LARIVISTAPOPOLARE POLITICA-ECONOMICAS-CIENTIFIC-ALETTERARIA-ARTISTICA ANNO I. 31 Dicen1bre 1893 FASC. XII. LE REGIONIN ITALIA Nessuno stato europeo ha varietà etniche profonde e tenaci come l'Italia, dove lasciarono tradizioni indelebili Fenici, Etruschi, Greci, Arabi, Normanni, Longobardi, Celtiberi, onde sapiente1nente il conte Angelo De Gubernatis, nella Rivista delle tradizioni popolari italiane (Ro111a, 1893), scrisse: « Io non vedo in Italia dei popoli 1norti, ma anzi molti bei vivi. Da alcuni mesi sento parlare con qualche sgomento da uo1nini di governo degli spiriti regionali che in Italia risorgono. Se vi fosse maggior saviezza ne' principali motori della cosa pubblica, invece dì sgomentarsene essi dovrebbero trarne argomento della nostra grande vitalità nazionale e convenire che, se qualche cosa di sano si muove ancora sotto l'acqua torbida e stagnante nella quale si fa spesso navigare l'odierna politica, è un indizio buono che non ci è lecito disperare del nostro avvenire » • I Giacobini nella Fran.cia immaginarono d'avere nel sangue spente tutte le differenze tradizionali tipiche dei francesi, d'avere fatto tabula rasa di tutta la storia provinciale, e rimodellato tutto il popolo francese. Ma tornata la libertà ora s'accorgono dell'errore perchè ovunque risorgonvi gli. spiriti regionali, e sino dal 1865 a Nancy si fondò un' associazione di valenti patrioti per rimenare Biblioteca Gino Bianco
37° LA RIVISTA POPOLARE la Francia verso la federazione mediante forti aggruppa1nenti d'interessi dipartimentali. Plinio alla fine del primo secolo stimava che la civiltà romana avesse fuso tutte le genti dell'in1pero (ut cunctaru11t g-entùt1npatria jieret), ma al sorgere delle repubbliche n1edioevali ripullularono le . virtù native locali che durano ancora colle specialità dialettali. Onde, sino dal 1842, bene osservò Carlo Cattaneo : « Le lingue vive dell' Europa sono l'innesto di una lingua co1nune sopra i selvatici arbusti delle lingue aborigene » • Alle diversità fondan1entali dei parlari rispondono anche quelle dei tipi fisici resistenti tanto tenacemente che ovunque Ebrei e Zingari conservano le caratteristiche originali. Così i Danesi da 900 anni nell'Islanda serbano il tipo gennanico, i Maragati nella Spagna rammentano i Goti, e gli Slavi da 1nigliaia d'anni insediati nell'Abissinia non n1utarono l'aspetto originale. Fatta n1ilitarmente ed a rifascio l'unità politica ed amministrativa dell'Italia, senza passare per la costituente, le tradizioni locali reagirono contro il violento livellamento, e fu chi reclamò la storica federazione greco-italica. Contro la quale insorsero i settari cortigiani colla fonnula dell'Italia in pillole, quasi che si attentasse alla unità politica italiana. Quasi che fosse impossibile l' unità politica colla varietà amministrativa. 1 Mentre funziona mirabilmente nell' Elvezia, negli Stati Uniti dell'America, nell' Inghilterra. Gli italiani nell'ebrezza della vittoria contro l'impero austriaco e contro il papato immolarono sull'altare della patria per l'unità e per l'uniformità antiche istituzioni 1 Il concetto fondamentale di iy.Iazzini sull' argomento è, in massima, simile a quello che l'illustre scrittore esprime in questo articolo. (Veggasi Dell'Unità Italiana, vol. III, opere di G. Mazzini). (N. cl. D.) BibliotecaGino Bianco '
LA RIVISTA POPOLARE 371 sorte spontanee dalla storia, e le varietà fisiche ed etnografiche, ad onta degli an1111onin1entdi e' savì suoi, specialmente di Giuseppe Ferroni, di Carlo Cattaneo, di Tom1naseo, di Capponi, di Cernuschi, di Montantlli. Lo stesso Ricasoli, toscano, per l'uniforn1ità fu costretto ad accettare per la gentile Toscana l'imposizione della pena di morte sbandi- ·tavi da un secolo. Farini, Minghetti ed altri nell' Italia centrale, pur accettando schiettan1ente la 1nonarchia sabauda, studiarono co1ne acconciarla colle tradizioni locali, col federalis1no, e pensarono che si potesse salire all'unità politica per gradi di co1nuni, di provincie, di gruppi di provincie, ovvero per regioni. Che vennero variamente invocate poi da Perez, da J acini, da Pi ola, da Gerli, che nel 1 873 scrisse: « La vita regionale si palesa in Italia ad ogni manifestazione. Man mano che rallentasi la dittatura militare e sviluppasi la libertà, si avvivano gli interessi e le idee particolari. Onde come aspirano alla autonomia l'Irlanda, la Scozia, il Gallese, ora il Wiirtemberg e la Baviera reagiscono contro l' i1npero prussiano, com~ nell' impero austriaco non basta più il dualismo e gli Czechi vogliono escludere i tedeschi, i rumeni tentano scuotere il giogo dei Magiari » • Persino nella Russia accentratrice per eccellenza colla lingua, collà milizia, col culto, prende a farsi sentire la necessità di ordini federativi. La federazione dei Fasci nella Sicilia, l'invocazione di provvedi1nenti agricoli speciali per la Sardegna, richiamano vivamente _l'attenzione dei legislatori italiani sulla necessità di ritornare con maggior energia sullo studio delle regioni in Italia,., non solo per migliorare le produ- ' zioni utili locali, ma per ottenere quelle eco:o.omie che sono impossibili cogli ordinamenti accentratori, e per edtl· Biblioteca Gino Biane0
,, ... ,, ..) I - LA RIVlSTA POPOLARE care il popolo alla libertà effettiva. Che devono incon1inciare nella scuola pratica conn1nale per salire alle a1nn1inistrazioni delle provincie, ed alla autonomia regionale. Giacchè la Regione in fatto reclan1a i suoi diritti ad ogni formazione di n1inisteri, ad ogni aggruppan1ento di deputati nel Parlan1ento nazionale. G·ABRIELE ROSA. LA LOTTAPER L'ITALIANITÀIN ISTRIA Il viaggiatore, che visiti l'Istria, sia percorrendone, co1ne fanno i più, le amene coste, sia spingendosi a visitare le città e borgate dell'interno, riesce a farsi difficilmente un'idea della ardente lotta nazionale, che vi si combatte. Infatti in quelle piccole città, che specchiano le bianche case nelle insenature adriatiche, coronate di promon- ·torii e di isole verdeggianti; o in quelle che dall'alto dei poggi, ricoperti di ulivi e di vigneti, spìano la lontana n1arina, l'arte, i costu1ni, il linguaggio degli abitanti attestano altamente il carattere italiano del paese, retaggio di lunghi secoli di civiltà. I ruderi romani, che dagli i1nponenti avanzi dell'anfiteatro di Pola a quelli del vallo 1nurato coprono la penisola, richian1ano alla 1nente i tempi delle fiorenti colonie latine, poste a salvaguardare l'Italia dalle .invasioni barbariche, a cui le Alpi davano da questo lato più facile accesso. _Le 1nura di Pirano, di Rovigno, di Albona, i tesori d'arte racchiusi nella basilica eufrasiana di Parenzo e in tante altre chiese e musei ricordano la fiorente vita di quei 1nunicipii, e le lotte gagliardan1ente sostenute per la loro indipendenza. Le costruzioni gotiche e bizantine, sparse per ogni dove, e i campanili lombardi, che da ogni borgata lanciano al cielo le guglie eleganti, e gli alati leoni, murati sulle porte delle città, sulle facciate delle case comunali, Biblioteca Gino Bianco
