posta1$ ANNO IL 15 Gennaio 1894 F.-\SC. I. POPOLARE ., POLlTICA-ECONOMICA-SCIENTIFICA-LETTERARIA-ARTISTICA Si pubblica il 1° e il 15 d'ogni mese SOMMARIO EDOARDO PANTANO - In SiciJia. GIOVANNI FANTI - Miseria e scuola. (Continuazione e fine) .. ROMOLO PRATI - Religione e Scienza. (Continuazione e fine). CONTE DI PLATEA - I giornalieri siciliani. ANTONIO FRATTI - La fine di una polemica. GOLIARDO II - Il sole dell'avvenire. Y. - 11 referendum sociologico. C. A. ALEMAG:iA - I Libri nuovi. GIORGIO - Cronaca politica . . ROMA DIREZIONE E AMMINISTRAZIONE VIA DÉL TRITONE 4 6
SOMMARI dei numeri della Rivista Popolare pubblicati dal 15 luglio al 3 I dicembre I 89 3 : N. 1. - La Direzioue, Un saluto e un_ ap~ello. - G,:< 1,1a;wi Bovi~, Il pro_- gramma di un secolo. - JVajoleone Cola;annz, ~e pcenite~. :-- lltlarzo Raj,~- sardi Dall' << Atlantide >1. - Y., Il testamento d1 Padre G1acmto. - Auto1110 Fratti, Ricca d'amore. Racconto. -. Demetri~ O!tdei, l\lessido1:o_. Angelo Banti, La nuova arte del fuoco elettrico. - G10rgzo, Cronaca politica. N. 2. - Gabriele Rosa, L'idea repubblicana. -: NaJ>11lun~e .Colajmmi,. Il mo~imento socialista in Sicilia. - Antonio Fratti, Gli studi sociali. - Y:, G10lltti uomo di Stato? - Demofilo, Il patriziato e il ce1_1sone)l 'amministra~ion_e pubblica. - A. F., Al tramon~o_. - Cetcgo, L'uomo <lei camp1. - Note sc1ent1fiche. - Giorgio, Cronaca politica. N. 3. - Giovanni Bovio, Il programma ~li u~ secolo. ~I..- Napoleone Colajan11i, La nazione armata. - Arcangelo Ghzslcri, Il p~rche ~1 d~ve combatt~re la Chiesa. - Antonio Fratti, li lavoro delle donne e dei fanciulli. - Demojtlo, La burocrazia. - Papilùméulus, Campo scellerato. - A. F., Suor Anna. - Note scientifiche. - Giorgio, Cronaca politica. - Bibliografia. N. 4. - Antonio Frr!tti, Italia e Franci~ .. - N17:joleo_11Ce olajanni, ~a nazione armata. II-III. - .A., Il Congresso socialista d1 Zurigo. - E. Soccz, Martiri fanciulli. - F .. Fo11ta1ta, Nabuco. - Note scientifiche. - Giorgio, Cronaca politica. - Bibliografia. N .. 5. - .l'vapoleo11eColajanni, La nazione armata, IV-V-VI (Fine). - Demofilo, L'educazione nazionale. - Antonio Fratti, Idee vecchie e nuove. - Cetego, Fior di ginestra. - Y., Frate Gaudenzio. - Note scientifiche. - Giorgio, Cronaca politica. - Notizie letterarie. - Bibliografia. N. 6. - Napoleone Colajanni, La caccia ali' Italiano. - La Dirt•zione, Benedetto Mal-on. - Antonio Fratti, Il Congre~so socialista di Reggio. - Ettorl" Socci, Senza capo nè coda. - P. Ferro, I nuovi tempi. - A. F., Un dramma nell'Oceano. - A. C., Il trasporto dell'energia elettrica eia Tivoli a Roma. - Note ·si:ientifiche. - Giorgio, Cronaca politica. I N. 7. - Dario Papa, O la propaganda o i propri comodi. - Antonio Fratti, Il Congresso operaio di Bologna. - . \"., Saggi ammonimenti. - Romolo Prati, La famiglia nella società contemporanea. - C. A. Alemagna, « Atlantide n di l\I. Rapisarcli. - A. F., Un dramma nell'O<;cano. - Note scientifiche. - Gior!{'ic, Cronaca politica. - Bibliografia. ' N. 8. - Napoleone Cola/anni, _Il verbo di Dronero. - Antonio Fratti Dopo il Congresso operaio di Bologna. - Carlo Dotto, Per la Sicilia. -· Bic; Castellani, Una gita con l\Iommsen. - C11ido Ferrandi, Ladri illustri. N. 9: - _Giuse.PJ' Salvioli, La riforma dei contratti agrarii. - Carlo Jleyer, L~ colomzzaz1on_e de_ll'Agro . romano. -: E. I'., T_rieste e il suo municipio. - _vapoleoue Cola1an1tz1 Il gabmetto particolare cle1 ministri. - .-1.ntonio Fratti, Echi. del Congresso operaio. - E1-rico de Jlarinis, Collettivisti scismatici. - rl. J, ., Un dramma nell'Oceano. - Giorgio, Cronaca politica. - Bibliografia . . N. IO. - Antonio Fratti, Nell'ora del naufragio. - Giova1t1ti Z.'rmti l\lis~na e scuola. - Giuseppe Salvioli, La riforma dei contratti agrarii (Continuaz10ne e fine). - Angelo Ba1tti, Lo sciopero dei telegrafisti. - A. F. Un dramma nell'Oceano. IV. - Giorgio, Cronaca politica. ' . N. II. - La Direzione, Per il nuovo anno. - Giovanni Bo1Jiu Ricor- ~1amo .. - Dr. JVapo(eone Co(ajanni,. I~' imposta progressiva. _ J •. P~nama < ~anamrno. :- An~onzo !ratti, Collett1v1smo e libertà. - A. Bmzti, L'illumina710ne elettrica dei, treni. - Orazio llfa:ini, Macchiette burocratiche. _ A. F., U~1 <l~ami:na nell O~e.ano. V-VI. - Gwvan11i Bo-vio, Per Luigi La Vista. - Gu1rgzo, Cronaca poht1ca. . .l'.'f · _12. - . Gabriele Rosa, Le regioni in Italia. - E. I-., La lotta per l 'itahamta m Istria. - Carlo flfeyl r La tregua <li Dio _ C 1 'l . p · . 1 · · I r. d. ' • .• -:t • .n emagna, s1co ogia ~ocia e •10 i sec~lo .. - Papiliwzculus, Stornelli siciliani. - Goliardo li, 11,hello ital_o re_g!1?· - li,rrzco De 1Jllarin is, Una dichiarazione. - C. di Platea L esattore m Sicilia. - Romolo Prati Religione e Scienza _ , v U d .' nell 'Oc (F' ) e. . C J • • ."1 • .L' ., Il ramm.t eano rne . - t0rg10, ronaca politica. BibliotecaGino Bianco
LARIVISTAPOPOLARE POLITICA- ECONOMIC- ASCIENTIFIC-ALETTERARI-AARTISTICA ANNO II. 15 Gennaio 1894 FASC. I. ---------------------- --- IN SICILIA L'eco dei dolori che travagliano la Sicilia rie1npie i cuori d' imn1enso cordoglio. Tutta l'anima nazionale ne è profondamente ferita. Dopo 33 anni appena vedere un popolo generoso, martoriato dai più crudeli bisogni, ergersi estenuato ma rninaccioso, a petto a petto coi soldati italiani - affrontando la morte su quelle stesse terre che •inaffiò del suo sangue più puro per rompere le catene del servaggio e fondere, sull'ara della patria comune, memorie, affetti, dolori, sacrifici e speranze in una concorde solidarietà di vita nazionale - è triste, profondamente triste, e, diciamolo pure, umiliante per questa Italia riaffacciatasi appena da pochi lustri alla vita europea in uno slancio di superba giovinezza. Il mon1ento è troppo •triste perchè si possa dar libero sfogo a tutte l_e amare parole che, dinanzi a spettacolo - si miserando, salgono spontanee dal cuore alle labbra. Constatiamo e tiriamo avanti. Scopo precipuo di questo scritto è un esame spassionato delle condizioni in cui versa la Sicilia e dei rimedi che occorrerebbero onde temperarne l'acerbità delle sofferenze. Esame conciso, quasi sommario: il solo che ci sia consentito dalla piccola mole della Rivista Popolare. _Bibliotec~ Gino Bianco
