scrive a · Cavallotti: « Ci hanno messo la museruola come ai tempi beati del Maniscalco » , l' on. Colajanni, in una lettera alla Tribuna, pubblicata il 2 6 corrente, descrive, in parte, il modo onde si calpesta in Sicilia la libertà individuale e la libertà di riunione, sino alla ferocia e sino al ridicolo. Mancano solo le lettere de cachet. Gli arresti della redazione del Siciliano son0 l'estremo affronto alla libertà di sta1npa. Ma dove la ~pada imperi, questo ed altro avverrà I I generali non possono aver letto in caserma il Carrara o il Mittermaier, e sanno di diritto con1e io so di sanscrito. Non sappiamo davvero come 1nanifestare il nostro sdegno per la supina rassegnazione dei più innanzi al tristo spettacolo di cotesta ridda di arbitri e di violenze. No, \ Biblioteca Gino Bianco

LA RIVISTA POPOLARE non vorremmo stragi e vendette feroci o incendii e rovine, vorren1mo aHzi alto il concetto della giustizia anche nelle prove più dure e della umana dignità, profondo il senso e l'a111or religioso della libertà. Però che solo fra simili grandi e cari sentimenti possa germogliare la giustizia. Ma qui, specialmente ora, il silenzio e la rassegnazione alla Tolstoi non ci sen1brano degni di liberi che non hanno più un sol raggio dell'antica fede. E quando tutti que' sentimenti si calpestano e la giustizia non vede primavera, e tutto decade, dalla morale alla finanza, cessate le cruenti repressioni, sotto l'apparente pace si preparano più fiere proteste. E non le preparian10 noi, chè siamo troppo cavallerescan1ente miti, se . . non 1gnav1. È inesorabile necessità di eventi. I destini, fra le maledizioni e i pianti, maturano; mentre i principi europei vanno a caccia e i ministri, che regnano, s1 fregano le mani, ridendo. ANTONIO FRATTI. GEREMIADI SOBILLATORI Popo il notissimo articolo del Villari, gli scritti sull'ufficio del principe si sono ripetuti. E il concetto inspiratore è il seguente. Il re non deve solo regnare, ma governare anche, e, specialmente nei momenti critici, deve sentire in sè maggiore autorità e nassumere maggior potere. Questo incirca il suggerimento. Il Bonghi, nella Nuova Antologia del 15 mese scorso, dice che oggi al_principe non resta altro ufficio che di leggere su un quadrante d'orologio l'ora che l'ago mostra, se anche il quadrante è iconquassato e l'ago oscilla. Biblioteca e·.,,., Bianco

LA RIVISTA POPOLARE 49 Il principe, a suo avviso, deve vedere e prevedere, deve esaminare i roteggi e aggiustar le rotture, se no diviene nello Stato una quantità trascurabile. Oggi abbisogna più scienza di Stato che arte. Il Bonghi dice parole assai malinconiche per chi siede in alto: un tempo la base del potere era di durissima roccia, oggi ell' è friabile e mobilissima. Le istituzioni traballano. Se lo dicesse la Rivista, oh si griderebbe subito: dàlli alla sobillatric·e l Ma i pitt vecchi, i pitt esperti, i pitt fedeli amici dell'ordine temono che tutto si sfasci, e ridicono, inascoltati sempre, i soliti consigli. Regnar soltanto è assurdità francese. Il principe deve studiar gli uomini. La monarchia non è un semplice ornamento dello Stato. Essa, svestita d'ogni proprio giudizio e volere, rassegnata a subire persone, venute su talora. a caso, non per scienza morale 1 è fantasma campato in aria che non si regge. E aggiunge che uno Stato siffatto non può vivere e progredire. Dopo breve tempo s'udranno lamenti di dolore, sorgeranno grida di ribellione. E questa è facile.- dice Bonghi il sobillatore - perchè fuori di Italia la ricchezza è mal distribuita, ma qu1 la miseria è ugualmente diffusa. L' Italia - a suo avviso - messa assieme ieri, malamente cementata, variamente inquieta, con reminiscenze tristi di dolori da ogni parte, economicamente disagiata, finanziariamente squilibrata, incerta delle sue instituzioni civili e sociali, incalzata dal disavanzo, esitante nelle alleanze, così come è ora non può reggersi più. Quindi, secondo lui, è necessario un potere esecutivo forte. E ammonisce che non ci vuole in alto un membro morto. Ah vecchio sobillatore, ella ci supera tutti! Ma crede ella davvero, illustre avversario, che possa salvar l' Italia l'energia più o meno militaresca del potere? Non sarebbe più logica una conclusione assai diversa? Non sarebbe più naturale e onesto un diverso consiglio? I socialisti più affetti da pessimismo non scrivono come ha scritto il Bonghi. Ma, dopo tutto, questi fa come farebbe un medico, il quale giudiçasse un malato preso da cancrena, e prescrivesse un po' di ferrochina Bisleri o l'emulsione Scott .... al maggiordomo. BibliotecaG.inoBianco •