LA RIVISTA POPOLARE ,., 7,., ,) j ran1n1entano il lungo periodo, 'in cui 1' Istria fu congiunta alla Republica veneta, di ,cui divise le sorti fino alla sua caduta. E infine le caratteristiche piazzette, e le loggie, dove i cittadini si raccolgono a trattare gli affari, danno a tutti questi luoghi l'aspetto allegro e sin1patico delle piccole città del Veneto. Ed all'aspetto dei luoghi corrisponde il dialetto degli abitanti, che solo in alcune città, come a Dignano e a Rovigno, ricorda una civiltà anteriore alla veneta, essendo frammisto di parole e d' inflessioni, derivanti direttamente dal latino rustico. Ma nessun indizio può additare al viaggiatore i pericoli che minacciano la nazionalità italiana, a meno che egli non capiti in una di queste borgate in giorno di fiera o in giorno di elezioni. Nei giorni di mercato egli vedrà giungere al paese comitive di contadini, che ben si distinguono nell'aspetto e nelle foggie dagli altri abitanti; vestono per lo più un rozzo cappotto di panno castagno, calzoni bianchi e berretto di feltro: con gli abitanti delle borgate parlano in dialetto veneto, ma con accento straniero, fra loro invece parlano un particolare linguaggio, che varia assai da luogo a luogo. Il loro aspetto rozzo ma bonario, il fare umile con cui si presentano, non farebbe sospettare in questi i ten1uti nen1ici. Per vederli all'opera conviene attendere il dì delle elezioni : allora essi salgono alla borgata non più in piccole comitive, come di consueto, ma in squadre nun1erose, capitanate da un prete o da un borghese civihnente vestito, per lo più qualche impiegato governativo o qualche agitatore venuto apposita1nente dal di fuori. I contadini non si mostrano in quel giorno un1ili e sommessi, ma, forti del nun1ero e degli incoraggiamenti dei capi, sfidano bravamente le occhiate poco benevoli. dei vecchi e le n1inaccie aperte dei giovani, che li attendono al loro arrivò nella borgata. Chi sono costoro, donde vengono e che cosa vogliono? Se dall'alto del colle, dove sorge il paese, gettian10 uno sguardo sulla ca1npagna intorno, vediamo gruppi di case sparse, staccati gli uni dagli altri, posti fuori dalle strade principali. Sono quelle le povere abitazioni dei contadini istriani, che, quasi tutti piccoli proprietari, vivono nel modo .Biblioteca Gino Bianco
374 LA RIVISTA POPOLARE più pr11111t1vo,segregati dal inondo, traendo diretto sosten tan1ento dal pezzo di terra che coltivano. Le statistiche ufficiali li distinguono, quanto alla nazionalità, in due grandi gruppi, gli _sloveni ed i serbo-croati, i quali sommati insie1ne danno per l'Istria geografica, esclusa cioè la parte della provincia posta al di là dei n1onti, un insien1e di 98,000 abitanti contro I 07 ,ooo, a quanti son1n1ano gli italiani. Le statistiche però dicono troppo o troppo poco: questi contadini etnografica1nente non sono nè sloveni nè serbi nè croati n1a di razze n1iste, varianti a seconda dell' origine loro, del ten1po in cui in1migrarono e delle altre nazionalità, con cui vennero a contatto. Con1inciarono gli slavi ad essere introdotti nell'Istria dal duca Giovanni, luogotenente di Carlomagno, contro il quale perciò sollevarono proteste gli istriani, raccolti al placito del Risano nell'anno 804. Poi nuove e numerose irn1nigrazioni avvennero nel xv e xvr secolo, dopochè guerre, pestilenze e carestie, che infierirono terribihnente in Istria, ebbero rese quasi deserte le sue ca1npagne. Morlacchi, dahnati, liburni, albanesi, montenegrini furono volta a volta chiamati dal Governo della Republica a ripopolare i can1pi abbandonati. Conten1poranean1ente quella piccola parte dell'Istria orientale che, sottratta al dominio veneto, rin1ase sotto il regin1e feudale, venne colonizzata dai baroni con genti tratte di Carniola o di Croazia. Là, dove i nuovi abitatori si trovarono in pochi, stretti fra la popolazione indigena, o dove per circostanze più favorevoli di clin1a e di suolo riuscirono presto a 1nigliorare le proprie condizioni e a rendersi più accessibili alla civiltà del paese, essi si andarono italianizzando rapidamente e i non1i stranieri di alcune borgate, oggi interarnente italiane, con1e Sovignacco e Draguc, valgo110 a din1ostrare l'avvenuta trasforn1azione. Invece quei coloni, a cui toccarono in sorte terre più aride, più povere e più lontane dai centri civili, si rnantennero nella ingenua rozzezza, 111odificando appena in piccola parte i costumi e il linguaggio. Sopra tutti si conservarono così i contadini della contea, ossia di quella parte dell'Istria, che rimase feudo dell' in1BibliotecaGino Bianco
I. LA RIVISTA POPOLARE 375 pero, perchè, non dipendendo co1ne il restante della provincia da Venezia, essi si trovarono in maggiori rapporti colle provincie confinanti dell'Illiria. Però quando l'Istria, dopo la caduta della Republica, fu riunita sotto un solo dominio, l' italiaJ?.itàfece anche colà rapidi progressi; così il piccolo mercato di Pisino divenne nel corso di pochi lustri città italiana non solo, ma focolare d, italianità e di patriottisn10 per tutto l'interno della provincia. Ad arrestare questo processo, che col tempo si sarebbe naturalmente completato, dove più, dove meno rapidamente, sopravvenne la ragione politica. Il governo austriaco aveva interesse ad impedire che l'Istria diventasse tutta quanta italiana e mandò preti e impiegati a spargere nelle campagne il seme della discordia. Gli italiani vennero dipinti a quei rozzi e ignoranti paesani co1ne nemici di Dio e della religione, co1ne usurpatori nefasti, che conveniva scacciare dalle an1n1inistrazioni pubbliche: vennero dipinti come sfruttatori, che si beavano negli ozi della città, lasciando ai contadini il duro lavoro della terra. Fu dato così alla lotta un carattere sociale, a cui n1anca però il fondamento nelle reali condizioni economiche della provincia. Infatti gli italiani sono per lo più piccoli