2 LA RIVISTA POPOLARE I 111aliche travagliano l'isola sono varii e complessi, come varie e complesse sono le cause da cui scaturirono. Cause economiche. Tra queste cause, per il modo con cui si è ripercossa in tutti gli strati sociali, n1erita di venir subito indicata la deficienza di capitali: deficienza dovuta a tre crisi consecutive, scatenatesi sull'isola: - crisi agrumaria, crisi zolfifera e crisi vinicola. Queste tre crisi, che hanno. colpito successivan1ente le maggiori risorse produttive della Sicilia e che, unite insie1ne, ora la tormentano con cronica intensità, le costano in poco più di dieci anni una perdita sicura di circa quattrocento 1~ilioni. Infine la tariffa doganale, oltre a chiuderle il 1nercat0 francese e infliggerle il rinvilio de'suoi prodotti agricoli, la costrinse a comperare a più caro prezzo tutti i manufatti, dagli strumenti di lavoro ai generi di vestiario. Questa n1ancanza di capitali e questo rincaro della vita ebbe un contraccolpo, prima lento e graduale, poi, a 111ano a n1ano, accelerato e forn1idabile su tutta la vita economica del1' isola: sulla proprietà, sui comn1erci, sui salari. E rese più acuti ed evidenti i difetti di tutto il suo organismo economico. Il latifondo - senza case coloniche, senza vie di comunicazione, senza bonifiche, senza miglioramenti agrari - in mano di grossi intermediari arbitri dei piccoli affitti; i patti agrari, o leonini o, se ·equi ed un1ani, resi difficili dalle tristi condizioni fatte alla coltura specializzata; una popolazione agricola quasi tutta concentrata nei con1uni e nelle grosse borgate, costretta a sciupare in viaggi di gita ·e ritorno le ore più feconde di lavoro - con una perdita incalcolabile a tutto detrimento della mano d'opera; assenza assoluta di credito agrario; interessi enonni prelevati sui prestiti alle ·classi rurali; deficienza di istruzione tecnica, di sicurezza pubblica, di mercati locali, di spirito di associaBibliotecaGino Bianco
LA RIVISTA POPOLARE 3 zione -; questo ed altro emersero, dalla penombra in cui si trascinavano, alla chiara luce del sole, e sotto il pungolo della crescente miseria il problema sociale cominciò a delinearsi come gigantesco punto interrogativo, principiando ad appassionare confusamente la coscienza delle masse. I Tutto d'intorno poi, a coronamento della miseria dilagante, delle sofferenze e delle impazienze legittime, le comunicazioni interne (ferrovie) e le comunicazioni esterne (navigazione) sfruttate da Con1pagnie paralizzatrici dell'attività isolana o monopolizzatrici dei suoi commerci. E, ultimo suggello, un'organizzazione bancaria ligia alle imprese aleatorie e alle camarille fortemente organizzate: avara col piccolo commercio, muta alle feconde iniziative, inaccessibile ai lavoratori. Cause amministrative. Qui basta accennare semplicemente, senza svolgere. Un accentramento illogico, fatale, che snerva tutto il paese, ma che sulla lontana Sicilia pesa addirittura come cappa di piombo, rendendo la giustizia un privilegio e l'uguaglianza una ironia; una falsa autonomia municipale che non dà al popolo alcuna garanzia e lascia aperta alle fazioni prepotenti l' irresponsabilità del malfare: onde l'organizzazione di clientele formidabìli che dal Consiglio comunale fanno capo al Consiglio provinciale e viceversa; e da cui dipende tutto - viabilità, dazi, spe·se facoltative, impieghi - e tutto è subordinato al predominio dell'interesse privato sull'interesse pubblico: quadro semplice ma eloquente, che basta a spiegare i prorompimenti subitanei di popolazioni stanche di soffrire ed assetate di equità e di giustizia. . Cause politiche. Questa solida organizzazione di clientele municipali e provincia~i, di vere tirannie locali, fa capq alle prefetture e dalle prefetture al Ministero del• Biblioteca Gino Bianco
4 LA RIVISTA POPOLARE l'interno. Approvazioni di bilanci, revisioni di liste elettorali, nomina di sindaci, disbrigo di affari, appalto di opere pubbliche, tutto è subordinato all'intento politico di mantenere al potere, così nella provincia come nel comune, quelle tali clientele, salvaguardia dell'ordine e garanzia che, a data ora, le urne politiche rispecchieranno la volontà del Governo. In alcune provincie le prefetture sono poi addirittura subordinate ai deputati locali, tramutati in veri proconsoli. Inutile ogni tentativo di rompere legalmente questa cerchia di ferro. Il difetto di una stampa diffusa e di larghe correnti della vita pubblica rendono più che ardua l' impresa. Quando per caso vi si riesce, attraverso a lotte titaniche, il popolo porta, quasi sopra un carro trionfale, il vincitore. Ma dove ciò riesce addirittura impossibile, il malcontento si condensa e, a un dato mon1ento, la collera, concentrata, scoppia cieca, terribile. E, dopo avere accumulato l'elettrico, si fa il processo · alla folgore ! Queste le cause più salienti che hanno determinato i tremendi pronunciamenti popolari della Sicilia. Sotto l'azi?ne di queste cause l'organizzazione dei Fasci è sorta e si è diffusa rapidamente come resistenza contro le camarille locali, e come un primo passo verso la redenzione delle classi agricole. Essi si andranno a mano a 1nano spogliando dei difetti da cui sono inquinati, ma l' organizzazione, anche se dovesse mutar nome, resterà, e andrà sempre più perfezionandosi. Ciò che è successo ·non è una rivoluzione ma una semplice sommossa: una sommossa però che segna una ricognizione delle proprie forze da parte del proletariato delle campagne, e che lascia dietro a sè i vivi fermenti da cui scaturisce il lievito delle rivoluzioni. BibliotecaGino Bianco
LA RI\rISTA POPOLARE 5 Intanto l'isola generosa manda lacrime da tutti i suoi occhi, e si dibatte sotto la stretta delle più crudeli soffe• renze. Intenderanno le classi dirigenti, intenderà il Governo il còmpito suo? O si ricadrà nello stato d'inerzia, come in passato, paghi solo di processi o di abili ripieghi che facciano tacere per qualche tempo le esplosioni del malcontento, fuorviando in pari tempo l'opinione pubblica intorno alle cause vere delle presenti somn1osse ? Le quali non hanno altra origine all'infuori della miseria, e delle inique condizioni morali politiche ed economiche in cui si dibatte il proletariato delle campagne siciliane. O si vorrà proseguire in un accentramento disastroso che recide i nervi alle più feconde energie locali e corrode lentamente la fibra e la compagine nazionale, fantasticando che la Sicilia tenda indegnamente a separarsi dalla patria comune? Tutte le accuse più o meno inverosimili, create e gonfiate in questi dì, spariranno nei di della calma, mercè la ragione e lo studio del vero, e qualsiasi errore o colpa individuale non potrebbe infirmare giammai il significato collettivo della terribile protesta popolare. Ma rimarrà la ·lugubre memoria de' tristi fatti e delle repressioni, per lungo tempo. E l'acerbità di tali ricordi potrà essere soltanto temperata dall'accettazione_ rapida ed intelligente di una serie di rifanne civili e di provvedimenti sociali che valgano a risollevare effettivamente e sollecitamente le depresse condizioni morali e materiali di quelle infelici popolazioni. E·i rimedi de' gravissimi mali dovrebbero essere varii e complessi, come varie e complesse ne sono le cause. Nel campo amministrativo: discentramento integrale - non di persone, ma di cose nelle funzioni e nelle ims· lioteca Gino Bianco