50 LA RIVISTA POPOLARE * * * E Francesco Nitti, il dotto economista, eh' è professore all' Università di Napoli, scrive nel Mattino, 28 u. s., un severo articolo in- ~itolato l' Heautontùnoroumenos, titolo di una nota commedia di Terenzio, che vuol dire punitor di sè stesso. E sapete a chi allude? Alla « borghesia governante d' Italia», e nota eh' essa, « come l'eroe terenziano, gli par che si sia accinta alla propria rovina e lavori, con odiosa imprevidenza, a prepararsi la morte ». Legga lo spaventato Fisco quell'articolo e s1 impennerà. Chè s' io fossi in lui, sequestrerei anzitutto i giornali tutori dell'ordine, quando stampano simili articoli incendiari. Se scrive così un foglio demagogico, il pubblico prende le sue misure, fa le sue detrazioni, e giudica discretamente; ma è .tutt'altro se ragioni così un fogliQ monarchico puro sangue. Il Nitti flagella senza pietà il parlamentarismo, più di quel che non faccia nel primo articolo di questo numero il prof. Alemagna. Dice che il mondo parlamentare non ha pit1 credito morale, nè influenza alcuna sui sentimenti della nazione. Ricorda con onesta coscienza e con austero giudizio tutte le inique leggi fatte dal '60 in poi, delle quali, egli dice, non v'è una sola che abbia agito efficacemente sui destini popolari. Il patrimonio popolare è stato divorato: le opere pie e i demani comunali sono stati saccheggiati. I tributi gravano tutti sul popolo o si ripercuotono su lui in .grandissima parte. La legislazione sui contratti agrari è pessima; que1la industriale è un 1 burla sconveniente; la doganale è m1qua; la locale è mostruosa. Poi parla delln. corruzione e delle combriccole de' furfanti alle Banche e ai Ministeri. Dice che le rivelazioni si sono arrestate a mezzo. Parla delle stupide lotte .parlamentari per disputarsi il potere. « Sono passati trentaquattro anm e si è sentito da tutti che avere l'uno o l'altro dei politicanti vale lo stesso; poichè Fortis è pii1 conservatore di Rudinì e le differenze apparenti fra gli uomini par_lamentari non sono che determinate dalla scelta del metodo per arrivar piìt presto al potere. « Così il pus della miseria e del malcontento si è infiltrato in tutto l' organi$mo della nazione: il popolo, dopo aver lungamente Biblioteca Gino ~ianco

LA RIVISTA POPOLARE 51 sperato, non crede pit1 a nessuno e tende a organizzarsi e, quando può, a rivoltarsi. « Ora la nazione si trova all'orlo del fallimento, e presto o tardi - è mia convinzione intima - dovrà precipitarvi dentro : vi sono ancora dei folli che cercano spingerla a una guerra, quasi la guerra non fosse per sè stessa un aggravamento di mali ». Dice che la comrr.issione dei contratti agrari, dei quali egli faéeva parte, non ha osato toccar l'essenza del male. Afferma egli pure, il sobillatore!, che in Sicilia le clientele locali, all'ombra tutelare dello stato d'assedio, si ricostituiscono. I padroni ritirano le concessioni già fatte, le consorterie si ristabiliscono più aud.aci. Egli ha udito borghesi a dire: eluderemo la legge!, dato che se ne approvasse qualcuna radicale sui contratti agrari; e altri a dire: per fortuna il Parlamento non ne farà n"ulla. Egli giudica ciò come pessimismo cieco e brutale. (< La gente muore di fame; e i proprietari invocano l'aumento del dazio sul grano a 10 lire il quintale ». E finalmente dice, insieme a noi col pensiero: « Quelli che agiscono così ciecamente credono di servire la causa conservatrice: sono mvece, senza saperlo, dei rivoluzionari. Non sentono infatti che ogni aggravamento del vecchio male, ogni arbitrio nuovo, ogni nuovo abuso, non fanno che scavare sempre più l'odio di classe e il desiderio della lotta » • E quello che abbiamo riportato è solo una parte del forte articolo. Il Fisco non s'accorge, povero miope!, che il male è da per tutto, e non sente (egli è anche sordo) i generali lamenti, e non vede apche dalle cattedre e sulle pagine de' giornali ortodossi come ovunque rilucano, per il vero e la giustizia, lampi di ribellione. Y. LASARDEGNA La terra un di ricca di pascoli e di caci, da cui la Roma di altri tempi ritraeva la maggior parte delle sue derrate, è oggi ridotta ad un'immensa landa brulla, riarsa dal sole ed affaticata dai venti. Da quando l'utilitarismo del capitale e l'interessato egoismo le hanno tolto i suoi boschi, che le servivano di ornamento e di utilità, 81bliptecaGinoBianco