con11nercianti o poveri pescatori o piccoli proprietari, come gli slavi, che attendono personalmente alla coltivazione delle terre. Ed anzi là, dove la proprietà è meno frazio- , nata, come nel contado di Albona, la lotta è assai meno viva, perchè i fittaiuoli e i contadini, dovendosi trovare in più frequente contatto coi proprietari e cogli abitanti della città, sono più dirozzati e 1neno facili a lasciarsi adescare dagli agitatori forastieri. Il distacco fra gli abitanti della campagna e quelli della città dipende dal diverso grado di coltura, che permette a questi di provvedere 1neglio ai propri bisogni ed assicura loro una naturale supremazia sugli altri. Per rendere questa differenza meno aspra converrebbe diffondere fra i contadini l'istruzione, cosa a cui in nessun modo il governo nè gli agitatori provvedono, e che è stata invece sempre, malgrado le difficili condizioni loéali, che presenta una popolazione varia e disgregata, cura principale degli italiani. Le scuole BibliotecaGir o Bianco
LA RIVISTA POPOLARE slave, che esistono nominaln1ente nell'Istria in nun1ero quasi uguale alle italiane, quando pure meritino questo nome, contano tutte una classe sola, 1nentre le italiane ne contano da tre a quattro. L1 istruzione vi è impartjta solita1nente dal parroco o da un n1aestro croato, che si limita ad insegnare agli allievi una lingua che asso1niglia al loro dialetto, n1a di cui non avranno mai occasione di servirsi, e a star somn1essi al governo ed ai preti; ma non li educa, non dà loro nessun pratico insegna1nento, che valga ad aprire le rozze n1enti e a far con1prendere come potrebbero coll'intelligenza migliorare le proprie condizioni. Ed i contadini, per quanto rozzi, intravvedono tanto bene r insufficienza di una tale istruzione, che, appena s'apre una scuola italiana, essi vi accorro ne::>in massa, disertando la slava. L'apertura delle scuole italiane è però vivan1ente osteggiata dal clero e dal governo, a cui pre1ne di mantenere devoti i contadini alla propria autorità, e che te1nono di perderli, appena diventino più istruiti e più civili. La lotta così si delinea non già fra due diverse classi sociali, n1a fra la civiltà e la barbarie, protetta da quanti hanno interesse a perpetuare l'ignoranza ed i pregiudizii delle popolazioni per poterle sfruttare a loro agio. Le prove fatte da questi sedicenti amici de' contadini nell'amministrazione dei pochi 111unicipii, dove riuscirono a penetrare, non fu però tale da soddisfare i loro sostenitori: e infatti quei n1unicipii, tranne uno o due, sono tornati in pochi anni in potere degli italiani. La lotta non è per questo finita, anzi continua più aspra che mai <lacchè, oltre il governo, sono intervenute le società nazionali slave a mantenere viva con danari e pron1esse l'agitazione dei contadini. Pure alla civiltà italiana non potrà n1ancare la definitiva vittoria, se essa continuerà a rappresentare non solo la gloria di tradizioni passate 1na la pro1nessa di benessere, di libertà e di civile progresso per il popolo. E. V. BibliotecaGino Bianco
I LA RIVISTA POPOLARE 377 LA TREGUA DI DIO Don1andare la tregua di Dio e preannunziare nuove tasse, è, peggio che ironia, demenza. Si osa ancora fare appello al patriottismo del paese: il paese risponderà che l'imporgli altre gravezze è un volerlo spingere alla disperazione, un eccitarlo alla rivoluzione. Tutti i sacrifizi imposti al paese, in no1ne del patriottisr.oo, sono valsi ad impinguare i nen1ici della patria, ad, alimentare il più funesto parassitismo, ed ormai il paese non vuole più essere 1nistificato. Di delusione in delusione sian10 già pervenuti a quel grado massin10 di sfiducia e di sconforto che precede le grandi catastrofi. Il vento sen1inato in tanti anni di pervertimento minaccia di scatenarsi in tempesta. È vero che dal '5 9 al '7 o lavoran11no pel conseguimento della materiale unità della patria; ma dal '7 o ad oggi cosaf avete fatto, voi tutti uomini di governo, avvicendandovi al potere, se solo ora ravvisate la necessità di lavorare per cementare l'unità n1orale e consolidare l'edificio per cui fu sparso il sangue dei nostri martiri? Il periodo dal '7 o a tutto il '9 3 fu, nel suo 1nisero programn1a, dimenticato affatto dall'on. Crispi. Ve lo diremo noi: tutto questo lungo lasso di ten1po lo ave~e speso a rendere deserte le terre d'Italia, a indebitare il paese, a distruggerne l'equilibrio economico, a confiscare le proprietà· private, a perseguitare colle più fen6ci fiscalità gli onesti lavoratori, facendo arricchire e decorando gli affaristi e gli speculatori più cupidi, innalzan_doli all'onore di vostri consiglieri, a casta d'uo1nini d'ordine. In ventitré anni avete ridotta l'Italia all'estremo della miseria e della corruzione, avete resa irrisoria la giustizia, · BibliotecaGino Bianco
LA RIVISTA POPOLARE avete tentato di prostituire la coscienza della nazione e d'incretinirne l'intelligenza. Vi siete valsi dell'ammonizione, del domicilio coatto e del carcere preventivo a scopo d'inti1nidazione e di persecuzioni politiche. Avete col giornalismo stipendiato corrotta e falsata l'opinione pubblica, e, a vostra difesa, calunnia6 gli onesti cittadini. Avete lasciato ripullulare le corporazioni reljgiose ed estendere la funesta propaganda clericale. Avete abbandonata la capitale d'Italia in uno stato di perpetua crisi, offendendo il decoro della nazione; incapaci perfino di comprendere quali immensi vantaggi finanziari, morali e politicj potevano trarsi dalla floridezza ài Roma, che non avete saputo sviluppare co1ne era vostro imperioso dovere e con1e era facile per il prestigio ch'essa esercita, per la fortunata sua posizione topografica e ·clin1atologica e per le inesauribili ricchezze che la circondano. Ma qual prova maggiore può aversi del più disastroso dei regin1i, che quella della diminuita produzione del suolo, oggi, con un aumento di cinque milioni di abitanti, inferiore a quella di trent'anni fa? Voi avete spogliate ed affamate le popolazioni, e volete ancora aumentarne le gravezze. Voi, nella vostra demenza, credete che l'Italia sia capace ancora di rnaggiori sacrifizi e non avvertite i dolorosi fenomeni della crescente e1nigrazione, del succedersi dei fallimenti, delle vendi te forzose, delle grassazioni, del ristagno dei commerci, del deperimento fisico degli abitanti e dei suicidii. Non udite le mille maledizioni che da ogni parte d'Italia come da ogni classe sono rivolte in alto? I perpetuatori di tante rovine piangono lacrime di coccodrillo e tremano dell'ira del popolo. Ed ora voi invocate la tregua di Dio e la fiducia del popolo stesso da voi tante volte tradito nelle· sue più legittime aspettative. E la tregua molti vi accorderebbero, poichè si è arrendevoli, se senza indugio tentaste di porre mano all' opera riparatrice, se mostraste di conoscere le vere condizioni del paese. Il paese vorrebbe anzi tutto BibliotecaGino Bianco