6 LA RIVISTA POPOLARE poste; autonomie comunali a base di responsabilità effet tiva - col controllo del referendum popolare e col sindaco elettivo in ogni comune; una giustizia più accessibile a tutti, n1eno ligia al potere; funzionari governativi abili e onesti. Nel campo economico : trasformazione tributaria che sottragga man mano il necessario alla vita dal gravame delle imposte; un fisco meno inumano; una riforma all'attuale tariffa doganale, e possibilmente anche ai vigenti trattati di commercio, che temperi gli effetti letali di un malinteso protezionis1no ; colonizzazione graduale dei latifondi, ma in modo da impedirne la ricostituzione, introducendo in casa nostra con opportuni temperamenti il principio dell'Honusteadt; istituzione di un credito agrario, vero, reale, non di semplici articoli di legge, e accessibile a tutti; aiuti efficaci alla cooperazione, tanto nel campo agricolo quanto in quello industriale; abolizione del regin1e eccezionale dei ·tributi che pesano sulle miniere siciliane e investimento del dazio di esportazione sugli zolfi a beneficio di questa industria e del suo graduale avviamento verso vere e proprie associazioni cooperative di produzione. 1 1 L'abolizione del dazio di uscita sugli zolfi, replicatamente da me invocnta alla Camera, fa promessa dal Governo allorchè si discusse e votò l' abolizione del dazio di uscita sulle sete. Poi tutto ricadde, come al solito, nell' obblìo. Ora iÌ mio carissimo amico Napoleone Colajanni ha presentato un progetto di legge inteso a far convergere, senza danno dell'erario, l'importo di quel dazio a beneficio dell' industria solfarifera così miseramente depressa. Il pensiero è ottimo e forse per ciò stesso quel progetto verrà respinto dalla Camera. In ogni modo io ho _voluto accennare anche ad un altro lato del problema, a quello, doè, di far servire una parte di quei mezzi finanziari ad agevolare la costituzione di Società cooperative dj produzione fra zoifatai che potrebbero man mano sostituirsi nella conduzione delle miniere ai così detti gabellotti. Il progetto Colajanni potrebbe BibliotecaGino Bianco
LA RIVISTA POPOLARE 7 Nel campo politico: richian10 delle prefetture alla funzione di semplici delegazioni a1nministrative del potere esecutivo, liberando il paese dalla loro indebita ingerenza nelle urne politiche ed amministrati ve - senza di che non sarà mai possibile di spezzare 1, organizzazione e il predominio delle combriccole locali, su cui s, imperniano tutte le presenti ingiustizie - e vi sarà sempre un sindaco, come quello di Canicattì, che avrà, il diritto di respingere sdegnosamente sul Governo tutta la responsabilità degli errori e delle colpe che questo vorrebbe far ricadere semplicemente e soltanto sugli enti locali. Per compiere queste ed altre riforme, che nella mas-· sima parte sono reclamate non soltanto dalla Sicilia ma dal resto d'Italia, occorre genio, scienza e audacia. Avrà l'on. Crispi questa intuizione e questo ardimento? A questo patto soltanto egli potrebbe cancellare dal paese la triste in1pressione suscitata dalla proclan1azione dello stato d,assedio specialmente per ciò che si attiene alle più gelose guarentigie del diritto nazionale. Ma al di fuori e al di sopra del Governo, lungi da qualsiasi lusinga (chè di mancate pron1esse governative l,Italia è satura), 1 un,alta, immensa responsabili_tàs,in1pone alla democrazia italiana: quella di sopire, nell, ora presente, tutte le piccole discordie di metodo, tutte le piccole 'divergenze di programn1a, per ricordarsi che il problen1a sociale è in pari tempo problema nazionale, e che l'uno e l,altro reclan1ano essere così occasione ed avviamento ad una soluzione radicale e razionale del problema minerario in Sicilia. 1 Ricorda lusinghiere promesse la Romagna, _ne ricorda Ancona; ricordano tutti, tre anni fa, il telegramma dell' on. Crispi, nel quale egli affermava di volere « sciogliere la questione sociale ». È una sola vicenda: dalla repressione alla menzogna, e da questa a quella. (N. d. D.). B1bllotecaGino Bi~,nco
8 LA RIVISTA POPOLARE concordia. di pens1en e di atti dinanzi ai gravi eventi e alle ardenti quistioni che agitano e torn1entano il nostro povero paese. D.1" EDOARDO PANTANO. MISERIAE SCUOLA (Continuazione e fine). II. Senza perder tempo, risalim1no insieme sul calesse e via di gran trotto. Il ten1po minacciava. Il sole era andato sotto tra lunghe strisr:ie di un rosso sanguigno che si mutarono· in cenerognole, e da cenerognole in nere; finchè una in1mensa nuvolaglia oscura, come un velario tenebroso, ricoperse a poco a poco tutto il cielo verso il tra1nonto : un fremito sordo si destava nel1' aria bassa tra le ran1e degli alberi e tra le siepi di rovo e di biancospino che fiancheggiavano la strada. « Se arriveremo asciutti al paese, disse il direttore, ,. sarà quasi un 1niracolo.. . Ma chi yiene così in fretta verso di noi? ·- E i suoi occhi fissavano una figura di donna che si avanzava velocemente. - Ah I soggiunse poscia con un risolino, quella è la maestra Rosaspina ». - E trattenne il cavallo. La maestra Rosaspina intanto, rapidissimamente fu a poca distanza da noi. Una donnina che si elevava da terra poco più di 14 dm., asciutta e sottile come una sanguisuga; dai capelli neri, ricciuti, che uscivano sulla fronte avviluppati e guizzanti come serpentelli; dagli occhi castagni, fulgidi, mobilissimi, ombreggiati da due folte sopracciglia; dalle labbra grosse, pavonazze e sporgenti che parlando lasciavano scorgere quattro incisivi intatti e bianchi come la neve. Un corpicciuolo mingherlino, smilzo, nervoso, pieghevole, elastico, tutto un fremito dalla testa ai BibliotecaGino Bianco