52 LA RIVISTA POPOLARE il suo clima si è fatto più rigido e piì1 variabile, la dominano i venti, le alluvioni sono più facili, la malaria signoreggia terribile mietendo vittime anche nelle città. L'agricoltura è ancora primitiva, sottoposta a tutte le variazioni I atmosferiche, senz,a che l'uomo v'abbia potuto [lpportare dei lenimenti, tarda e lenta; l'allevamento del bestiame è torpido e fiacco massime dopo che l'insania di una politica disforme ci ha chiuso i mercati più VlCIIll. Le vigne sono o decimate dalla filossera o rovinate dalla peronospera senza che il proprietario possa arrecarvi dei rimedii, essendo la spesa superiore all'introito. Le crisi finanziarie, il tracollo di alcuni Istituti hancarii, che s1 sono ingoiati decine di milioni, hanno portato un ristagno negli affari e nel commercio desolante; le indnstrie mancano, i mezzi di comunicazione col continente pochi, cattivi e troppo costosi, la miseria grande, la fame incalzante. Ma il Governo non pare si pr~occupi molto della difficile condizione dell'isola sarda: pare che il grido roco e miserevole di quella popolazione non giunga fino a lui; e, affidato dalla troppa bontà e arrendevolezza del popolo sardo, si contenta cli quando in quando di fargli balenare il miraggio di una colonizzazione, che dovrebbe essere il toccasana per le miserie nostre. Ma questo tema è trattato con troppa leggerezza dai Governi che sino ad oggi si sono succeduti in questo bello italo regno: problema molto vario e complesso che non potrebbe essere risoluto senza alcuni i)rovve<limenti preliminari ed indispensabili. Se non si pensa ad una riforma del catasto, ad una manipolazione migliore della tassa fondiaria, se non si alleggeriscono i propridari dagli enormi balzelli, il provvedimento della colonizzazione riusci'i·à irrisorio e nullo. Bisogna prima allontanare la malaria che infesta al- / cune regioni fertilissime con opportuni lavori di bonifica e di reintegramento dei boschi, pensare a porre un argine alle periodiche inondazioni che regolarmente ogni· anno devastano 1 seminati, decidendo così i coloni ad abbandonare terre feracissime. Bisogna con una savia istituzione di credito fondiario bene organizzati incoraggiare l'iniziativa privata, favorire il commercio e le industrie, che molte e buone potrebbero sorgere nell'isola, specie la mineraria. La Sardegna ha bisogno di subiti ed opportuni provvedimenti: bisogna pensare a non esacerbare vieppiì1 le condizioni miserevoli di BibliotecaGino Bianco