LA RIVISTA POPOLARE 379 essere onestamente an1ministrato, ed una an11ninistrazione non può dirsi onesta se nel disin1pegno dei servigi che è chiamata a rendere al paese stesso spenda oltre il necessario. Il di più è un furto co1nmesso a danno de' contribuenti. Questo furto, ove si calcoli la spesa nel mantenere uffici superflui,. ascende orn1ai a centinaia dì 1nilioni ; ma poichè il superfluo dei funzionari e degli uffici si traduce in continui ritardi e molestie per i contribuenti, il danno si accresce in· misura spaventevole, 1nentre l' ozio pagato si traduce in esempio d'immoralità. Occorrerebbe dunque adoperare la falce e diradare la selva selvaggia della pianta burocratica in tutte le pubbliche amministrazioni civili, giudiziarie e militari. Occorrerebbe in pari ten1po abolire le sottoprefetture, diminuire due corpi d'esercito, abolire i grandi corpi consultivi dello Stato e l'avvocatura erariale, diminuire i tribunali, le preture e le università, abolire il corpo delle guardie di P. S., affi.dar1done il relativo servizio alle guardie municjpali e carabinieri. Economie se ne possono raggiungere per non n1eno . di cento milioni di lire ; 1na delle economie si deve usare non solo a conseguire il pareggio finanziario dello Stato; ciò che più interessa è che almeno la m·e1à delle economie siano er9gate a benefizio dell'agricoltura e delle iudustrie affini: con ciò si arresterà l'emigrazione, si offrirà làvoro a tanta gente disoccupata, crescerà la produzione e la ricchezza del paese, aumenteranno le pubbliche entrate, senza neèessità di nuove tasse, e quelle che ora sembrano gravosissime non desteranno sì dolorosi lamenti, mercè più equa distribuzione. È dunque inutile invocare il patriottis1no dal paese per a1nmannirgli nuovi tormenti ; può bensì il paese rivolger'si a voi e dirvi: iVpericolo che voi· vedete minaGcioso incalzarvi potreste facilmente scongiurarlo per alcun ten1po, poichè ne avete i 1nezzi; ai molti bisogni dello Stato potreste provvedere ·proporzionandoli ai servigi che deve rendere nei limiti del vero interesse pubblico: ciò . facendo, amministrando onesta1nente, le entrate pubbliche bastano. BibliotecaGino Bianco
LA RIVISTA POPOLARE Così operando, voi cen1entereste l' unità morale della nazione, ne rialzereste il credito, e le infondereste nuova e gagliarda vita che sarebbe il miglior presidio della nazionale incolumità tanto contro i nemici interni che esterni. Il tollerare più oltre questo stato di cose non è possibile, nè l'apparente rassegnazione dei cittadini vi tragga in inganno, poichè la gran maggioranza ormai sente la profonda umiliazione fatta alla loro dignità umana, ed al disonore, ai quotidiani tonnenti, al loro n1orale annientamento, preferiscono immolare la vita per rivendicare i loro o 1 traggia ti diritti. Ha ragione chi dice che non v'è tempo da perdere; le ore sono contate; forse sarà vano il provvedere, chè è troppo tardi : anche la n1iglior volontà possibile si frange contro il ferreo cerchio della rovinosa politica che vi stringe da ogni lato : e non potrete, nella più ardita ipotesi, che prorogare per breve periodo di tempo il fatale avvenimento. CARLO MEYER. PSICOLOGIASOCIALEFIN DI SECOLO I. Retorica? Il n1alessere n1ateriale e morale che illanguidisce tutte le fonti della nostra vita sociale, e che ci fa correre a ri1nedii empirici, è il frutto, secondo 1ne, della sen1enza che da 3o anni, con perseveranza vera1nente degna di 1niglior causa, si è andata gettando in questo terreno d'Italia, pur troppo fertile di ogni erba. Il popolo più speculativo e più arguto del n1ondo è pervenuto al punto che non sa nemmeno più scovrire la radice dei suoi guai l E pure chi volesse appena trarsi fuori dall'ozioso nominalismo delle fazioni politiche ed esaminare l'insieme delle azioni e dei moventi del bulicame che fermenta nella bassura BibliotecaGino Bianco
LA RIVISTA POPOLARE mefitica 1e satura di putredine della nostra società civile, troverebbe, senza l'aiuto di microscopii, il bacillo infettivo. Tempo non ho per svolgere tutto il mio pensiero, e la Rivista non ha spazio inutile da dedicare alle 1neditazioni di un solitario ; e però n1i contento di accennare soltanto. L'Italia surse a nazione ed a libertà più per effetto della pertinace congiura degli animi che per forza di armi, o, chi voglia dir così,. queste servirono, a tempo e luogo, a quella; sicchè si può asserire che un alto ideale di nazionalità e di libertà, consacrato dal sangue dei suoi fedeli, potette il 1niracolo di dare una patria a coloro che giammai l'avevano avuta veramente. Ragione e conseguenza richiedevano che, reggitori e legislatori, avessero mantenuto acceso il foco sacro di questi ideali, e badato ad attizzarlo quando mostrasse covrirsi di cenere, o spegnersi addirittura in questo popolo che aveva osato e potuto, perchè una fede gli scaldava il petto ed una luce gli splendeva nella mente. Ma no; conquistata appena la patria e non completa, guadagnata appena la libertà e non intera, si dette opera assidua e diligente a discreditare ed a reprimere le energie promovitrici del nostro riscatto, anzi a paventarle con1e ne1niche. Pensiero unico, quasi, dei nostri governanti, da. 30 anni in qua, è stato di allontanare quanto più si è potuto la nazione dai principì che l'avevano fondata; si è badato a disseccare tutte le sorgenti di ogni idealità ed a mortificare ogni radice di entusiasmo. Ministeri son succeduti a ministeri, parlamenti a parlamenti, fazioni a fa- . zioni, ma tutti hanno avuto un solo scopo: rendere volgare ed. utilitario il popolo italiano. Ad un popolo in1maginoso e caldo di cuore si è sovrapposta, da 30 anni, una burocrazia politica ed amministrativà, che con il solo suo peso l'opprime, · la quale ha tenacemente voluto estirpare, da esso, ogni altra fede che non fosse quella dell'utile immediato e diretto, ed insegnargli l'arte di scroccare la stima con la cabala del parere e non essere. Lo Stato, così, si è fatto forte in su la corruttela, mentre si è allargato il cancro nel cuore d'Italia! ·Biblioteca G•no Bianco •