LA RIVISTA POPOLARE 9 piedi. Indossava una gonnella di mussolina nera guarnita di pizzo rosso, e un corsettina rosso tempestato di piccoli nastrini neri. In testa un cappelluccio rotondo di paglia fiorentina con penne di cappone alla bersagliera. Anche l'o111brellino che teneva in n1ano raggirandolo da una parte e dall'altra come una banderuola, era di un rosso fiammante. Que' buoni abitanti della villa le avevano appiccato il nomignolo di diavoletto. Appena ci fu vicino, la n1aestrina sciolse lo scilinguagnolo. « Ah l signor Direttore, se sapesse! Me ne accade una brutta l Ho bisogno del suo consiglio . . . Sapendo che Ella era da queste parti (e l'ho saputo dal nostro bottegaio, che l'ha vista stan1ane lungo la via n1aestra), ho detto fra me: Qui non e' è ten1po da perdere: mettiamoci in via . . . Che sono mai 3 chilon1etri ? Non n1i risparmierò così di andare fino al paese? Tanto più eh~ stanotte 1ni fermerò qui dalla 1naestra, che è mia amica carissima ... Io non ho nessuno che mi aspetti a casa . . . (e sospirava), io sono sola, sen1pre ... - Senz'altro, n1i son messa in cammino, colla speranza d'incontrarla. E non mi sono ingannata. . . Scusino tanto dell'ardimento . . . Mi spiccio subito ... Ma son già due notti che io non chiudo occhio al sonno I ... Ella sa, signor Direttore, che nella mia scuola io fo lezione di catechismo ..un giorno per sèttimana, e che mi ricusai di andare alla chiesa tutte le domeniche, come pretendeva il signor Arciprete, a insegnare la dottrinella alle ragazze della parrocchia... Oh questo non è obbligo n1io! Ella stessa lo riconobbe, signor Direttore ... Ebbene, il signor Arciprete se la legò al dito... giurò di vendicarsi . . . E se sapesse che cosa ha detto di me in pubblica chiesa ... Ah l è troppo? È troppo!. .. » E così dicendo la piccola Rosaspina si scioglieva in pianto come una Maddalena. « Stia- tranquilla.... stia tranquilla, interruppe il Direttore; e che cosa ha detto il signor Arciprete? « Ha detto che io sono una matta I « Ma l' ha sentito Lei, colle sue proprie orecchie? « No; ma · chi venne a riferirmelo, non prese abbaBibliotecaGino Bianco
IO LA RIVISTA POPOLARE gli o ... Ah l quale vergogna! Io mat.ta ~ n1a che cosa p~n; seranno di n1e le 111iescolare, le fan11ghe della parrocchia. « Via, via... non c' è da disperarsi. Ella faccia il suo dovere e non pensi ad altro. - Le cose che si sentono a dire sono inesatte spesso. Io medesin10 parlerò col signor Arciprete ... A rivederla, signora Rosaspina; non s' in- .co1nodi ·a venire in paese. Verrò io a visitare la scuola, ed allora parleretno con n1aggiore comodità. Adesso non c' è ten1po da perdere. La pioggia ci sta sopra». - E sferzò il cavallo. - Vede, soggiunse il Direttore, quella là è una 1naestrina che sa il fatto suo, ma è un piccolo 111ongibello. Nonditneno è pur vero che i parroci, in campagna, fanno in generale il viso dell' anni alla scuola, e che i ragazzi non ci vanno più, se essi la osteggiano apertamente. Le nubi nere intanto solcate da spessi lampi che accendevano l'aria cupa accompagnati dal tuono, si allargavano, si allungavano sull'orizzonte·: pareva quasi che raggiungendoci facessero ogni sforzo per sopravvanzarci. Già tutta la campagna intorno stonniva sinistramente sotto un vento impetuoso e caldo: un odore nauseante d'ozono si diffondeva da per tutto: il cavallo allungava il collo e aspirava a larghe narici il profumo acuto delle piaJ:?.te e dei fiori, che all'avvicinarsi della pioggia si spandeva per l'aria: le rondini volteggiavano mute e volavano terra terra, cercando un ripa.ro tra le siepi e gli arbusti. « Il temporale, il temporale l disse il Direttore; per fortuna ecco là a pochi passi la bottega della villa. Fermiamoci. - E svoltata una viottola, arrivammo alla bottega e scendemmo, mentre cascavano rumorosamente le prime larghe goccie della pioggia che cominciava ad imperversare. Due misere stanzuccie dalle pareti nude, chiazzate da grandi macchie cenerognole che svelavano una umidità permanente, formavano la povera bottega del villaggio. Nella prima, ritto in piedi, tra il sucido banco di abete e una vecchia scansia, contenente alcune bottiglie d'acquavite, qualche pezzo di lardo giallogn0lo e di formaggio saponaceo, stava Giacomo, il bottegaio, tutto affaccendato BibliotecaGino Bianco
LA RIVISTA POPOLARE I I a versare acquavite ad alcuni braccianti che si erano quivi ricoverati - mentre quattro o cinque persone, dall'aspetto più civile, sedevano in disparte, ragionando del mal tempo e dei probabili raccolti - ; nella seconda, rischiarata da una lucerna a petrolio, pendente dal soffitto, che diffondeva a stento dall'alto una luce rossiccia e affumicata, si accalcavano attorno a due rozze tavole -, parte in piedi, parte seduti -, I o o 1 2 braccianti, che fumavano un tabacco acre e pestilenziale nelle loro pipe di terra cotta, e giocavano a~canitamente il tresette. Appena entrati, tra i quattro o cinque seduti della prima stanza si n1osse l'ex-capitano Gandolfo - un possidente del circondario che aveva saputo trar profitto da un suo vecchio adulterio sposando la ricca innamorata, quando la morte venne a liberarla dal terzo incomodo -, e ci pregò di sedere. Il capitano Gandolfo era veramente un omaccione terribile a vedersi! Omeri da Rodomonte, torace erculeo, due braccia da Polifemo, due gambe da colosso di Rodi ... ma sulle spalle sesquipedali una testina da sgricciolo. < Oh, s'accomodino, s'accomodino, cominciò a dire l'ex capitano ... Siamo tutti qua per salvarci dal temporale. . . Sentite che vento indiavolato ! che pioggia infernale l E come si trovano loro da queste parti I ... Forse in visita alle scuole? ... Ah povere scuole I poveri ragazzi l E più specialmente poveri noi, che li dobbiamo togliere ai lavori della campagna, n1entre ci sarebbero cosi necessari. . . A scuola non imparano nulla, oppure imparano le peggiori monellerie . . . Nondin1eno bisogna mandarli, giacchè così vuole la legge! Ah I signori miei, l'istruzione che voi ci date, non giova che a rendere i contadini più intolleranti del lavoro e più esigenti. . . Molto meglio una volta, senza tante scuole, _senza tanti maestri > • ' Povero capitano I egli era tino dei possidenti più facoltosi di quel territorio, che aveva per principio l'aumento progressivo del suo patrimonio, pagando il meno possibile i contadini e i braccianti; spendendo quanto era necessario a un buon regime casalingo della sua famiglia e accumulando ogni anno le rendite in aumento· del capitale. Biblioteca Gino Bianco