LA RIVISTA POPOLARE 53 quelle popolazioni con l'indifferenza o con promesse che non vengono mai.- Serpeggia ivi, da per tutto, il malcontento come in Sicilia, e vi sono gagliardi che fremono come laggiù. È ormai stanca l' isola di aspettare utili provvedimenti ed il giuoco le è venuto a noia. No, non deve essere solo il messo esattoriale che deve visitare la casa del piccolo proprietario ! Oggi, che un monito severo partì dalla vicina sorella sicula, il Governo e la Camera, invece di esaurirsi in futili discussioni di persone o di partito, dovrebbero pensare seriamente (?) al benessere dei popoli. Non si g_overnano i popoli con le guerre di portafoglio ~ coi voti di fiducia: il popolo vuole pane e lavoro, vuole un po' di luce, vuole giustizia per tutti e amore. I NEVOSO Perchè, cinto da cupa ombra brumale, O dalla luce d'uno scialbo sol, Ai giorni novi irrigidite l'alt Disciogli, o mese delle nevi, il voi? « Quando primi la luce i bruti bevvero, La fiera il bosco e l'astro il ciel solcò; Quando del!' uomo la progenie ferrea Dai campi inseminati il capo alzò - Canta Virgilio - primavera il fervido Mondo effondeva; in carcere di gel L'empio soffio vernal frenavan gli euri Sotto il veccJtio raccolti arco del ciel. » 1 . . . ver illud erat, ver magnus agebat Orbis, et hibernis parcebant flatibus euri, Quum primae lucem pecudes hausere, virumque Ferrea progenies duris caput extulit arvis, Immissaeque ferae silvis et sidera coelo. · B bllotecaGinoBianco S. L.

54 LA RIVISTA POPOLARE Sentiva il Vate nel pensier profondo De' giorni novi l'alito immortal; La primavera d'un novello mondo Nel suo fluido splendea carme ùn_mortal. È bellezza il principio, è ?Jirtùpronuba, È luce e forza, è poesia d'amor, Ma tu, Nevoso, non ne rechi ùnmagine Che in geli iridescenti, e nel candor; Nel tuo niveo candor, cht le incolpabili Madri ricorda e l'ideai beltà, Nè so perchè, nel nzio pensiero i placidi Sogni ritesse delle prische età. Pur fra le nevi e i geli iridescenti Altri f antasrni sorgono a danzar: Vedo sanguigni a/lor, plebi frementi, Macerie e ,narmi di diruti altar. Nel!' atnplesso brumai 1 roghi e patiboli Alti sorgon sui rigidi sentier ; Baldi vedo s,alir tribuni e apostoli, Raggiante _l'occhiod'immortal pensier. E tu, Nevoso, il tuo gran nzanto candido Lentamente svolgendo innanzi a me, Strettt nel _pugno insiem le chiome funebri, Mostri due teste di percossi re. 2 1 Stefano Porcari fu suppliziato con nove compagni il gennaio del 1453. Il gennaio conta altre vittime della tirannide a Torino, Napoli e altrove . .1 Luigi XVI e Carlo I Stuart furono decapitati il ,gennaio del I 793 il primo e il gennaio del 1694 il secondo. Biblioteca Gino Bianco

LA RIVISTA POPOLARE Quando nei geli un lacero gigante Là sul lido di Washington scolpì: « Sun degli schiavi le catene infrante » Il tuo nome, o Nevoso, a Dio salì. 1 Civili glorie epicamente splendono Delle nevi sui placidi candor; Dal tuo rigido sen gridano i sécoli Epicamente la parola: Amor ! La plebea .maestà delle repubbliclze Ami, o Nevoso, e libere canzon Ti gemon Tebro ed Arno, l'onda adriaca, Del mar partenopeo l'eroico suon. 2 Per ciò ti piacque, nella sua Zacinto, 3 D'Ugo la culla cingere di gel. Pur ei cantò le Grazie, e s'è ricinto Dei fior della bellezza e dell'avei. Anima grande, cui la Musa ellenica Ispirava l'alato inno divin; Cui le severe deità romulee Dei liberi insegnar l'aspro cammin ! Fra i nuovi geli, sulla proda gallica, Che l' inno armato al popolo fornì, Vedo una fiamma divarnpar fatidica, Luce sublime di venturi dì; 55 1 Il gennaio del 1865 fu abolita la schiavitù negli Stati Uniti di America. 2 In gennaio fu proclamata la repubblica di Firenze nel I 3 2 I I la Partenopea nel 17991 fu costituita, Roma in repubblica da Arnaldo da I Brescia nel I 145, e Venezia acclamò alla Costituente e a Manin nel 1849. 3 Il 26 gennaio 1779 nacque Ugo Foscolo a Zante. Btb oteca G'no 810 co