LA Rl VISTA POPOLARE R.an1n1entia1110: nel governo, nel parla1nento, più in alto ancora, nelle an11ninistrazioni, nei tribunali, nelle scuole, sopratutto nelle scuole, dovunque la vita intellettuale si 1nostra, chi non parla il linguaggio triviale così detto positivista, è additato alle turbe e deriso con i non1i di fanatico, di esaltato e di pazzo. L, an1or della patria, il sospiro alla sua perfetta unità: retorica; la pietà per le plehi oppresse, lo sdegno per la baldanzosa ricchezza: retorica degna delle 1nanette; l' austero sentin1ento di una giustizia per tutti ed in tutto: retorica da gonzi ; il vaticinio di cbi prevede il dies irae: retorica da pazzi che parlano un linguaggio astruso ed inco1nprensibile da esser 1nesso in canzonella. Insomn1a, a non volere essere irriso da qnesta turba banchettante e fatahnente incuriosa del do1nani, conviene o adagiarsi fra di essa, o ritrarsi a vivere solo, nella fidata con1pagnia della propria coscienza. Con quesf educazione è venuta crescendo la generazione presente: rabbrividisce, per religioso orrore, ad ogni accenno ad un ideale che corro bori la coscienza e la elevi ; vero Mefistofole dal sogghigno stereotipato sulle labura, essa odia ed insidia Faust, che ringiovanisce per virtù di un ideale: dell'amore. Che cosa, dunque, aspettare da una generazione siffatta? Quale meraviglia se l'onestà, il disinteresse, la fede sono credute, dai più, cose iperboliche o favolose? Ahi! non è la dissipazione delle sue finanze il guaio più irrimediabile d'Italia; essa affoga in un oceano di volgarità; essa è uno stagno, una n1are1nma che occorre , prosciugare sollecita1nente, se non vogliamo che la morte civile occupi la leggendaria terra della prin1avera. Forse, per riformare la coscienza degli italiani e instaurare lo stato, converrà rin1ettere in onore l' abborrita retorica; forse gioverà aprire la guerra contro la trivialità e l' utilitarismo ; forse sarà utile consigliarci con il vecchio Machiavelli e richiamare la nazione ai suoi principii. Certo nelle classi così dette alte ogni lume di vita morale è spento; al popolo, agli umili, agli oppressi bisognerà rivolgersi per trovare chi sia ancora degno di brandire ed BibliotecaGino Bianco
LA RIVISTA POPOLARE 383 inalberare la santa bandiera degl' ideali, segno di riunione a quelli che delle sorti della patria non ancora disperano. Fisciano (Salerno), il dicembre del I 89 3. c. A. ALEMAGNA. STORNELLI SICILIANI Giunta è l'ora del fato. Il piccioletto Contino di Salemi · Non sa, ruzzando in sul 1naterno -letto, • Quel e/te, Sicilia, fremi. E tu, biondo fratel de la regina Mite, che a specchio stai De la siracusana onda marina, Il tuo diman lo sai? Ricca d'aranci .in fior la Conca d'oro Par che tenda le belle Braccia a' morti di fame in sul lavoro, E a le genti sorelle Ululi disperata ad una ad una: - Deh venite a vedere Quanto orror di miserie in 111es'aduna! Siete uomini o fiere? - Gabellotti d'Italia e cavalieri · Da la nitida pancia, Rovinano le banche e i ministeri: Non rovina la Gancia. · Biblioteca_GinoBia_n~o ,I
LA RIVISTA POPOLARE Ultùno eroe) Francesco Crispi, ascolta: Passò, co 'l Garibaldi, Ld fulgida epopea: tu la sepolta Cenere in van risraldi. Cavour di Mondovì, non uscir pù,'t) Con tua faccia spretata, A ciangottar d'allobroga virtù; Ruma la tua 11zesata. D'Acque Morte lian l'aspetto, e son ruggenti' . Gurgili di vulcani: Pe' morti di Provenza ahi che la11zenti ! Gli altri 1norti son canz. Veggo d'Anagni uscir Ruggero) e dire: r-- Se torno in Parlamento, Farò ben io per colaggiù partire L'ultimo reggùnento! - Calunniato Livraghi, alto gioisci: C'è pletora d' eroi. Ad Agordat sopprinzono i Dervisci, Come i Fasci da noi. La plebe oro non vuol: percliè le date Piovzbo, se chiede pane ?_ Barone Sidney 1nio, considerate Se son cose cristiane. Dice al Costa Balduccio: - T'ha' ragione, Ma io sto con san Francesco. A te le plebi; io parlo co 'l cappone, Con suor lodola e 'l pesco. - BibliotecaGino Bianco
LA RIVISTA POPOLARE Il poeta civil buttò la lira, Che non dà pane, al fuoco; E mentr' ei d'Aleranzidi delira, Ghigna di Corte il cuoco. lviario, non rimestar dentro la fogna De gl' impiastragazzette: Prima de' Sette, li bollò Vergogna Settanta volte sette. L'Atlantide sognata, eccola: sta, Tutta .fianzme, sul 1nare. Salve, o grande Ara de la Libertà! Vincere è perdonare. Roma, 24 dz'cenibre I893. PAPILIUNCULUS. IL << BELLO ITALO REGNO>> Era un giorno purissinzo del tnaggio; da i giardini venian profumi acuti che davano a la testa, e al sol due vecchierelli stavan, su gli scalini seduti di una chiesa, con mesti occhi la festa de la natura e quella de gli uomini guardando .... Passavan le comari, tutte d'oro e gioielli . carche, di sete e fronzoli, passf!van chiacchierando allegramente, vispe contestormi d''uccelli; · BibliotecaGino Bianco
386 LA RIVISTA POPOLARE passavan, dentro lucidi cocclti, dtune e signori - i felici, i padroni del 11zondo! -; li aspettava Villa Borghese o il Pincio; passavan sonatori a1nbulanti, soldati, serve e bùnbi; passava una processione di pretonzoli a strani colori; era un fernunto di vita; era un andare e un venire incessante. .. (Si sa ben e/te a1 ro11zani piace darsi bel tonpo, piace bere e 111angiare, più del solito, a i giorni di festa). I due veccltietti guardavano, tacendo. In quella eccoclzepassa la carrozza del Re, tra due filari stretti di gente, e/te si leva il cappello, e/te abbassa la testa, ùmile. Dopo la carro_zzareale passa quella di nota 1neretrice,poi quella di un certo piccoletto, direttor di un giornale, ieri ladro, oggi amico di ministri; poi quella di un deputato, antico servo d'Austria ... I due vece/ii si guardano l'un l'altro in faccia, e un dice a l'altro: - Clzela vista de gli occlziioperda, nzi si secchi la lingua, se nzentz'sco:il 1nondo è del più scaltro! - - Del più birbo, di' nieglio! - l'altro corresse. - O 111io compagno di sventura, o 1niosociopezzente, clze_sciocchif·ummo noi, 1na che sciocchi,perdio! ... Vedi tu come il mondo si gode questa gente clze ci passa davanti? . .. Noi soffriamo la fanze (da due giorni io non 1nangio!) ; co1nebestie da son-za (e sia1npeggio che bestie!) noi dormia1n su lo stranze, se pur non ci offre un letto d'illustri 1narmi Roma, BibliotecaGino Bianco