12 LA RIVISTA POPOLARE Il quod superest date pauperibus, si limitava per lui agli avanzi ciella tavola quotidiana. E non erano luculliani davvero I Il capitano ignorava la gran quistione sociale che si agita in Europa in questi ultimi 40 anni ; le teorie dei pensatori, gli scioperi formidabili degli operai, i misfatti politici dei nichilisti, la nuova disciplina delle classi lavoratrici. Il capitano non sapeva nulla di tutto ciò, o almeno gli era arrivato all'orecchio come il rumore di una ferrovia notturna da cui possiamo ripararci turandoci le cart~lagini uditive. Egli ignorava - o non si curava di sapere - che la classe dei lavoratori della terra in Italia, non compreso un milione all'incirca di agricoltori proprietari, oltrepassa, tra mezzadri, fittaiuoli, giornalieri, coloni, contadini, ortolani, contando anche i ragazzi, quasi gli 11 milioni, e che i nostri contadini - come apparve dall'inchiesta agraria, relatore il Jacini - guadagna in media annual-. mente L. 3oo appena, corrispondenti alla retribuzione media di L. 1 .3o per ogni giorno di lavoro; computati in un anno 2 2 o giorni, chè il resto è levato dalle feste, dal mal ternpo e dalle malattie. Infatti, pur tacendo d' altre cause che affliggono di gravi malattie le plebi italiane, basterebbe la terribile influenza della malaria per sottrarre tante braccia al lavoro, scemando così la produzione e immiserendo maggiorn1ente la classe dei giornalieri. L'inchiesta amministrativa del r 885 riconobbe e affermò che sugli 8 2 58 comuni d'Italia, 2 8 2 3 con r r milioni e mezzo di abitanti sono costantemente soggetti alla malaria; e che altri 2025, con una popolazione di 8 milioni, ne soffrono periodicamente ... Il capitano leggeva sui giornali, anzi spesso scorgeva coi propri occhi la pochezza del salario, la insufficienza del vitto, la insalubrità delle case coloniche, la squallida miseria dei così detti cameranti, i terreni mal lavorati ed incolti o abbandonati all'avarizia dei fittaiuoli che delle prebende pagate ai proprietari indolenti e gaudenti si rifacevano sui poveri boari con ogni maniera di taccagnerie. Ma egli, strizzando la testa del suo sigaro di virginia - suo immancabile compagno - tra una boccata di fumo e l'altra, soleva dirci: O i contadini dovranno dunque ormai manBiblioteca Gino Bianco
•. LA RIVISTA POPOLARE 13 giare meglio di noi? E non basta a ciò quello che rubano al padrone? I contadini sono signori in confronto di noi possidenti; siamo noi che li manteniamo, piova, nevichi o tempesti; tutti i danni delle matte stagioni o delle tasse insopportabili, li sentiamo noi ... E se qualcuno osservava che egli intanto - e tutti gli altri più o meno agiati come lui e non spenderecci - non doveva fare queste lamentanze, giacchè ogni anno egli aumentava il suo patrimonio tre o quattro volte più di quanto un frutto normale sul capitale aYrebbe consentito, egli, stralunando gli occhi, gridava: Oh che la me li fa lei dunque i conti di cassa? E i miei due figliuoli non dovranno dunque ereditare il mio patrimonio? E se dovranno spartirselo un giorno, non avrò io cura di consegnarglielo raddoppiato? E se talvolta - con1e p. e. accadde al nostro direttore scolastico - gli si diceva che il di più va dato in larga misura a chi non ne ha,· egli "ricorreva ad un argomento ad hominem. - E cominci dunque Ella, signor Direttore colendissimo, a levare ogni anno 2 oo lire sul suo stipendio per darle alla marmaglia. - Notate che il direttore godeva il lauto stipendio di 900 lire annue l Il ritratto che io ho qui abbozzato del nostro capitano farà comprendere abbastanza il perchè noi rispondemmo con monosil13:bi scherzevoli alla sua comica apostrofe. Lo conoscevamo da un pezzo il n6str' uomo. Egli era uno di que' tanti che in graz_ia dell'aforisma: A lavare la testa all'asino ci si rimette ranno e sapone, hanno acquistato il diritto di parlare come vogliono, senza l\incomodo della discussione. III. Ma improvvisamente .si spalancò la porta d'ingresso e quasi avvolto in un oceano di luce, sotto il bagliore di un gran lampo e lo scoppio di un fulmine, si gettò dentro un uomo ·che sgocciolava acqua da tutto il corpo come l'ombrello di un merciaio ambulante. Era il giovane maestro della villa più vicina: alto, snello, biondo, di carnagione rosea, con occhi cerulei eviBiblioteca Gir.10 Bipnco
14 LA RIVISTA POPOLARE dentemente miopi, con due baffetti appuntati come quelli di un allievo militare. - Ecco l'ingresso di Satana, gridai io, - mentre gli altri ridevano, ed egli, rincantucciandosi, si scuoteva l' acqua da dosso e sbatacchiava il cappello inzuppato come una spugna sulla spallina di una sedia appoggiata alla parete. < Non c'è stata verso di schivarla ; disse il maestro, vengo dalle Case Bruciate: a un mezzo chilometro di qui sono stato colto da questo maledetto tempaccio .... Non potevo più rifare la strada .... < E che va egli a fare alle Bruciate? domandai al direttore sottovoce. < Va dalla sua amorosa .... Povero ragazzo I è da compatire. Uscito l'anno scorso dalla scuola normale, venne qua a reggere una scoluccia maschile con 600 lire di stipendio. Una miseria I uno sconforto I - Venne qui, tutto solo, senza famiglia e senza trovare una dozzina, fosse pure modestissima. Ella può in1n1aginare con quanto amore attende alla sua scuola I Se gli riuscisse di piantare in asso domani e la scolaresca e il comune, si stimerebbe fortunatissimo. Fa scuola così per dire, ma appena è libero, vola di qua, vola di là, con1e un uccello di varco. Adesso corre tutti i giorni alle Bruciate; due rµesi innanzi invece, correva due volte al giorno al mulino, per lo stesso motivo, se non per lo stesso oggetto . . . . Le famiglie non le vedono di buon occhio; i ragazzi non gli si affezionano ... --. Sa come lo chiamano le male lingue di questi posti? E di male lingue non c'è penuria, sa! lo chiamano il maestro volantino. < La miseria delle plebi, la povertà e l' un1iliazione dei maestri, la spilorceria e l'avversione dei proprietari più ricchi e di chi nelle campagne presiede alle cure delle anime, le strettezze economiche dei Comuni e delle Provincie, la non curanza del Governo verso la istruzione rurale e le imposte sproporzionate al valore reale dei poderi e dei relativi prodotti portano i più gravi impedimenti ai buoni effetti delle scuole in campagna - dissi io allora al direttore; - e come conseguenza di tutto ciò, n1ettiamoci anche Biblioteca Gino Bianco
LA RIVISTA POPOLARE la poca prudenza dei giovani maestri in generale. Ma del res~o, qual' è il gipvane di n1ediocre ingegno (non dico di gran 1nente) e di sufficiente coltura, che si possa accontentare di uno stipendio inferiore a quello di un portiere, conducendo ·una vita piena di stenti econon1ici e morali? Il direttore assentì del capo, come volesse dire: Si va di male in peggio; si va di male in peggio l - Ed io soggiunsi a voce alta: Sia1no poveretti davvero! Sapete voi in tanti n1ilioni di sterline il debito dell'Italia, confrontato colla Francia e colla Germania? La Francia ha un debito di 9 r r milioni, la Germania di 2 2 9 e l'Italia di 5·2 2. - Quanto alle cifre d'alimentazione, eccole qua. Le deduco da un giornale di Berlino. Ogni inglese consuma r r 8 libre di carne all'anno; ogni francese 77 ; ogni spagnuolo 7 1 ; ogni belga 65 ; ogni tedesco 64; ogni austriaco 6 r ; ogni olandese 57; ogni irlandese 56 ; ogni russo 4 r ; - ogni italiano 2 6 sola1nente ! - S'aggiunga che per gli arman1enti paghiamo più d'ogni altro popolo d'Europa. La Francia, p. e., spende nella istruzione sei milioni di sterline; noi un n1ilione e mez¼o! E su questo milione e n1ezzo la lesina si adopera particolarmente