LA RIVISTA POPOLARE E un giovane laggiù gagliardo e pio Sfida l' ire de' regi ed il martir, E parlando di Popolo e di Dio Radioso ne svela un avvenir. 1 E chi è quel vece/zio, e/te pei varchi gelidi Reca le nevi del canuto crin, E puKna e vince t nella gloria sfolgora Ove soccombe un popolo latin? ... 2 Salve, o Nevoso, non di gelo l'anitna Nutre il ricordo de' tuoi fasti; su Dalle tue brume, quai dal!' Etna, salgono Raggi di fede e d' ùnmortal virtù. - O dì primo dell'anno, a quale festa Conviti il mondo? Nella chiusa man, Dimmi, rechi la pace o la tempesta, O qualt ascondi più temuto arcan ? Tu scendi 11zutonel torneo de' secoli Coll'azza formidabile, che un dì Il pugno armò dei cavalieri italici E sempre recò morte ove colpì. O bianco araldo del destino, i popoli, Li c}tiami in lizza od a securo asi!, Il nzandato di Dio silenti aspettano, Aspettano con cruda ansia febbri!. ... 1 Il gennaio del 183 2 Mazzini fondò in Marsiglia la Giovine Italia. 2 Garibaldi vinse i Prussiani a Digione il 2 I, il 22 e il 23 gennaio 1871. Biblioteca G.ino Bianco

LA RIVISTA POPOLARE Siam vecchi e stanchi: ingeneroso oblio Soffoca del passato il sovvenir; Cui perduta h{l. la fè, perduto ha Di(), Non resta che lo spazio e l'avvenir. O bianco cavalier, temuta, ferrea, Chiusa a te innanzi la gran porta sta; Alza l'azza fata!, percuoti, abbattila, I varchi schiudi delle nuove età, E noi ti seguiremo: o pianti o cantici, Olivo o brando sia, festa o dolor, I Scriverem sulla fronte ai novi secoli La gran parola del retaggio: Amo-r ! DEMETRIO 0NDEI. I LIBRI NUOVI Rassegna della quindicina. 57 LUIGI CAPUANA, Lt appassionate - Lt paesane. 2 vol. Nicolò Giannotta, Catania. Noi italiani, fra gli altri difetti, abbiamo quello di non aver nessuna fìduc_ia in noi stessi, e di provare una vera voluttà nel disisti- . marci. Vero è che siamo in decadenza, ma di sotto sprizza, a quando a quando, qualche scintilla, testimone che non è del tutto spento ogni . foco di' vita nelle nostre coscienze: se il venticello di un ideale vi soffierà dentro, lo vedrete tosto divampare. Il guaio ~ che, a tutti i costi, vogliamo cantarci il dtprof undis da noi stessi, e beffiamo anche i generosi sforzi di coloro che lavorano, almeno nel campo dell'arte, a puntellare. il crollante decoro del nome italiano. Queste riflessioni mi ha suggerite la lettura dei due volumi di novelle di Luigi ~apuana, edite òa Nicolò Giannotta, operoso quanto modesto, in Catania. BibliotecàGino Bianco "'

LA RIVISTA POPOLARE In Francia, il Verga ed il Capuana sarebbero ricchi ed onorati e la loro produzione letteraria girerebbe il mondo spandendo sempre piL1 la fama degli autori; qui in Italia, non so se vivano dei proventi letterari, ma questo so di certo che, tranne pochi, non trovano nemmeno chi li legga e si faccia-, un vanto del loro nome di fronte agli stranieri, i quali gran genii da contrapporre ai nostri modesti lavoratori non hanno presentemente. Io non voglio invescarmi nelht discussione della miglior forma e qualità di novella, nè impelagarmi nella critica delle varie scuole letterarie moderne, la torre piL1alta dell'altissima Babele, eh' è il nostro tempo. In certi periodi di confusione, nei quali p~re che un dottor Ox voglia sperimentare il grado di resistenza atmosferica dei cervelli degli uomini, la discussione non fa che accrescere la turbolenza delle opinioni ed aumentare le scissioni; e però stimo più utile e prudente lasciar da parte, mentre piove e le vie sono infangate e lubriche, le vesti elegan~i delle discussioni estetiche. Starei quasi per dire, anzi, se la mia voce non fosse così fioca che nessun la sente : proviamo a scaramucciare meno di parole ed a produrre di più, meno di critica e più di arte. Vedi~mo un po' che cosa ne riesce. Seguace, mi pare, cli questo consiglio è Luigi Capuana. Egli afferma i suoi principii artistici e mostra i suoi metodi con le opere più che con le 'parole; ed i fatti, se non mi sbaglio, debbono avere una efficacia reale incomparabilmente più grande delle disputazioni. « Le appassionate » e « Le paesane » ci guidano attraverso a tutta la produzione novellistica del Capuana, una vigorosa vegetazione, nella quale, pregio singolare, per me, è la coerenza di concepimento e di esecuzione, che arriva fino alla rigidezza di un metodo dommatico. Pare che la materia varia e diversa sia gettata a fondersi in un'unica forma ad un sol grado di colore, donde escono poi lavori di una perfezione di getto mirabile. Forse, anzi, ciò cagiona una specie di monotonia; a lungo andare, dopo dieci o dodici di. queste novelle, la inflessibilità del metodo, stanca i vostri occhi e la vostra mente, come la veduta cotidiana di un bel paesaggio. Sarebbe scaltrezza artistica da encomiare se l'autore, deviando ogni tanto i raggi del suo centro di pensieri, portasse un poco di varietà nelle sue raccolte. Tranne ciò, io ammiro ogni cosa in queste novelle. La prudente resistenza eh' egli fa alla degenerazione del metodo psicologico in una specie di minuta anatomia, che tocca quasi i confini della tebaide del misticismo scientifico, le basse realtà della vita vedute dal loro lato BibliotecaGino Bianco