LA RIVISTA POPOLARE questa Ro11taetti no_i - penso - offrinz1nola vita ... (Te ne ricordi, vecchio? Fischiavano le palle d'intorno a noi, jiscJtiavano ... Ahimè, la mia ferita ~ome_1ni duole! . . . Tutta stipata era la valle, , · giù, di francesi ... In 1nezzoa noi_,bello, raggiante come un Dio, Garibaldi ... ). O conzpagno,non questa ricompensa io speravo.' - L'altro vecchio, in sembiante d'uo1n cuifrenza ne l'anima una"g-rande tempesta, si levò su, gridando: - O ingrata terra, o ingrata patria, che a' tuoi soldati neglti il pane, e lo dai in gran copia a citi nulla non fece_.o snaturata 1nadre, che senso·alcuno di giustizia _nonhai, ' . · · torni, olz! torni il tedescò,·torni il Papa, il Borbone, ( ' . ) tornino gli altri tuoi domatori feroci,. e rinsavir ti facciano a colpi di bastone! ... - Par che gli echi di Roma ripetan queste voci. GOLIARDO II. UNA DICHIARAZIONE Pubblichiamo la seguente lettera dell' egregio : ;nostro amico professor De Marinis, riservandoci, in caso, di rispondergli nel prossimo numero, poichè la polemica suil' argomento continua. Il Minuti in altri articoli tenta di sostener la propria tesi, cioè che il « Patto » ·è anti-co.llettivista. Se tale tesi fosse vera e giusta, il De Marinis avrebbe ragione e noi torto. Ma questi sa come nel Congresso di Bologna l'ordine del giorno restrittivo non abbia avuto la maggioranza. Onde, secondo il mio misero avviso, fu errore, dopo quel voto, staccarsi dal Fascio; errore, Bi~lioteca Gino Bianco
LA RIVISTA POPOLARE dopo le rigide ed esclusiviste deliLerazioni del Congresso di ReggioEmilia, specialmente da parte di chi ama la Repubblica come l'ama il De Marinis. Non si disse, nè dal Minuti nè da me, che il De Marinis abbia abbandonato le antiche idee, ma bensì l'antico campo di lotte, che ci era comune. Egli scrive che forse io pure mi allontanerò dal « Patto », e che ne do già dei sintomi. Se il e< Patto » fosse interpretato e applicato, in questi tempi, non liberamente e .largamente, 1na strettamente come alcuni pensano, sarei io il primo a ritirarmi, ma non mi ritirerei dal partito in cui milito sino dalla giovinezza, e, se fossi anche solo, tenterei in ogni modo eh' esso corrispondesse alla necessità dei tempi e \ non si facesse superare dagli eventi che incalzano. E cosa sì degna essere all'avanguardia! A. F. CARISSIMO FRATTI, NCf}ol( 24 dicembre z893. Mi è doloroso apprendere dalla tua Rivz'sta che il Minuti in un suo opuscolo mi ricorda come persona che abbia disertato un campo di lotte. Tu rifermi il giudizio del Minuti. Riconoscimi dunque il diritto di discutere l'opinione che mi fa mutevole; epperò ti rivolgo preghiera di pubblicare questa mia brevissima, anche perchè, fuori dal fatto mio, essa può chiarire qualche cosa. In che mutai? Quale campo ho abbandonato? Si può dire forse che mutai l'idea solo perchè dissi e rifermo di non voler essere più nel Patto di fratellanza, con un partito che io oppugnai sempre e che, alla sua volta, ha dichiarato di non voler essere unito alla parte in cui milito? Come restare uniti quando gli eventi ci hanno divisi? Forse neanche tu, carissimo Fratti, resterai nel Patto di Fratellanza - e il tuo importante articolo Collettivismo e libertà mi pare un sintomo - ma non per questo io ti dirò che avrai abbandonato la tua fede. ) Alle Affratellate, ai lavori ed ai Congressi di esse parteciparono, come feci anch'io, Nicola Petrina, Bosco Garibaldi; De Felice Giuffrida, Giacomo Montalto, Giuseppe Sarno, Angelo Ciccarelli ed altri amici, che sono e furono sempre socialisti e che ora hanno tenuto verso il Patto di fratellanza quel contegno che ho seguìto anch' io; non per questo si avrà il diritto di dire che essi hanno abbaùdonato il campo I BibliotecaGino Bianco
LA RIVISTA POPOLARE Nè alcuno v1 sarà mai che potrà dire che solamente ora io sia credente nell'ideale della soèializzazione della ricchezza, perchè con I questa fede sono stato sempre nel partito. Se in Napoli t~tta una gioventù oggi è fervida nella idealità socialista, ciò si deve in buona parte a me. I miei compagni ricordano quando io studente al professore di Economz'a politz'ca in questa Università opponeva Marx; e il socialismo volli sostenere anche per la laurea innanzi agli eroi, gli esaminatori. Un tuo periodo però mi pare che chiarisca il tuo giudizio e forse quello del Minuti, di cui non conosco l'opuscolo. Tu scrivi: non repudiò 11a.frx la repubblz'ca, non la repudia Engels, non la repudiano "' i collettiv-isti tedeschi e francesi, nè altri d' altre nazz'oni. Ma sono forse io un comunista anarchico, che mi ribello ad ogni idea di Stato come mezzo di trasformazione sociale e ad ogni organizzazione politica avvenire? Poichè H Socialismo scientifico non crede al miracolo di una immediata, universale trasformazione della società, ma riconosce la necessità di un piano di riforme successive e non solamente economiche per· la cui attuazione i tre poteri - legislativo, esecutivo, giudiziario - dovranno funzionare, attenuantisi sempre sino a che sia compiutamente attuato l'ordinamento socialistico in tutte le direzioni della vita individuale e collettiva, lo_ Stato non scomparirà con un decreto o con una rivolta. Se tutto questo è vero, ne deriva che pei socialisti questo Stato non sarà certo lo Stato privilegiato e monarchico, ma collettivo e repubblicano sino a quando questa funzione politica occorrerà nell'interesse dell'ultima finalità socialista. Non è ora la prima volta c~1e espongo queste convinzioni; anzi nei Congressi, ai quali con te presi parte, queste cose io ho detto sempre prima di toccare del programma puramente economico. Permettimi che citi me stesso, ma mi è necessità farlo perchè trattasi di me : nella mia trattazione Lo Stato secondo la mente di san Tommaso, Dante 1 Machiavelli (1885 e 1887), esposi in ultimo quel concetto di Stato connettendolo con l'ideale marxista e dimostrando l'affermazione dello Stato neL successivo avvenimento della . civiltà socialista. Ti ringrazio, carissimo Fratti, e ti stringo la mano. Abbimi I · BibliotecaGino Bianco tuo ajf.mo ERRICO DE MARINIS. /