nella istruzione popolare I Non è dunque da stupire se noi sopra 1 oo coscritti, ne abbiamo 42 di analfabeti, mentre la Francia ne ha 9; i Tedeschi 0.60; gli Svizzeri q.08. Il capitano tendeva l'orecchio alle mie parole. E così gli altri. Non s'udiva fuori che il fragore, rallentato, della pioggia, e l'ululato del vento tra i fessi delle finestre e " delle porte. « Ebbene, disse il capitano in aria di trionfo, che buon pro ci fanno queste scolucce? Poveri siamo, e con1e ! i braccianti, i contadini che in1parano a leggere e a scrivere, - quando imparano - non ci faranno ricchi; anzi, tutto il contrario I Oh perchè questa povera gente pretende la scuola, se ci va quando le pare e piace ? » Il 1naestrino biondo a queste parole si fece due passi avanti, tutto infia1nmato in volto come un galletto in duello, e stava per rispondere; ma il direttore lo trattenne. « La povera gente, egli disse, va a scuola quando può, e cioè, quando si ·è procurata il mezzo del proprio sostenBiblioteca Gino Bianco
LA RIVISTA POPOLARE tamento. Ma ci va. Anzi, esige la scuola e ormai non vuol farne senza. Ormai ha capito che nel sistema oggi più diffuso de' Gqverni rappresentativi, i deputati soltanto sono quelli che fanno le leggi, e che i miglioramenti sociali dipendono, in g1:an parte, dalle leggi stesse. - Preme dunque a ogni classe di cittadini di eleggere il maggior numero possibile di deputati. E siccorne non può esercitarsi il diritto di voto senza possedere un certo grado d'istruzione, anche gli operai e i giornalieri cercano ahneno le scuole prime. . . . Tutte le grandi associazioni socialistiche si valgono dell'alfabeto, co1ne di un'arma di combattimento. Le Trades' Union in Inghilterra proclamarono più volte dj n1irare a una trasfonnazione del Parlamento, acciocchè esso intenda e faccia trionfare i bisogni del popolo. - L'impulso è dato da gran tempo - il movin1ento è fatale .... Non si torna più indietro. - Altro che serrare le scuole esistenti, caro signor capitano! - Il maestrino biondo gongolava dalla gioia; io dissi più volte; Benissimo l - Ma il capitano non si diede per vinto ; si tirò il cappello sugli occhi, tolse di saccoccia un sigaro di· virginia accendendolo violentemente ed uscì sbattendo forte l'imposta e gridando: La pioggia è cessata. Salute ai rivoluzionarii ! - Spalancati i battenti della porta ci facemmo tutti sul1' uscio. La pioggia era cessata. Tra le nubi nere e biancastre veleggianti in alto, sospinte rapidan1ente da un ' gagliardo vento di levante, appariva qua e là il cielo azzurro, mentre la luna nel suo terzo quarto era uscita tutta a diffondere la sua luce sulle piante cupe, sgocciolanti, e sull'acqua piovana che scorreva ancora in rigagnoli lungo la strada scintillando come argento sotto l'improvviso chiarore. - Il bottegaio ci ricondusse il calesse, e partimmo senza perder tempo . . . . . Passarono dieci anni da quel giorno fino ad oggi; - il Panaro fu ricondotto nel suo letto, la zattera al tempo dell'acqua non galleggia più sul piccolo pelago della scuola da noi conosciuta . . . . Ma le 1nisere condizioni di quei 1uoghi e di quegli abitanti sono, in generale, le rnedesime. Biblioteca Gino Bianco
LA RIVISTA POPOLARE 17 - E se dunque fu giusto il grido del Villari: Meno scuole ·· e più pietà, nel significato che l'istruzione fruttifica solo in un ambiente ove le sorgenti vive della vita famigliare non siano esauste dalla miseria e avvelenate dal pervertimento e dalla disperazione, perchè il Governo e le classi agiate non fecero ancor nulla a scemare, se non a togliere, questi mali così profondi e così perniciosi? G. FANTI. RELIGIONE E SCIENZA I Il Fogazzaro dice che « frutto della vera scienza è non già distruggere, ma ingrandire l'idea di Dio » quasi che la Scienza stessa, incamminandosi per la via dei propri trionfi, abbia scritto sul suo labaro: « Dio ». Essa non può ingrandire ciò che non entra nel suo dominio ; può ingrandire, sì, il patrimonio delle cognizioni ; ma non tocca nè il sentimento nè la religiosità. Il Fogazzaro· dice: che la Scienza non ci spiega l'origine delle anime. Vero. Ma ci spiega, in compenso, tutte le evoluzioni del pensiero, tutte le forme della Psiche in rapporto alle evoh.izioni degli atomi. Ci dimostra che il pensiero è insito nella materia, date quelle speciali condizioni. E se le anime sfuggono alla portata dei nostri strumenti, è per altro evidente il legame tra il pensiero e il cervello: legame che distrugge l' ipotesi dell'esistenza di esseri pensanti al di fuori della materia. Ma quando il Fogaziaro s'accorge, mi permetto di dirlo, di aver fabbricato sul vuoto, allora con luminarie stilistiche e con scappate di girandole, ci dice: « badate, io sono credente e artista. Ora, io voglio un'arte religiosa. A me piace questo novo Iddiu conciliantesi con le dottrine moderne della Evoluzione; perchè, infine, io parlo da artista ». Alla grazia vostra, dicono a Napoli. E di fronte a questo modo di ragionare 1 io non so che cosa direbbero i nostri migliori, e, per citarne due valorosissimi, il Mosso e il Golgi. Discutere l'Evoluzione ·attraverso il prisma dell'arte I Conciliare la Fede con la Scienza per mezzo del sentimento e della fantasia I Ma l'artista può foggiarsi il mondo come crede, crearsi orizzonti novi, ideali, popolati di vaghe fantasime dalle ali d'oro, perchè la fantasia e il sentimento non hanno barriere di assiomi scientifici, perch,è, infine, la Scienza non è l'arte. 1 Continuazione e fine, vedi numero precedente. Biblioteca Gino Branco
18 LA RIVISTA POPOLARE Il Fogazzaro scrive: « non intendiamo anzitutto di soffrire che la grande idea della evoluzione venga abbandonata, quasi con disprezzo, · ad una filosofia materialista che , non avendo il minimo diritto sopra di essa, la impugna come un'arma contro il nostro stesso ideale» (pag. 96). Ragion logica vuole, dunque, che la teoria della Evoluzione deve essere. sostenuta dagli ortodossi!! ... E più oltre: « Noi non intendiamo che la rappresentazione artistica dei concetti morali più rispondenti all'idea cristiana sia rispettata soltanto come una fedeltà onorevole al passato » (pag. cit.). Si può essere più modesti nelle proprie domande? Qui sarebbe finito il mio assunto se il Fogazzaro, al pari di tutti gli scrittori ostinatamente ortodossi, non avesse imputato il disordine organico sociale (pag. I oo) alla perdita della legge suprema del!' ordine morale. Il quale ordine morale io non so se veramente potrà ritornare in fiore, conciliando le verità scientifiche con la ortodossia cattolica, perchè, forse: diis extinctis, Deoque, successi! humanitas. Nè io ricorderò al Fogazzaro la chiusa del libro del Gruppe, 1 non la apostrofe di Schopenhauer