LA RIVISTA POPOLARE 59 artistico, la parsimonia della descrizione, l'attrazione del dialetto nella lingua, tutto questo io trovo da lodare senza riserbo. Nondimeno, pesati tutti e due i volumi, mi pare che la bilancia scenda dalla coppa delle « Paesane » : vi è colorito più vivace e pit1 purità di disegno. Tal' è, sommariamente, il mio giudizio su di un'opera, che dovrebbe scotere la nostra atassia intellettuale, s' è ancora capace di risentire gli stimoli. Fisciano (Salerno), il gennaio del 189~. c. A. ALEMAGNA. CAPRERA. Secondo pellegrinaggio italiano. Impressioni di CARLO RoMUSSl. Milano, Arturo De' Marchi. L. 1.50. Questo elegante volumetto appartiene alla religione dei ricordi civili. Ne parliamo oggi, sebbene non sia di~ data recente. Ma questa rivista che tende specialmente al culto della educazione patnotlca, crede di fare opera buona additando ai propri lettori un volumetto, che forse molti non possederanno ancora. L'avv. Carlo Romussi, con quella parola che esce calda e convinta dal cuore, e con buona fantasia pittrice, descrisse in queste pagine, già apparse sul giornale il Secolo nel giugno 1892 - ora qui raccolta e ordinata - il 2° pellegrinaggio italiano all'isola di Caprera, ripartendo in quattro capitoli le sue descrizioni e rendendole ancora più vive e pit1 efficaci mediante undici belle fotografie uscite dallo stabilimento De Marchi. Primeggiano fra le altre, la testa e il husto di Garibaldi, col facsimile della sua firma, e l'altra, pure di Garibaldi, raffigurante il grand'uomo a Caprera, reggentesi sulle grucce, dopo la ferita di Aspromonte. Questa fotografia fu tratta dal pregevole acquerello di Guglielmo Castoldi, posseduto d'al deputato Giuseppe Mussi. Il signor Romussi, che intitola questo geniale lavoro: Impressioni·, conduce amabilmente con lui il lettore dal golfo di Genova a Caprera, ~ trasfondendo nell'animo suo tutti gli affetti alti e gentili provati dallo scrittore e lungo il viaggio, e nell'arrivo all'isola benedetta, e nella visita alla casa di Garibaldi e al cimitero, e nella partenza, quando i visitatori se ne andarono pensosi, portando con sè i fiori colti nel giardino domestico di Garibaldi, i ramoscelli' strappati agli alberi che egli piantò e crebbe lungo la via, e qualche fronda del mirto i cui rami stormiscono sulla sua tomba. I BibliotecaGino Bianco