LA RIVISTA POPOLARE L'ESATTORIEN SICILIA ' E noto che in Sicilia la proprietà fondiaria può dirsi alquanto divisa solo in pochi comuni e che i piccoli fondi sì rustici che urbani, brillano pel loro numero esiguo, per la loro estensione ed importanza irrisoria. Tuttavia gli esattori, anche per un debito primitivo di L. 2, non hanno fatto che vendere campicelli di poche are e squallide casupole, unica risorsa dei poveri contadini. E siccome l'appetito viene mangiando, è accaduto che il fisco dopo aver -ùzgoiato quei tesori', ha avuto pz'Ìt fame che pria. Infatti mentre nell' intera Sicilia dal I 87 3 al 1882 si espropriarono 13,713 fondi rustici, dal 1883 al 1893, una sola provincia dell'isola -- Caltanissetta - ha sorpassato questo numero. Vorrei dunque esaminare l'opera degli esattori nell'isola tutta, ma lo spazio mi manca, e mi è giocoforza fermarmi, e senza ·commenti, nella sola provincia <li Caltanissetta, la proprietà essendo in essa meno divisa che in alcune altre provincie siciliane. Lascio quindi immaginare all'intelligente lettore quali maggiori rovine ecoriomiche esistano n1 quasi tutto il rimanente della Sicilia, per opera degli esattori! Da pazienti spigolature da me fatte dal Foglio uffi:dale degli' annunzi' anim,inz'strativi e giudiziari della provincia di Caltanissetta, ho potuto raccogliere i seguenti dati statistici. Avverto che non mi è stato possibile rintracciare tutti i fogli ufficiali di ogni anno e segnatamente per gli anni 188 5-86-8 7: le cifre sara·nno perciò molto al disotto del vero, ritenuto che in certe aste si è proceduto in unica giornata alla vendita coattiva magari di 393 fondi. L'elenco che segue avvalora l'idea che nella provincia di Caltanissetta, come in quasi tutte le altre provincie siciliane, i piccoli fondi dei .contadini brillano, ora, per la loro assenza quasi completa I Ecco il numero delle espropriazioni nella sola provincia di Caltanissetta: Dal 1883 a tutto il 1893. Caltanissetta 3151, Piazza Armerina 2733, Terranova 2019, Riesi I 648, Eutera. I 388, Santa Caterina 731, Mazzarino 604, Castrogiovanni 463, Montedoro 500, Valguarnera 462, Resuttano 449, SomBibliotecaGino Bianco
LA RIVISTA POPOLARE 39 1 matino 399, Delia 392, Serradifalco 322, Aidone 252, San Cataldo 228, Villalba 227, Niscemi 158, Barrafranca 140, Sutera 136, Vallelunga 1141 Acquaviva 46, Pietraperzia 28, Villarosa 26? Marianopoli I o, Campofranco 6. Totale generale. definitivo I6,622, Senza commenti! CONTE DI PLATEA. RELIGIONE E SCIENZA I I. Se Antonio Fogazzaro, il chiaro autore di llJalombra e di Daniele Cortis, non ha cessato mai di mostrare al pubblico le proprie tendenze, anzi le proprie convinzioni cristiano-cattoliche, è un fatto che, da tempo, egli affatica tutte le energie del proprio spirito attorno al problema della conciliazione tra la religione e la scienza. Che se . . il Fogazzaro si fosse limitato a dare sulla Origi'ne dell'uonzo e il sentùnento religi'oso una semplice conferenza al conspett~ di belle ed eleganti e spirituali signore, probabilmente il suo discorso non avrebbe avuto seguito fra noi, vuoi per l'apatia assoluta in materie etiche e r~ligiose, vuoi perchè la grande massa del pubblico è travagliata da altri non meno gravi, n~ meno urgenti problemi. 1\,fal'autore, forse, e senza forse, non pago dei giudizi frettolosi dati dalla stampa quot~- diana, ha voluto invitare a nuovo e sereno giudizio il pubblicismo italiano, e, lo ha dichiarato nella prefazione, ha voluto dimostrare che al discorso del 2 marzo ei tiene moltissimo, come frutto meditato di convinzioni profonde. * * * Ciò premesso, io debbo dimenticare che il terreno, sul quale cr conduce il valoroso romanziere, brucia; debbo dimenticare che assai 1 A. FOGAZZARO. L'origine dell'uomo e il sentimento -religioso. Discorso letto in Roma il z marzo 1893 alla Società per la istruzione "della donna, pre sente S. M. la Regina. Milano, 1893, Galli. BibliotecaGino Bianco
392 LA RIVISTA POPOLARE probabilmente dovrò ripetere cose dette, le quali costituiscono ormai le basi fondamentali di una dottrina che ancora non sarà compiuta, nori sarà organica, ma certo, al punto in cui è, sta agli antipodi con la filosofia del Fogazzaro. Quando un uomo come l'autore di Malombra scrive: « Una voce chiara dice dentro a me che la questione sull'origine dell' uomo, malgrado le sue altissime difficoltà scientifiche e filosofiche, è in gran parte una questione di sentimento e di gusto », io ho il diritto di domandarmi se codesta premessa vagoli nel campo dei sogni, o poggi sopra una qualsiasi verità scientifica. Io ho il diritto di ricordarmi e di ricordare all'autore che la scienza non si fa nè col scntùnento, nè col gusto; che se la scienza avesse dovuto, nella sua lenta evoluzione 1 attendere l'ausilio del sentimento e del gusto, noi saremmo ancora con Paracelso o con Tolomeo; J ussieu non avrebbe perfezionata l'opera di Linneo, la paleontologia si sarebbe fermata al Cuvier, la teoria di Laplace, sulla formazione del sistema planetario, non sarebbe sorta. Perchè è inutile, anzi dannoso, perpetuare l'equivoco. E poi che il Fogazzaro non si apparta nella solitudine delle sue elucubrazioni, e sarebbe padronissimo di farlo, ma pubblicamente vagheggia codesto ideale di conciliazione, e le sue idee annoda in forma polemica, e le lancia nel mondo intellettuale come una sfida, incombe alla parte avversaria di dire tutta la verità, d' impugnare le argomentazioni di lui, con tanto maggior ardore ·e discernimento, perchè si tratta d'un nome amato e rispettato in arte. Giova intanto ricordare queste parole molto significative del testo a pagma 40: « Molte persone religiose, benchè forse inclinate segretamente alla causa che io difendo, mi biasimeranno nella loro pietà prudente per aver toccato qitestioni di tal natura e/te possono scoppiar fra le mani, ferù-e clii parla e citi ascolta. Ma io domanderò loro rispettosamente se abbiano pensato bene in qual modo e in qual tempo vivono, se chi combatte le dottrine spiritualiste abbia gli stessi scrupoli, se non vi siano cattedre in Italia dove s'insegna che la teoria della evoluzione ha rovesciato Iddio » • Dal che impariamo che non solo il Fogazzaro sa che il suo libro dispiacerà ai veri credenti, ma che intende battagliare contro chi combatte le dottrine spiritualiste, contro le cattedre così dette atee, e più oltre, contro il diffondersi di teorie che non vanno a sangue all' autore. A codeste cattedre, a codesta diffusione il Fogazzaro contrapBibliotecaGino Bianco