contro il Kant e seguaci, non le parole di Luigi Feuerbach contro la filosofia speculativa, non gli aurei libri del Growe, 2 del Faraday, 3 del Baumgartner, '4- del Blichner, 5 del Secchi, 6 aurei libri per tutti, ma specialmente per lui che sogna ancora la forza al di fuori della materia. Non gli ricorderò che lo Agassiz, molto tempo prima di lui, tentava, sotto altre parvenze, la sognata conciliazione, nè che dopo Lamark ( I 809-18 I 5) è impossibile, sulla teoria della creazione, tornare indietro, come non è possibile dimenticare che, fino dal 1855, lo Spencer, appoggiandosi al Darwin, dava al mondo scientifico una teoria nuova dello spirito che il Fogazzaro nell'ordine polemico mostra di non conoscere o di voler dimen ticare. E nemmeno l'autore è stato originale nelle sue argomentazioni. Molto tempo prima di lui, il Lotze, il Virchow, il Fichte di Tubingen, in nome della conciliazione tra la scienza e la fede, poterono sballarne di marchiane. E nè la fede, nè la scienza fecero, mercè loro, un passo verso la meta sospirata. Ma le verità scientifiche, si dice, sono sconsolanti. Ma, forse, che la verità per essere tale deve deliziare le anime nostre ? E contro il tabula rasa del Descartes, che informa tutta la filosofia sperimentale de' gior.ni nostri, vogliono insorgere gli scrittori, i quali, come il nostro Fogazzaro, intendono di serbarsi fedeli, a modo loro, al dogma, accogliendo le verità scientifiche, patrimonio della età presente. 1 Gegenwart und Zuku11Jt der Philosophie in Deutschland. Berlin, 1855. ' 2 Sul!' azione r.1ciproca delle forze di natura. 3 La circolazione delle forze fisiche. 4 Sulla conservazione della forza. 5 Forza e materia. 6 L'unità delle forze .fisic!te. BibliotecaGino Bianco
LA RIVISTA POPOLARE Giova ripeterlo: eglino non fanno opera buona, ma babelica. Non convincono nè correligionari, nè avversari. Turbano intelletti e coscienze. Non colmano l'abisso, ma lo accentuano. Per la Chiesa sono ribelli ; per la Scienza, sofisti inutili~ O Antonio Fogazzaro, tornate al vostro posto di artista squisito; abbandonate il vostro spirito alle serene concezioni di quell'arte che fu primo sogno della vostra giovinezza, e lasciate che la Scienza severa, rigida, inflessibile, prosegua il proprio cammino. Fate che noi possiamo dimenticare il vostro ultimo libro I ... 'ROMOLO PRATI. I GIORNALIESRIICILIANI . In un'età favolosa - in un'età dt!l' oro trascorsa pochi anni fa - in un tempo in cui formavansi numerose e colossali fortune - in una epoca in cui la produzione agraria e zolfifera era al culmine dell'apogeo - in un'epoca in cui il commercio dei vini e degli zolfi, delle granaglie e degli agrumi, delle mandorle e delle nocciuole, degli olii e dei sommacchi, delle pistacchia e delle frutta, aveva reso la Sicilia una miniera inesauribile d' immense ricchezze - la mercede diurna dei giornalieri mantenevasi con una certa costanza intorno i quattro e tarì » (L. I. 70), raggiungeva spesso il massimo di sei « tarì _. (L. 2.5 5) ed anche di L. 3, e non discendeva al minimum di L. I, che in qualche annata eccezionale od in qualche isolato e breve periodo del1' anno. Allora le condizioni peculiari dei giornalieri potevansi qire meno che mediocri, molto più che ad ognuno di detti « giornatari », oltre l'usuale mercede, si dava ogni giorno un litro e mezzo di vino e pane a piacere, od un e pan otto _. di « rotoli _. 2 (gr. I 600). Sopraggiunsero le prime crisi agrarie e le mercedi ribassarono alquanto: tuttavia i giornalieri guadagnavano tanto da non morir di fame. Ma ai malefici effetti della crisi agraria si aggiunsero quelli della crisi zolfifera, delle crisi commerciali cagionate in gran par_te dalla rottura del trattato di commercio con la Francia - si aggiunsero quelli di qualche krac bancario e delle maggiori imposte. Allora quel fatalismo politico-ec9nomico-sociale, che in un ciclo di 30 secoli ha quasi sempre stretto come in un cerchio di fuoco quest' isola generosa, tornò a far capolino, e riversò la sua nuova collera sulla Sicilia tramutandola nel breve volgere di pochi anni, in un campo di rovine economico-finanziarie. Ben presto migliaia di braccia rimasero inoperose, l_amercede dei giornalieri si ridusse ad una cifra addirittura irrisoria e la miseria battè alle porte di costoro. Gli altri braccianti della classe agricola, dando in anticresi o e svendendo .1 i campicelli o le casupole loro, che chi
20 LA RIVISTA POPOLARE più, chi meno possedevano, emigrarono o vivacchiarono alla meglio con delle esig~e sommerelle, frutto di sudori e di risparmi di anni precedenti. Ma dei giornalieri, pochi possedevano _tali t~sori, ~ c?n le loro mercedi non erano giunti che a sfamare le rispettive famiglie. Che cosa rimaneva loro se non impegnare quei pochi cenci che possedevano se li possedevano? ... Tuttora il delirio della fame di questi infelicissimi paria dell'industria agricola, risuona tristemente alle orec- . chie degli uomini di cuore, e dico tuttora, perchè ancora non se ne son rimosse le cause, nè curati i terribili effetti. Triste il dirlo - le mercedi odierne dei giornalieri oscillano tra un minimo di due « tarì » (L. 0.85) magari di I4 soldi ed un massimo di quattro « tarì » (L. I. 70) al giorno. Ed è poi raccapricciante il pensare che nulla più si dà a questi poveri infelici - nè pane, nè vino, e spesso nemmeno una fossa ove riposare la notte le loro stanche membra: quei miseri contadini perduti fra l'immensità degli « exfeudi » e lavorando, come di sovente, in zone di terreno molto lontane da case coloniche - quando esistono - sono costretti tornare la sera fra le squallide mura delle loro stamberghe, percorrendo così pare·cchi chilometri, per poi l'indomani tornare sugli stessi loro passi, e così di seguito. Il massimo della mercede giornaliera non viene raggiunto che al1'epoca dei grandi lavori estivi, cioè nei cosidetti « mesi lunghi » - giugno e luglio - mentre la mercede ordinaria si mantiene con una certa costanza intorno la lira una, anzi intorho i due « tarì ». Ma il contadino percepisce sempre questa mercede? Lavora egli quando non viene « allogato >, lavora egli, nei giorni piovosi, nei giorni di festa? Se lo spazio me lo consentisse potrei mostrare come il giornaliero siciliano - lavori o no - non guadagni in media che undici soldi al g10rno - e la cifra è un po' al disopra del vero, come potrei provare. Vivere - in media - con undici soldi al giorno - mantenere con tale elemosina, moglie, figli e magari dei vecchi genitori e qualche sorella - lavorare per dodici ore al dì e talvolta anche per sedici, e di un lavoro che abbrutisce ed annienta per poi non vedersi concesso nemmeno un misero giaciglio su cui riposare le membra esauste - arrivare all'alba sul luogo del lavoro, per poi ripartirne la sera onde ritornare in una squallida casipola -- quivi giungere affranto da una fatica peggiq che da bestia da soma e dopo una giornata di esaurimento e di disperazione, sentirsi amareggiare l'animo dal pianto dei figliuoletti che invano hanno chiesto e invano gli chiedono del pane - vedere i suoi bimbi dal volto pallido e malaticcio, dalle membra rachitiche, dai fragili petti affannati dall'asma - vedere la moglie con le rughe dell'affanno profondamente scolpite sulla fronte e con una non comune espressione di sconforto e di ansietà per il pane della sera, per il pane del domani - sentire l'ultima minaccia dell'esattore che vuol privarlo del suo unico tesoro: della casupola se la possiede, od invece sentire una nuova minaccia del padrone che vuol buttargli sulla strada quei pochi cenci che ha, solo perchè egli non ha ancora pagato la pigione - vedere e soffrire, pensare e diBibliotecaGino Bianco