60 LA RIVISTA POPOLARE Il signor Romussi raggiunse, nella semplicità di queste poche e rapide pagine, l'intento di commuovere e persuadere, perchè seppe animare coi ricordi e colle memorie del Grande, de' suoi ideali, de' suoi affetti domestici, delle sue abitudini 'tutto ciò che rimane intimo di lui nella isola sua prediletta, ,ed evocare il suo spirito animatore. Il 3° capitolo riproduce per intero il discorso pieno di poesia che il Cavallotti pronunciò in commemorazione dell'estinto. È da augurarsi che i nostri giovani acquistino e conservino questo volumetto, giacchè del marcio in Danimarca ce n'è, dirò, parafrasando la celebre frase del poeta inglese, e tutte ciò che vale a rialzare gli animi col ricordo delle glorie cittadine e degli eroi nazionali, primo fra tutti. gli altri il piì1 universale, il piì1 umano di ogni altro, Giuseppe Garibaldi, giova a ritemprate la. fibra della gioventì1, ridestando in essa l'ideale della patria italiana. G. FANTI. Sono pregati gli autori o gli editori, i quali desiderano un cenno , critico, di inviart al nostro ufficio due esemplari delle rispettivt opere. LIBRIRICEVUTIIN DONO L. CAPUANA, Le appassionate. N. Giannotta, ·Catania, 1893. L. CAPUANA, Le paesane. N. Giannotta, Catania, 1893. LESCA, La rdigione della mo1-ale. Drucker, Verona-, I 89 3. Y. GUYOT, La tirannide socialista. R. Sandron, Palermo, 1894. S. BETTI, Postille alla « Divina Comedia » ,· 4 vol. S. Lapi, Ci'ttà di Castello, 1 894. F. DE CHAURANDDE S. EusTACHE, Armi e finanza. S. Lapi, Città di Castello, I 894. SCICHILONE, Educazione patriottica. R. Sandron, Palermo, 1894. F.· FONTANA, }\labuco. Ed. presso l'autore, piazza Monforte, 1, Milano, I 894. F. M. ZANDRINO, Trt poeti. Ed. presso l'autore, via \Chiabrera, 5-1, Genova, I 894. · ANGELO GIORGI, Fiori di siepe. Ed. l'Asino. Roma, 1894. LUIGI MINUTI, Le Camere operaie e le Camere del lavoro. Firenze, tip. Cooperativa, I 893. Almanacco Umbro della Pace. Ed. Guerra, Perugia, 1894. BibliotecaGino Bianco

LA RIVISTA POPOLARE 61 ' UNA RETTIFICA Ricevian10 la seguente dall'illustre De A1nicis e Len volentieri la pubblichian10, dolenti di essere stati tratti in errore: Preg. mo Signor Direttore, Debbo avvertirla che io non scrissi mai alla Direzione · del!' Hermitage nè alla Direzione dell'Idea Liberale le parole che veggo citate nella Rivista (Il referendum sociologico). 1 Non so chi abbia fatto lo se/terzo di m_andarquelle parole in mio nome. Le avevo già lette nella rivista svizzera; non m'ero curato di dichiarare cl1e non eran mie; mi credo in dovere di farlo ora, vedendole riprodotte e giudicate dal suo stimatissùno periodico. E. DE AMICIS. PICCOLACRONACASCIENTIFICAE VARIETÀ Le irrigazioni negli Stati Uniti. - Pe,r rendere il terreno coltivabile e produttivo negli Stati Uniti non si arrestano a spese enormi e difficoltà di grandissimi lavori. Basti dire che la potentissima Com.- pagnia del Gila meridionale ha deliberato costruire un canale lungo 200 chiÌotnetri ! Stazioni n1eteorologiche e pluvion1etri. - Da una cornunfcazione fatta da sir Carlo Todd all'ultimo congresso delle Società austrialiane pel progresso delle scienze, risulta che in Australia vi sono 38 5 stazioni meteorologiche e 2 580 pluviometri. Nell'Australia del Sud le previsioni fatte durante gli ultimi quattro anni si sono verificate vere pel 73 % dei casi, il 20 % parzialmente e il 7 % erroneamente. I telefoni in Germania. - Secondo la Zdtschrift fur .Elektro Technik, il numero delle stazioni telefoniche in Germania, da I 504 che ei;:ano nel 1881, è giunto fino a 65,558, delle quali 17,424 a Berlino. La linea pii\ lunga tra Berlino e Breslavia è di 35 2 chilometri. Un nuovo telefono. - Tra Odess~ e Nicolaieff è stato installato un telefono inventato da Gwozdeff, che si distingue dagli altri sistemi perchè permette di trasmettere le parole a grandi distanze, coll'aiuto di un solo filo del telegrafo, senza disturbo di questo servizio. 1 Vedi numero precedente. BjbJioteca G r o Bianco

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