LA RIVISTA POPOLARE pone la sua filosofia conciliativa, e fa male, molto male, perchè il suo libro non può che generare confusione nelle menti, le qu::i.li, o per debolezza ingenita, o perchè non ancora rafforzate da cognizioni scientifiche, navigano nel mare, tutt'altro che queto, della incertezza. Ma come il Fogazzaro dichiarandosi cristiano t·attolico (pag. 28) può conciliare la teoria della evoluzione con quella del Dio cristiano cattolico? E con tutta la filosofia cristiana cattolica la origine del1' uomo? Francamente, par di sognare. Io non so che cosa avverrebbe di una religione qualsiasi, se tutti i suoi aclepli si permettessero la di_- scussione come se la permette l'autore! Egli non può avere dimenticato che la religione di cui egli si dichiara ,iccolito è, come tutte le altre, rivelata. E quindi: o si è credenti, o no. Se siete credenti, voi non potete toccare, discutere, sm·nuire la podestà intangib\le dei dogmi che a traverso i secoli vennero tramandati d~ll'augusto impero delle Sacre Scritture. E quale lddio cattolico o cristiano è il vostro, o Antonio Fogazzaro, il quale non crea, come vogliono i dogmi della vostra fede, ma s'accomoda a creare le specie, seguendo le pagine della paleontologia? O cogli evoluzionisti, o coi credenti. Quando voi discutete, non v'accorgete di frantumare il Dio dei vostri padri e di fabbricarvene un altro che possa piacere - tentativo inutile - tanto ad 1-Iaeckel quanto a Laplace, a Darwin quanto ad Arago o al sommo pontefice ? E vi dichiarate cristiano cattolico _J E come cristiallo cattolico, logico, coerente, inflessibile nelle vostre credenze, dovete ricordarvi - per citare solo un ramo della scienza moderna - che, quando il primo fossile parlò dagli strati della terra dopo secoli di riposo, quando l'occhio indagatore dell'uomo lesse le pagine eterne della storia terrestre, il dogma fu colpito in pieno petto. Conciliare che cosa? Facciamo pure la tara ai calcoli del Volger, secondo i quali gli strati terrestri si sarebbero formati in un periodo di tempo pari a 648 milioni d'anni, ma l'età geologica della terra è quella che alla terra assegnano le Scritture? * * * Ancora: voi siete caduto, o illustre romanziere, nel volgare errore di accusare la scienza di colpe non sue. La scienza non turba le coscienze·; cammina. E se si ferma sulla soglia del tempio, e dice alle turbe : qui non entro, gli è perchè sa benissimo che, entrando e discutendo, toccherebbe province non sue. Nel modo stesso, voi, ereBiblioteca Gino ~iancò
394 LA RIVISTA POPOLARE dente, cristiano cattolico, non potete col fardello del vostro apriorismo sentimentale teistico entrare, col concetto di Dio in mente, nel gabinetto di fisiologia e dire: acconiodiamoci, conciliamoci I . .. Voi dite, e lo sapevamo, che l'anello di congiunzione tra il bruto e l'uomo non è stato ancora rinvenuto dalla scienza. C'è per questo da menare tanto scalpore.? Rinnegheremo per ciò Lamark, ~Iaeckel, Darwin, colossi che gettarono, fra le tenebre delle nostre menti, fasci divinatori di luce, a malgrado di sant' Agostino, san Fulgenzio, citati da voi, solo perchè dalla nera caverna non è uscito ancora lo scheletro di quella famosa scimmia tanto prossima a noi da chiamarsi anello di· congiunzione? Non abbiamo fretta, e la scimmia verrà. E mentre noi l'aspettiamo serenamente, ripetendo il verso dantesco, non è permesso all'autore di mettere in dubbio le recenti verità conquistate dalla Embriologia (pagina 54), la quale ha recato, in questi ultimi tempi, una luce poderosa alla scienza. Di fronte ai dubbi, quasi sprezzanti, del Fogazzaro sorgono giganti, nel campo della Em.briologz·a, i nomi del Von Baer, Purkinje, vVagner, e, tra i recenti, di Dischoff, dei fratelli Hertwig, di Fol, di Kolliker e cli Balfour. Ma se il Fogazzaro crede a modo suo, vediamo se può sul seno farsi apostolo della teoria della evoluzione, che ha conquistalo tutta la parte· più eletta dei pensatori moderni. Egli vuol essere evoluzionista, mentre colloca la forza fuori della materia. E la forza e la materia sono, per la scienza, due termini inscindibili. Dice che « la coscienza cristiana è libera». Sì, è libera, ma quando erompe nel grido cli Lutero, di Calvino, di Melantone, di Zuinglio, di Huss, di Ziska. ìVfa, se veramente è coscienza cristiana cattolz'ca, non può ribellarsi alla rivelazione. Dive11ta una coscienza separatista, scismatica. E mentre io comprendo la filosofia di Giuseppe Mazzini, che lascia libero il varco ad ogni investigazione scientifica, e assurge a una forma eh' io chiamerò panteistica; mentre comprendo tutto l'ordine morale che il Mazzini edifica sopra un concetto cli Dio, al quale possono Ì1on ribellarsi nè intelletti colti, nè coscienze sicure, non giungo a comprendere il Fogazzaro. Il suo Dio non può essere che il Dio personale, perchè ad altro non può aspirare un cristiano cattolico, un Dio personale al quale ogni mente libera, pensante, deve ribellarsi. (Contùzua) ROMOLO PRATI. BibliotecaGino Bianco
LA RIVISTA POPOLA RE 395 UNDRAMMANELL'OCEANO VII. Ma le vocì di guerra SL ripetevano dovunque: Roma o morte era il grido. E ·cesare ascoltava quelle voci e quel grido con mesto entusiasmo. - Lascierò questa tomba, diceva, e le siano pietose le aure, e d'intorno crescano le rose accarezzando e baciando le iniziali incise sulla bianca lastra ... Sul campo vivrò nel suo nome: il più gran modo di manifestare amore è l'azione, è il sacrificio per l'amore stesso .. . Io amo nel suo nome la patria mia, e nella patria il suo nome .. . Ascoltava quelle voci guerresche e si preparava. Dicevano che sarebbe passato Garibaldi da Foligno e da Terni per recarsi al confine. Cesare trasse fuori da un vecchio armadio una bella carabina svizzera, eh' era stata compagna fedele, sul campo, ad un amico suo morto nel fiore_ degli anni. Da per tutto era traccia di dolore in quella sua modesta abitazione, e pure egli era dolente di doverla abbandonare. Prima di partire, in un solo giorno si recò tre volte al cimitero . .Sembrava che mormorasse delle preghiere sul sepolcro della sua adorata: erano confidenze tenere, dolci, gentili, e parevano espressioni di un pazzo. Chi non ha mai sentito amore ride delle strane parole degli innamorati. Poi si decise, e si recò al confine, passando da Terni e da Poggio Mirteto, ove pernottò. Dal confine s1 recò a Monterotondo, a tempo, per partecipare al1' attacco. Non parlava con alcuno mai, ma nelle scaramuccie o ne' combattimenti tentava di farsi avanti, d'essere il primo, ritto in piè sempre, allo scoperto. Nelle marci e camminava colla faccia a terra, mestamente. Sul campo _guardava in alto, o al nemico, con gagliardia, con ardimento, con eùtusiasmo. Nelle lunghe notti, trascorse all'aperto, mentre il vento assiderava, talora sotto la fitta pioggia, egli pensava sempre a quel sepolcro e a BibliotecaGino Bianco
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