LA RIVISTA POPOLARE 21 sperarsi, piangere ed inutilmente amareggiarsi - e mi si dica se la vita-morte del giornaliero siciliano non sia peggiore di quella del contadino del Polesine o del Friuli, del pellagroso lombardo o del paesano irlandese, del paria indiano o del servo russo. 8 gennaio I 894. CONTE DI PLATEA. LAFINEDI UNAPOLEMICA Nel mio articolo: Collettivismo t libertà, 1 dissi che le polemiche sull'argomento minacciavano di divenire eterne, ma non ne rimproveravo il mio ,contradditore: richiamavo alla' mente altre polemiche che in modo deplorevole hanno trasceso nel pettegolezzo che scinde gli animi, non porta luce e allontana dalla meta. E pensavo che sarebbe assai meglio oggi sostituire alla polemica qualche cosa di più utile. Ma, per fatalità, i tempi sono tuttora avversi, e gli anim~ esitanti e divisi, sì che saremo costretti anche per altro periodo a discutere, prima. di costituire davvero, con ardimento e senno, la gran famiglia repubblicana. L'argomento, in altre forme, riapparirà nel campo della discussione. E il perenne argomento degli uffici e dei limiti dati allo Stato, alla società, all'individuo. Se io ho resa la tesi anche più oscura, come dice il Minuti nel suo nuovo opuscolo, duolmi per me, non per la mia tesi, che ha sostenitori di me assai più valenti. Abbia egli la ventura, il mio contradditore, di avere idee chiare e limpide, come crede di averle avute a Firenze nel 18861 mentre poi apprendemmo che lo Schaffie stesso - nientemeno! - lo spiegatore più facile del sistema collettivistico, l'autore della Quintessenza del soda!ismo~ le aveva in quell'epoca ancora annebbiate e incerte, sì che prudente ne riservò il giudizio. Non bastava conoscere per ventura l'antica massima, la teoria allo stato greggio bandita dal precursore del collettivismo, Costantino Pecqueur. Io, e me ne rimprovero·, lessi per la prima volta, nel giugno del I 889, il rapporto del De Paepe Sulla proprietà collettiva, letto al Congresso di Bruxelles, e precisamente nella Revut socialis(e, che solo allora, seb• bene antico, lo riprodusse. Ed io applaudii, e applaudirei egualmente ora, alle parole che a Firenze il Saffi pronunziò quando protestò contro i sistemi che sono possibili solo mercè la forza, e solo capaci di portare in seno alle cittadinanze la gue_rra civile, la decadenza morale ·e la servitù, mentre 1 Vedi il numero XI, 15 dicembre 1893. Biblioteca Gino Bianco
22 LA RIVISTA POPOLARE in alto impera Cesare o il papa o un Comitato tirannico, e al basso vegeta una mandra d' iloti. Ma è tale,• ad esempio, il collettivismo bandito dal De Paepe o dal Malon? Sono più che certo che il Saffi non lo accomunerebbe con quell'orrido tipo di stato sociale su accennato, che parmi il modello del piì1 tirannico fra i comunismi. Platone ~ertamente e Tommaso Campanella il comunismo non lo sognavan così nell'immaginosa mente che toccava le vette del pensiero. Il Piccini, bravissimo operaio, giudicò erratamente o vagamente come io giudicai; non creda il Minuti che per non parere in contraddizione io voglia affibbiarmi un errore. Il vero su tutto. Che importa anche una contraddizione nell'interpretare una teoria? Può essere colpa per gli alti intelletti, non per noi, che non siamo certamente ' gen1; è anzi colpa ai mediocri l'ostinatezza nell'errore. Il vero su tutto, e quante difficoltà a rintracciare quel che sembra tale I A Napoli e a Palermo discussi opponendomi al De Marinis, specialmente perchè mi parve ch'egli accentuasse troppo la parte assegnata all'autorità dello Stato, nella produzione, nello scambio, nel consumo. Ma non mi balenò in mente mai, nel discutere con l'amico, di proporne l'esclusione o di volergli limitare il campo mercè la barriera di un .ordine del giorno. Io ho pensato sempre che vi debba essere ampia libertà per la discussione di tutte le questioni possibili. Anche i nostri avversari ed i nemici stessi saranno dalle condizioni del paese costretti a discuter di tutto, e largamente; alcuni, e in tutto, forse ci supereranno. Noi siamo lenti e dormienti e pavidi: e poi a che contendere ora? Abbiamo perfino lacerato quel povero unico Patto che un dì ci univa I Non si richiami il Minuti alla Roma del Popolo, chè non è il caso. Quando Mazzini si rivoltava fieramente sdegnoso contro i sistemi stranieri, era l'epoca in cui questi presentavansi, ai bagliori orridi del petrolio, minacciosamente negatori di ogni ideale. N è il Minuti s'allontani dicendo che non s' incarica di distinzioni fra collettivismo e collettivismo. Se vuol discuterne, deve incaricarsene; o altrimenti non si ha diritto di accettar polemiche. Ma io credo che ne discuteremo poi, sempre amichevolmente, in tempi più propizi e men tristi. Ne discuterono tanti, già da gran tempo, anche in giornali liberisti, come il prof. Gide, il Walras, l'illustre filosofo Fouillée, il gran matematico CoHrnot, il Summer-Maine, il De Laveleye ed altri. Dall'ultimo il Saffi trasse la chiara definizione che certo non combaciava col giudizio già dato dal Saffi stesso a Firenze ; ognuno può verificarlo, checchè. dica il Minuti; ed io so che il Saffi appunto rettificò per la grande coscienza che lo distingueva. E, infatti, nel suo opuscolo Il pensiero politico e socialt di G. Mazzini egli attacca austeramente il comunismo, non il collettivismo, nè ripete, come altra volta, il quadro fosco di una comunanza sociale ove un tiranno stia in alto e una torma d' iloti in basso, per combattere quel sistema. È inutile che il 'Minuti insista. E la polemica antica eh' egli esuma, già tenacemente sostenuta contro uno scrittore del a Cuore e Critica » , dice poco o nulla. Quello Biblioteca Gino Bianco
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