LA RIVISTA POPOLA RE 395 UNDRAMMANELL'OCEANO VII. Ma le vocì di guerra SL ripetevano dovunque: Roma o morte era il grido. E ·cesare ascoltava quelle voci e quel grido con mesto entusiasmo. - Lascierò questa tomba, diceva, e le siano pietose le aure, e d'intorno crescano le rose accarezzando e baciando le iniziali incise sulla bianca lastra ... Sul campo vivrò nel suo nome: il più gran modo di manifestare amore è l'azione, è il sacrificio per l'amore stesso .. . Io amo nel suo nome la patria mia, e nella patria il suo nome .. . Ascoltava quelle voci guerresche e si preparava. Dicevano che sarebbe passato Garibaldi da Foligno e da Terni per recarsi al confine. Cesare trasse fuori da un vecchio armadio una bella carabina svizzera, eh' era stata compagna fedele, sul campo, ad un amico suo morto nel fiore_ degli anni. Da per tutto era traccia di dolore in quella sua modesta abitazione, e pure egli era dolente di doverla abbandonare. Prima di partire, in un solo giorno si recò tre volte al cimitero . .Sembrava che mormorasse delle preghiere sul sepolcro della sua adorata: erano confidenze tenere, dolci, gentili, e parevano espressioni di un pazzo. Chi non ha mai sentito amore ride delle strane parole degli innamorati. Poi si decise, e si recò al confine, passando da Terni e da Poggio Mirteto, ove pernottò. Dal confine s1 recò a Monterotondo, a tempo, per partecipare al1' attacco. Non parlava con alcuno mai, ma nelle scaramuccie o ne' combattimenti tentava di farsi avanti, d'essere il primo, ritto in piè sempre, allo scoperto. Nelle marci e camminava colla faccia a terra, mestamente. Sul campo _guardava in alto, o al nemico, con gagliardia, con ardimento, con eùtusiasmo. Nelle lunghe notti, trascorse all'aperto, mentre il vento assiderava, talora sotto la fitta pioggia, egli pensava sempre a quel sepolcro e a BibliotecaGino Bianco
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